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InDialogo 211.pdf - parrocchiaditagliuno.it

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RUBRICHECASSIGLIO Sorpreso da un’altra letizia, di riso in letizia,di letizia in gioia - ne ho conosciuta una a Cassiglio, in altavalle Brembana,che mi aspettava come a un appuntamento,per farmi un regalo meraviglioso nella chiesa parrocchiale diSan Bartolomeo. Il buon Dio sa che sto per giungervi bisognosodi ristoro fisico e spir<strong>it</strong>uale, al termine di una sgroppata adanello Ornica-valle dell’inferno-Valtorta, e mi accoglie in unraggio di sole che si effonde dall’altare ai banchi deserti e freschi.Mi sento un esploratore e m’infilo persino tra le cordepenzolanti dal ventre del campanile, dentro una cella deliziosamenteombrosa. Che voglia di attaccarmi ad una corda e farrisuonare la campana più grossa nella gola della montagna.Trattengo le palme e mi lim<strong>it</strong>o ad una carezza lungo le corde, attento a non rompere il silenzio. Ma qualcuno sta entrandoin chiesa. E io che faccio, nascosto in questa cella? Sento scricchiolare, frusciare, salire gradini di legno. E iniziare, soloper me, non un concerto di campane, ma una sinfonia di Beethoven, in una variazione dell’Inno alla Gioia con effettidi campanelli, alternanze di registri concertanti e ripieni e un ottavino sprizzante e chiaro, in una susseguirsi di prove eriprove talmente commoventi da farmi accucciare estasiato per appoggiare i gom<strong>it</strong>i sulle ginocchia e sorreggermi conle mani il volto sul quale l’ultimo tratto di una corda del campanile scende a sfiorarmi una lacrima di clandestina felic<strong>it</strong>à,lasciata ad asciugare finchè la scala di legno non ha ripreso a scricchiolare e la porta della chiesa non si è richiusadietro quel fratello mandato dal Signore a suonare per un viandante sconosciuto.RUBRICHEEzio Marini‘N DialètGóha, góta e negótaL’ho r<strong>it</strong>rovato al Boldesico, ol Sandro Dotti.Tra gli osp<strong>it</strong>i delricovero, lui si coltiva una bella libertà. Esce ancora al bar,anche per dare una mano nel sistemare i tavolini, o magariper bere soltanto vino mescolato con acqua:‘öna góha’,una goccia, non si sa bene se è la parte di acqua o la partedi vino, ma comunque ‘öna góha’, una goccia. Quella che inbergamasco in generale si dice ‘góta’. Sempre meglio cheneanche una goccia, cioè ‘ne-góta’, proprio la parola che indialetto significa niente. Il Sandro insomma si accontenta:una sigaretta, un goccino, e via con i suoi passetti a scattoe le d<strong>it</strong>a anner<strong>it</strong>e dal fumo e il cappello elegante.La macchina sportiva, naturalmente, è lì per caso.48Indialogo n. 211

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