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IL DESIGN DELLA LUCE<br />

Lampade, apparecchi per l'illuminazione, sistemi elettrotecnici figurano in altre parti di questo libro, ma<br />

data la loro importanza e la ricca letteratura di cui sono oggetto ritengo indispensabile dedicare ad essi un<br />

apposito paragrafo; oltre tutto, poiché il progetto di una lampada richiede un'attenzione che va dalla tecnica<br />

all'estetica, al rendimento e alla durata, non si tratta di delineare una semplice forma ma di studiare il<br />

prodotto in ogni suo aspetto, vale a dire di operare un design totale, motivo che porta a trattare l'argomento<br />

nel capitolo dedicato all'hi-tech. Si aggiunga che nel campo in esame la materia prima e data dal tipo di<br />

lampadina utilizzato, man mano che viene approntato dalla ricerca tecnica. «Nel corso del tempo il linguaggio<br />

del design ha interpretato in modo differente la tipologia degli apparecchi dell'illuminazione; l'adozione<br />

di diverse sorgenti ha permesso di realizzare inedite configurazioni e soluzioni tecnico-funzionali. In oltre<br />

cent'anni numerose fonti sono state introdotte sul mercato - dalla lampadina a incandescenza ai led - ogni<br />

volta fornite di differenti e migliori qualità, di tipo illuminotecnico, ma anche legate a dimensioni e costumi.<br />

Questo ha condizionato e orientato il design delle lampade, che in Italia ha raggiunto eccellenti livelli anche<br />

per una speciale capacità di dialogo fra i designer e le imprese»10.<br />

Nonostante la gamma vastissima di lampade è sempre possibile riconoscere alcune tipologie dominanti fra<br />

numerosi modelli. La prima tipologia è quella del Luminator che Luciano Baldessari, come abbiamo già visto,<br />

iniziò nel '29. Più famoso dell'oggetto di Baldessari è il Luminator che Achille e Pier Giacomo Castiglioni<br />

progettarono per Gilardi e Barzaghi, oggi in produzione della Flos; consiste in un semplice tubo cui è direttamente<br />

collegata la lampada spot e che ha per base tre tubi con una sezione tale da essere riposti all'interno del<br />

sostegno centrale ai fini dell'imballaggio; si tratta di un oggetto della massima semplicità e forse l'emblema<br />

del minimalismo nel settore degli apparecchi per la luce. Mutando tempi e gusto, va segnalato il Luminator<br />

di Ettore Sottsass, intitolato Callimaco e realizzato da Artemide nell'81: all'estremità di un tubo simile al<br />

precedente sono due tronchi di cono, rispettivamente con funzione di base e diffusore; al centro del tubo una<br />

maniglia utile a spostare la lampada.<br />

Se passiamo dalla tipologia high-tech a quella da considerarsi al polo opposto, ci troviamo nel campo delle<br />

lampade di vetro soffiato, di antica tradizione artigianale italiana, veneziana in particolare. Per la vetreria di<br />

Paolo Venini, iniziato al gusto moderno da Gio Ponti fra le due guerre, hanno lavorato i maggiori designer<br />

italiani, da Carlo Scarpa ad Ignazio Gardella, da Albini a Massimo Vignelli ai BBPR che nel '54 adottarono<br />

per il negozio Olivetti di New York dodici lampade a forma di cono in vetro colorato di oltre 60 centimetri<br />

di altezza, cioè la massima misura soffiabile. Altri protagonisti nel settore in esame furono Vinicio Vianello,<br />

designer e titolare dell'omonima vetreria e Oreste Vistosi; nella sua officina lavorarono Angelo Mangiarotti<br />

che progettò per Artemide le lampade Lesbo e Saffo ('67) e numerosi altri designer. Di molti prodotti non si<br />

cita più la vetreria esecutrice quanto l'azienda «editrice». Così Joe Colombo disegna Aton ('64) per O-Luce;<br />

Sergio Asti Daruma ('68) per Candle; Gae Aulenti Patroclo per Artemide ('75); Aulenti e Piero Castiglioni la<br />

lampada Parola per Fontana Arte ('80); fino alle più recenti Lanterna di Marta Laudani e Marco Romanelli<br />

(O-luce, '88), Oa di Philippe Starck (Flos, '96), Glass-glass di Paolo Rizzano (Luceplan, '98), Glo-ball di Jasper<br />

Morrison (Flos, '98), Astra di Denis Santachiara e Lara di Paolo Deganello (La Murrina, 2000)''.<br />

E veniamo alle lampade più pertinenti allo stile high-tech, quelle con fonte di luce mobile nell'ambiente. «Per<br />

il movimento nel corso del tempo si sono imposte due soluzioni: da una parte il sistema a bilanciamento con<br />

contrappeso fornito di snodo, introdotto dal francese Edouard Wilfrid Buquet e brevettato nel 1927; dall'altra<br />

il meccanismo con bracci arti colati regolati da molle, come era stato pensato dall'inglese George Carwardine<br />

nell'Anglepoise del 1934 [...], con immagine e funzionalità complessive ispirate alla fisiologia del braccio<br />

umano. Le molle di dimensioni diverse infatti rappresentano ‘i muscoli’ che tendono l'arto a piacere. La massiccia<br />

base garantisce la stabilità e la calotta ben orienta il flusso luminoso»12.<br />

Direttamente ispirata al secondo modello è la Luxo L-1, realizzata nel 1937 da Jacob Jacobsen che, pur<br />

mantenendo invariato il telaio strutturale, ne incrementa il numero di molle da tre a quattro rendendolo<br />

complessivamente più flessibile, mentre il diffusore acquista un unico profilo dalla forma «a cappuccio». Il<br />

modello norvegese è qui menzionato perché ha costituito il paradigma per molte lampade disegnate in Italia.<br />

Tra queste Berenice, disegnata da Alberto Meda e Paolo Rizzatto per Luceplan nel 1984, riduce lunghezza e<br />

funzione delle molle, affidando il movimento agli snodi, e adotta una calottina schiacciata in quanto alloggio<br />

di una lampadina alogena; Tolomeo di Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina, realizzata per Artemide<br />

nel 1986, Compasso d'Oro nel 1989, esibisce per ogni braccio un cavetto di raccordo con le molle nascoste

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