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La parola e la cura

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli Numero 1 Anno 2015 La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli
Numero 1 Anno 2015

La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

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<strong>la</strong> <strong>paro<strong>la</strong></strong> e <strong>la</strong> <strong>cura</strong> <br />

Il pregiudizio: l’evitabile e l’inevitabile delle convinzioni inconsapevoli <br />

meno veri), di convinzioni, di storie e di valori familiari che si trasmettono per generazioni; di <br />

esperienze vissute e narrate; di solide certezze ricevute e autoprodotte; di strutture culturali; di <br />

re<strong>la</strong>zioni e di contesti sociali e ambientali; di aspettative e proiezioni nel futuro; di emozioni… <br />

Tutti questi “pezzi” variano costantemente e costantemente interagiscono tra loro, facendo del<strong>la</strong> <br />

nostra identità una struttura non molto più solida di uno sciame di moscerini, seppur di più lunga <br />

durata: esclusa <strong>la</strong> struttura biologica infatti, ogni altro elemento del<strong>la</strong> nostra identità si prolunga <br />

nel passato e nel futuro. <br />

Ovvio che questa struttura complessa si tenga insieme con modalità varie e diverse: tra questi ci <br />

sono i pregiudizi. <br />

È praticamente impossibile affrontare “a mente sgombra” <strong>la</strong> complessità nostra e quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> <br />

realtà in cui ci dobbiamo muovere perché è essa che dà senso al<strong>la</strong> nostra esistenza. <strong>La</strong> “mente <br />

sgombra” non esiste, è un’astrazione. Esistiamo sempre “in funzione di… In re<strong>la</strong>zione con…” <br />

Nell’affrontare un territorio, <strong>la</strong> vita, <strong>la</strong>rgamente ignoto è necessario tracciare una mappa, per <br />

quanto grezza e immaginaria, che ci permetta di muoverci una volta oltrepassata <strong>la</strong> ”linea <br />

d’ombra” dove si fermano le impronte di coloro che ci hanno preceduto. <br />

A queste “impronte” bene o male spesso ci riferiamo per costruire <strong>la</strong> nostra mappa: “se” fin qui si <br />

è proceduto, altri hanno proceduto in questo modo, “allora” proviamo a vedere se continua a <br />

funzionare anche nel<strong>la</strong> terra incognita. <br />

Davanti a questo confine, a questa soglia, sono possibili atteggiamenti diversi. <br />

Uno tra i più diffusi fa del “se”…”allora”… una legge immutabile, un principio, anzi <strong>la</strong> so<strong>la</strong> busso<strong>la</strong> <br />

possibile: se ha funzionato allora funzionerà… Il passato prefigura il futuro, il prima il dopo. <br />

Un esempio storico ben noto è <strong>la</strong> convinzione, durata quasi due millenni, che non vi fosse <br />

conoscenza scientifica possibile che non si basasse sul pensiero di Aristotele; per il resto bastava <strong>la</strong> <br />

Bibbia.<br />

Lo sforzo di far quadrare il pensiero scientifico con <strong>la</strong> filosofia aristotelica, un pregiudizio diventato <br />

legge e mito, è stato un serio ostacolo al progresso del<strong>la</strong> conoscenza; e tuttavia quando Galileo lo <br />

ha messo esplicitamente in dubbio ha avuto, come si sa, non poche grane. <br />

Ecco: un pregiudizio che diventa valore indiscusso e indiscutibile, un pregiudizio-­‐mito, costruisce <br />

un atteggiamento dogmatico comodo ma pericoloso. Comodo perché riduce <strong>la</strong> fatica di pensare <br />

in proprio; dannoso perché i dogmatici hanno <strong>la</strong> perniciosa abitudine di considerare eretici e <br />

nemici quelli che scelgono altre vie rispetto al<strong>la</strong> loro, e di combatterli anche, se possibile, fino allo <br />

sterminio. <br />

Questo tipo di pregiudizio coincide in genere con le cosiddette idee ricevute: quelle convinzioni <br />

banali, quei luoghi comuni che a forza di sentirli ripetere uno finisce col pensare che siano concetti <br />

veri o comunque “normali”. <br />

Col termine “luogo comune” si intendeva un tempo <strong>la</strong> piazza: uno spazio che tutti condividevano e <br />

dove si riversavano e si scambiavano idee e convinzioni che finivano per diventare patrimonio <br />

collettivo accettato da tutti. Ogni piazza si poneva in contrapposizione ad altre piazze simili situate <br />

altrove, dove si scambiavano altre e diverse idee e convinzioni; <strong>la</strong> piazza era quindi anche il luogo <br />

comune dove nascevano e si ampliavano emozioni aggressive quali xenofobia e razzismo. <br />

A questo tipo di pregiudizio, dogmatico e superstizioso, che vedeva ovunque nemici, eretici, <br />

infedeli, ha tentato di replicare l’Illuminismo, proponendo <strong>la</strong>icamente <strong>la</strong> ragione come unico <br />

strumento di conoscenza. <br />

Ma far coincidere i pregiudizi con il dogmatismo irrazionale è altrettanto comodo del <br />

dogmatismo stesso e inoltre presenta dei rischi, il principale dei quali è ovviamente <strong>la</strong> <br />

paradossale nascita di un dogmatismo antidogmatico. <br />

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