Aprile 2011 - ANNO XC - N° 4 - Associazione Nazionale Alpini
Aprile 2011 - ANNO XC - N° 4 - Associazione Nazionale Alpini
Aprile 2011 - ANNO XC - N° 4 - Associazione Nazionale Alpini
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
DA LIVORNO ALL’ORTIGARA CON IL BATTAGLIONE PIEVE DI TECO<br />
E INFINE AL SACRARIO DI ASIAGO<br />
Un fiore per Uberto Uberotti,<br />
alpino<br />
16<br />
4-<strong>2011</strong><br />
Nascere senza un padre è<br />
già una grande sfortuna<br />
e se anche la madre ti<br />
abbandona, quando sei ancora<br />
in fasce, la faccenda si fa ancora<br />
più drammatica. Ad Uberto<br />
Uberotti capitarono entrambe<br />
le cose: infatti si trovò abbandonato,<br />
in un orfanotrofio di Livorno,<br />
senza né padre né madre.<br />
Da Livorno alla Val di Vara il<br />
passo fu breve ma, se possibile,<br />
ancora più doloroso: sì, perché<br />
a tirarlo fuori dall'orfanotrofio<br />
non fu la benevolenza di buoni<br />
genitori ma l'avido interesse, a<br />
disporre di braccia da lavoro nei<br />
campi, di una famiglia della<br />
Rocchetta, in Val di Vara appunto,<br />
che di bambini ne prendeva<br />
parecchi, perché si spezzassero<br />
le ossa, a suon di fatiche e di lavoro,<br />
da mattino a sera, tutti i<br />
giorni nelle dure terre da coltivare.<br />
Ecco perché quando Uberto divenne<br />
giovanotto e si fece una<br />
famiglia, una vera famiglia tutta<br />
sua, si sentì come un re. Adesso aveva<br />
una brava moglie ed una bella bimba, appena<br />
nata, le quali gli sembravano un dono<br />
del cielo e il cielo, ora che non si considerava<br />
più un trovatello, gli pareva di<br />
toccarlo con le dita, tanto era felice.<br />
Purtroppo il destino, è risaputo, si accanisce<br />
particolarmente proprio contro<br />
coloro che di guai ne hanno già avuti abbastanza<br />
e così Uberto ricevette la chiamata<br />
alle armi. Non una assegnazione<br />
qualunque ma una di quelle destinazioni<br />
militari che facevano tremare i polsi e le<br />
gambe: "Battaglione alpini Pieve di Teco,<br />
Ortigara, Prima Linea, Zona di Guerra<br />
Trincea". Nel 1917, dei suoi amici che erano<br />
andati a finire lì, non era tornato a casa<br />
nessuno. A casa, dai parenti di quelli<br />
andati al fronte, tornavano solo i carabinieri<br />
per darne la notizia della morte.<br />
Così, quando gli toccò partire, Uberto vide<br />
già scritta l'ultima pagina della sua<br />
storia. Baciò la figlia e abbracciò la moglie,<br />
facendosi promettere di provvedere<br />
al bene della piccola. Arrivò al fronte,<br />
quando era il mese di marzo dell'anno<br />
1917.<br />
Sull'Ortigara, a 2.105 metri, in trincea, erano<br />
combattimenti continui e freddo e<br />
fame e dolori e paura e morti, tanti morti.<br />
L'alpino Uberotti resisteva, avanzava,<br />
ubbidiva agli ordini e combatteva con<br />
onore. Era buono e generoso, lo dicevano<br />
anche a casa, al paese e, se si presentava<br />
la paura, sotto tutte quelle cannonate<br />
e fra tutti quei morti, lui cercava di<br />
vincerla quella maledetta paura e andava<br />
avanti.<br />
Per questo gli fecero pure una menzione<br />
d’onore: “Per avere servito la Patria con<br />
fedeltà e onore".<br />
Malauguratamente, dopo tre mesi di<br />
aspri combattimenti in prima linea, nel<br />
giugno del 1917, una granata centrò in<br />
pieno la sua postazione e<br />
Uberto saltò in aria con altri<br />
commilitoni: nella tremenda<br />
esplosione fu fatto a<br />
brandelli e, a stento, si poterono<br />
raccogliere solo pochi<br />
resti.<br />
Dopo qualche tempo, i carabinieri<br />
del suo paese bussarono<br />
alla porta anche della<br />
sua abitazione per dare ai<br />
parenti la notizia della fine:<br />
non avevano nulla da riconsegnare<br />
perché, nella deflagrazione,<br />
nulla era rimasto;<br />
né poterono precisare il luogo<br />
esatto della sepoltura<br />
perché, in quei frangenti,<br />
non si andava tanto per il<br />
sottile: si piantava, se si poteva,<br />
una croce dove capitava<br />
di morire. E tanto bastava.<br />
Così terminò la breve esistenza<br />
di Uberto che nacque<br />
a Livorno, figlio di padre<br />
e di madre ignoti, trovatello<br />
in orfanotrofio, bracciante<br />
agricolo adottato,<br />
marito e padre felice solo per una breve<br />
stagione, soldato alpino eroicamente caduto,<br />
all'età di venticinque anni, sul fronte<br />
della Grande Guerra.<br />
EPILOGO<br />
La moglie di Uberto rimase sempre devota<br />
al suo ricordo, non si riaccompagnò<br />
mai ad alcun altro e tenne fede alla promessa<br />
di adempiere bene e fedelmente<br />
al suo dovere di madre. Riposa nel cimitero<br />
di Marinasco, sulle alture di La Spezia,<br />
da dove, nelle giornate di cielo terso,<br />
è possibile vedere la costa di Livorno.<br />
La figlia, Maria Uberotti, é tuttora in vita,<br />
a La Spezia; ha novantasei anni, una vita<br />
semplice e serena, ma con il grande rammarico<br />
di non aver mai potuto posare un<br />
fiore sulla tomba di quel padre, buono e<br />
generoso, che dal cielo, ne è certa, le ha<br />
voluto assicurare tanto bene e tanta protezione.