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InDialogo 211.pdf - parrocchiaditagliuno.it

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DIARIO COMUNITÀdi un silenzio vuoto, ma un silenzio ricolmo,traboccante di senso, di pienezza, div<strong>it</strong>a. E’ come il silenzio del sabato Santo,da poco sperimentato, che è solo preludio,anticipo, preparazione al canto e algrido della libertà e della v<strong>it</strong>a.Il cardinale Martini scrive che “il silenzioè il grembo della Parola”. Ed è vero!Solo quando impareremo a tacere, Diopotrà parlare. A volte diciamo che Dionon ci ascolta; la ver<strong>it</strong>à è che non lolasciamo parlare, perché lo soffochiamocon le nostre parole. A volte siamoforse come i due discepoli protagonistidel vangelo di oggi: ascoltiamo, nel sensoche sentiamo chi ci parla, ma senza interiorizzare,così quello che ci viene detto non trova pienaaccoglienza in noi, ed è come il seme delseminatore che cade, ma non trova terrenobuono per portare frutto.Maria, ci ricorda la Scr<strong>it</strong>tura, “serbava nel suo cuoretutto quello che accadeva nella v<strong>it</strong>a del figlio suo emed<strong>it</strong>ava senza pretendere di comprendere tutto”,ma ridicendo ogni giorno il sì di Nazareth. C’è unabella med<strong>it</strong>azione di Chiara Lubich che a riguardo delsilenzio di Maria dice: “è la donna che attraverso ilsuo silenzio ha parlato più di tutti…Ha taciuto perchéin due non potevano parlare, o parlava lei o ilfiglio… ecco il silenzio che nasce e cresce nell’umiltà,e la sua voce si è fatta sentire attraverso la voce delFiglio, non è stato quindi un silenzio vuoto il suo, perchéè stato riemp<strong>it</strong>o dal parlare di Gesù, l’unicaParola che mai fallisce, e lei, come Madre, condivideva,e faceva suo tutto quello che Gesù annunciava epredicava nel suo pellegrinare incontro ad ogniuomo e donna che cercava un senso nuovo per lasua v<strong>it</strong>a”.Ci sono silenzi che parlano e parole che non dicononulla. Cap<strong>it</strong>a, a volte, di dire tante parole, ma non ciòche dobbiamo o vorremmo dire e, quindi, si parla,ma è come se si tacesse. Ci sono, invece, silenzi carichidi parole. Ecco il silenzio di Maria. Un silenziofecondo e generoso, che ha generato la fede deisemplici e dei piccoli, di quelli che il mondo r<strong>it</strong>ienegente che non conta, ma che per Dio sono i veri pilastridella storia e della v<strong>it</strong>a.Foto VezzoliSecondo giorno, giovedì 12 aprileLA FEDE DI MARIANon è facile parlare della fede, perché la fede non èuna nozione da ripetere a memoria tutti i giorni peressere a posto con la coscienza, e non è nemmenosolo un trattato di teologia, peraltro non sempre facileda capire, o destinato spesso solo agli “esperti studiosi”.È utile chiarire sub<strong>it</strong>o allora che la fede non èsolo qualcosa da imparare, ma è soprattutto qualcunoda incontrare, conoscere, amare e seguire. Parlaredi fede oggi, in questo contesto umano un po’ scivolosoe non sempre fortemente motivato, dove troppospesso la fede è più sub<strong>it</strong>a per dovere che vissutaper scelta, mi stimola a richiamare l’aspetto dellasperanza che nasce dalla nostra fede in Gesù Cristo.La fede non si definisce, ma si crede e si vive. Infatti,quando si racconta un’esperienza di fede, si raccontafondamentalmente come si è creduto e quanto siè vissuto.La prima beat<strong>it</strong>udine riportata nel Vangelo è, non perniente, quella della fede, ed è rifer<strong>it</strong>a a Maria: “Beatacolei che ha creduto” (Lc 1,45). Queste parole, pronunciateda Elisabetta, pongono in rilievo il contrastofra l’incredul<strong>it</strong>à di Zaccaria e la fede di Maria.La fede per noi credenti è una persona, è GesùCristo, e Maria ce lo insegna con la sua v<strong>it</strong>a; si è tiratada parte e, da madre del figlio di Dio, è divenutadiscepola del figlio di Dio.La fede che professiamo non è mera adesione intellettualea concetti su Dio o di Dio, ma è serena efiduciosa esperienza di comunione e di condivisioneIndialogo n. 2115

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