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l'oro di alghero - Dipartimento di Economia e Sistemi Arborei ...

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S. Dettori, M.R. Filigheddu, F. Fiori1. INTRODUZIONEL’olivicoltura del nord ovest della Sardegna è per la gran parte formata da soprassuoli <strong>di</strong> rilevante età,spesso a <strong>di</strong>stribuzione periurbana, sorti già a partire dall’Ottocento, quando il trasp orto delle olive conanimali da soma imponeva <strong>di</strong>stanze ridotte tra l’agro olivetato e i centri urbani ospitanti le struttureindustriali. A partire dal Secondo Dopoguerra l’olivicoltura intensiva si è localizzata nel pieno delterritorio rurale lontano dai centri urbani occupando, nel comune catalano, gli spazi aperti della Nurra,accentuando la multifunzionalità con valori in prevalenza ambientali e <strong>di</strong> arredo urbano per le aree <strong>di</strong>frangia tra città e campagna, e produttivi, anche in sinergia con le richieste <strong>di</strong> prodotti tipici provenientidal turismo, per i soprassuoli intensivi sorti negli ultimi decenni.I circa 1.270 ettari <strong>di</strong> superficie olivicola della città catalana (5° Censimento Generale dell’Agricoltura;Istat, 2002) rappresentano una quota modesta (meno del 4%) del dato regionale, che contribuisce in pariproporzione alla superficie italiana, situazione destinata a permanere in ragione dei modesti tassi <strong>di</strong>crescita. Inoltre, i dati del citato Censimento Istat evidenziano in Sardegna una forte frammentazionefon<strong>di</strong>aria con una superficie me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 0,76 ha/azienda, che, risultando inferiore ai 0,9 ha registrati nel1991, segnala il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> un modello produttivo sempre più vicino al part-time. Una strutturaaziendale così fortemente frammentata imp e<strong>di</strong>sce alle imprese operanti in olivicoltura <strong>di</strong> raggiungererisultati economici sod<strong>di</strong>sfacenti.Tuttavia si deve segnalare che negli ultimi anni il comparto ha dato segni <strong>di</strong> ripresa e richiamatol’interesse degli impren<strong>di</strong>tori agricoli, anche se l’espansione dell’olivicoltura regionale continua adeclinarsi secondo modalità che raramente assegnano a questa coltivazione il ruolo <strong>di</strong> attività principale epienamente caratterizzante l’organizzazione e le scelte aziendali (Idda et al., 2004). In breve l’olivicolt uranon é ritenuta capace <strong>di</strong> risultati economici sod<strong>di</strong>sfacenti, ma sempre più spesso si configura comeun’attività integrativa del red<strong>di</strong>to proveniente da altri settori <strong>di</strong> attività. Infatti il numero <strong>di</strong> aziendespecializzate è ridotto, e l’olivo è spesso inserito in or<strong>di</strong>namenti colturali misti. Questa situazione, unita alfatto che la specie si adatta ad un ampia gamma <strong>di</strong> terreni e che sod<strong>di</strong>sfa le sue esigenze ecologiche ingran parte del territorio regionale, fa sì che non sempre siano applicate tutte le tecniche capaci <strong>di</strong> esaltarnele potenzialità produttive, con ricadute negative sul piano della quantità e qualità del prodotto (Idda,1983).Le <strong>di</strong>fficoltà esposte giustificano un’offerta regionale <strong>di</strong> olio <strong>di</strong> oliva insufficiente a coprire i consumiinterni: il coefficiente <strong>di</strong> autoapproviggionamento è pari al 45%, risultando così inferiore (nonostante laSardegna sia una regione produttrice) a quello complessivo dell’Italia. Si producono, infatti, 8-9.000tonnellate <strong>di</strong> olio e se ne consumano 18-19.000. Ciò è anche dovuto al crescente ricorso alle importazionisia <strong>di</strong> olio nazionale che proveniente da altri paesi della Comunità (Grecia e Spagna) ovvero dal NordAfrica; l’Italia, infatti, produce in me<strong>di</strong>a 500 mila t annue <strong>di</strong> olio, ne importa 250 mila e ne esporta 170mila.In questo sintetico quadro <strong>di</strong> riferimento il territorio provinciale può contare, per la fase produttiva, sucirca 9.000 ettari <strong>di</strong> superficie specializzata (Istat, 2002) per la produzione <strong>di</strong> olio (cv Bosana, sinonimo <strong>di</strong>Tondo <strong>di</strong> Sassari e Palma; Baldoni et al., 2000), e su circa 500 ettari <strong>di</strong> oliveti da mensa finalizzati almercato locale. La struttura fon<strong>di</strong>aria conferma una spiccata frammentazione poiché comprende oltre10.000 aziende, con una superficie me<strong>di</strong>a dell’unità produttiva <strong>di</strong> poco inferiore all’ettaro. Le rese,nonostante la giacitura pressoché pianeggiante <strong>di</strong> molti oliveti, sono decisamente modeste e mostrano unamarcata alternanza produttiva. L’estrazione industriale dell’olio, in prevalenza <strong>di</strong> alta qualità, è affidatasia ad industriali privati che al movimento cooperativo. In questi anni l’iniziativa privata si è espansagrazie alla crescente richiesta <strong>di</strong> oli vergini con elevati standard qualitativi, e nuovi produttoriimbottigliatorisi sono affacciati con successo sul mercato. Il crescente livello del regime dei prezzi,l’aumentato interesse del consumatore per un prodotto <strong>di</strong> alta valenza nutrizionale e <strong>di</strong>etetica, il generaleapprezzamento per le cosiddette “<strong>di</strong>ete me<strong>di</strong>terranee” hanno rinnovato l’interesse degli impren<strong>di</strong>tori perquesta tra<strong>di</strong>zionale coltura. Infatti l’inserimento dell’olivo nel Programma Operativo Plurifondo delRegolamento CEE 2052/88 ha consentito, in provincia <strong>di</strong> Sassari, <strong>di</strong> ristrutturare 1.135 ha <strong>di</strong> oliveti e <strong>di</strong>realizzare 30 ha <strong>di</strong> nuovi razionali impianti; il successivo Programma Operativo <strong>di</strong> Attuazione del Reg.CEE 2081/93 ha supportato la ristrutturazione <strong>di</strong> ulteriori 280 ettari e il finanziamento <strong>di</strong> 580 ettari <strong>di</strong>nuovi impianti. Nel nord Sardegna la nuova olivicoltura si concentrerà nel Sassarese (130 ha <strong>di</strong> nuoviimpianti), nell’Algherese (68 ha), tra Sorso e Sennori (40 ha), ma anche in aree non tra<strong>di</strong>zionali come ilMonte Acuto.2

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