Febbraio32 <strong>2010</strong>Francesco Cipollini*Se tornare al passato aiuta a comprendere il presentee a dare indicazioni sul futuro, non mi paresuperfluo soffermarci sul rapporto che lega ladiocesi di Velletri con il grande santo di FonteAvellana: Pier Damiani. Nell’archivio capitolaredi Velletri è presente una pergamena 1 che ci illustrala concessione di alcuni benefici, da partedi Papa Alessandro <strong>II</strong>, su preghiera di PierDamiani.Nella lettera, datata 11 giugno 1065, ilpontefice conferisce alcuni benefici a diversi sacerdotiveliterni.Tale concessione fu caldeggiata dall’interventodi Pier Damiani, che aveva comunicato al papala fedeltà dei servizi resi dal clero di Velletri. Nonsi capisce come, altrimenti, Pier Damiani avrebbepotuto conoscere i servizi del clero di Velletri,se non occupandosi della diocesi.Anche un secondotesto di Pier Damiani fa esplicito riferimentoai canonici di Velletri.Nella produzione letterariadel solitario di Fonte Avellana, accanto allelettere, ci forniscono preziose indicazioni gli oposculi,“che poi sono delle lettere più ampie.Nell’edizione del Gaetani, riprodotta da Migne,se ne enumerano 60“ 2 . Nell’opuscolo n. 34 “Disputatiode variis apparitionibus et miraculis”, consideratoautentico dalla critica, Pier Damiani cita nell’introduzionei canonici di Velletri, , dapprimadescritti come incorregibili e in seguito riabilitatiproprio per la sua opera 3 .Nel 1615 l’abate benedettinoCostantino Caetani, nel redigere l’OperaOmnia dell’abate di fonte Avellana premise altesto dell’opuscolo 34 una introduzione 4 in cuidesigna il ruolo di Pier Damiani in diocesi comeprimo e diretto responsabile: per lui la presenzae il lavoro damianeo a Velletri sono un datodi fatto! Mi pare di poter aggiungere a quelli giàindacati, un altro elemento di valutazione.Se è vero, come è vero, che Pier Damiani nonsi è occupato solo della diocesi di Ostia, infattiegli stesso ci dice che si è dovuto occuparedi duorum episcopatuum, unius regendi, alteriusvisitandi 5 ; se è altrettanto vero che si è occupatodella riforma dei canonici 6 non solo di Velletri,allora mi pare degno di rilievo il fatto che nondesigni gli altri canonici, dei quali si è interessato,con gli stessi appellativi con cui designai canonici di Velletri.È il caso, ad esempio, deicanonici di Fano.Ad essi si rivolge nei cinque capitoli del suo oposcoloDe communi vita canonicorum appellandolidi volta in volta ora: dilectissimi, ora charissimi.Non raggiunge certo il grado di intimitàdell’espressione ai “canonicis nostris, sanctaevidelicet Velitrensis Ecclesiae“ contenuta nellalettera inviata ad Alfano, arcivescovo di Salerno.Tuttavia, chi si aspettava che il Damiani avesseespresso esplicitamente il proprio impegnonella cura pastorale della <strong>Diocesi</strong> di Velletri, potrebbeessere rimasto alquanto deluso! Ciò nonostante,a me pare di poter distintamente rintracciare nellefonti alcuni elementi che ci inducono, ragionevolmente,a concludere che Pier Damiani sisia occupato, e in modo approfondito, della diocesiveliterna.Un primo elemento di valutazionecredo sia il suo fervore in quella che noi oggidefiniremmo l’attività pastorale, tanto da riformarei costumi del clero in un periodo storico in cui isacerdoti non brillavano certo per evangelicità;la storia stessa ci insegna come sia difficile elungo il cammino (tanto da richiedere una presenzastabile!) per giungere ad una conversioneche non sia solo superficiale ma che tocchiil cuore delle persone. Un altro dato è certamenterappresentato dalla convinzione, praticamenteunanime, degli studiosi che hanno approfonditola problematica relativa alla presenzae all’attività del solitario di Fonte Avellanaa Velletri. Non è la sede questa perun approfondimento ma, allo stato attualedelle ricerche, praticamente tutti glistorici successivi considerano accertatala presenza di Pier Damiani a Velletri.A tal proposito, la difficoltà principe è,comunque, la definizione dei limiti cronologicidella presenza veliterna;non sappiamo per quanto tempo si siaprotratta l’attività damianea in diocesinon potendo definire precisamenteil momento dell’inizio del suo episcopatoveliterno e il suo termine. Moltoprobabilmente l’inizio va inquadratotra il 1061 (anno dell’elezione di Alessandro<strong>II</strong>) e il 1065 (anno in cui viene concessoil privilegio); mentre la fine ditale episcopato, probabilemente, nonva collocata prima del 1069 (anno acui va attribuito l’opuscolo 34, secondoil Lucchesi 7 ).Un terzo elemento che,a mio avviso, comunque va consideratoè la lettera per i benefici dei sacerdotiveliterni di cui abbiamo fatto cennoall’inizio di <strong>questo</strong> articolo.Una personalità della statura moraledi Pier Damiani, che sappiamo aspirarepiù alla solitudine dell’eremo cheagli onori della dignità episcopale, sono convintoche difficilmente avrebbe acconsentito a perorarela causa di persone che non fossero integerrimie corretti almeno quanto lui.Doveva conoscerlobene il clero di Velletri, tanto da invocareper loro presso il pontefice la concessione deibenefici, ma tale conoscenza è frutto, senz’altro,di frequentazione!*Docente di IRC e storico della Chiesa1Diversamente interpretata dagli studiosi. Per un ulterioreapprofondimento rimando al testo degli atti del convegno celebratoa Velletri nel 2000, da cui ho tratto la presente riduzioneF. CIPOLLINI, Pier Damiani (+ 1072). Figura, aspetti dottrinali ememoria nella diocesi di Velletri, Venafro 2003.2P. PALAZZINI, Pier Damiani, in Bibliotheca Sanctorum, Roma1968, col. 562.3Refero tibi de canonicis nostris, sanctae videlicet VelitrensisEcclesiae, quia qui sub multis laboribus nostris atque sudoribusincorrigibiles videbantur, jam per divinam gratiam resipiscunt,et per canonicae regulae tramitem non jam coacti, sedgaudentes incedunt.4Velitrensis Ecclesiae, cui ipse praeerat : queste le parole usatedal Caetani.5Cfr. Op 20, Apologeticum de dimissu episcopatu; PL CXLV, 443.6Si veda J. LECLERCQ, San Pier Damiano. Eremita e uomo dichiesa, Brescia 1972.7G. LUCCHESI, Per una vita di San Pier Damiani. Componenticronologiche e topografiche, Cesena 1972, 159.
Febbraio<strong>2010</strong>33Emanuela CiarlaLe origini del giglio, fiore candido e puro secondol’immaginario comune, sono riconducibili alterritorio dei Balcani e dell’Asia Minore, ma leprime attribuzioni simboliche non sono da ricercarsinella Bibbia, ma nelle religioni pagane precedentia quella cristiana. Ad Elam per esempioera chiamata “Dio dei gigli” la divinità lunare,mentre a Creta sia la regina che la dea avevanouno scettro con il giglio; e così la tunicad’oro di Zeus olimpico era anch’essa ornata deglistessi fiori. Sempre in ambito greco un’anticacredenza narrava che l’uomo dopo la morte potevaassumere la figura di un giglio e nella mitologiasi narra anche di un’impresa del celebreErcole che, succhiando il latte da Hera e facendonecadere alcune gocce, creò la Via Lattea,ovvero il ponte tra il palazzo di Giove e quellodegli dei più potenti e nello stesso momento fecenascere il profumatissimo giglio. Nella religionedegli antichi Romani era così il fiore consacratoalla dea Giunone madre di tutti gli dei e protettricedella casa. Nella Bibbia è un simbolo di elezionee se ne parla nel libro dei Salmi, dove ilcapocoro delle nozze del re viene accostato aigigli, ed ancora il profeta Osea dice che il Signoreè talmente vicino al suo popolo che vuole esserecome la rugiada, così che “esso fiorirà comeun giglio” (Os 14,6). Figurativa nel Cantico deiCantici l’espressione dello sposo che definiscel’amata “giglio tra i cardi”(Ct 2,2),mentre lo sposo si presenta come“un narciso di Saron, un giglio dellevalli”(Ct 2,1), che scende nel giardinoa raccogliere i gigli, immagineancora di purezza e bellezza. Nellibro dei Re si racconta che i capitellidelle colonne del tempio diSalomone erano a forma di giglio(1 Re 7,19-22) e della stessa foggiaerano anche altri oggetti usatiper il culto a dimostrazione del significatoreligioso che rivestiva. Nel NuovoTestamento Gesù stesso parla dei“gigli del campo” e della loro bellezzanello splendido discorso dellamontagna. Ancoraoggi quando si pensaal giglio la primaimmagine cheappare alla nostramente è di un fiorecandido epuro, che abbagliacon la suasfolgorante bellezzae stordiscecon il suo inebriante profumo, e per<strong>questo</strong> il cristianesimo lo ha usatonell’iconografia dell’ Annunciazione,quando l’Arcangelo Gabriele offre alla Vergine<strong>questo</strong> fiore delicato che simboleggia la suaImmacolata Concezione. Lo ritroviamo nei praticelesti dei mosaici ravennati e delle basilicheromane, come simbolo di innocenza, pertantofiorisce ai piedi di santi e vergini. Angelied arcangeli hanno spesso come attributo ilbastone fiorito con un giglio stilizzato all’apice,che rappresenta il segno della sovranità di Diosulla terra e sui cieli e quando esce dalla boccadi Dio stesso diviene simbolo della Grazia. <strong>In</strong> ambitostorico è uno dei simboli più famosi, da Firenzealla Francia, sempre legato a nobiltà e regalità,e tra i santi che lo presentano nella loro iconografiaricordiamo S. Domenico, S. Luigi Gonzagae S. Vincenzo Ferrer, solo per citarne alcuni.Annunciazione, part. di Adriaen von de VeldeOxford