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Anno 3, Numero 1, Gennaio-Aprile 2009 - Vittimologia

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iferimento a questo punto, dalla lettura dellasentenza emerge che nel caso di commissione direati, l’area del danno non patrimoniale risarcibile,per il disposto dell’art. 185 c.p. che regola lamateria, è più ampio rispetto al caso di fattodannoso che non costituisca reato.Pertanto, benché l’accertamento del reato non èpiù da tempo monopolio del giudizio penale (lapregiudiziale penale non esiste piùnell’ordinamento e l’accertamento del reato puòessere svolto incidentalmente nell’ambito delprocesso civile) lo strumento processuale penale,per la maggiore concentrazione del processo cheallo stato si ha rispetto al processo civile e per ilfatto che la Parte Civile può testimoniare nelprocesso penale, ma non nel processo civile, puòessere lo strumento privilegiato al fine di ottenereil risarcimento del danno non patrimoniale.La seconda direzione del rigore richiesto dallaCorte è il rigore nel ragionamento probatorio: vipuò essere concreto risarcimento del danno solose questo è rigorosamente provato. Ciò vuole direche il giudice, anche nel caso assegni unaprovvisionale e anche nel caso rimandiintegralmente la liquidazione al giudice civile,deve indicare, in modo sintetico, ma con rigore,gli elementi concreti che lo inducono a ritenereche danno vi sia, il perché si ritiene raggiunta laprova fino ad un certo punto e il criterio utilizzatoper la liquidazione.In conseguenza di questo maggiore rigorerichiesto dalla Suprema Corte nel ragionamentoprobatorio è richiesto certamente un maggioresforzo agli operatori che devono cercare diastenersi dall’utilizzare le abituali “formule pigre”che solitamente si usano in punto di risarcimentodel danno.2. Il ruolo svolto dall’art. 185 c.p. secondosentenza delle Sezioni Unite Civili.La sentenza in questione si pone nel solco dellesentenze emesse nell’arco del 2003, con le quali laCorte di Cassazione ha rivoluzionato lasistemazione delle varie voci di danno risarcibiliin caso di fatto illecito, con riferimento al dannobiologico e al danno morale.Si tratta in primo luogo delle sentenze 7281/2003,7282/2003 e 7283/2003 tutte depositate il 12maggio 2003 con le quali è stata stabilita lapossibilità di liquidare il danno non patrimonialequando non fosse positivamente accertato unreato, cosa che accadeva in modo particolarequando si ricorreva per il riconoscimentodell’illiceità del danno alle forme di responsabilitàpresuntiva come quelle di cui agli artt. 2050 e ss.c.c.Tale sentenze hanno permesso il mutamento digiurisprudenza successivo effettuato con sentenze8827 e 8828 del 31 maggio 2003 che hannoricondotto le tipologie di danno risarcibile a due:il danno patrimoniale e il danno non patrimoniale,eliminando le ipotesi di tertium genus che si eranoandate moltiplicando dopo che, in precedenza,come tale era stato riconosciuto il danno biologico(Cass. 184/86) la cui risarcibilità veniva fattascendere direttamente dall’art. 2043 c.c.,considerato come norma in bianco.Scriveva la Corte, nella sentenza 8827/2003, che“l’art. 2059 c.c. nella parte in cui limita larisarcibilità del danno non patrimoniale ai solicasi previsti dalla legge, va interpretato in sensoconforme alla Costituzione; ne consegue che, làdove l’atto illecito leda un interesse della personadi rango costituzionale, il risarcimento del dannoda lesione di interessi non patrimoniale spetta inRivista di Criminologia, <strong>Vittimologia</strong> e Sicurezza Vol. III - N. 1 - <strong>Gennaio</strong>-<strong>Aprile</strong> <strong>2009</strong> 10

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