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Notiziario n. 29 - Entra anche tu nella Community ffc

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Bisogna scendercia patti con la vita »menti di riacutizzazione, poi, il tempoda dedicare alla malattia raddoppia.Penso a una persona sana, allosforzo che deve fare semplicementeper ricordare di prendere una pastiglia,la sera, per pochi giorni. L’ideadi sottomettersi a una regola del tipocura le è intollerabile. Io prendo trale 30 e le 40 pastiglie al giorno. Laterapia a vita porta via tante energiementali e ne richiede altrettante permantenere la lucidità. Più sto malepiù divento cinico e irriverente».Non è difficile credergli. Marco èabbastanza diretto da non amare leperifrasi. Chiama ogni cosa con il suonome e non si fa sconti. Me lo avevaanticipato Bice, la sua mamma. «Se glidicevano fai così così e così, cascassel’universo faceva così così e così».Prosegue Marco: «Bisogna scendercia patti con la vita. Avrei voluto esserepiù alto, avere un fisico più atletico.Superata l’adolescenza te ne fai unaragione e te la metti via».Conosce a memoria le Dolomiti.Di <strong>tu</strong>tte le cime cita nomi e altezze.Molte le ha pure scalate. Mi mostra lefoto che ha scattato: roccia, azzurro ealti pascoli. Mi indica il punto in cuisi è fatto il bagno sotto una cascata equello di un sentiero sfuggito alla suaesperienza. «E questo è un raperonzolodi montagna – dice puntando ildito verso lo schermo. «Cresce solosulle rocce. L’ho incontratoe gli ho fatto unafoto. Vedi? Cresce su un«cucchiaio di terra». Senzaguardarlo penso alladelicatezza di quelle parole. Intantomi mostra altre fotografie. «Questoè il lago di Misurina dall’alto. Guardandoquell’isola a forma di cuore hopensato potesse essere di buon auspicioper il mio matrimonio».Ritorno alle domande sui massimisistemi del mondo: «Dunque capitano<strong>anche</strong> cose belle: si scalano le montagne,ci s’innamora e ci si sposa. Nonostantela terapia continua ci sonodei momenti in cui riuscite a dimenticaredi essere malati?». Silenzio. Marcomi guarda. Sembra perplesso. Unpo’ serio un po’ divertito. Passa <strong>tu</strong>ttodietro il suo sguardo perché il viso restaimmobile. Poi dice: «Io non sonosicuro di pensare a me stesso come auna persona malata». Lo fisso senzapunti d’appoggio. Lui lo chiama spiritodi sopravvivenza, dimostrandosilucido una volta di più. Non si puòspendere <strong>tu</strong>tto il tempo a meditaresulla morte, l’accidentalitàdella vita, la precarietàdel respiro. Sene esce di senno. Ma,certo, quando Irene (suamoglie) gli chiede se è felice la suarisposta è sempre la stessa, perché sì,lo è, ma non come vorrebbe. «Perchéso di non poterle promettere di piùdel presente, assicurarle di esserlesempre vicino». Ma chi può?Mi mostra altri scatti. C’è il lago Barcise in lontananza <strong>anche</strong> l’Antelao.Marco insegna: «3264 metri. Un giornovorrei ritornarci. Molto probabilmentelo farò davvero. Penso di rifarlosoprat<strong>tu</strong>tto quando sono in difficoltàDall’alto in senso orario: Marco sul monteServa; sulla neve con alle spalle il Pelmo;con la moglie Irene nel giorno del loromatrimonio; con il padre mentre cura le arniea fare le scale di casa e ho bisogno diuno sprone alto quanto le mie difficoltà».È la sua montagna incantata. Senzaaccorgermene, ne trasporto un poca incittà, dove mi attende un’altra montagnaincantata, che in questi giorni, lasera, ripongo sul comodino.Pensavo che avrei raccontato unastoria di malattia. Invece mi accorgodi avere scritto una storia di vita.Dentro gli occhi la tenacia di vivere diMarco, che questa volta, ma solo <strong>nella</strong>mia immaginazione, se ne sta distesosull’erba faccia al cielo e mi risponderubando le parole a John Fante: «Stosulla riva dell’acqua e sogno». Sostenerela ricerca, mi dico, è l’unicomodo per resti<strong>tu</strong>ire sogni di vita, anzi,semplicemente sogni. A <strong>tu</strong>tto il restopoi, ci penserà la vita, appunto. nNOTIZIARIO FFC N. <strong>29</strong> DICEMBRE 201021

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