114Gentile collega, tempo fa mi veniva da riflettere sul rapportoun poco schizofrenico che la società civile intrattienecon la scuola: da un lato manifesta rispetto a questa unatteggiamento ironico e sfumatamente dispregiativo dall’altro,per esprimere con nettezza giudizi e valutazioni, facontinuamente ricorso a termini di chiara derivazione scolasticadimostrando in tal modo il permanere di unaimprinting culturale indelebile.Hai presente quella pubblicità nella quale il produttore,con un faccione da luna piena, interroga dei bambini sullaqualità del suo prodotto e premia una tiritera imparata amemoria da parte di una bambina palesemente secchionacon un sonante “dieci più”?Visto che pubblicizzare un prodotto è cosa seria e costosa,quale migliore dimostrazione della visione un pocomacchiettistica della scuola e nello stesso tempo dellasudditanza psicologica che ci trasciniamo dietro attraversogli anni?Il linguaggio corrente fa spesso ricorso a termini valutativid’origine scolastica per esprimere giudizi: si “boccia” unaproposta, si “promuove” un dipendente, si stabilisce cheuna iniziativa è “sufficiente” o “insufficiente” e così via.Se ne conclude che l’esperienza scolastica rappresentauna componente ineliminabile del vissuto di ciascun individuoe all’interno di questa esperienza assume una posizioneprivilegiata la “valutazione”. Si può peraltro osservareche quando i giovani iniziano il loro percorso scolasticosono già in possesso di un nutrito vocabolariovalutativo e la valutazione rischia di divenire, almeno sottoil profilo emotivo, il punto focale privilegiato di tuttal’esperienza scolastica.D’altro canto molto spesso gli adulti si interessano allascuola dei figli soprattutto in termini di esiti parziali o finali.I giornali si interessano ai fatti scolastici solamente in occasionedi punizioni esemplari, di bocciature clamorose odella pubblicazione dei prevedibili, monotoni, insignificantirisultati degli esami di maturità.Dire che un individuo è “maturo” significa esprimere ungiudizio, ricco di risonanze scolastiche, che si proietta nelfuturo del soggetto, esprime un giudizio che vorrebbe essereglobale e totalizzante. Invece non di rado analogamenteal giudizio scolastico corrispondente, ha uno scarsosignificato.Insomma attraverso il linguaggio comune traspare una visioneper molti versi arretrata della scuola e contemporaneamenteil permanere di una subordinazione psicologicaanche negli individui ormai “maturi”.Questa situazione incide profondamente nei rapporti trainsegnanti e famiglie con qualche difficoltà di comunicazione,infatti tra le altre cose l’insegnante parlando di valutazione,utilizza significati assai diversi a seconda che sirivolga all’amministrazione, ai colleghi, agli alunni o ai genitoridegli alunni.Non si può nemmeno ignorare il relativismo con cui l’opinionepubblica (i giornali) interpreta quanto viene lorocomunicato dalla scuola. Di fronte allo stesso esito di fineanno, a seconda del punto di vista adottato, si parlerà di“stangata” o di “maggior rigore”.Piaccia o non piaccia il punto di vista è sempre quello dichi in altri tempi è stato alunno magari nello stesso istitutodei figli ed a pochi passerà per il capo che i parametri perstabilire la maggiore o minore efficienza di una istituzionescolastica siano ben altri.In altre parole i genitori ed i giornalisti di oggi sicuramentematuri e stimati professionisti di fronte all’istituzione scolasticaregrediscono spesso e inconsciamente allo stadiodi “alunni”; tutto ciò non può non complicare i rapporti,che si vorrebbero di collaborazione, con la scuola.Una eccezione a questo comportamento si osserva quandogenitori e giornalisti adottano per formulare i loro giudizidei rigidi schematismi ideologici e politici; un’altra eccezioneai suddetti comportamenti si osserva quando genitorie giornalisti sono anche insegnanti, ma in questi casile cose si complicano a causa dell’irriducibile senso di rivalitào di complicità che si instaura tra le parti.Comunque sia, è sul fronte delle promozioni, delle bocciatureo sul fronte degli abbandoni che le parti manifestanoquesti comportamenti e spesso ci si dimentica che per valutarel’operato di una scuola bisognerebbe prendere inconsiderazione ben altri parametri. Una scuola infatti è unastruttura il cui funzionamento presenta una considerevolecomplessità.Forse sarebbe utile che il pubblico costituito da genitori egiornalisti assistesse (in silenzio) alle operazioni di scrutinioper capire le difficoltà e talvolta il travaglio che unavalutazione comporta: sul piano della valutazione gli insegnantinon saranno dei grandi professionisti ma non sononemmeno degli irresponsabili.Ma i pregiudizi da parte dell’utenza non sono finiti qui. Dacerti tipi di scuola ci si aspettano certi risultati, da altri tipidi scuola altri risultati ancora, si tende a fare scarsa distinzionetra scuola primaria e scuola secondaria, tra scuoladell’obbligo e scuola non obbligatoria.Tutti sono stati alunni e quindi in misura diversa tutti pen-CnS - La <strong>Chimica</strong> nella Scuola Settembre - Ottobre 2005
Ermanno Niccolisano di essere competenti ad intervenire sulla scuola: laMinistra della Pubblica Istruzione, i funzionari del ministero,i sindacati, i partiti, gli ordini professionali. Fatto questopiù che legittimo purché ognuno operi all’interno delsuo ruolo, in base alle sue reali competenze e purché nonci si dimentichi di consultare gl’insegnanti!L’istruzione è vitale per ogni popolazione che non vogliaregredire nel sottosviluppo, da questo punto di vista lascuola dovrebbe essere il fiore all’occhiello di qualunquegoverno, ciò nonostante la scuola viene gestita con criteriapprossimativi che manderebbero al fallimento qualunqueimpresa.La professionalità degli insegnanti, gentile collega, lasciaun poco a desiderare ma la loro passione professionale èciò che al momento attuale salva la scuola italiana.Desidererei molto conoscere il tuo parere a questo proposito,sulla rivista esiste una rubrica pronta ad accogliere letue osservazioni. Approfittane115Settembre - Ottobre 2005CnS - La <strong>Chimica</strong> nella Scuola