Farmaci biologici - Istituto Clinico Humanitas
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TUTTI I NUMERI DELLO SCOMPENSO IN ITALIA<br />
75<br />
l’età media<br />
dei pazienti<br />
1 milione<br />
300 mila<br />
170 mila<br />
40%<br />
38%<br />
25%<br />
le persone<br />
colpite<br />
le persone malate<br />
di età inferiore ai 60 anni<br />
i ricoveri resi necessari<br />
ogni anno<br />
i malati che muoiono entro 3 anni<br />
dal primo ricovero ospedaliero<br />
le donne sopravvivono oltre i 5 anni<br />
dalla diagnosi<br />
gli uomini che sopravvivono<br />
oltre i 5 anni dalla diagnosi<br />
sia dispositivi in grado di stimolare contemporaneamente<br />
entrambe le camere ventricolari.<br />
I pacemaker biventricolari, attualmente consigliati nei<br />
pazienti più anziani o affetti anche da altre patologie importanti,<br />
migliorano la qualità di vita ma non proteggono<br />
dalla morte improvvisa. Più recentemente vengono<br />
impiantati nella grandissima maggioranza dei casi apparecchi<br />
completi, quindi con pacemaker biventricolari<br />
e defibrillatore cardiaco, che in numerosi trials multicentrici<br />
randomizzati (fra cui il Companion, il Miracle<br />
ICD e molti altri) si sono dimostrati in grado di ridurre<br />
la mortalità del 35-36%. In particolare, lo studio Companion<br />
ha dimostrato che il defibrillatore biventricolare<br />
(con la funzione sia di pacemaker biventricolare sia di<br />
defibrillatore cardiaco) consente un ulteriore guada-<br />
Defibrillatori e pacemaker<br />
consentono di stimolare<br />
elettricamente il cuore per ridargli<br />
un’adeguata sincronia e migliorarne<br />
l’efficienza.<br />
gno in termini di sopravvivenza del 15% rispetto al pacemaker<br />
biventricolare”.<br />
Gli studi del dottor Gasparini e della sua équipe si sono<br />
dimostrati pionieristici per il trattamento dei pazienti affetti<br />
da scompenso cardiaco e fibrillazione atriale. Le ricerche,<br />
pubblicate su importanti riviste scientifiche<br />
(Journal of American College of Cardiology ed European<br />
Heart Journal), hanno determinato la modifica delle linee<br />
guida dapprima europee e successivamente americane,<br />
estendendo anche a questo tipo di pazienti l’utilizzo<br />
di elettrostimolatori biventricolari. “E’ stata un’innovazione<br />
importante, soprattutto se si considera che il<br />
35-40% dei pazienti scompensati gravi è in fibrillazione<br />
atriale. Con le nostre ricerche, quindi, abbiamo permesso<br />
di estendere la terapia elettrofisiologica ad un<br />
numero considerevole di pazienti scompensati refrattari<br />
alla terapia farmacologica”.<br />
DEVICE CONTROLLATI A DISTANZA<br />
Negli anni, i device biventricolari si sono via via miniaturizzati<br />
e hanno acquisito una serie di funzionalità aggiuntive<br />
grazie alle quali, oggi, i pazienti hanno quasi<br />
un holter continuo. “Siamo in grado di vedere costantemente<br />
e in tempo reale le eventuali aritmie sia atriali sia<br />
ventricolari - precisa Gasparini - e questo consente di<br />
migliorare ad hoc anche la terapia farmacologia. Oltre<br />
a ciò, a fronte di una terapia per le aritmie ventricolari<br />
inizialmente caratterizzata solo dallo shock elettrico (defibrillazione)<br />
che il paziente avvertiva come molto doloroso,<br />
con questi ultimi device si ha la possibilità di erogare<br />
una terapia con burst, ossia influssi nel ventricolo<br />
più rapidi dell’aritmia stessa e in grado di interromperla<br />
nel 70% dei casi”.<br />
Nei device di ultima generazione, inoltre, sono stati implementati<br />
parametri che consentono di monitorizzare<br />
la quantità di attività fisica effettuata ogni giorno dal paziente,<br />
la quantità di liquidi accumulati nel corpo (il che<br />
permette di prevedere e dunque prevenire l’insorgenza<br />
di un edema polmonare acuto), e inoltre di verificare le<br />
variazioni della frequenza cardiaca che possono essere<br />
correlate o a un’aritmia o una fase di scompenso più<br />
avanzato.<br />
“Recentemente - conclude il dottor Mascioli - importanti<br />
innovazioni tecnologiche hanno consentito il controllo<br />
a distanza dei pazienti portatori di device. Molti dispositivi,<br />
infatti, sono in grado di trasmettere in radiofrequenza<br />
all’elettrofisiologo informazioni non solo sul<br />
loro stesso funzionamento (ad esempio batteria scarica<br />
o cateteri danneggiati), ma anche sulle condizioni cliniche<br />
del paziente come la pressione arteriosa, la frequenza<br />
cardiaca…”.<br />
H<br />
N. 1/2009 - <strong>Humanitas</strong> 17