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la Ciminiera 2020 05

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Amore e bellezza nella tragica fine della Principessa MARIA D’AVALOS, Gabriele Campagnano

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mentre il Duca Don Ferrante, per il grande

amore che aveva nel petto, desiderava che il

suo matrimonio con Isabella si svolgesse prima

dei festeggiamenti e non dopo. E così si recò

dalla Viceregina, che intanto s’intratteneva con

alcune signore e con Isabella, perché il contratto

di matrimonio venisse immediatamente messo

in atto.

Isabella fu radiosa di vederlo e gli riferì che

sapeva della sua venuta in quel luogo e dei suoi

propositi, per cui sarebbe stata felicissima “ di

fare tutto quello che il suo cuore desiderava”.

Don Ferrante la ringraziò della sua

“benevolenza” nei suoi confronti e dell’amore

rivoltogli per curargli con i chirurghi la ferita,

sollecitandola a proseguire nell’attenzione

perché la piaga non facesse marcire la carne.

Nel frattempo la Viceregina, rivolgendosi al

Duca Don Pietro suo marito ed ai nobili che

in quel momento confabulavano e discutevano

proprio dell’imminente matrimonio di

Isabella con Ferrante Spinelli, rappresentò

che sarebbe stato opportuno che la cerimonia

nuziale avvenisse, come suggerito, prima dei

festeggiamenti e non dopo.

Don Pietro fu contento perché con quel

matrimonio sarebbe sorto un gran bene per

tutti. Le nobili signore corsero subito da

Isabella ad annunziarle la lieta notizia, che

già aveva appreso anticipatamente dalla

Viceregina. Nella circostanza la Viceregina,

rivolgendosi ad Isabella, aveva incominciato a

riferirle che era giunto il momento di togliersi

“le nere gramaglie” e di indossare invece

abiti più allegri e festosi, ed inoltre, che tutti,

conoscendo ormai il suo animo e la sua bontà,

erano stati contenti di offrirla in isposa ad

un nobile e valoroso cavaliere come il Duca

Ferrante Spinelli.

Isabella, un po’ imbarazzata e non volendo

far trapelare che il suo cuore era trepidante

di amore e di gioia, soggiunse che dato che

le era stato “destinato” un marito da persone

così nobili e degne, sarebbe stata scortesia

rifiutare. E così tutti insieme si recarono da

quei cavalieri che in precedenza discutevano

del matrimonio del loro compagno d’armi e

con essi stabilirono la data della celebrazione

delle nozze. Com’era prevedibile quel giorno

Isabella si levò il lutto, nel mentre il Vescovo

di Catanzaro, Antonio de Paula, consacrò il

matrimonio benedicendo il Ferrante e la sua

virtuosa sposa.

Il popolo catanzarese accolse con felicità e

gioia questo matrimonio, mentre la cena che si

svolse in loro onore, fu allietata da danze, balli,

fuochi e giochi. Isabella ballò persino con tanta

grazia ed abilità da essere applaudita e lodata

da tutti gli invitati che s’intrattennero sino al

mattino.

Nel frattempo le azioni di guerra si erano

placate, le feste si protrassero per altri dieci

giorni, nel mentre il Viceré e la Viceregina

si fermarono a Catanzaro per lungo tempo,

con l’intento di godere la Città nella sua

salubrità e bellezza. Dopo i festeggiamenti,

la sposa, con altri nobili signori e signore,

come Roberto Susanna, Giovbattista Ricca,

il Sanseverino, Giovanni Piterà ed altri, per

protezione, li accompagnarono sino alla loro

casa di Mesuraca.

Quando coloro che avevano ucciso il padre

ed il fratello di Isabella seppero dell’arrivo di

Don Ferrante Spinello a Mesuraca, sapendo

che lo sposo era un valoroso guerriero, di

questi alcuni fuggirono, altri chiesero perdono,

mentre quelli invece che avevano osteggiato

i francesi, si recarono dagli sposi con corone

di fiori, assicurando la loro piena e totale

devozione ed obbedienza.

Il Duca Don Ferrante, per come si era

giurato, pian piano fece giustizia di tutti coloro

che avevano ostacolato il padre ed il fratello di

Isabella o che avevano partecipato all’eccidio

ed al dileggio ed anche allo scempio dei loro

corpi.

Quando gli amici che avevano accompagnato

gli sposi si accorsero che ormai tutto il paese

era ritornato alla normalità, partirono per le

loro case, le loro terre e la loro patria.

Questa storia fu scritta dal sacerdote e

canonico della Cattedrale di Catanzaro,

Don Francesco Garcea di Leone, che aveva

partecipato a tutte le vicende ed alle varie

guerre, prima di divenire ministro di Dio,

scrivendo di notte quello che viveva di giorno.

Bibliografia

- “Racconti Calabresi” per Achille Grimaldi : “Isabella Caracciolo” - “Episodio dell’Assedio di

Catanzaro del 1528” - Stamperia del Fibreno - Napoli - Anno 1860.

28 la Ciminiera

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