Jolly Roger_01_02
Jolly Roger Magazine numero 2, anno1 - marzo 2018
Jolly Roger Magazine numero 2, anno1 - marzo 2018
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feuilleton<br />
feuilleton<br />
il romanzo d’appendice<br />
tra maniera e accademia<br />
L’Hard-boiled chandleriano come esercizio di stile per una<br />
storia a puntate degna dei migliori Feuilletons<br />
di Fabio Gimignani e Wladimiro Borchi<br />
Continua il dissacrante racconto Hard-boiled creato dalle menti inquiete di Wladimiro Borchi e<br />
Fabio Gimignani, pubblicato secondolo stile del Romanzo d’Appendice sulle pagine di <strong>Jolly</strong> <strong>Roger</strong><br />
Magazine. Nella puntata precedente avevamo lasciato il nostro protagonista impegnato a reggersi<br />
le budella seduto sul pavimento del proprio ufficio, ma dato che lo scopo di questa piccola palestra<br />
narrativa è quello di scardinare con ogni contributo tutto ciò che l’altro sta provando a costruire a<br />
livello di trama, stiamo a vedere dove ci condurrano i prossimi dispetti dei due Autori.<br />
E visto che siamo in vena di generosità, oggi doppia razione!<br />
a lei piaceva glenn miller<br />
Seconda puntata<br />
(segue dal n° 1)<br />
(F) Riapro gli occhi cercando<br />
di capire cosa cazzo mi stia<br />
scorticando la gola.<br />
Provo a tossire, ma è come se<br />
avessi un ombrello infilato nella<br />
trachea e ad ogni colpo di tosse<br />
qualcuno tentasse di aprirlo.<br />
E poi non riesco a chiudere la<br />
bocca: qualcosa la tiene aperta,<br />
ed è qualcosa che si spinge<br />
maledettamente in fondo, come<br />
nemmeno io ho mai osato fare<br />
anche con donne che la sapevano<br />
davvero lunga.<br />
Un chiarore lattiginoso prende<br />
corpo intorno a me, mentre<br />
qualcosa mi si strofina sulla<br />
faccia ogni volta che tento di<br />
muovermi; una carezza leggera,<br />
come seta.<br />
Ho voglia di vomitare e lo<br />
squarcio sulla pancia brucia<br />
come se qualcuno si fosse divertito<br />
a pisciarci dentro dopo<br />
essersi scolato un litro di bourbon<br />
di contrabbando. Devo<br />
essere svenuto, ma adesso non<br />
capisco dove cazzo sono: il<br />
muro non c’è più, o almeno<br />
non lo sento. Sono sdraiato<br />
su qualcosa di rigido e sento<br />
dei rumori tutto intorno... man<br />
mano che riemergo dal torpore<br />
li percepisco distintamente.<br />
Gente che parla; e una musica<br />
di sottofondo.<br />
No, cazzo! Non Justin Bibier!<br />
Il conato di vomito nasce prepotente<br />
in fondo all’esofago e<br />
sgomita per uscire allo scoperto<br />
arrampicandosi con artigli acuminati<br />
lungo le mie frattaglie.<br />
Cerco di portarmi una mano al<br />
viso per capire cosa cazzo mi<br />
impedisca di chiudere la bocca,<br />
ma qualcuno mi blocca il polso<br />
immediatamente.<br />
«Dottore! Questo qui è sveglio<br />
e si sta togliendo tutto!»<br />
«Come sveglio?!» abbaia una<br />
voce stridula «Chiamate subito<br />
quella testa di cazzo dell’anestesista<br />
e fatelo intubare daccapo!<br />
E addormentatelo perdìo!<br />
Che se qui si mette a tossire mi<br />
risputa fuori tutte le budella che<br />
gli ho appena rinfilato dentro!»<br />
Sento i “bip” che accelerano<br />
insieme al mio cuore.<br />
Provo a muovermi, ma il pezzo<br />
di plastica che sprofonda nella<br />
mia trachea mi scartavetra a<br />
sangue.<br />
«Sta andando in fibrillazione!»<br />
grida una donna all’improvviso<br />
mentre i “bip” sono diventati<br />
quasi un trillo uniforme.<br />
«Defibrillatore, presto!»<br />
«Parti con seicento! Libera!!»<br />
Libera ‘stocazzo, penso mentre<br />
la folgore di Zeus mi attraversa<br />
il corpo spedendomi nuovamente<br />
nel mondo dei sogni.<br />
***<br />
(W) L’Angelo è qui, a un passo<br />
dal letto a cui mi hanno legato<br />
mani e piedi con cinghie di cuoio,<br />
indossa un corpetto nero di<br />
pelle con la cerniera lievemente<br />
abbassata su un panorama che<br />
toglierebbe il sonno anche a un<br />
eunuco. Sotto, una minigonna<br />
raso fica del medesimo colore<br />
e materiale, da cui spuntano<br />
quelle sue gambe levigate nella<br />
creta da Canova in persona,<br />
fasciate da sfrontatissime calze<br />
a rete, lievemente strappate in<br />
più punti.<br />
Roba da far fluire tutto il sangue<br />
di un povero moribondo,<br />
nei corpi cavernosi, col rischio<br />
di finire stroncato da un aneurisma<br />
cerebrale o di vedersi<br />
esplodere le mutande in una<br />
deflagrazione di sangue, tessuto<br />
e pelle.<br />
«Ciao Tesoro!»<br />
Mi limito a dire, sorridendo sornione<br />
alla bionda, vestita come<br />
la dark lady di un fumetto anni<br />
Ottanta.<br />
«Liberami da queste cinghie e<br />
andiamo a farci un goccio!»<br />
La bionda non parla, semplicemente<br />
abbassa il lenzuolo, che<br />
mi copre dalla gola fino ai piedi,<br />
con negli occhi quell’aria golosa<br />
che, grazie a qualche divinità<br />
pagana, ho già avuto modo di<br />
conoscere. Con gli occhi esamina<br />
ogni centimetro della mia<br />
pelle che resta lentamente nuda<br />
sotto il suo sguardo.<br />
Solo allora allunga la mano sicura<br />
e rapida verso il mio basso<br />
ventre.<br />
Così, mentre, il mio sorriso si<br />
muta in un espressione stupita,<br />
la lurida sgualdrina infila le dita<br />
tra un punto e l’altro della sutura<br />
ancora fresca di chirurgia ed<br />
estrae quello che riesce ad afferrare,<br />
stingendolo nel proprio<br />
pugno dinanzi alla mia faccia.<br />
Grido, serrando gli occhi per il<br />
dolore e l’impotenza.<br />
Li riapro mentre tutto è finito<br />
e il velo opalescente del sogno<br />
che si muta in realtà inizia<br />
a squarciarsi lentamente sulla<br />
insignificante immagine di un<br />
soffitto bianco come i panni<br />
stesi al sole del Midwest in una<br />
luminosa giornata d’estate.<br />
Bocca impastata come dopo la<br />
più colossale delle sbornie e<br />
aria gremita di odore di urina e<br />
mela rancida.<br />
Ci scommetto una palla che<br />
sono al Mercy Hospital di West<br />
Elsdon.<br />
Se ho ragione la mia permanenza<br />
dovrà durare il meno a lungo<br />
possibile.<br />
E lo farà in ogni caso, sia che<br />
io riesca a rimettermi in piedi<br />
e lasciare questo posto, sia<br />
che qualcuno decida di venire<br />
a riscuotere quel credito che è<br />
convinto di avere nei miei confronti.<br />
***<br />
(F) «E anche questa volta<br />
quattro stronzi vestiti di verde<br />
ci hanno privato della gioia di<br />
assistere al tuo funerale, brutto<br />
figlio di puttana!»<br />
La grazia che trasuda da ogni<br />
parola e il fiato nauseabondo,<br />
impregnato di sigari da quattro<br />
soldi, mi comunicano che il tenente<br />
O’Malley ha fatto il suo<br />
ingresso nella stanza.<br />
«Ecco, bravo, irlandese del<br />
cazzo» rispondo chiamando a<br />
raccolta dal fondo dei polmoni<br />
gli ultimi ciuffi di fiato «Quando<br />
succederà, prega che non mi<br />
trovino ancora affondato nel<br />
culo di tua moglie; non usa mai<br />
il lubrificante, ma si scorda che<br />
io non ho una pellecchia rinsecchita<br />
come te. L’ultima volta ha<br />
ululato così forte che qualcuno<br />
ha ipotizzato il ritorno dei lupi<br />
nel Midwest!»<br />
Si siede pesantemente sul bordo<br />
del letto fregandosene di<br />
ogni regolamento sanitario e<br />
facendomi sobbalzare. Una<br />
fitta lancinante mi attraversa il<br />
portamerenda spremendomi le<br />
ultime parole dalle labbra in un<br />
rantolo convulso.<br />
«Fa male, eh?» sghignazza il<br />
bastardo della Omicidi «Mi diceva<br />
quel finocchio del dottore<br />
che per un momento ha pensato<br />
che non ce la facessi... centododici<br />
punti, ti rendi conto?»<br />
«Quindi ho vinto il set di pentole<br />
antiaderenti!»<br />
«No, testa di cazzo! Hai vinto<br />
un passaggio all’obitorio se<br />
non mi racconti per filo e per<br />
segno come hai fatto stavolta<br />
a infilarti in questo mucchio di<br />
merda!»<br />
ANNO I • NUMERO II • marzio 2<strong>01</strong>8 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />
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