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La parola e la cura

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli Numero 1 Anno 2015 La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli
Numero 1 Anno 2015

La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

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<strong>la</strong> <strong>paro<strong>la</strong></strong> e <strong>la</strong> <strong>cura</strong> <br />

Il pregiudizio: l’evitabile e l’inevitabile delle convinzioni inconsapevoli <br />

portatore. Ciò che può risultare normale per qualcuno può essere estremamente faticoso per un <br />

altro. <br />

Su tutto, ciò che maggiormente risulta nocivo e deleterio è <strong>la</strong> menzogna pur se protettiva in <br />

quanto renderà pressoché impossibili comprendere, per chi non ne abbia innata competenza, <br />

l’esperienza che nel corso del<strong>la</strong> vita andrà formandosi. Qui entra in gioco il pregiudizio <br />

esperienziale. Se io mi fido di tutti, se mi è omesso il comprendere che l’altro può non essere in <br />

buona fede, se non mi vengono insegnate le tecniche per osservare correttamente il mondo, il <br />

giorno che per una qualsiasi ragione comprenderò che mi si è mentito diventerà difficilissimo <br />

riuscire a fidarmi di altri e passerò così da una totale fiducia ad una totale sfiducia. Salto questo <br />

che può risultare devastante per <strong>la</strong> psiche e <strong>la</strong> qualità di vita di un individuo e che inquinerà <br />

pressoché ogni re<strong>la</strong>zione a venire, se non altro del dubbio, ma di quel dubbio negativo, che più che <br />

dubbio si potrebbe definire “paranoia”. <br />

35 anni fa mia madre, del<strong>la</strong> quale purtroppo non so nul<strong>la</strong> perché mi diede in adozione, mi mise al <br />

mondo, ma questo parto non risultò semplice, vi furono delle complicazioni che causarono una <br />

neurodiversità. Neurodiversità del<strong>la</strong> quale pur se intimamente consapevole ne ebbi conferma solo <br />

molti anni dopo. E ciò finì per influenzare in modo davvero preponderante l’intera visione delle <br />

re<strong>la</strong>zioni che fino a quel momento avevo avuto. Ma soprattutto creando una profonda diffidenza <br />

non solo verso le singole persone che potevo ritenere “colpevoli” di questa omissione, ma verso <br />

intere categorie che a mio avviso si erano rese “complici” di questa menzogna. <strong>La</strong> categoria <br />

verso <strong>la</strong> quale purtroppo tale diffidenza è risultata più difficilmente sanabile è quel<strong>la</strong> medica, che <br />

d’altronde era anche quel<strong>la</strong> in cui io avevo sempre riposto maggior fiducia e stima. <br />

D’un tratto così, oltre a rendermi conto di una <br />

verità che prima risultava solo <strong>la</strong>tente nel<strong>la</strong> mia <br />

coscienza, mi sono trovato a non capire più con <br />

chiarezza se il medico che avevo davanti fosse <br />

sincero con me o meno, se non dicesse o non <br />

capisse, se volesse tirarsi fuori da una situazione <br />

che risultava scomoda o semplicemente non <br />

avesse gli strumenti comunicativi adeguati per <br />

re<strong>la</strong>zionarsi con me. Tutto ciò è stato devastante <br />

ed ha gravemente incrinato <strong>la</strong> mia capacità di <br />

re<strong>la</strong>zione con queste persone. Ad aiutarmi c’è <br />

stata per fortuna l’oggettività di alcuni dati che <br />

quindi fungevano da busso<strong>la</strong>, ma senza dubbio <br />

rendersi conto che non si riesce a comprendere <br />

se <strong>la</strong> persona che si ha davanti ci capisca o meno <br />

e se noi capiamo o meno lei è qualcosa <br />

d’incredibilmente difficile da gestire. Da qui ne è <br />

scaturita una spirale di esami e di tentativi, che <br />

questa diffidenza ha reso costantemente vani, di <br />

re<strong>la</strong>zionarsi. Da un <strong>la</strong>to l’assenza di conclusioni <br />

strumentali univoche dall’altro le mie aspettative <br />

e probabilmente il mio modo di pormi rendevano <br />

ogni visita non una rapporto fiduciario tra medico <br />

e paziente ma una competizione. <br />

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