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La parola e la cura

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli Numero 1 Anno 2015 La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli
Numero 1 Anno 2015

La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

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<strong>la</strong> <strong>paro<strong>la</strong></strong> e <strong>la</strong> <strong>cura</strong> <br />

Il pregiudizio: l’evitabile e l’inevitabile delle convinzioni inconsapevoli <br />

Altre considerazioni attribuiscono maggiori responsabilità al medico ginecologo, il quale, per <br />

motivi di lucro (in alcune realtà, per il taglio cesareo viene infatti riconosciuto un compenso <br />

economico maggiore) o di “profitto aziendale”, nonché disorganizzazione del proprio <strong>la</strong>voro, <br />

preferirebbe <strong>la</strong> via chirurgica. <br />

Da ultimo, in ordine ma non in importanza, secondo l'establishment medico, è l'atteggiamento <br />

difensivo del medico e, quindi, il timore di essere accusato di non aver "fatto abbastanza" per <br />

tute<strong>la</strong>re <strong>la</strong> salute del<strong>la</strong> madre e del bambino/a rappresentare <strong>la</strong> principale causa di ricorso al taglio <br />

cesareo. Nell'indagine condotta dal<strong>la</strong> SIGO (Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia), a <br />

esempio, le implicazioni medico-­‐legali rappresentano il primo motivo di ricorso al taglio cesareo <br />

per 9 medici su 10. <br />

Ma possiamo, in coscienza, sentirci di scoraggiare medici e donne dal<strong>la</strong> scelta del parto chirurgico <br />

e sostenere che sia veramente preferibile il parto vaginale, il cosiddetto parto naturale? Per <br />

rispondere a questa domanda dobbiamo chiederci qual è il percorso che, nel<strong>la</strong> grande <br />

maggioranza dei casi, le donne fanno nei nostri ospedali e centri nascita. <br />

In base ai risultati del Cedap (Certificato di assistenza al parto) e a quelli forniti da altre indagini, <br />

sappiamo che le donne sane, con una gravidanza normale, vengono routinariamente sottoposte a <br />

una lunga lista di pratiche, alcune perfino invasive e dannose, senza che vi sia nessuna evidenza <br />

scientifica a sostegno. <br />

Per aiutare il lettore non esperto in pratiche ostetriche ne elenchiamo alcune: clistere e <br />

depi<strong>la</strong>zione all'accettazione in reparto; ago cannu<strong>la</strong> dall'inizio del travaglio; monitoraggio <br />

cardiotocografico a permanenza (che obbliga <strong>la</strong> donna a rimanere sdraiata a letto o, al massimo, in <br />

piedi senza possibilità di camminare e muoversi per tutta <strong>la</strong> durata del travaglio); scol<strong>la</strong>mento <br />

delle membrane attraverso una visita vaginale dolorosa e spiacevole; impedimento al bere o al <br />

mangiare e consequenziale idratazione attraverso soluzione endovenosa; rottura artificiale delle <br />

membrane per accelerare il travaglio. Alle donne, inoltre, non viene permesso di scegliere <strong>la</strong> <br />

posizione del parto, così come raccomandato dall'OMS e dal<strong>la</strong> Evidence Based Medicine ma, al <br />

contrario, viene imposta <strong>la</strong> posizione sdraiata sul lettino da parto, con il monitoraggio attaccato da <br />

una parte, <strong>la</strong> flebo dall'altra e un operatore corpulento che spinge sul<strong>la</strong> pancia (manovra di <br />

Kristeller) per velocizzare quel<strong>la</strong> che oramai è diventata a tutti gli effetti non un parto ma <br />

"estrazione del feto". Per finire, <strong>la</strong> pratica dell’episiotomia, un taglio chirurgico del<strong>la</strong> vagina di circa <br />

4 cm che, sebbene ritenuta utile solo in meno del 5%, viene effettuato nel 70% dei parti circa(5), <br />

senza nemmeno chiedere il consenso e informarne <strong>la</strong> donna. A questo punto al neonato, a <br />

prescindere dalle condizioni di salute, viene immediatamente reciso il cordone ombelicale e <br />

portato al pediatra per <strong>la</strong> visita di routine e dunque separato del<strong>la</strong> madre contrariamente a quanto <br />

l'OMS raccomanda ormai da più di 30 anni (6). <br />

Questi sono gli interventi, praticati spesso senza indicazione medica, a cui rischia di essere <br />

sottoposta <strong>la</strong> donna sana, con gravidanza normale, senza che venga informata e senza che le <br />

venga chiesto il consenso e dunque negandole di fatto una scelta. Pratiche invasive, dolorose e <br />

alcune anche dannose. Unico conforto, quando c'è, l'epidurale. Non c'è da stupirsi se molte donne <br />

e molti medici, di fronte a questa via crucis, considerino il taglio cesareo un'ottima ed efficace <br />

alternativa al parto. <br />

Il taglio cesareo rappresenta dunque il risultato finale di una serie di eventi, di una <br />

ipermedicalizzazione, di una patologizzazione del<strong>la</strong> gravidanza, sul<strong>la</strong> cui origine è importante <br />

indagare. <br />

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