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omaggio ai piccoli gruppi ormeggiatori e barcaioli - Benvenuto nel ...

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punto le contrazioni avvenuti <strong>nel</strong>la categoria, non dimenticando altresì di sollecitare taluni<br />

Gruppi ad una maggiore presenza anche <strong>nel</strong>le pur molestie burocratiche annuali, considerato<br />

anche che il rabbuffo avviene oltre la metà di giugno... Comunque, in questo quadro<br />

pur su dati parziali (48 <strong>gruppi</strong> su 60) devo dire che <strong>nel</strong>la comparazione: fatturato 2009<br />

– fatturato 2010 (dati che riportano circa l’86% dell’intero fatturato 2009) registriamo un<br />

più 4,63%. Le prestazioni <strong>nel</strong>lo stesso periodo (qui siamo al 95% del 2009) registrano una<br />

variazione del più 1,14%. Suddividendo per lo stesso periodo tali valori per macroaree<br />

abbiamo: Adriatico: prestazioni -2,42%, fatturato + 5,07 (è ovvio che l’attività al Gnl ha<br />

determinato una certa incidenza); Sicilia: prestazioni – 0,19%, fatturato + 0,89; Sardegna:<br />

prestazioni – 0,49%, fatturato + 0,08; Tirreno: prestazioni 3,09%, fatturato + 8,83.<br />

Ovvero, d<strong>ai</strong> dati che ho esposto, seppur parziali, si può evincere la generale capacità di<br />

tenuta economico-sociale dei nostri Gruppi pur <strong>nel</strong>la profonda crisi che stiamo vivendo.<br />

A questo punto la relazione del presidente Angopi fa rotta sul quel processo di completamento<br />

delle liberalizzazioni da estendere <strong>ai</strong> trasporti e <strong>ai</strong> servizi pubblici, invocato e sostenuto<br />

da più osservatori in modo bipartisan. Per il quale Guidi richiama la vigile attenzione<br />

della categoria. Perché: Qui non è solo in discussione il nostro ruolo e le nostre prerogative,<br />

ma inseguendo le politiche liberalizzatrici – che indubbiamente in alcuni settori hanno<br />

prodotto un efficientamento dei servizi – con argomentazioni prettamente ideologiche, non<br />

curanti quindi della specificità di carattere sociale in capo ad alcune funzioni e servizi, si<br />

può ritenere che una loro diffusa estensione non può produrre e non ha prodotto i risultati<br />

auspicati. Noi restiamo ancora ancorati al valore e al ruolo dello Stato regolatore che<br />

favorisca un nuovo modello di sviluppo che non sia prigioniero della moltiplicazione dei<br />

consumi come unica via d’uscita dalla crisi. Sembrano, infatti, già dimenticate le cause, le<br />

criminali patologie, che hanno determinato questa crisi planetaria. E <strong>nel</strong>l’aver già dimenticato<br />

tutto ciò che è avvenuto, la regia – certo con qualche paletto – debba essere del solo<br />

mercato, e quindi lasciare nuovamente campo libero alla finanza. Mentre la democrazia e<br />

quindi le regole sono intese e considerate solo degli ostacoli.<br />

Al contrario, la crisi deve indurre <strong>ormeggiatori</strong> e barc<strong>ai</strong>oli a riflettere sulla validità di certi<br />

modelli; e da essi stessi deve partire non solo la vigilanza, ma un impegno militante affinché<br />

veda la categoria parte attiva in tutte le positive iniziative che si muovono in tale direzione, e<br />

altrettanto fermi <strong>nel</strong>l’osteggiare posizioni legate <strong>ai</strong> miopi tornaconti di parte. A tal riguardo<br />

pensando ad un settore vitale <strong>nel</strong> campo marittimo quali sono i porti, fermo restando che<br />

nessuno nega l’importanza e la validità stessa dell’intervento privato, è altrettanto indubbio<br />

che talune attività all’interno e all’esterno del porto debbano inevitabilmente rispondere<br />

ad una funzione pubblica della “entità porto”. Partendo dall’assunto che è inaccettabile<br />

il fatto che i guadagni spettino <strong>ai</strong> privati mentre le perdite devono andare in capo alla<br />

collettività, occorre vigilare, ad esempio, su quei faraonici progetti, fatti appunto apparire<br />

come iniziative private di cui però lo Stato devi farsi garante del finanziamento, attuabili<br />

viepiù solo se le vigenti regole vengono stravolte. Attira, perciò l’attenzione dell’uditorio<br />

sul fatto che il richiamo alle regole non vada ascritto alla sua qualità di rappresentante della<br />

categoria, dove è evidente la necessità di preservare un assetto regolato <strong>nel</strong> “mercato” dei<br />

servizi erogati d<strong>ai</strong> Gruppi, ma destano non poche perplessità quei punti fermi ribaditi da un<br />

noto gruppo bancario come – a) l’adozione di specifici decreti legislativi, b) la nomina di<br />

un commissario straordinario, c) l’impegno a non stanziare risorse pubbliche per terminal<br />

considerati concorrenti. Tutte condizioni poste come pregiudiziale per intervenire.<br />

Qui Guidi propone due proprie riflessioni. La prima: C’è da considerare che un buon partenariato<br />

pubblico-privato, dovrebbe comunque garantire sia il rendimento finanziario per<br />

gli investitori, sia un rendimento sociale per gli utenti, necessario a giustificare la quota<br />

rilevante di spesa che tipicamente viene coperta dal settore pubblico. Di norma, questo<br />

aspetto <strong>nel</strong>le citate operazioni, è spesso troppo trascurato, anche per via di un’asimmetria<br />

informativa ed economica che va a tutto vantaggio del privato. E ancora. Nell’attesa che<br />

la riforma venga definitivamente approvata, registriamo prese di posizione, riconducibili<br />

a tornaconti di ‘egoismo territoriale’ o all’esercizio di un potere da gestire a livello locale,<br />

che rischiano di minare seriamente i delicati equilibri raggiunti con senso di responsabilità<br />

<strong>nel</strong> corso degli anni, da tutti i soggetti previsti dall’art. 14.<br />

Poi, la seconda. C’è da notare che anche in Italia così come negli Stati Uniti, <strong>nel</strong> Regno<br />

Unito e in molte altre parti del mondo, alti dirigenti di istituzioni sono diventati ministri o<br />

titolari di importanti cariche pubbliche; ex ministri sono diventati dirigenti di grandi imprese;<br />

top manager sono stati nominati ministri. La lista tra questo scambio di funzioni – i<br />

labili confini tra politica ed economia – può essere molto lunga. Di solito diciamo che ‘i<br />

convertiti sono sempre i peggiori avversari dei loro vecchi amici’. Scrive Jean Starobinski:

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