PHD, OVVERO: DOTTORI DI RICERCA ALLE FRONTIERE DELLA CONOSCENZA <strong>di</strong> Paolo Biscari Paolo Biscari, Direttore della Scuola <strong>di</strong> Dottorato <strong>di</strong> Ricerca del <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>, ci racconta il valore dei PhD per l’Ateneo e per il Paese PAOLO BISCARI, 54 anni Direttore della Scuola <strong>di</strong> Dottorato <strong>di</strong> Ricerca
Dall’aerospaziale alle nanotecnologie, dall’architettura all’Ingegneria Meccanica, passando per tutto quello che ci sta in mezzo: più <strong>di</strong> 1100 persone che, una volta terminato il proprio percorso, sapranno tutto quello che c’è da sapere su un tema molto specifico e circoscritto, quello della loro ricerca. È questo che è un PhD, un dottorato <strong>di</strong> ricerca: uno specialista, che sa affrontare un tema e approfon<strong>di</strong>rlo imparando a conoscere tutto quello che si sa <strong>di</strong> esso allo stato dell’arte; e poi spingersi oltre, ponendosi domande alle quali, ancora, non esiste risposta. Qualcuno che si spinge alle frontiere della conoscenza e cerca <strong>di</strong> spostarle un pochino più lontano. A volte si pensa erroneamente che un PhD porti necessariamente a una carriera accademica, ma non tutti i ricercatori, “da gran<strong>di</strong>”, vogliono fare gli scienziati, i docenti o i ricercatori. Molti entrano in azienda con una figura professionale dotata <strong>di</strong> forte spinta innovativa capace <strong>di</strong> trasferire conoscenza teorica al contesto industriale che si coniuga a un intenso allenamento al lavoro <strong>di</strong> gruppo e alla gestione dei gruppi <strong>di</strong> lavoro. Focus, visione e capacità <strong>di</strong> leadership sono cose che emergono naturalmente lungo questo processo. Sempre <strong>di</strong> più, le aziende stanno cogliendo l’importanza <strong>di</strong> questa risorsa e investono nei dottorati <strong>di</strong> ricerca nelle aree <strong>di</strong> loro interesse. Soprattutto le gran<strong>di</strong> aziende vanno “a caccia” <strong>di</strong> dottorati, mentre in Italia le piccole aziende, spesso a conduzione familiare, si concentrano sul lavoro quoti<strong>di</strong>ano. Quello che auspichiamo e che incentiviamo al <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> è l’inserimento più capillare possibile dei nostri dottorati all’interno del tessuto industriale a tutti i livelli. Siamo convinti che questi ricercatori rappresentino una risorsa inestimabile per le aziende italiane, perché sono portatori <strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> un metodo politecnico affinato da anni <strong>di</strong> sudore, stu<strong>di</strong>o e – <strong>di</strong>rei – sana ostinazione. Negli anni del dottorato non si imparano delle nozioni: si impara a farsi le domande giuste, le domande che portano a scoprire nuove strategie e nuovi orizzonti. I risultati delle ultime indagini occupazionali ci rendono molto orgogliosi, sottolineano che il tessuto industriale italiano sta riconoscendo il valore e l’importanza dei dottori <strong>di</strong> ricerca ed è pronto ad accoglierli. Le indagini rilevano anche che i giovani del <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> sono ben occupati e ricoprono spesso posizioni attraverso le quali possono incidere fortemente sulla società. Questo accade ancora più spesso e ancora più velocemente per i dottorati, che entrano nelle aziende in età più avanzata rispetto ai neolaureati. Siamo dunque <strong>di</strong> fronte a una responsabilità, quella <strong>di</strong> formare i leader che guideranno il processo industriale e tecnologico già tra 5 o 10 anni, e si rende necessario dar loro una formazione specifica sul tema delle ricadute etiche della tecnologia, sull’importanza del rispetto della <strong>di</strong>versità e dello sviluppo sostenibile. Questo si fa anche collaborando con <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong>verse da quelle tecniche che sviluppiamo al Poli: nei nostri gruppi <strong>di</strong> ricerca, infatti, ci sono sociologi, filosofi e psicologi, che ampliano la visione e stimolano i ricercatori su tematiche <strong>di</strong>verse. Sono insegnamenti che contribuiscono a creare una persona con un valore aggiunto, per farla <strong>di</strong>ventare realmente responsabile. Quando questo in<strong>di</strong>rizzo si coniuga alla conoscenza approfon<strong>di</strong>ta della materia, alla capacita <strong>di</strong> sintesi e visione, a quella <strong>di</strong> leadership, all’ambizione <strong>di</strong> spingere l’asticella sempre un po’ più in alto, ecco, è lì che nascono nuove idee. Quello che <strong>di</strong>co sempre ai nostri dottori <strong>di</strong> ricerca è “non preoccupatevi se non conoscete ancora le risposte alle domande. Più che le risposte, ci interessa che sappiate creare un percorso per immaginare soluzioni nuove”. Non è scritto in nessun libro, non viene insegnato in nessun corso, è un metodo che emerge dalla natura stessa della ricerca e può avere un impatto importante per la società intera in termini <strong>di</strong> innovazione e crescita industriale, specialmente in un paese come l’Italia, culla <strong>di</strong> eccellenze e nicchie tecnologiche <strong>di</strong> grande valore. Nelle foto, scene dalla cerimonia <strong>di</strong> consegna dei <strong>di</strong>plomi <strong>di</strong> Dottorato 2018 e la foto <strong>di</strong> gruppo finale in Piazza Leonardo Da Vinci "Al <strong>Politecnico</strong> oggi ci sono più <strong>di</strong> 1100 dottoran<strong>di</strong> che lavorano in oltre 20 corsi <strong>di</strong> dottorato, nei campi più svariati. In ogni gruppo <strong>di</strong> ricerca al Poli c’è almeno un dottorando, il nostro obiettivo è che ce ne siano 1500 entro i prossimi 5 anni" 17