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ale di cui il cinema è espressione. Già alla fine degli anni Ottanta l’intervento<br />
dei Cheabol, le grandi aziende multinazionali come la Samsung e la Daewoo, stimolati<br />
dall’apertura del mercato e dagli sgravi fiscali, delinea «una nuova realtà<br />
economica senza la quale il cinema <strong>coreano</strong> non avrebbe mai potuto raggiungere<br />
i livelli odierni». 1 I loro investimenti sono di fondamentale importanza e coinvolgono<br />
l’ambito produttivo, di pianificazione e distribuzione del film, sopperiscono<br />
quindi a quella carenza di capitali di cui il cinema sud-<strong>coreano</strong> ha sempre<br />
sofferto. L’attuale cinema nazionale e il suo apparato industriale hanno origine<br />
proprio in una logica commerciale che si avvia negli anni Novanta con i film pianificati,<br />
«i quali prevedono essenzialmente la preselezione di un pubblico mirato,<br />
una strategia di marketing e un lungo sviluppo della sceneggiatura, così da<br />
poter aumentare le possibilità di successo al box office (...), introducendo così le<br />
indagini di mercato nella produzione cinematografica. Durante la fase di sviluppo<br />
di un progetto, viene selezionata una fascia di pubblico di sesso ed età definita<br />
al fine di determinare i temi o gli attori che potenzialmente potrebbero soddisfare<br />
tale target di pubblico:[...] Marriage Story (Kim Yui-seok, 1992) rimane<br />
l’esempio più citato di film pianificato». 2<br />
In questa inattesa apertura e svolta del sistema produttivo, il sostegno e la promozione<br />
dell’industria cinematografica transitano anche attraverso le spinte istituzionali,<br />
quando nel 1995 viene redatta la Film Promotion Law che sostituisce<br />
una politica di rigida regolamentazione e controllo tipica degli anni precedenti.<br />
Si aggiunge lo snellimento delle procedure burocratiche per l’esportazione dei<br />
film e le coproduzioni con le compagnie straniere e viene inoltre giudicata anticostituzionale<br />
la legge sulla censura, non abolita, ma sottratta al controllo diretto<br />
dello Stato. Il 1997 è l’anno della crisi finanziaria che ha scosso l’Oriente,<br />
tanto da costringere la Corea a ricorrere agli aiuti del Fondo Monetario<br />
Internazionale. In un simile panorama socio-economico la produzione di film<br />
diminuisce del 15% e i Cheabol si ritirano dall’industria cinematografica sottraendo<br />
investimenti. Ma è proprio in questo periodo che si affermano società<br />
locali con capitali a rischio, le quali investono nel cinema grazie alle politiche<br />
culturali vigenti. Vengono introdotti i Film Investment Funds, simili a fondi<br />
comuni di investimento, grazie ai quali le compagnie investono su film mirati e<br />
si ripartiscono contemporaneamente le spese di altre produzioni, ammortizzando<br />
i costi di eventuali fallimenti. 3 Nel 1999 la Korean Motion Picture Promotion<br />
Corporation, diventa la Korean Film Commission, per assumere l’attuale denominazione<br />
di Korean Film Council (KOFIC), istituito come organismo autonomo<br />
dal governo. Aumenta la percentuale di film coreani destinati al mercato<br />
interno che raggiunge buoni livelli proprio nel 1999, anno in cui maggiormente<br />
si contrasta l’aggressività della distribuzione diretta di film hollywoodiani.<br />
Nascono nuove case di produzione fra cui alcune che alla fine del primo decennio<br />
del nuovo secolo risultano le principali del Paese: la CJ Enterteinment, la<br />
Cinema Service e la Showbox, a cui se ne aggiungono numerose altre.<br />
A favorire la fruizione del cinema nazionale ha contribuito notevolmente la<br />
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