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l'oro di alghero - Dipartimento di Economia e Sistemi Arborei ...

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Sabato 23 aprile 2005CONVEGNOL’ORO DI ALGHEROSTORIA E PAESAGGI DELL’OLIVICOLTURA ALGHERESESandro Dettori – Maria Rosaria Filigheddu – Francesca Fiori<strong>Dipartimento</strong> <strong>di</strong> <strong>Economia</strong> e <strong>Sistemi</strong> arborei – Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassarisdettori@uniss.it


S. Dettori, M.R. Filigheddu, F. Fiori1. INTRODUZIONEL’olivicoltura del nord ovest della Sardegna è per la gran parte formata da soprassuoli <strong>di</strong> rilevante età,spesso a <strong>di</strong>stribuzione periurbana, sorti già a partire dall’Ottocento, quando il trasp orto delle olive conanimali da soma imponeva <strong>di</strong>stanze ridotte tra l’agro olivetato e i centri urbani ospitanti le struttureindustriali. A partire dal Secondo Dopoguerra l’olivicoltura intensiva si è localizzata nel pieno delterritorio rurale lontano dai centri urbani occupando, nel comune catalano, gli spazi aperti della Nurra,accentuando la multifunzionalità con valori in prevalenza ambientali e <strong>di</strong> arredo urbano per le aree <strong>di</strong>frangia tra città e campagna, e produttivi, anche in sinergia con le richieste <strong>di</strong> prodotti tipici provenientidal turismo, per i soprassuoli intensivi sorti negli ultimi decenni.I circa 1.270 ettari <strong>di</strong> superficie olivicola della città catalana (5° Censimento Generale dell’Agricoltura;Istat, 2002) rappresentano una quota modesta (meno del 4%) del dato regionale, che contribuisce in pariproporzione alla superficie italiana, situazione destinata a permanere in ragione dei modesti tassi <strong>di</strong>crescita. Inoltre, i dati del citato Censimento Istat evidenziano in Sardegna una forte frammentazionefon<strong>di</strong>aria con una superficie me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 0,76 ha/azienda, che, risultando inferiore ai 0,9 ha registrati nel1991, segnala il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> un modello produttivo sempre più vicino al part-time. Una strutturaaziendale così fortemente frammentata imp e<strong>di</strong>sce alle imprese operanti in olivicoltura <strong>di</strong> raggiungererisultati economici sod<strong>di</strong>sfacenti.Tuttavia si deve segnalare che negli ultimi anni il comparto ha dato segni <strong>di</strong> ripresa e richiamatol’interesse degli impren<strong>di</strong>tori agricoli, anche se l’espansione dell’olivicoltura regionale continua adeclinarsi secondo modalità che raramente assegnano a questa coltivazione il ruolo <strong>di</strong> attività principale epienamente caratterizzante l’organizzazione e le scelte aziendali (Idda et al., 2004). In breve l’olivicolt uranon é ritenuta capace <strong>di</strong> risultati economici sod<strong>di</strong>sfacenti, ma sempre più spesso si configura comeun’attività integrativa del red<strong>di</strong>to proveniente da altri settori <strong>di</strong> attività. Infatti il numero <strong>di</strong> aziendespecializzate è ridotto, e l’olivo è spesso inserito in or<strong>di</strong>namenti colturali misti. Questa situazione, unita alfatto che la specie si adatta ad un ampia gamma <strong>di</strong> terreni e che sod<strong>di</strong>sfa le sue esigenze ecologiche ingran parte del territorio regionale, fa sì che non sempre siano applicate tutte le tecniche capaci <strong>di</strong> esaltarnele potenzialità produttive, con ricadute negative sul piano della quantità e qualità del prodotto (Idda,1983).Le <strong>di</strong>fficoltà esposte giustificano un’offerta regionale <strong>di</strong> olio <strong>di</strong> oliva insufficiente a coprire i consumiinterni: il coefficiente <strong>di</strong> autoapproviggionamento è pari al 45%, risultando così inferiore (nonostante laSardegna sia una regione produttrice) a quello complessivo dell’Italia. Si producono, infatti, 8-9.000tonnellate <strong>di</strong> olio e se ne consumano 18-19.000. Ciò è anche dovuto al crescente ricorso alle importazionisia <strong>di</strong> olio nazionale che proveniente da altri paesi della Comunità (Grecia e Spagna) ovvero dal NordAfrica; l’Italia, infatti, produce in me<strong>di</strong>a 500 mila t annue <strong>di</strong> olio, ne importa 250 mila e ne esporta 170mila.In questo sintetico quadro <strong>di</strong> riferimento il territorio provinciale può contare, per la fase produttiva, sucirca 9.000 ettari <strong>di</strong> superficie specializzata (Istat, 2002) per la produzione <strong>di</strong> olio (cv Bosana, sinonimo <strong>di</strong>Tondo <strong>di</strong> Sassari e Palma; Baldoni et al., 2000), e su circa 500 ettari <strong>di</strong> oliveti da mensa finalizzati almercato locale. La struttura fon<strong>di</strong>aria conferma una spiccata frammentazione poiché comprende oltre10.000 aziende, con una superficie me<strong>di</strong>a dell’unità produttiva <strong>di</strong> poco inferiore all’ettaro. Le rese,nonostante la giacitura pressoché pianeggiante <strong>di</strong> molti oliveti, sono decisamente modeste e mostrano unamarcata alternanza produttiva. L’estrazione industriale dell’olio, in prevalenza <strong>di</strong> alta qualità, è affidatasia ad industriali privati che al movimento cooperativo. In questi anni l’iniziativa privata si è espansagrazie alla crescente richiesta <strong>di</strong> oli vergini con elevati standard qualitativi, e nuovi produttoriimbottigliatorisi sono affacciati con successo sul mercato. Il crescente livello del regime dei prezzi,l’aumentato interesse del consumatore per un prodotto <strong>di</strong> alta valenza nutrizionale e <strong>di</strong>etetica, il generaleapprezzamento per le cosiddette “<strong>di</strong>ete me<strong>di</strong>terranee” hanno rinnovato l’interesse degli impren<strong>di</strong>tori perquesta tra<strong>di</strong>zionale coltura. Infatti l’inserimento dell’olivo nel Programma Operativo Plurifondo delRegolamento CEE 2052/88 ha consentito, in provincia <strong>di</strong> Sassari, <strong>di</strong> ristrutturare 1.135 ha <strong>di</strong> oliveti e <strong>di</strong>realizzare 30 ha <strong>di</strong> nuovi razionali impianti; il successivo Programma Operativo <strong>di</strong> Attuazione del Reg.CEE 2081/93 ha supportato la ristrutturazione <strong>di</strong> ulteriori 280 ettari e il finanziamento <strong>di</strong> 580 ettari <strong>di</strong>nuovi impianti. Nel nord Sardegna la nuova olivicoltura si concentrerà nel Sassarese (130 ha <strong>di</strong> nuoviimpianti), nell’Algherese (68 ha), tra Sorso e Sennori (40 ha), ma anche in aree non tra<strong>di</strong>zionali come ilMonte Acuto.2


L’oro <strong>di</strong> AlgheroL’analisi del territorio algherese evidenzia una struttura fon<strong>di</strong>aria meno frazionata <strong>di</strong> quella provincialecon una superficie me<strong>di</strong>a aziendale <strong>di</strong> 1,12 ha. La coltura è presente nel 75% delle aziende agrariealgheresi e occupa il 17% della superficie agraria utilizzata. Gli oliveti hanno sovente nell’Algherese unagiacitura <strong>di</strong> piano, mentre in alcune aree del Tavolato calcareo su cui sorge il capoluogo <strong>di</strong> provincia e lagran parte degli oliveti del nord ovest, gli arboreti sono ubicati in aree collinari con pendenze che possonoarrivare sino al 10-15%; così a Ittiri, dove l’olivo si spinge sino a 350 m s.l.m., spesso in aree terrazzatenella prima metà del secolo scorso. Gli impianti sono <strong>di</strong> norma specializzati e articolati in regolari eampie <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> piantagione (8 x 8, 10 x 10 m negli impianti con più <strong>di</strong> 50 anni) con densità <strong>di</strong> 120-140piante per ettaro, l’allevamento è a vaso con l’impalcatura posta a 1,2-1,8 m da terra. La raccoltameccanizzata con scuotitori interessa il 40-50% della superficie, ed è eseguita sia dal movimentocooperativo che da contoterzisti. Esistono alcune aziende integralmente o parzialmente specializzate nellaproduz ione <strong>di</strong> olive, ma la maggior parte sono “despecializzate” e gli impren<strong>di</strong>tori sono occupatiprevalentemente in attività extra-agricole, con probabili scarse competenze tecniche e gestionali. Diconseguenza si ha una modesta produttività: i ren<strong>di</strong>menti me<strong>di</strong> della coltura si attestano intorno a 22,3quintali per ettaro, contro i 64,6 fatti registrare nel territorio <strong>di</strong> Gonnosfana<strong>di</strong>ga-Villacidro, zonacaratterizzata da elevata specializzazione aziendale e dalla <strong>di</strong>ffusa presenza <strong>di</strong> olivicoltori a “tempopieno” (Idda et al., 2004).Nell’agro <strong>di</strong> Alghero, l’olivicoltura “biologica” (Reg. CEE 2078/92, misura A3) ha avuto larga<strong>di</strong>ffusione, molto più che nel Sassarese. Il sistema <strong>di</strong> produzione, e il relativo regime <strong>di</strong> aiuti, è statoadottato dai piccoli produttori perché pressoché coincidente con le tecniche sommarie già impiegate,senza dar luogo, in tal caso, a prodotti commerciali definibili “biologici”, ma anche da alcuniimpren<strong>di</strong>tori-imbottigliatori che commercializzano con successo gli oli “biologici” <strong>di</strong> Alghero.2. ASPETTI STORICIL’avvio, in Sardegna, della coltivazione dell’olivo risalirebbe al periodo fenicio-punico, scelta colturaleche sarebbe stata intensificata in epoca romana (Milella, 1957). Un importante ripresa delle attivitàolivicole si registra nel 1624 quando un decreto viceregio premia l’innesto degli olivastri spontanei efavorisce la formazione <strong>di</strong> squadre <strong>di</strong> innestini. E’ certo che i formatori arrivarono da Majorca e Valenciae che furono impiegati per addestrare maestranze locali; si presume che portarono con se materiale <strong>di</strong>propagazione come <strong>di</strong>mostra la <strong>di</strong>ffusione delle cultivar Majorca e Sivigliana (Ban<strong>di</strong>no et al., 2001).Anche in epoca sabauda (Regio Viglietto, 15 febbraio 1773 e quello successivo del 1806) si è tentato <strong>di</strong>intensificare la valorizzazione delle terre agricole incrementando la <strong>di</strong>ffusione dell’olivo anche con laconcessione del titolo <strong>di</strong> cavaliere a chi avesse provveduto all’impianto <strong>di</strong> almeno 4.000 olivi ovvero lachiusura dei fon<strong>di</strong> dotati <strong>di</strong> olivastri con l'impegno da parte del beneficiario <strong>di</strong> innestarli a olivo.Nel ventennio fascista, in particolare tra il 1936 e il 1940, la politica autarchica incentiva l’olivicolturacon sostegni <strong>di</strong> natura economica. Nel secondo dopoguerra l’olivo non trova un adeguato supporto, comeinvece succede per la viticoltura, e giunge al contingentamento delle superfici voluto dall’UnioneEuropea con soprassuoli obsoleti per età ed efficienza tecnica; allo stato attuale l’UE, attraverso i fon<strong>di</strong>POR, incentiva unicamente la realizzazione <strong>di</strong> oliveti da mensa.I primi dati certi sull’entità e <strong>di</strong>stribuzione delle superfici olivetate sono desumibili dal Cessato Catastodei terreni agrari sviluppato nel 1859-60. Le ricerche, condotte presso l’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Sassari,hanno consentito <strong>di</strong> rilevare il numero <strong>di</strong> particelle (frazioni) olivetate, la loro estensione e il nome delproprietario. Poiché le frazioni erano riportate in una cartografia catastale, la stessa è stata acquisita informato <strong>di</strong>gitale e georiferita col ricorso a punti notevoli sulla base topografica dell’Istituto geograficomilitare del 1890. La tabella 1, che riporta le superfici olivetate dei quattro più importanti comuniolivicoli della provincia, evidenzia come Alghero possedesse circa 550 ha <strong>di</strong> oliveti pari all’11% del datoprovinciale. La coltura si accentrava nelle aree pianeggianti retrolitoranee a est dell’abitato, a <strong>di</strong>stanzecomprese tra i 950 m e i 5,6 Km dalla cinta muraria (Figura 1). Gli oliveti separavano l’area urbana daglispazi aperti della Nurra e dalle colline vulcaniche <strong>di</strong> Villanova Monteleone, in alcune aree integrandosicon gli orti posti all’imme<strong>di</strong>ata periferia della città (come nel caso <strong>di</strong> via degli Orti, ad esempio).L’olivicoltura algherese si articolava in 185 frazioni catastali con una superficie me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 2,9 ha,decisamente più estesa delle attuali particelle catastali. Le famiglie coinvolte nella coltivazione dell’olivo,rilevate sulla base dei cognomi risultanti al catasto, erano 90 rispettivamente con 6 ha e 2 frazioni <strong>di</strong>3


S. Dettori, M.R. Filigheddu, F. Fiorioliveto per cognome/famiglia; più della metà della superficie olivetata faceva capo al 12% delle famiglie.Tra i principali proprietari rientravano i Ballero, i Decan<strong>di</strong>a, i Serra, etc. (Figura 2).Tabella 1 – Riepilogo dei dati catastali del 1860 (99% superficie olivetata provinciale)ComuneSuperficieolivetata(ha)N. totalefrazioniolivetateNumerocognomiMe<strong>di</strong>asuperf. percognome(ha)N. me<strong>di</strong>ofrazioni percognome%proprietaridel 50%superficiSassari 3.883,5 1.817 507 8 4 11Alghero 543,6 185 90 6 2 12Sorso 313,5 322 70 4 5 10Ittiri 65,7 52 24 3 2 16Totale 4.806,4 2.376 691 7 3 12,25Figura 1 – Distribuzione delle frazioni occupate dagli oliveti nel Catasto terreni del 1860L’analisi della <strong>di</strong>stribuzione degli oliveti in epoca contemporanea (Figura 3) segnala il permanere dellacoltura nella tra<strong>di</strong>zionale area retrolitoranea al margine orientale della città, ma anche la comparsadell’olivo nelle terre della Riforma agraria, attuata dall’ETFAS negli anni sessanta a nord <strong>di</strong> Alghero, avolte consociato con la vite ad uva da vino, come presso la borgata <strong>di</strong> Maristella. All’attualità (Figura 4)la carta dell’Uso del Suolo della Regione Sardegna (1998) riba<strong>di</strong>sce il permanere dell’oliveto nella fasciaperiurbana occupata sin dal 1800 e la sua lenta espansione nelle aree della Riforma anche con la<strong>di</strong>ffusione dell’olivicoltura intensiva irrigua. Il dato finale segnala una superficie <strong>di</strong> 2.338 ha a fronte dei544 della metà dell’Ottocento.L’analisi sin qui svolta non tiene conto del progressivo degrado che l’espandersi della città e dell’e<strong>di</strong>liziaresidenziale hanno apportato agli oliveti periurbani, certo impoveriti per densità e benessere delle piante,spesso <strong>di</strong> valore storico e monumentale. Si ricorda che l’Unione europea limita l’espansionedell’olivicoltura da olio, impedendo la progressiva sostituzione sia dei soprassuoli senescenti e obsoletiche <strong>di</strong> quelli degradati dall’espansione urbana.4


L’oro <strong>di</strong> AlgheroFigura 2 – Distribuzione dei nominativi dei proprietari nel Catasto terreni del 1860Figura 3 – Distribuzione delle superfici olivetate in agro <strong>di</strong> Alghero nelle carte I.G.M.I. del 19805


S. Dettori, M.R. Filigheddu, F. FioriFigura 4 – Carta dell’Uso del Suolo RAS: tematismo oliveti per il comune <strong>di</strong> Alghero3. I PAESAGGI DELL’OLIVICOLTURA ALGHERE SEIl paesaggio me<strong>di</strong>terraneo è da lungo tempo intrinsecamente legato all’olivo che, con la vite e il grano, hasin dall’antichità costituito la triade colturale protagonista dell’agricoltura e della storia economica delleciviltà rivierasche. I paesaggi dell’agricoltura me<strong>di</strong>terranea fanno, quin<strong>di</strong>, frequente riferimento a questetre colture, ma la ricchezza <strong>di</strong> specie animali e vegetali e la maggiore stabilità in confronto ad altrior<strong>di</strong>namenti agronomici, ascrivibile alla contiguità con l’alleanza Oleo-Ceratonion che rappresenta lavegetazione naturale potenziale <strong>di</strong> molte aree litoranee del bacino me<strong>di</strong>terraneo, conferisce al sistemaoliveto una più alta valenza ecosistemica (Loumou e Giourga, 2003).I paesaggi dell’olivicoltura italiana sono molteplici in funzione <strong>di</strong> un’ampia <strong>di</strong>ffusione in contestiorografici articolati, della ricchezza <strong>di</strong> germoplasmi, <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ni e tecniche agronomiche <strong>di</strong>fferenti, ela loro valorizzazione non è più garantita dalla sola funzione economica dovendosi ricorrere allamultifunzionalità, peraltro prevista dalla nuova PAC (Barbera et al., 2005).Il paesaggio agrario della Sardegna nord occidentale riceve un contributo importante dagli olivetispecializzati, in gran parte risalenti alla prima metà del XIX secolo, e frequentemente ubicati alla periferiadei centri urbani. I soprassuoli sono costituiti pressoché in purezza dalla varietà Bosana, nota come Palmanell’Algherese, la più <strong>di</strong>ffusa in Sardegna (Milella, 1957; Ban<strong>di</strong>no e Dettori, 2001). Il territorio olivetatodel nord ovest si articola in due settori: quello sud-occidentale (Algherese) e, a nord est della cittàcatalana, quello del Sassarese (Figura 5; Regione Autonoma della Sardegna, 1998). Quest’ultimo ricadenel tavolato <strong>di</strong> calcari miocenici inciso dalle valli fluviali del Quaternario, spingendosi a nord est sino aidepositi eolici marini del golfo dell’Asinara; pertanto i territori comunali interessati sono quelli <strong>di</strong> Ittiri,Ossi, Sennori, Sorso, Uri e Usini, oltre ovviamente a quello <strong>di</strong> Sassari.Gli oliveti del nord ovest rappresentano una “cerniera ecologica” che, partendo dai soprassuoli litoranei <strong>di</strong>Sorso, collega il golfo dell’Asinara (e relativo Parco nazionale) al territorio algherese e al parco <strong>di</strong> PortoConte – Capo Caccia. Infatti l’olivo, sviluppandosi sull’altopiano calcareo, si spinge verso sud ovest nei6


S. Dettori, M.R. Filigheddu, F. Fioricolluviali i suoli possono presentare potenze variabili da pochi dm a oltre 1 m. Sono comunque deisuoli a me<strong>di</strong>a evoluzione ascrivibili al grande gruppo degli Haploxerepts.Territorio <strong>di</strong> Sassari – Sorso – SennoriS1- formazioni se<strong>di</strong>mentarie del Miocene (Cenozoico). È la formazione tipica del sassarese, si tratta <strong>di</strong>un potente pacco, dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> metri, <strong>di</strong> calcari - da cristallini ad arenacei o marnosi -che contrad<strong>di</strong>stingue tutta l’area dal grande taglio <strong>di</strong> Scala <strong>di</strong> Giocca fino al mare. In funzione dellecaratteristiche mineralogiche del substrato si possono osservare suoli dalle tipologie le più <strong>di</strong>fferenti:ad esempio Rhodoxeralfs nell’area <strong>di</strong> Monte Oro, Monte Bianchinu, ecc.. In tutto il resto dell’areainteressata dall’unità prevalgono suoli a minore evoluzione, quali gli Haploxerepts, o poco o nullaevoluti, ad esempio per erosione, quali gli Xerorthents. Localmente, soprattutto al confine con Sorso,possono essere presenti depositi eolici pleistocenici con suoli erosi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a potenza ascrivibili algruppo degli Haploxeralfs.S2- paesaggi delle formazioni effusive del ciclo eruttivo pre-Elveziano (Cenozoico). Dominate dallapresenza <strong>di</strong> formazioni trachiandesitiche, caratterizzano l’area ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Monte Oro tra regionePredda Niedda e località Santa Anatolia. In funzione del grado <strong>di</strong> alterazione possono essere presentisuoli a minima evoluzione, Xerorthents, o <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a evoluzione gli Haploxerepts. In entrambi i gran<strong>di</strong>gruppi si avranno poi ulteriori <strong>di</strong>stinzioni in funzione del tipo <strong>di</strong> tessitura, profon<strong>di</strong>tà del suolo, ecc.S3- depositi eolici pleistocenici. Nell’agro <strong>di</strong> Sorso e Sennori, tra i rilievi se<strong>di</strong>mentari e le dunecostiere sono <strong>di</strong>ffusi dei depositi eolici antichi sui quali si sono sviluppati suoli <strong>di</strong> notevole spessoremolto simili nelle loro caratteristiche a quelli descritti per l’agro <strong>di</strong> Alghero.Figura 6 – La penisola <strong>di</strong> Capo Caccia vista dalle propaggini più alte dell’altipiano calcareo (S1)in comune <strong>di</strong> Ittiri8


L’oro <strong>di</strong> AlgheroFigura 7 – Gli oliveti prossimi alla borgata <strong>di</strong> Maristella ricadono su suoli derivanti daicalcari cristallini (A1) del complesso collinare <strong>di</strong> Monte Doglia4. CONCLUSIONIL’analisi svolta segnala il contenuto fortemente multifunzionale della coltura dell’olivo nel territorio <strong>di</strong>Alghero, con riferimento sia al prodotto (qualità e sicurezza alimentare) sia al ruolo che la specie svolgecome componente essenziale del paesaggio e per la <strong>di</strong>fesa dell’ambiente. L’intervento a sostegno dellacoltura e della presenza dell’olivo nel territorio ha, quin<strong>di</strong>, una forte giustificazione collettiva in quantoleva dello sviluppo rurale <strong>di</strong> aree spesso fragili sul piano sociale ed economico.La multifunzionalità fa riferimento ai molteplici ruoli svolti dalla coltura: produzione <strong>di</strong> alimenti emateriale legnoso <strong>di</strong> alto valore energetico; salvaguar<strong>di</strong>a del paesaggio rurale, dell’occupazione edell’ambiente. Si ha quin<strong>di</strong> la forte presenza <strong>di</strong> una produzione congiunta <strong>di</strong> output, che hanno laconnotazione <strong>di</strong> beni alimentari e non-alimentari, la cui utilità o <strong>di</strong>sutilità grava, in positivo o in negativo,sull’intera collettività. Il riconoscere o meno l’esistenza <strong>di</strong> un valore ai beni immateriali significaammettere l’esistenza <strong>di</strong> esternalità, positive e negative, <strong>di</strong> cui la società si avvantaggia o soffre.Per quanto riguarda i valori monetizzabili, si ricorda che la varietà Palma (o Bosana) dà luogo ad oli <strong>di</strong>grande pregio la cui maggiore peculiarità risiede nelle intense sensazioni <strong>di</strong> fruttato accompagnate dasapore amaro e piccante. Le alte concentrazioni <strong>di</strong> sostanze fenoliche, composti d’impatto della notapungente, proprie delle drupe <strong>di</strong> Bosana, si accentuano nelle annate siccitose e nei suoli più superficialidel tavolato calcareo esaltando la nota amara degli oli <strong>di</strong> Sassari rispetto a quelli algheresi. I polifenolideterminano le caratteristiche organolettiche del prodotto, ne esaltano la conservabilità per la loroenergica azione antiossidante e agiscono positivamente sulla salute del consumatore (Solinas, 1991).L’assunzione regolare <strong>di</strong> olio d’oliva è protettiva nei confronti dei principali fattori <strong>di</strong> rischio: è statoscientificamente verificato un abbassamento del colesterolo dannoso (LDL) ed un innalzamento <strong>di</strong> quelloutile (HDL). Di contro i composti volatili sono quelli che vanno a definire l’aroma (aldei<strong>di</strong> e alcoli a seiatomi <strong>di</strong> carbonio).I valori non monetizzabili sono perseguibili nell’ambito della nuova PAC che consente all’olivicolturaalgherese <strong>di</strong> puntare sulla multifunzionalità e, in particolare, sulle interazioni con i flussi turistici: stradedell’olio e del vino, itinerari gastronomici e culturali, aziende <strong>di</strong>dattiche, etc. Infatti “Agenda 2000”9


S. Dettori, M.R. Filigheddu, F. Fioririconosce il ruolo importante che l’olivo ha nella formazione delle superfici vegetali delle regionimeri<strong>di</strong>onali e, quin<strong>di</strong>, nella <strong>di</strong>fesa del territorio e dell’ambiente. In particolare l’art. 4, comma 2, del Reg.(CE) n. 1334/2002 in<strong>di</strong>vidua, tra le attività ammissibili al finanziamento le operazioni collettive <strong>di</strong>mantenimento degli uliveti ad alto valore ambientale a rischio <strong>di</strong> abbandono, attuate in conformità dellecon<strong>di</strong>zioni stabilite dall’autorità nazionale competente sulla base <strong>di</strong> criteri oggettivi.Ma l’olivicoltura algherese deve essere tutelata anche nelle aree “<strong>di</strong> frangia” tra centro urbano ecampagna, dove la funzione agricola non dovrebbe essere sacrificata a quella dell’e<strong>di</strong>lizia residenziale; intal senso ha legiferato la Regione Sardegna: valorizzare le vocazioni produttive delle zone agricolegarantendo, al contempo, la tutela del suolo e delle emergenze ambientali <strong>di</strong> pregio… e ancora Nellaformazione <strong>di</strong> nuovi piani urbanistici comunali <strong>di</strong> revisione <strong>di</strong> quelli vigenti o me<strong>di</strong>ante apposita variante,i Comuni tutelano le parti <strong>di</strong> territorio a vocazione produttiva agricola e salvaguardano l’integritàdell’azienda agricola e rurale (D.P.G.R. 3 agosto 1994 ex art. 8 L.R. Sardegna 45/89). Ciò suggerisce latutela dell’unitarietà aziendale favorendo piuttosto il rior<strong>di</strong>no fon<strong>di</strong>ario che non un’ulterioreframmentazione, anche perché le aziende con superficie inferiore all’ettaro potrebbero non essereammesse ai contributi comunitari. D’altra parte non si può, realisticamente, <strong>di</strong>menticare la presenza degliinse<strong>di</strong>amenti abitativi, che devono poter convivere con la funzione agricola degli oliveti godendo <strong>di</strong> tuttele infrastrutture necessarie per un’elevata qualità della vita.In definitiva le superfici occupate dall’olivo sono più che raddoppiate dalla fine dell’Ottocento ad oggi,ma l’analisi <strong>di</strong>acronica si è svolta delimitando in cartografia i poligoni <strong>di</strong> territorio, senza analizzare indettaglio lo stato e il benessere- la numerosità delle piante, ad esempio- all’interno <strong>di</strong> ogni unità. Risultaevidente, sia dall’analisi cartografica che dai sopralluoghi in campo, che l’espansione e<strong>di</strong>lizia hainteressato gli oliveti. Pare, quin<strong>di</strong>, opportuna e urgente la realizzazione <strong>di</strong> una specifica indagine e <strong>di</strong> unaCarta Tematica degli Oliveti Algheresi che in<strong>di</strong>vidui categorie riconducibili alle <strong>di</strong>fferenti fasi storiche eai relativi paesaggi rurali:a) Oliveti intensivi, realizzati dopo il 1970: densità >200 p/hab) Oliveti consociati (con vite, mandorlo, ecc) realizzati dall’ETFAS tra il 1960 e il 1970c) Oliveti storici del XIX e XX secolo, a me<strong>di</strong>a densità: 100-150 p/had) Oliveti ra<strong>di</strong> (degradati), testimoni dell’erosione degli oliveti storici nelle fasce periurbanee) Piante sparse, relitti degli stessi soprassuoli in un ambito ormai urbanoLa stessa Carta può rientrare in un eventuale SIT comunale per raccordarsi con la normativa urbanistica efavorire l’elaborazione <strong>di</strong> linee guida per un’opportuna valorizzazione della fascia periurbana. Ciòconsentirà un facile raccordo con l’appena costituito SITR della Regione Sardegna(www.sitos.regione.sardegna.it/entilocali/pianificazione_territoriale), sistema informativo territorialefinalizzato a sod<strong>di</strong>sfare le necessità <strong>di</strong> pianificazione territoriale degli Enti competenti. L’approccioolistico è in linea anche con la necessità <strong>di</strong> una strategia globale in<strong>di</strong>cata in “Agenda 2000”, daconcretizzare nell’ambito del Reg. 1257/99 (Piano <strong>di</strong> Sviluppo Rurale, oggi in fase <strong>di</strong> revisione e rilancio)con interventi territoriali quali il CTE (Contratti Territoriali <strong>di</strong> Impresa Agricola) e il CAD (Contratsd’Agriculture Durable) già sperimentati in Francia. Gli interventi mirano a collegare il progettoin<strong>di</strong>viduale d’azienda con l’obbiettivo generale <strong>di</strong> sviluppo dell’intero territorio sul quale sono stateidentificate, in forma partecipata e a livello collettivo, le <strong>di</strong>verse priorità <strong>di</strong> intervento (Giacomini eDonati, 2005).In conclusione gli oliveti algheresi, antichi o contemporanei, possono trovare nella multifunzionalitàdell’azienda olivicola un nuovo ruolo nel mantenere l’elevata qualità <strong>di</strong> vita che è propria del territorio <strong>di</strong>Alghero.10


L’oro <strong>di</strong> AlgheroBIBLIOGRAFIABaldoni L., Pellegrini M., Mencuccini M., Mulas M., Angiolillo A., 2000. Genetic relationships amongcultivated and wild olives revealed by AFLP markers. Acta Horticulturae, 521: 275-284.Ban<strong>di</strong>no G., Mulas M., Sedda P., Moro C., 2001. Le varietà <strong>di</strong> olivo della Sardegna. Consorziointerprovinciale per la Frutticoltura <strong>di</strong> Cagliari, Oristano e Nuoro. Cagliari, 253 pp.Ban<strong>di</strong>no G., Dettori S., 2001. Manuale <strong>di</strong> Olivicoltura. Consorzio interprovinciale per la Frutticoltura <strong>di</strong>Cagliari, Oristano e Nuoro, 378 pp.Barbera G., Inglese P., La Mantia T., 2005. La tutela e la valorizzazione del paesaggio dei sistemitra<strong>di</strong>zionali dell’olivo in Italia. Estimo e Territorio, 68, 2.Giacomini C., Donati M., 2005. Ambiente ed olivicoltura italiana. In “Le imprese olivicole e lamultifunzionalità”, UNAPROL, Roma, 254 pp.Idda L., 1983. La Sardegna deve puntare su un olivicoltura competitiva. Agricoltura Informazioni, Suppl.al n.3.Idda L., Furesi R., Madau F.A., Rubino C., 2004. L’olivicoltura in Sardegna. Aspetti economici eprospettive alla luce <strong>di</strong> un’analisi aziendale. Quaderni <strong>di</strong> <strong>Economia</strong> e Politica Agraria n°2, pagg.102.Istat, 2002. 5° Censimento Generale dell’Agricoltura. Roma, 2000.Loumou A., Giourga C., 2003. Olive groves: “The life and identity of the Me<strong>di</strong>terranean”. Agricultureand Human Values 20: 87–95Milella A., 1957. Contributo allo stu<strong>di</strong>o delle cultivar sarde <strong>di</strong> olivo. 1) Indagini condotte in provincia <strong>di</strong>Sassari. Stu<strong>di</strong> Sassaresi, sez. III, Ann. Fac. Agr. Sassari, V: 40-67.Regione Autonoma della Sardegna, 1998. Carta dell’Uso del Suolo. www.regione.sardegna.itSolinas M., 1991. La qualità dell’olio d’oliva e i fattori che la influenzano. Atti “Problematichequalitative dell’olio <strong>di</strong> oliva”, Sassari 6/11/1990, a cura <strong>di</strong> S. Dettori e M.R. Filigheddu, pagg. 23-56.USDA (US Dept. of Agriculture) Soil Survey Staff, Soil Conservation Service, 1975. Soil Taxonomy,Agriculture Handbook 436, 1st ed., Washington DC.11

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