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La parola e la cura

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli Numero 1 Anno 2015 La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

Il pregiudizio: l'evitabile e l'inevitabile delle convinzioni consapevoli
Numero 1 Anno 2015

La Parola e la cura è una rivista rivolta a tutti i professionisti che utilizzano la parola nel loro lavoro, parla di counselling perché con questo termine indichiamo le comunicazioni professionali caratterizzate da una costante attenzione alla relazione con l'altro, alla qualità dello scambio comunicativo, all'efficacia dei messaggi.

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<strong>la</strong> <strong>paro<strong>la</strong></strong> e <strong>la</strong> <strong>cura</strong> <br />

Il pregiudizio: l’evitabile e l’inevitabile delle convinzioni inconsapevoli <br />

Negli interventi di tute<strong>la</strong> dei minori e di sostegno al<strong>la</strong> genitorialità è necessario e<strong>la</strong>borare un <br />

progetto comune di intervento tra i servizi socio-­‐sanitari dove le diverse risorse e informazioni <br />

sono collegate e valorizzate: più le situazioni risultano complesse e delicate tanto più emerge <strong>la</strong> <br />

necessità di connettere in modo sinergico i vari livelli di intervento. <br />

In realtà l’auspicato coordinamento dei servizi coinvolti non si verifica in ogni circostanza: nel<strong>la</strong> <br />

presa in carico di famiglie multiproblematiche si assiste all’intervento di una molteplicità di <br />

agenzie territoriali, sco<strong>la</strong>stiche, educative, sociali e sanitarie che spesso affrontano il problema <br />

in modo parziale e non condiviso rischiando di avviare risposte contraddittorie. <br />

<strong>La</strong> non considerazione del rischio di avere pregiudizi sul<strong>la</strong> disponibilità al<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione degli <br />

altri servizi a vario titolo coinvolti e del<strong>la</strong> complessità delle situazioni può comportare così un <br />

drammatico allontanamento da una necessaria unitarietà degli interventi e una infruttuosa <br />

segmentazione, che vede da un <strong>la</strong>to l’attivazione di interventi diversi e contrastanti e dall’altro <strong>la</strong> <br />

valutazione “esclusiva” del problema, per cui servizi e operatori concentrano l’intervento o solo <br />

sul genitore o solo sul minore. <br />

In tali situazioni i servizi operano senza nessuna comunicazione tra loro, spesso senza essere a <br />

conoscenza gli uni del <strong>la</strong>voro degli altri, producendo delle disfunzioni nello stesso intervento di <br />

aiuto e conducendo eccessive e interminabili analisi, incoerenze progettuali, messaggi <br />

contradditori e antieducativi. In questo modo l’intervento rischia di essere frantumato e diviso e <br />

possono innescarsi disfunzioni re<strong>la</strong>zionali che inevitabilmente si ripercuotono in modo negativo sia <br />

sul buon esito dell’intervento sia sul reale sostegno alle famiglie. <br />

I diversi servizi e operatori che prendono in carico <strong>la</strong> famiglia possono mettere in atto dinamiche <br />

re<strong>la</strong>zionali parallele a quelle delle famiglie per cui è stato attivato un intervento di aiuto. Le <br />

istituzioni nell’interazione con le famiglie rischiano di riprodurre meccanismi ugualmente <br />

patologici come scissione, difesa, negazione del<strong>la</strong> propria soggettività, incapacità di integrazione di <br />

ruoli, assenza di progettualità. <br />

Altro aspetto di partico<strong>la</strong>re importanza è <strong>la</strong> capacità dell’operatore di saper accogliere e gestire <br />

<strong>la</strong> propria soggettività che inevitabilmente emerge nel contatto con <strong>la</strong> famiglia e con altri servizi <br />

e operatori. <br />

“Incontrare le altre famiglie è quindi tutte le volte anche incontrare <strong>la</strong> propria, o meglio le proprie <br />

famiglie reali ed idealizzate, rivisitarle coi loro successi ed i fallimenti, con <strong>la</strong> nostra posizione al suo <br />

interno, di dipendenza, conflitto, guida”. 1 Nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione con l’utente, infatti, l’operatore può <br />

inconsapevolmente soddisfare il proprio bisogno narcisistico di essere buono e riparatore, <br />

ignorando gli interventi professionali di altri operatori che hanno in carico altri membri del gruppo <br />

familiare. <br />

1 Orsenigo A., Modelli di rapporto tra servizi e famiglie, in Politiche per le famiglie, Quaderni di animazione e<br />

formazione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1995, pag. 82.<br />

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