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Cultura Italiana a Oriente

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I viaggi di Moravia in CinaConferenza di Wei Yi all’Associazione degli Italianisti, a Roma nel 2008I. IntroduzioneIl viaggiare è sempre stato e tutt’ora rimane unargomento affascinante, ma non tutti sono fortunatiquanto Moravia, che ha compiuto i primi viaggiavventurosi in Europa già da adolescente, finanziatodal padre, e poi successivamente ha viaggiato comeinviato speciale di giornali o semplice viaggiatorescrittoresu quattro continenti del mondo, eccettoquello australiano. Nella sua autobiografia ches’intitola Vita di Moravia (pubblicata nel 1990, incui ha raccontato ad Alain Elkann della sua vitadagli anni Dieci alla fine degli anni Ottanta delsecolo scorso), ha scritto: “Il mio modello di vitaera Lawrence, che viaggiava sempre e scriveva neiluoghi più diversi...”ancora “...viaggiare mi distrae,mi sblocca, e mi arricchisce”. In questi viaggi,ha incontrato i capi di stato più leggendari, qualiNehru, il primo presidente della Repubblica indiana,poi Tito, Arafat, e Castro, che Moravia chiamava“uomini d’azione”, e per i quali provava una certasimpatia. Le esperienze acquisite percorrendo Paesidiversi l’hanno reso uno degli scrittori italianipiù a contatto con il mondo esterno, e per questomotivo dotato di una visione più ampia. I frutti diquesti viaggi sono gli articoli pubblicati su diversigiornali, cominciando dalla “Gazzetta del Popolo”negli anni Trenta, per continuare con “L’Espresso”e soprattutto “Il Corriere della Sera” dagli anniCinquanta. Moravia ha scritto anche saggi di viaggiodi particolare rilevanza, perché completano gliarticoli pubblicati sui giornali, nei quali l’autoredoveva svolgere il suo compito di giornalista e nonaveva sempre abbastanza spazio per le osservazionipersonali.Moravia definiva se stesso “scrittore turista”, valea dire uno che “è capace di fornire più informazionidegli esperti”. Quando viaggiava, teneva una speciedi diario in cui raccontava le esperienze delle singolegiornate, precisando a volte perfino l’ora esatta deidiversi movimenti, e leggeva le opere degli scrittoriillustri del Paese che stava visitando per trovarnei luoghi più suggestivi. Diceva Moravia nella suaautobiografia: “La mia patria era ed è la letteratura.Viaggiavo con la testa avvolta in una nube diletteratura. Vivevo le avventure del mondo moderno,intanto leggevo dei classici.” (Vita di Moravia, p.82).Moravia non ha vissuto le sue esperienzeall’estero solo viaggiando e leggendo, ma anchecercando delle avventure, e quelle avventure nonhanno coinvolto soltanto compagni di viaggio, qualiElsa Morante per prima, e successivamente DaciaMaraini e Pasolini, e altri scrittori sia italiani chestranieri, ma anche i capi di Stato sopraccitati, evarie figure femminili.Quando una cosa o un fenomeno non è conosciuto,è capace che ad esso venga attribuito un aspettomitico. Ma chi non si accontenta di mitizzare e sipuò permettere di svelare il mito, si mette in azione.Negli innumerevoli viaggi che hanno segnato tuttala vita di Moravia, instancabile scrittore-viaggiatoretestimone,assumono una particolare importanza lesue tre visite in Cina, il Paese che ha suscitato millefantasie in Italia, dai letterati dell’antichità fino alpubblico odierno.II. I tre viaggi in Cina:Moravia visitò la Cina tre volte in contesti bendiversi. Arrivò in Cina per la prima volta nel 1937,alla vigilia della Seconda Guerra mondiale, quandodominava il Vecchio Regime, il quale fu costrettoad allearsi al Partito comunista contro gli invasorigiapponesi, dopo il famoso colpo di Stato di Xi’andel 12 dicembre 1937. Nel 1967 Moravia ritornò inCina tra i tumultuosi movimenti della Rivoluzione<strong>Cultura</strong>le, la quale sarebbe stata chiamata dai cinesii dieci anni di catastrofe. Al suo terzo viaggio nel1986 invece, la Cina aveva cominciato a praticare,da quasi dieci anni, la politica dell’apertura, grazie aDeng Xiaoping.In questi viaggi lo sguardo di Moravia, checercava sempre una civiltà intatta, come tral’altro fanno quasi tutti i giornalisti e intellettualioccidentali che viaggiano in contesti particolari esoprattutto orientali, sembrava attirato da temi qualila povertà, la tradizione o meglio il confucianesimo,e alla fine i monumenti storici.1. Il Viaggio del 1937A proposito del motivo di questo viaggio, nellaVita di Moravia scrive: “A Roma mi annoiavo, ladonna inglese era scomparsa dalla mia vita, avevofinito di scrivere i racconti e fu così che decisi dipartire per la Cina” (p.88). Si recò dal direttoredella Gazzetta del Popolo per farsi pagare ilbiglietto di viaggio, e con la promessa di vendergligli articoli, partì da Trieste con un battello che sichiamava Conte Rossi ed arrivò a Shanghai, dopoaver conosciuto tante altre città misteriose qualiBombay, Ceylon, Singapore, Manila. Prima diraggiungere Shanghai, passò per Canton, la cittàdalle mille barche, sul Fiume delle Perle, sullequali viveva parte della sua popolazione; e subitodopo Hong Kong, dominato dai grattacieli, dovesi fermarono tutti i suoi compagni di bordo italianiper raggiungere i “night-club più belli del mondo”.In questo primo viaggio Moravia visitò Nanchino,Suzhou, e Pechino, poi da Pechino ritornò aShanghai per andare a Hong Kong via mare, e dopobrevi visite a Canton e Macao, ripartì da Hong Kongper l’Italia sempre in battello.Agli occhi di Moravia, Shanghai era un pessimoesempio della modernità in Cina, simile ad una cittàamericana, città di divertimenti semplici e monotoni,che consistevano in sale da gioco e sale da ballo.Ed era anche una città cosmopolita dove i palazzidi stile occidentale convivevano con le capannemodeste, i ricchi con i poveri di diverse nazioni, ele ballerine straniere, soprattutto russe, con quellecinesi. Ma se ci si spostava un po’ verso i sobborghidella città, si vedevano subito donne e bambineche lavoravano nelle filande di seta. Concludevanell’articolo pubblicato sulla Gazzetta del Popolo:“Shanghai è una città schiettamente americana; unacittà dove gomito a gomito vivono la più abbiettamiseria e la ricchezza più sfacciata, e dove unristretto numero di persone guadagnano enormisomme di denaro durante il giorno e cercano durantela notte di sperperarne una minima parte.”Dopo fece due brevi gite vicino a Shanghai,durante le quali visitò prima Nanchino, la nuovacapitale del governo del partito nazionalista, chegli lasciò un’impressione negativa, poi Suzhou chechiamava Soochow, la cosiddetta Venezia della Cina,o Città dei giardini.Se Shanghai era la città di divertimenti, eNanchino “un grosso villaggio”, Pechino perMoravia era la città dove “tutto era enorme”.All’arrivo a Pechino dopo un viaggio di due giornicon il treno Shanghai Espress, vide “un’alta, grossa,grigia, merlata, vecchia muraglia, una porta arcorotondo dagli enormi battenti di ferro rugginosoe bullonato...”, immagini che sarebbero sparite alsuo ritorno a Pechino nel 1967, perché la vecchiamuraglia, cintura della città, veniva demolita percostruire larghe strade e per far circolare i veicoli.Ciò che colpì Moravia, fu l’aspetto della vita diPechino. Scrisse nell’articolo uscito il primo luglio1937 sulla Gazzetta del Popolo, che Pechino, nellosfondo confuso dei cosiddetti signori di guerra, stavaancora in “un mondo settecentesco, con i monumentiantichi intatti, con gli artigiani che lavorano amano”. Sulle strade della città che era stata per secolicapitale delle ultime dinastie del Celeste Impero sivedevano “...tanti poveri, con vestiti e modi ancoratradizionali, ma gentili, umani e innocenti”.Era proprio questo il fascino di Pechino, unacittà che “non viveva nel presente”, ma davantialla quale Moravia non riusciva a frenare la suaimmaginazione, diceva appunto che:quando la Cina sarà quel paese moderno eindustriale che gli inglesi vorrebbero che diventasse,sarà certamente più barbara di ora...basta guardareche cosa siano diventati a Shanghai, sola cittàdavvero moderna della Cina, gli antichi gentilicostumi e la vecchia saggezza dei cinesi.Un’avventura del viaggio: gli fu chiesto dalconsolato italiano di Canton di portare un pacco,nel quale c’erano delle carte geografiche dei fondalimarini di Hainan, una grande isola non lontanada Hong Kong. Si capiva che Mussolini volevaimpadronirsi di quell’isola e farne una colonia.Però la giornata più affascinante di questoviaggio rimaneva quello in cui Moravia alloggiò inun albergo nella città di Kalgan, nel deserto dellaMongolia, terra in cui sarebbe tornato Moravianell’ultimo viaggio in Cina per una visita vera epropria. Mangiava il pollo con il riso ascoltandouna bambina di dieci anni che cantava e suonava lachitarra, mentre la città di argilla stava diventando6 7

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