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Cardiologia negli Ospedali n° 193 Maggio / Giugno 2013 - Anmco

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d al c omitato s cientificoIl tallone d’Achille dellaangioplastica coronaricaè oggi la rivascolarizzazioneincompleta?di Stefano De ServiNei pazienti multivasali esiste una correlazione traampiezza dell’area non sottoposta a rivascolarizzazione e prognosi a distanzaPer anni l’evenienza dellaristenosi è stata consideratala caratteristica di maggiordebolezza delle procedure di angioplasticacoronarica (PCI). Un consumonon trascurabile di risorse èstato destinato per anni allo studiodi farmaci o tecnologie che potesserosuperare questo intrinseco limitedelle procedure di rivascolarizzazionepercutanea. Numerosi eranoi pazienti che frequentavano da“habitue” le nostre corsie ospedalieresino a quando non si decidevaa malincuore (e spesso per disperazione)di ricorrere all’opera delCardiochirurgo. Fortunatamentel’avvento degli stent medicati hacambiato radicalmente la prospettivadei nostri malati, essendosinettamente ridotta l’incidenzadella ristenosi. In tal modo la PCIsi è rivolta ad un numero sempremaggiore di pazienti con coronaropatiamultivasale divenendo unaalternativa valida in molti casi albypass aorto - coronarico. La maggiorparte dei pazienti sottopostia PCI hanno una sindrome coronaricaacuta (SCA) causata generalmentedalla instabilizzazionedi un solo ramo coronarico, il piùdelle volte identificabile in base aidati strumentali (ECG, Ecocardiogramma)ed all’angiografia, anchequando sono presenti altre stenosisignificative. La tentazione per ilCardiologo interventista è quelladi trattare il solo vaso colpevole,risolvendo l’instabilizzazione clinicae di conseguenza la sintomatologia,ma lasciando invariate ampie areepotenzialmente ischemiche. Maquale valore prognostico hannoqueste stenosi non trattate nell’outcomeclinico dei nostri pazienti? Datempo la questione è ampiamentedibattuta nella comunità cardiologicasenza ricevere peraltro unaNel trattare i pazienti multivasali con angioplasticacoronarica, il Cardiologo interventista è tentato daldilatare il solo ramo “colpevole” della condizioneclinica, lasciando tuttavia aree miocardiche a rischiosenza adeguata rivascolarizzazionerisposta adeguata. Recentementealcuni nuovi contributi dellaletteratura hanno riaperto questaproblematica irrisolta, con dati diestremo interesse. In un elegantestudio, Genereux, Palmerini e coll.(1) hanno rivisitato i dati angiograficidello Studio ACUITY, un trialrandomizzato che ha confrontato inuna ampia popolazione differentistrategie antitrombotiche in pazien-8 | <strong>Cardiologia</strong> <strong>negli</strong> <strong>Ospedali</strong> | centonovantatre

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