Aprile 2011 - ANNO XC - N° 4 - Associazione Nazionale Alpini
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L E T T E R E A L D I R E T T O R E<br />
4<br />
4-<strong>2011</strong><br />
IL CORDOGLIO PER<br />
IL CAPITANO RANZANI<br />
Esprimiamo il cordoglio ai parenti del capitano Massimo<br />
Ranzani, caduto in terra afgana. Lungo è l’elenco delle<br />
penne nere ferraresi che hanno onorato la divisa e il cappello<br />
alpino pagando un tributo di sangue. A rendere ancora più<br />
amara la notizia sono le circostanze in cui Massimo ha trovato<br />
la morte: al rientro da un’operazione umanitaria di soccorso<br />
alla popolazione civile. Desideriamo inviare un messaggio di<br />
fraterna vicinanza a tutti i militari impegnati all’estero, partecipando<br />
al dolore che ha colpito la famiglia alpina e la città di<br />
Ferrara.<br />
Achille Ziccardi – Anversa<br />
Il capitano Massimo Ranzani è morto mentre rientrava alla<br />
base dopo un’operazione di assistenza medica alla popolazione<br />
locale, in Afghanistan. Il gruppo di Morbegno e la sezione<br />
valtellinese hanno espresso il proprio profondo dolore al<br />
comandante del 5° reggimento e a tutti gli alpini impegnati in<br />
Afghanistan. Abbiamo invitato tutti i Gruppi, nel giorno dei<br />
funerali, ad esporre la nostra bandiera a mezz’asta.<br />
Alberto Del Martino<br />
Il capitano Massimo Ranzani ci ha lasciato e cantiamo: Un<br />
nostro amico hai chiesto alla montagna. Noi del gruppo di<br />
Leonessa ogni volta che arriva la notizia tragica ci guardiamo in<br />
faccia, abbassiamo gli occhi e non riusciamo a dire una parola.<br />
Saliamo nella nostra sede, prendiamo la bandiera, tiriamo fuori<br />
dal cassetto la fascia nera e la mettiamo fuori per sette giorni.<br />
Un segno di croce ed un addio.<br />
Nardino Cesaretti – Gruppo di Leonessa<br />
Come purtroppo avviene con frequenza sono tante le lettere<br />
che arrivano in redazione sui nostri Caduti in missioni all’estero.<br />
Ne vengono pubblicate solo alcune, le più spontanee e vicine<br />
ai nostri sentimenti. Resta sullo sfondo lo scenario inquietante<br />
di una guerra che vorremmo finisse subito ma che, nonostante<br />
l’impegno e la professionalità dei nostri militari, sembra incancrenirsi<br />
giorno dopo giorno.<br />
VA DOVE TI PORTA IL CUORE. O NO<br />
Amio avviso la partecipazione all’Adunata nazionale, la sfilata e<br />
l’entusiastica convivenza con tutti – amici, ex commilitoni,<br />
iscritti all’ANA, alpini in armi ed in congedo, soci aggregati, coristi –<br />
come avviene per noi ex allievi non diversamente dagli altri, sono<br />
intrinsecamente indice e prova tangibile di dichiarato senso di<br />
appartenenza al Corpo degli <strong>Alpini</strong>, senza riserve e senza distinzioni<br />
di alcun genere, tanto meno di grado. Premesso ciò, il cuore mi spinge<br />
a sfilare con chi ha acceso ed ispirato maggiormente i sentimenti.<br />
E cioè con coloro che hanno frequentato il 60° corso SMALP (per<br />
inciso, l’istruttore e comandante del plotone era il giovane sottotenente<br />
Giuseppe Parazzini) al cui fianco ho passato periodi memorabili<br />
della mia giovinezza e della mia vita non solo militare-alpina.<br />
Claudio Michelazzi - Trieste<br />
Ma allora è tutto chiaro! Se avete avuto come istruttore il sottotenente<br />
Parazzini non potete che essere dei pericolosi creativi. È già un<br />
miracolo che la mattina della sfilata siate presenti all’ammassamento,<br />
sia pure con gli occhiali neri a protezione massima. E qui finisce<br />
lo scherzo. Con i sentimenti, l’ho già detto, sono con voi, con l’esigenza<br />
di dare un ordine allo sfilamento qualche problema nasce. È<br />
in crescita la tendenza a frammentare i blocchi, non solo per sezioni<br />
ma anche per gruppi di appartenenza: paracadutisti, motociclisti,<br />
artiglieri, camperisti, reparti. E voi siete gli antesignani di questo<br />
fenomeno. Una formula per riportare nella norma le esigenze che<br />
evidenzi si può trovare e non è nemmeno difficile. Ma dev’essere<br />
“norma”. Il “va dove ti porta il cuore” mi sembra poco sostenibile.<br />
QUANDO UN COMMILITONE VA AVANTI<br />
Voglio esternare alcune considerazioni suscitate dalla perdita di<br />
un amico, compagno di naja. Un periodo giovanile passato<br />
insieme, un modello di vita che accomuna per mesi, la compagnia<br />
di coetanei che un poco alla volta impari a conoscere e ad apprezzare.<br />
Ti rendi conto che ti stai confrontando con una realtà nuova.<br />
Entri in un mondo dove gli aspetti e gli interessi collettivi prevalgono<br />
su quelli della tua individualità. Gli incontri successivi, dopo la<br />
naja, confermano il desiderio di respirare ancora quella atmosfera.<br />
La naja ti ha regalato un amico la cui perdita lascia un senso di tristezza<br />
e di rimpianto. Un valore solido e disinteressato come pochi<br />
ce ne sono.<br />
Renzo Perfumi<br />
Considerazioni semplici, sentimenti forti, una visione diversa dei<br />
rapporti fra coetanei: questa l’eredità di un periodo passato insieme.<br />
Lascia un segno per tutta la vita.<br />
IL SENSO DELL’UNITÀ DELLA PATRIA<br />
In tenera età ho partecipato alle celebrazioni del Centenario<br />
dell’Unità d’Italia. Frequentavo la seconda media e il nostro preside<br />
aveva fortemente voluto portarci in gita a Torino in occasione<br />
delle celebrazioni. Ricordo le motivazioni e tutto quanto potemmo<br />
vedere in quell’occasione e, soprattutto, il senso e il rispetto per<br />
questa nostra Patria. Qualche anno più tardi mi trovai a svolgere<br />
servizio di Ordine Pubblico (O.P.) in Alto Adige, zona di San<br />
Candido. Non mi sento un eroe. I nostri “alloggi” erano costituiti da<br />
baracche in ferro protette da alte murature, le postazioni protette<br />
da sacchetti di sabbia e si montava di guardia con il F.A.L., colpo in<br />
canna. Non abbiamo certo “fatto l’Italia”, ma sicuramente contribuito<br />
a mantenerla unita e integra.<br />
Raffaele Rocchini<br />
Nella tua lunga lettera oltre che dell’Unità d’Italia e della sua integrità<br />
parli anche di “entusiasmo incosciente” dei vent’anni.<br />
Confermo, avendo vissuto le stesse esperienze qualche anno prima<br />
di te, che i periodi di O.P. sono stati tra i più belli del servizio militare,<br />
anche se faticosi e vissuti in condizioni difficili. In fondo ci<br />
bastava il sorriso di una ragazza a riscattare i sacrifici delle guardie<br />
nelle gelide notti di quelle valli scure e degli “alloggi” chiamati più<br />
propriamente accantonamenti.