omaggio ai piccoli gruppi ormeggiatori e barcaioli - Benvenuto nel ...
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identitaria” di occasioni perdute non è solo ascrivibile <strong>ai</strong> potentati triestini di allora, basti,<br />
ad esempio, citare che gli armatori genovesi restarono ostinatamente ancorati alla vela,<br />
quasi da rendere incerto e problematico fino all’ultimo, l’impiego di navi con le macchine<br />
a vapore. Quest’ultimo poi è forse un conservatorismo che investe pure noi <strong>ormeggiatori</strong>,<br />
in quanto sappiamo che più di uno avversò l’utilizzo del motore e dell’elica in sostituzione<br />
dei remi.<br />
RIFLESSIONI<br />
SUL PASSATO<br />
PER LE STRATEGIE<br />
FUTURE<br />
Ora però occorre calarsi <strong>nel</strong> vivo dell’assemblea Angopi. Che, itinerante per definizione,<br />
offre anche spunti per riflettere sull’anno trascorso. È quindi tempo di consuntivi per<br />
valutare e confrontarci sul lavoro svolto, sugli ostacoli e gli imprevisti incontrati <strong>nel</strong><br />
nostro cammino, sulle linee e sulle strategie da mettere in campo per affrontare le sfide<br />
future. In questa analisi cerco di limitare gli accenni alla politica al minimo indispensabile,<br />
così come evito di fornirvi il profluvio di dati sull’andamento dei traffici, che<br />
comunque si possono ricavare dalle relazioni che le assemblee generali delle varie<br />
associazioni hanno tenuto in questi periodi. Analizzando il lavoro svolto sarebbe però<br />
incompleta la nostra valutazione se non tenesse conto del tempo in cui viviamo e degli<br />
straordinari fenomeni che assieme alle più incongrue contraddizioni caratterizzano il nostro<br />
tempo. Penso per esempio all’incredibile successione delle rivoluzioni e delle conquiste<br />
tecnologiche – <strong>nel</strong>l’ambito dell’astrofisica, dell’informatica, dell’elettronica – di cui ne<br />
sta beneficiando l’intero genere umano.<br />
Un indubbio, straordinario progresso del nostro tempo, dunque. Ma come non denunciare<br />
che in modo esponenziale si sono allargate anche le diversità. Dati recenti, esposti da Guidi,<br />
attestano che i 225 patrimoni privati più grandi del mondo raggiungono, insieme, i mille<br />
miliardi di dollari; somma pari al reddito annuale cumulativo di 2,5 miliardi delle persone<br />
più povere del pianeta, che rappresentano il 47 percento della popolazione totale. E fa sensazione,<br />
inoltre, pensare che i patrimoni delle quindici persone più ricche della terra sono<br />
superiori al prodotto interno lordo (PIL) di tutti gli stati africani a sud del Sahara, fatta eccezione<br />
per il Sudafrica; mentre il volume d’affari della General Motors supera il PIL della<br />
Danimarca, quello della Exxon Mobil quello dell’Austria; e questo a fronte di centin<strong>ai</strong>a di<br />
milioni di esseri umani condannati ogni anno alla miseria, alla morte, alla disperazione.<br />
E allora, come è pensabile e giustificabile che una tale disparità avvenga su un pianeta<br />
colmo di ricchezze, che produce beni che potrebbero reggere al fabbisogno pari al doppio<br />
degli attuali abitanti della terra? E come poter fronteggiare il prossimo futuro visto che<br />
la popolazione mondiale ha impiegato milioni di anni per raggiungere il primo miliardo,<br />
poi in 123 è arrivata al secondo, al terzo in 33, al quarto in 14, al quinto in 13, e secondo<br />
le proiezioni delle Nazioni Unite il sesto promette di arrivare in altri 11. È noto che già<br />
da adesso tale disparità comporta ogni giorno la sofferenza moltissime persone, quasi<br />
sempre vittime dell’unico imperativo dominante: il profitto senza regole. Questo è, infatti,<br />
un mondo <strong>nel</strong> quale le difficoltà economiche sono dovute non tanto a problemi relativi<br />
alla produzione e al consumo, quanto alla mancanza di una governance globale, che favorisca<br />
una distribuzione più equa delle ricchezze. Ecco perché, a parere di Guidi, ‘oltre<br />
ad essere la sede dei veti incrociati, dell’uso della forza per ragioni di giustizia’, l’ONU<br />
dovrebbe essere l’incarnazione della coscienza pubblica internazionale; e organismi come<br />
l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’Organizzazione internazionale del lavoro<br />
(OIL), l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Fondo per l’infanzia<br />
(UNICEF), l’Organizzazione per la scienza e la cultura (UNESCO) dovrebbero esserne il<br />
reale braccio operativo.<br />
Venendo al Mediterraneo, il presidente di Angopi ritiene che la recente instabilità lungo la<br />
sua sponda Sud, con messa in discussione dei R<strong>ai</strong>s corrotti e antidemocratici, proponga la<br />
possibilità di una nuova crescita democratica, in contrapposizione, però, al rischio di forti<br />
tensioni, con ulteriori instabilità e intolleranze, che si aggiungono all’irrisolto problema<br />
israelo-palestinese. Sono stato a Lampedusa di recente e ho toccato con mano le nostre<br />
difficoltà a gestire il rapporto con il sud del Mediterraneo, e lì ho ancora meglio capito,<br />
quanto sia inutile, oltre che sbagliato, lasciarsi sopraffare da logiche di ‘netta intolleranza’<br />
pensando che la cosa migliore sia quella di poter superare le difficoltà rinchiudendoci.<br />
Che strano tempo! Da una parte viviamo in modo completamente globalizzato, dall’altra<br />
alimentiamo le più deteriori chiusure nazionalistiche, che sanno tanto di razzismo.<br />
Richiamandosi a quanto detto in una sua recente relazione, il presidente Guidi ribadisce<br />
che, diversamente dagli organismi richiamati sopra, l’attuale sistema mondiale - gestito da<br />
Fondo Monetario Internazionale, World Trade Organisation, banca mondiale - ha messo i