13.07.2015 Views

un caffè letterario - Comunità Italiana

un caffè letterario - Comunità Italiana

un caffè letterario - Comunità Italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

14Gennaio / 2005Gennaio / 200515GIUBBE ROSSE: <strong>un</strong> caffè <strong>letterario</strong>Al “ritrovo della fronda”Sul Rosai pittore avreiben poche cose da aggi<strong>un</strong>gerealle tante chesu di lui si sono scritte e dette.Ma sull’uomo Rosai possoaggi<strong>un</strong>gerne di inedite perchél’ho conosciuto benissimoe fummo anche amiciper quanto si potesse esserlodi <strong>un</strong> tipo, anzi di <strong>un</strong> tipaccioscorbutico, aggressivo e litigiosocome lui.Era nato in San Frediano,il quartiere più popolaresco,anzi «ciompo» di Firenze, cheper il carattere rissoso dei suoiabitanti sembrava rimasto allaFirenze contradaiola, torva eaggressiva del Duecento. Figliodi <strong>un</strong> povero stipettaio,Ottone ne condivideva i caratteri(lo chiamavano «Dioboia»perché questa era lasua bestemmia preferita, chenel suo rado parlare interpolavaquattro o cinque volte inogni frase), e fisicamente somigliavafin da adolescente a<strong>un</strong>o di quegli omoni massicciche i suoi quadri raffiguranoFiorenzo SmalziIndro MontanelliDal “Corriere della sera” di martedì 3 Luglio 2001quasi sempre di spalle sullosfondo dei vicoli di là d’Arno,o seduti in <strong>un</strong>a taverna foderatadi botti col gotto di vinodavanti e le carte in mano.Anche d’idee politichedoveva essere dei loro, mavenne la prima guerra mondiale,Ottone fu richiamatoe spedito sul Carso, ne tornòcon alc<strong>un</strong>e medaglie, ne fusbeffeggiato dai suoi vecchiamici, naturalmente rossi chepiù rossi non si può, e alloralui diventò altrettanto nero, ecredo che in tutta la contradafosse il solo a esserlo. Agambe larghe, tenendo la faccianascosta dietro il giornaleaperto davanti agli occhi,ostruiva il vicolo ai dimostranti,i quali sapevano chedietro quel giornale c’era anche<strong>un</strong>a mano armata di pistolacon cui Dioboia avevamolta familiarità.Ciononostante Dioboia rimasesempre ad abitare lì, frale quattro mura lasciategli dallostipettaio a rappresentarenelle sue tele, su quegli sfondidi contrada duecentesca,quell’umanità massiccia e ostilecui egli stesso apparteneva.E fu lì che mi condusse a conoscerlo<strong>un</strong> ragazzo che, dolcee mite, era tutto il suo contrario,e che forse app<strong>un</strong>to perquesto gli s’era affezionato:Vasco Pratolini, il futuro autoredi «Poveri amanti», <strong>un</strong>o deipiù struggenti romanzi del dopoguerra,di cui naturalmentenon si sente più parlare.Non diventammo maiamici, Rosai ed io. Ma cominciammoa vederci qualchevolta, cioè quando mi capitavadi andarci, alle GiubbeRosse, il ritrovo della «fronda»(Montale, Loria, Carocci,Palazzeschi, ecc.), che Rosai,entratoci da nemico, prese poisotto la sua protezione ancheperché nel frattempo si era -come si diceva - «sdubbiato»con «quell’omìno» che eraMussolini. Ma noi sapevamoche lo sdubbiamento venivadal fatto che Mussolini, dopoavere, sulle insistenti pressionidi Soffici, convocato Rosaia Palazzo Venezia, si era rifiutatodi riceverlo se non inalta <strong>un</strong>iforme del partito.Probabilmente era stata<strong>un</strong>’idea di Starace, non diMussolini. Ma Ottone non neaveva più voluto sapere. «Voleva,Dioboia, che mi travestissida maggiordomo cometutti gli altri». E giù impropericontro il regime agitandoquelle sue mani da strangolatoreche incutevano pauraa tutti.Quando, dopo la Liberazione,seppi ch’era diventatocom<strong>un</strong>ista, non ne fui sorpreso,e tanto meno indignato.Lo era sempre stato, nella suapittura, anche quando indossavala camicia nera. Io avevocomprato quando si pagavanodue o trecento lire l’<strong>un</strong>a,cinque tele di Rosai che i tedeschimi portarono via quandomi arrestarono. Naturalmentenon le ho più ritrovate,e me ne dispiace. Pur nonamando la sua pittura, capivoche Rosai era <strong>un</strong> pittore.Da bambino, quando durantela stagione buonaci andavo di domenica,portato da mio padre a prendereil gelato o la panna coicialdoni, piazza Vittorio misembrava <strong>un</strong> gran l<strong>un</strong>a-parkper gente adulta, con tuttoquello sfarzo di tavolini bendisposti, torno torno come icavalli delle giostre. Dallavia che veniva dal Duomoe dalle altre che a non moltadistanza finivano al PonteVecchio e al Ponte a SantaTrinita, arrivavano cavalliveri, quasi sempre con passotranquillo, alle stanghedi carrozze coi fiaccheraia cassetta. C’era <strong>un</strong> mescolarsidi suoni che non riuscivanoquasi mai a trasformarsiin rumori: i ferri deicavalli battevano la stradacon le cadenze dei soldatinimeccanici visti in <strong>un</strong> film diStanlio e Ollio, e i tram sfrigolavanosu <strong>un</strong> angolo di rotaiachiedendo il passaggiolibero con <strong>un</strong> giulivo scampanellare.Si era alla fine degli anniVenti. Mio padre conoscevabene i caffè di piazza Vittorioper averli frequentati giànei tempi in cui io ero di là davenire. In particolare era statoassiduo a quei tavolini dopoche la sua passione per il cinema,alimentata e irrobustitaalla scuola di recitazione diGIUBBE ROSSE: <strong>un</strong> caffè <strong>letterario</strong>Un ragazzoalle GiubbePaolo Azzurri, lo aveva portatoad apparire in alc<strong>un</strong>i film,da attor giovane. Andavaspesso alle Giubbe Rosse dovepoteva incontrare il registaGiuseppe Lega, fratello delpittore futurista Achille, e cosìaveva cominciato a prenderparte a quegli incontri fra artistie scrittori dove la noia nonera mai di casa. Sgambettandogliaccanto quanto me loconsentiva l’età dell’infanzia,succedeva che io me ne stessi,buono e curioso, a <strong>un</strong> tavolinodelle Giubbe dove miopadre parlava o discuteva conLeopoldo PaciscopiDa “Gli anni discontinui” Giubbe Rosse 1992qualc<strong>un</strong>o dei suoi vivaci e talvoltachiassosi amici.Amici di mio padre. Amicimiei lo sarebbero diventatipiù tardi. Romano Bilenchi,Alfonso Gatto, Eugenio Montale,Ardengo Soffici, PieroBigongiari, Alceste Nomellini,Mario Luzi, Primo Conti,Ottone Rosai.... Con Primo,Romano, Alceste e Alfonso cisarebbero stati amicizia e affetto,con Ottone amicizia e,da parte mia, qualche incomprensione.Morto mio padre e <strong>un</strong>avolta cresciuto tanto da meri-Leopoldo Paciscopi14 15

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!