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Domenico<br />
Mileto<br />
l’arte<br />
come<br />
ragione<br />
di vita<br />
di Daniela Pronestì<br />
Alla scoperta del fondatore<br />
della scuola di pittura<br />
“Bottega dell’Arcimboldo”,<br />
divenuta in breve tempo<br />
una delle realtà più significative<br />
nel panorama fiorentino<br />
per quanto riguarda<br />
la formazione artistica<br />
Una pittura in cui rivivono i grandi<br />
ideali della tradizione rinascimentale<br />
con lo scopo di contrapporre<br />
all’autoreferenzialità e al<br />
vuoto valoriale di tanta arte contemporanea<br />
un approccio più serio e responsabile al fare<br />
artistico. È questa una delle principali ragioni<br />
che ispira l’attività di Domenico Mileto, pittore<br />
fiorentino che dell’arte ha scelto di fare<br />
una missione di vita.<br />
Ritrattista, maestro del trompe l’oeil e della<br />
natura morta, egli unisce al rigore e al metodo<br />
appresi attraverso lo studio dei maggiori<br />
artisti del passato, una naturale predisposizione<br />
per il disegno e uno spiccato senso del<br />
colore, elementi da cui dipendono le qualità<br />
plastiche e cromatiche dei suoi dipinti. È con<br />
occhi amorevoli e insieme indagatori che l’artista<br />
ritrae uomini e paesaggi per coglierne<br />
gli aspetti più evidenti e quelli meno percepibili<br />
ad uno sguardo superficiale, convogliandoli<br />
entrambi in un’immagine pittorica che si<br />
serve della perfetta aderenza al vero per<br />
coinvolgere l’osservatore in un’affascinante<br />
esperienza estetica.<br />
Sarebbe errato interpretare la precisione fotografica<br />
dei suoi dipinti quale espressione di<br />
Ritratto di James Ferragamo (1999)<br />
Olio su tela, cm 100x80, Firenze, collezione Ferragamo<br />
una pittura che attua una registrazione asettica<br />
e distaccata della realtà come avviene<br />
nell’iperrealismo. Al contrario, è più opportuno<br />
parlare di un realismo che si fonda sul<br />
perfetto equilibrio tra le sottigliezze della<br />
tecnica e l’intensità dell’espressione, e che<br />
anche in questo intende recuperare l’atteggiamento<br />
intellettuale e l’attitudine conoscitiva<br />
dei grandi maestri del Rinascimento, i<br />
quali non si contentavano di riprodurre pedissequamente<br />
la realtà ma cercavano di trarne<br />
sentimenti e valori universali.<br />
Nei ritratti, la sua capacità di osservazione<br />
raggiunge esiti straordinari, grazie anche ad<br />
un lungo e laborioso processo esecutivo che<br />
vede nel disegno l’espediente per far emergere<br />
le peculiarità caratteriali del soggetto e<br />
nel colore, dato per velature come nella pittura<br />
antica, lo strumento per esaltare le volumetrie<br />
d’insieme e la precisione ottica dei<br />
dettagli. È soprattutto ai sapienti effetti di<br />
luce che Mileto affida il compito di far vibrare<br />
le superfici, accentuando la percezione<br />
della realtà e inducendo in chi osserva l’impressione<br />
di trovarsi di fronte ad una persona<br />
viva, colta in un attimo fuggente ma fissato<br />
per l’eternità.<br />
<strong>La</strong> stessa raffinatezza esecutiva è riscontrabile<br />
nelle nature morte e nei paesaggi, in cui<br />
prevale però una maggiore spinta idealizzante<br />
motivata dal desiderio di comunicare, attraverso<br />
la bellezza e la compiuta armonia<br />
delle forme naturali, un sentimento di maestosa<br />
e universale grandezza. Una rappresentazione<br />
della natura, dell’aria, delle luci,<br />
4 Domenico Mileto