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IL MESSAGGERO SARDO 19<br />
OTTOBRE 2002<br />
Quest’anno è piovuto.<br />
Una pioggia torrenziale<br />
a pomeriggio<br />
appena iniziato e quando stava<br />
per terminare il pranzo<br />
collettivo consumato sulle<br />
tavole di pietra che circondano<br />
sa corte della chiesa di<br />
San Michele, Santu Migali.<br />
Non è che ci fosse tanta<br />
gente, solo un centinaio di<br />
persone tra sardi, continentali<br />
e stranieri che comunque<br />
hanno gustato l’antipasto di<br />
salsicce e olive, la pasta condita<br />
con ragù di carne, la pecora<br />
bollita, il porcetto arrosto<br />
e un tocco di formaggio.<br />
Acqua e vino.<br />
L’anguria è arrivata quando<br />
si era già in ordine sparso<br />
per la pioggia, riparati sotto<br />
le tettoie, un poco prima che<br />
servissero il caffè e l’acquavite.<br />
Qualcuno ha ricordato la<br />
magnificenza di altri anni<br />
con persone a gruppi, a folle,<br />
a continuare fino a sera il rito<br />
dello stare insieme. Stiamo<br />
parlando del Premio di poesia<br />
sarda di Posada giunto<br />
quest’anno alla ventunesima<br />
edizione. Una durata che è un<br />
buon segnale. Così come è<br />
segnale di grande serietà il<br />
fatto che quest’anno la giuria<br />
abbia deciso di non assegnare<br />
premi, solo menzioni e segnalazioni,<br />
per la poesia in<br />
rima. Troppe ripetizioni,<br />
inattuali arcadie e versi zoppi.<br />
La parola che stenta a farsi<br />
poesia e costituire senso.<br />
Perciò un messaggio da poeti<br />
a poeti: è necessario, per la<br />
sopravvivenza della poesia,<br />
uscire dagli schemi e pensare<br />
e sentire dentro il proprio<br />
tempo con la consapevolezza<br />
di utilizzare una lingua viva e<br />
vitale. Alcuni dei poeti, forse<br />
risentiti, non sono venuti alla<br />
festa. Altri invece si sono<br />
presentati e pure hanno letto<br />
i loro versi. Non la piazza<br />
quest’anno, un suggestivo<br />
scorcio sotto il castello della<br />
Fava, ma l’auditorium della<br />
scuole vicino alla Traversa.<br />
Cerimonia per forza di cose<br />
al chiuso: la pioggia seppur<br />
meno incessante ha continuato<br />
a battere.<br />
La festa dei poeti in limba,<br />
rimata e verso sciolto, si è<br />
consumata in questo lungo<br />
arco di tempo tra la fine del<br />
rito della mensa e la festa serale,<br />
con la recita dei testi<br />
premiati e segnalati da parte<br />
CULTURA<br />
SI RINNOVA A POSADA<br />
LA FESTA DEI POETI<br />
di Natalino Piras<br />
LA “VOCE DEL LOGUDORO”<br />
HA COMPIUTO 50 ANNI<br />
degli stessi poeti. Festa serale<br />
preceduta dal ballo dei ragazzi<br />
e dei grandi in costume,<br />
pitzinnos minores e mannos<br />
e da unu corfu de su tenore<br />
de Posada. Hanno letto i<br />
loro componimenti anche gli<br />
alunni delle scuola media. Ha<br />
presentato e condotto il sindaco<br />
Sebastiano Fiori alternato<br />
nella lettura di testi dei<br />
poeti assenti da Peppino Deledda,<br />
uno dei più anziani del<br />
Comitato.<br />
Il rito della parola poetica<br />
che segue il rito della mensa<br />
ha un suo significato.<br />
Il rito della mensa è cosa<br />
importante in una festa che<br />
come questa dei poeti a Posada<br />
si avvia a diventare tradizionale.<br />
Segna innanzitutto il<br />
benvenuto a s’istranzu e insieme<br />
esprime il grado di civiltà<br />
di una comunità: quest’anno<br />
turbata nel tempo immediatamente<br />
precedente la<br />
festa da cronache di incidenti<br />
mortali e da un assassinio<br />
capitato in paese, solo capitato,<br />
come può accadere. I Posadini,<br />
sindaco e organizzatori<br />
della festa, ci tengono e<br />
dire, e lo rimarcheranno pubblicamente<br />
nella cerimonia<br />
serale, di non essere comunità<br />
violenta. Si sentono bollati<br />
da un marchio che non è<br />
nella loro storia attuale. Insieme<br />
alla pioggia, comunque<br />
ben accetta, il tempo della<br />
festa è servito quest’anno a<br />
elaborare la notizia di una<br />
Posada che non si riconosce<br />
nelle notti dei balordi. Anche<br />
a questo serve la poesia: non<br />
solo a ripetere convenzioni<br />
ma a dare voce al vero dolore<br />
delle persone. Se anche il<br />
dolore diventa fatto identitario<br />
e perciò condivisibile da<br />
Posadini e istranzos che pure<br />
hanno messo la loro firma<br />
per protestare contro l’etichettatura<br />
di gente violenta.<br />
Dovrebbe ancora servire, la<br />
poesia, a riflettere perché comunque<br />
anche in questa civiltà<br />
si consumi a volte parte<br />
del nostro degrado, del nostro<br />
residuo di balentia, incomunicabilità<br />
e sedimentati<br />
rancori. Nel rito della mensa<br />
le voci a tratti indicano, a<br />
tratti cadono. Si inseguono,<br />
si accantonano e poi ritornano.<br />
Certo bisogna separare i<br />
fatti dalle responsabilità di<br />
ciascuno.<br />
Non c’erano tutti a Santu<br />
Migali ma comunque eravamo<br />
in molti. Gente comune e<br />
gente delle istituzioni. Parroci<br />
e viceparroci. E’ venuto<br />
anche il sindaco di Nuoro<br />
IN UN VOLUMETTO LE OPERE<br />
DEI VINCITORI DEL PREMIO<br />
DI POESIA SARDA<br />
Irisultati della 21 edizione<br />
del “Premiu ‘e poesia sarda<br />
Posada” sono leggibili nel<br />
volumetto che contiene i testi<br />
dei premiati, segnalati e menzionati.<br />
Cosa importante, che<br />
ogni anno venga prodotto questo<br />
libretto (l’anno scorso, per<br />
il ventennale, fu un librone).<br />
Questo del 21 è stato pubblicato<br />
con il contributo del Comune<br />
di Posada, della X Comunità<br />
Montana della Baronia ma<br />
anche di singoli cittadini.<br />
Due le sezioni del premio:<br />
poesia rimata e verso sciolto.<br />
Nella prima non è stato assegnato<br />
alcun premio in quanto<br />
la giuria ha riscontrato “temi<br />
triti, scontati, la rima spesso<br />
forzata, troppi gli italianismi”.<br />
Ci sono comunque state menzioni<br />
per Santino Marteddu di<br />
Siniscola per la poesia “Appo<br />
connottu”, Antonio Maria Pinna<br />
di Pozzomaggiore per<br />
“Notte ‘entosa”, Salvatore<br />
Murgia di Macomer per “Tempus<br />
fuidittu”. Segnalazioni per<br />
Salvatore Fancello di Dorgali<br />
con “S’andala ‘e s’allega”,<br />
Angelo Porcheddu di Banari<br />
per “Bentos” e Giulio Cossu di<br />
Tempio per “Vespari chjari”.<br />
Ammirevole il vecchio professore<br />
gallurese che continua a<br />
83 anni suonati a scommettere<br />
sulla poesia e sul suo valore,<br />
La “Voce del Logudoro”,<br />
settimanale cattolico di<br />
informazione locale diffuso<br />
nel Logudoro, Monte<br />
Acuto e Goceano, ha festeggiato<br />
i cinquant'anni.<br />
L’evento è stato celebrato<br />
anche con la pubblicazione,<br />
per i tipi delle Edizioni Diocesi<br />
di Ozieri, di un volume intitolato<br />
“Una Voce” per il Logudoro<br />
e il Goceano 1952-2002,<br />
curato sapientemente da monsignor<br />
Tonino Cabizzosu.<br />
Il libro sottolinea ed evidenzia<br />
il percorso storico della<br />
Voce del Logudoro ed il continuo<br />
confronto che ha consentito<br />
tra la Chiesa e le problematiche<br />
del territorio.<br />
Nelle pagine di “Una Voce”<br />
si snoda una puntuale rievocazione<br />
dei primi cinquanta anni,<br />
la significativa sintonia e operatività<br />
dell’associazionismo<br />
cattolico; la pastorale e lo<br />
spirito missionario (si veda il<br />
caso di don Nanni Carta la<br />
cui storia è stata rievocata recentemente<br />
anche nelle pagine<br />
del Messaggero Sardo); le<br />
realtà locali e le problematiche<br />
del mondo agro pastorale;<br />
l’anticomunismo militante<br />
che caratterizza i primi due<br />
decenni e più della “Voce” e il<br />
collateralismo con la Democrazia<br />
Cristiana; l’evoluzione<br />
lenta sul piano sociale nello<br />
spirito nuovo e innovativo del<br />
Concilio con istanze consiliari<br />
a stimolare partecipazione e<br />
rinnovamento secondo progetti<br />
pastorali mirati alle nuove<br />
problematiche familiari,<br />
sociali e di identità culturale.<br />
Secondo lo spirito della<br />
Costituzione Pastorale Gaudium<br />
e Spes si rileva un sensibile<br />
interessamento alle<br />
specificità del territorio e alla<br />
povertà delle zone del Centro<br />
sulle possibilità di una lingua.<br />
Ammirevole anche per come<br />
ha accettato, motivandolo con<br />
la sua presenza, il verdetto della<br />
giuria, lui poeta pluripremiato<br />
e certo tutt’altro che mestierante.<br />
Nella sezione verso sciolto il<br />
primo premio è andato a Giuseppe<br />
Tirotto di Castelsardo<br />
per la poesia “Che brusta buffadda”.<br />
Seconda piazza al dorgalese<br />
Gonario Carta Brocca<br />
per “Andalas de sonnios” e terzo<br />
posto per Domenico Battaglia<br />
di La Maddalena con<br />
“Passi di carrulanti”.<br />
Le menzioni a Peppino Fogaritzu<br />
di Pattada per “Dolu e<br />
interru de su printzipale”, Antonellu<br />
Bazzu di Sassari per<br />
“Carrasegare”, Antonio Maria<br />
Pala di Torpè per “Melios de<br />
ispera”, Antonietta Demurtas,<br />
bittese trapiantata a Olbia, per<br />
“Sa limba urata” e Domenico<br />
Uccheddu , un ragazzino di<br />
Muravera, per “Apu pensai a<br />
tui”.<br />
Presieduta da Giacomino Zirottu<br />
la giuria era composta da<br />
Gianni Pititu, Sebastiano Pilosu,<br />
Paolo Porru, Ignazio Porcheddu<br />
(che è anche presidente<br />
del Comitato organizzatore),<br />
Pinuccio Giudice Marras,<br />
Paolo Russu, Peppino Deledda,<br />
Giovanni Piga e chi scrive.<br />
mentre quello di Posada serviva<br />
a tavola insieme agli altri<br />
componenti del Comitato.<br />
Un certo effetto faceva sentire<br />
la voce di un continentale,<br />
un lumbard, un padano imparentato<br />
qui a Posada, che,<br />
mestolo in mano, girava per i<br />
tavoli a chiedere se tutto fosse<br />
a posto.<br />
Il rito della mensa collettiva<br />
abolisce i ruoli e insieme<br />
li rafforza, in quello che è ancora<br />
oggi una proponibile recita<br />
dello scambio, una interpretazione<br />
del lavare i piedi<br />
ai pellegrini che arrivavano<br />
al santuario. Così come la<br />
qualità del cibo indica la qualità<br />
del dono, la volontà di<br />
continuare a sorprendere<br />
compaesani e turisti. italiani<br />
e no. Un poco ricorda questo<br />
pranzo dei poeti il pranzo di<br />
Babette dell’omonimo film<br />
dove le pietanze raffinate<br />
servite da una straniera servono<br />
a far parlare la gente di<br />
una comunità chiusa. Parlare<br />
è importante.<br />
Dopo il pranzo c’è stato un<br />
fuori programma. Mentre<br />
quelli del Comitato sparecchiavano,<br />
un gruppo di pattadesi,<br />
tra di loro anche uno dei<br />
poeti menzionati, ha provocato<br />
a cantare un altro gruppo<br />
di persone da loro credute<br />
posadine. La provocazione è<br />
stata fatta in maniera tradizionale,<br />
partendo dal fatto<br />
che i pattadesi avevano sentito<br />
cenni di un canto che sembrava<br />
di Limbudu, loro compaesano.<br />
Solito scambio di ammiccamenti<br />
e contrasti e alla<br />
fine, accordati gli strumenti,<br />
il gruppo dei provocati ha<br />
dato il via a una straordinaria<br />
performance sotto la pioggia.<br />
Solo che non erano posadini<br />
ma di Torpè: Sebastiano<br />
Pilosu, uno dei giurati, Antonio<br />
Maria Pala, un altro dei<br />
menzionati, sa oche Tore<br />
Chessa e alle launeddas Giulio<br />
Pala. Pilosu ha cantato e<br />
suonato la chitarra e sa zampurra,<br />
così a Torpé chiamano<br />
lo scacciapensieri.<br />
Così come la chitarra ha<br />
suonato alternandola su pipiarolu,<br />
lo zufolo di canna,<br />
Antonio Maria Pala. Repertorio<br />
che ha messo insieme<br />
barones sa tirannia, gosos sacri<br />
e profani, convincendo a<br />
muovere qualche passo di<br />
ballo alcuni tra spettatori e<br />
spettatrici.<br />
Poco discosto, Salvatore<br />
Sanna, del comitato organizzatore,<br />
torpeino anche lui, intagliava<br />
zufoli per i bambini.<br />
Se questo non è fare poesia<br />
dite voi.<br />
Se questo non è scommessa<br />
per continuare a mostrare<br />
quanto si è civiltà contemporanea,<br />
cos’altro si può proporre.<br />
Ci sono sempre segnali<br />
e richiami all’ordine per<br />
continuare a credere nella<br />
poesia e in quello che la fa diventare<br />
moneta di scambio,<br />
“monida de alma”.<br />
Nord della <strong>Sardegna</strong> con riferimenti<br />
specifici al “Caso<br />
Goceano” ed alla “Vertenza<br />
Logudoro”.<br />
Docente di Storia della<br />
Chiesa Moderna e Contemporanea,<br />
di Archivistica ed<br />
Ecclesiastica nella Facoltà<br />
Teologica della <strong>Sardegna</strong> e<br />
direttore dell’Archivio Arcivescovile<br />
di Cagliari, monsignor<br />
Tonino Cabizzosu vanta<br />
numerose pubblicazioni<br />
sulla storia ecclesiastica sarda<br />
dell’Ottocento e del Novecento.<br />
A lui, nel suo paese natale<br />
di Illorai, si deve una ricca e<br />
prestigiosa biblioteca attualmente<br />
in fase di catalogazione.<br />
Nel panorama dell’informazione<br />
cattolica in <strong>Sardegna</strong>,<br />
la Voce del Logudoro<br />
affianca per importanza i fogli<br />
“Libertà” e l’”Ortobene”,<br />
rispettivamente di Sassari e<br />
Nuoro.<br />
Dal settembre del 1999<br />
Voce del Logudoro è diretta<br />
da Don Gavino Leone che,<br />
forte delle esperienze maturate<br />
nei primi 50 anni, intende<br />
proiettare il giornale verso<br />
significative e nuove sfide pastorali<br />
e culturali.<br />
Cristoforo Puddu