Un Secolo di Luce
Il 1913 è l’anno che sul territorio del salernitano appaiono le prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica, e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a incandescenza per l’illuminazione pubblica. È il punto di svolta verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico. Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e ricerca svolto per celebrare il centenario dell’arrivo dell’energia elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un’importante società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Calore nel territorio comunale di Felitto, con la distribuzione di energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo della Lucania, attraversando i comuni di Campora, Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella, Novi Velia, Stio e tanti altri. Il 1913 è anche l’anno di costituzione di un’altra società concorrente, la Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche, che raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta l’elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di produzione termoelettrica a carbone. Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione di energia elettrica a partire dalla fine dell’Ottocento, illustra le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante, descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.
Il 1913 è l’anno che sul territorio del salernitano appaiono le prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica, e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a incandescenza per l’illuminazione pubblica. È il punto di svolta verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico.
Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e ricerca svolto per celebrare il centenario dell’arrivo dell’energia elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un’importante società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Calore nel territorio comunale di Felitto, con la distribuzione di energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo della Lucania, attraversando i comuni di Campora, Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella, Novi Velia, Stio e tanti altri. Il 1913 è anche l’anno di costituzione di un’altra società concorrente, la Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche, che raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta l’elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di produzione termoelettrica a carbone.
Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione di energia elettrica a partire dalla fine dell’Ottocento, illustra le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante, descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.
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Costabile Cerone
UN SECOLO DI LUCE
nel Circondario di Vallo della Lucania
La Società Idro-Elettrica Lucana
L’impianto idroelettrico sul fiume Calore a Felitto
e la tramvia di Vallo della Lucania
STORIA E TECNICA
Il Paesaggio Meccanico
Volume 1
Costabile Cerone
Laureato in architettura nel 1996 presso
l'Università degli Studi di Napoli Federico II,
svolge la libera professione di architetto
occupandosi di restauro, progettazione architettonica
e del paesaggio. Si interessa di ricerca
e studio del patrimonio di archeologia industriale
presente sul territorio, costituito da
ferrovie, antiche fabbriche, mulini ad acqua e
vecchie centrali idroelettriche dismesse, al fine
di individuare per queste ultime possibili
progetti di riattivazione e riutilizzo a scopo di
produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile,
e di valorizzazione degli ambienti di
elevato valore naturalistico e paesaggistico in
cui spesso sono inserite.
Ha scritto saggi sugli argomenti e numerosi
articoli su riviste locali sui temi dell'ambiente,
del paesaggio e dell'architettura.
Tra i progetti recenti: Il ritorno di un Paesaggio al
Vento, Recupero del mulino a vento di Montecorice;
Riattivazione ex centrali idroelettriche in località
Molino di Mare e Sorgenti di Capodifiume nel
comune di Capaccio.
In corso di realizzazione: Restauro della vecchia
fornace di Agropoli per un museo di archeologia
industriale.
a mia madre
UN SECOLO DI LUCE
Costabile Cerone
UN SECOLO DI LUCE
nel Circondario di Vallo della Lucania
La Società Idro-Elettrica Lucana
L’impianto idroelettrico sul fiume Calore a Felitto
e la tramvia di Vallo della Lucania
STORIA E TECNICA
IL PAESAGGIO MECCANICO
VOLUME 1
Immagine di copertina
Vallo della Lucania - Notturno, 1951
Referenze fotografiche
Costabile Cerone
Gianluca Volpe
Costabile Cerone
UN SECOLO DI LUCE
ISBN 978-88-909467-0-7
Grafica, impaginazione
e modellazione tridimensionale
Costabile Cerone
Stampa
Centro Grafico Meridionale S.r.l.
Stabilimento di Ogliastro Cilento (SA)
© Costabile Cerone 2013
costabile.cerone@alice.it
Sommario
9 - Presentazione
dott. Gennaro Capo, sindaco di Castel San Lorenzo
11 - Prefazione
15 - I. Come l'acqua accende una lampadina
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
37 - II. L'impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
49 - III. La centrale e la sala macchine
55 - IV. Il progetto e la realizzazione dell'impianto
77 - V. Dalle origini alla costituzione della Società
77 - 1. L'elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia elettrica del
Cilento e della Valle del Calore
93 - 2. La tramvia elettrica e l'illuminazione della città di Salerno
103 - VI. La Società Idro-Elettrica Lucana, SIEL
L'impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
115 - VII. Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti
della SIEL
125 - VIII. La costruzione e l'inaugurazione dell'impianto
di Felitto
133 - IX. Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro
della Società Meridionale di Elettricità
7
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
143 - X. La Società Lucana per Imprese Idroelettriche
Impianti idroelettrici di Muro Lucano e Pertosa
153 - XI. Le imprese elettriche concessionarie della SIEL
167 - XII. La Società Anonima Lucana Imprese Elettriche
167 - 1. L'impianto di produzione a carbone di Vallo della
Lucania
173 - 2. L'ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto
181 - 3. La costituzione della SALIE
193 - XIII. L'impianto idroelettrico di Novi Velia sul
torrente Torna
205 - XIV. La Società Idro-Elettrica del Cilento
213 - XV. Il potenziamento dell'impianto idroelettrico di
Felitto
213 - 1. La direzione tecnica di Giovanni Giudice
231 - 2. Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel
dopoguerra
241 - XVI. Dagli anni Cinquanta alla nascita dell'Enel
255 - XVII. Il trasferimento degli impianti al nuovo Ente
267 - XVIII. La definitiva chiusura dell'impianto
idroelettrico
277 - XIX. La rete di trasmissione e distribuzione
dell'energia nel Circondario di Vallo della Lucania
289 - XX. Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica
di Felitto
301 - Bibliografia, siti internet e fonti di archivio
8
Presentazione
L'autore con questo libro testimonia una grande passione per
quel che riguarda l'ingegno umano in particolare nel campo della
produzione e dell'applicazione dell'energia elettrica ed è per
questa sua passione che ci siamo conosciuti; a Castel San Lorenzo
dove, in questo momento, vivo e svolgo la funzione di Sindaco vi
è un vecchio mulino ad acqua che all'inizio del secolo scorso fu
adattato per la realizzazione di una piccola centralina idroelettrica.
Anche se ci siamo visti tre, quattro volte, da subito vi è stata
stima reciproca e un comune sentire circa il rispetto e il dovere
della memoria per questo nostro recente passato da trasmettere
alle nuove generazioni; è sicuramente un merito importante che
va ascritto all'architetto Costabile Cerone.
Il Suo è un libro in cui l'evoluzione tecnologica, l'intuizione e le
capacità imprenditoriali degli uomini si intrecciano ai problemi
di un epoca per dare uno spaccato della nostra storia, della
determinazione di chi, se pur con pochi mezzi e strumenti a
disposizione, ha capito che bisognava investire in nuove idee per
migliorare il nostro territorio sfruttandone le risorse e le potenzialità.
È un percorso affascinante attraverso tutte le fasi che hanno
portato dai primi esperimenti all'attuale impiego dell'energia
elettrica. Un viaggio con gli uomini che, indipendentemente
dalla provenienza geografica, hanno unito idee e competenze per
costruire e gestire impianti con tutte le difficoltà tecnologiche e
sociali dei tempi.
Tra le righe si coglie tutta la curiosità, la passione e l'entusiasmo
dell'autore, la sua competenza e capacità di spaziare dalla tecnica
alle evoluzioni normative intrecciando il tutto in maniera
armonica e leggera, la sua testarda e certosina ricerca per i
9
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
dettagli resi in maniera semplice, ma non banale, così da rendere
piacevole la lettura anche li dove questa porta nei meandri della
tecnica che l'autore riesce a descrivere con chiarezza, ricorrendo,
ove necessario, a similitudini con i più semplici fenomeni della
nostra quotidianità per rendere il tutto comprensibile anche in
assenza di competenze specifiche.
Ammirevole la capacità dell'autore di trasferire, attraverso il
racconto, nitide fotografie di elementi strettamente tecnici o di
situazioni e rapporti tra le persone, spaziando dagli uni agli altri
con la stessa chiarezza ed efficacia. Scorrendo le pagine sembra
quasi di essere fisicamente negli impianti descritti, di poterli
vedere, di percepire la caparbietà e la fatica di chi li ha voluti e di
chi li ha realizzati o l'incredulità di chi, abituato a candele e
stoppini, all'oscurità delle vie, soprattutto nei nostri piccoli
paesi, si ritrova a percorrere strade illuminate per chissà quale
strana alchimia.
Ne deriva un libro che è certamente un interessante documento
di storia industriale del nostro territorio, utile agli addetti ai
lavori, per fini didattici o più semplicemente utile a tutti quei
lettori che hanno la curiosità di conoscere meglio gli eventi del
passato, nascosti dietro al rudere di un impianto abbandonato o
dietro una tramvia che non esiste più e di cui si ignorava
l'esistenza, ma che hanno fatto parte della nostra storia e del
percorso di vita che ci ha portati a quello che è il nostro oggi.
Un libro piacevole che mi onoro di aver potuto leggere in anteprima.
30 novembre 2013
dott. Gennaro Capo
Sindaco di Castel San Lorenzo
10
Prefazione
È da molti anni che mi occupo di archeologia industriale, compiendo
studi e rilievi delle testimonianze materiali dell'industria
presenti sul territorio salernitano, lette nel contesto della storia
socio-economica e tecnologica, con particolare riguardo agli
aspetti architettonici ed ambientali, per possibili progetti di
recupero nel rispetto delle caratteristiche tecniche e storiche dei
manufatti: mulini ad acqua, fabbriche, macchine, strade ferrate,
stazioni ferroviarie, ponti e centrali idroelettriche.
L'oggetto di questo lavoro è proprio una centrale idroelettrica
realizzata per distribuire l'energia nel Circondario di Vallo della
Lucania, grazie alla quale molti paesi videro la luce elettrica per
la prima volta.
Situata in un luogo suggestivo nel comune di Felitto, lungo il
corso del fiume Calore, la centrale, realizzata agli inizi del
Novecento dalla Società Idro-Elettrica Lucana, rappresenta un
notevole esempio di archeologia industriale, un ricco patrimonio
in cui si specchia una parte importante della nostra vicenda
tecnologica, ed oggetto oggi di una riscoperta culturale.
Nel complesso l'intero impianto idroelettrico, del tipo ad acqua
fluente, si integra quasi perfettamente nell'ecosistema fluviale,
sfruttando direttamente le acque del fiume convenientemente
deviate in località Remolino, e trasportate con un lungo canale
fino alla centrale, tra la quota 183,55 e la quota 125,65 metri sul
livello del mare.
Gli impianti idroelettrici appartenenti a questa tipologia, al
contrario di quelli a bacino, dove con la costruzione di una diga
viene creato un lago artificiale, sfruttano l'energia potenziale
dell'acqua mediante un dislivello di un tratto del fiume. Parte
della sua portata viene derivata mediante un piccolo sbarramento
ed immessa in un canale con pendenza minima, fino ad arriva-
11
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
re a un deposito chiamato camera di carico. Da qui l'acqua è
condotta lungo dei tubi alla sala macchine dove i gruppi di
generazione, composti da una turbina idraulica ed un alternatore,
sfruttano l'energia di caduta dell'acqua e la trasformano in
energia elettrica. L'acqua viene poi restituita al fiume per mezzo
di un canale di scarico.
L'impianto di Felitto, dopo il 1965 con il passaggio all'Enel, che
in quegli anni iniziò la produzione di energia con grandi centrali
termoelettriche, venne disattivato e abbandonato. La centrale,
appena visibile tra la folta vegetazione, si mostra oggi in grave
stato di abbandono, con la grande copertura a falde della sala
macchine completamente crollata.
Con una maggiore attenzione per l'ambiente e per il recupero del
patrimonio storico, sulla spinta delle attuali normative che
incentivano e favoriscono la produzione di energia “pulita” da
fonti rinnovabili, spero che l'impianto possa essere restaurato e
rimesso di nuovo in funzione.
In questo mio lavoro, oltre a descrivere l'impianto idroelettrico
ed il suo funzionamento, ho voluto raccontare la storia della
Società Idro-Elettrica Lucana, che come quella di tutte le società,
nel suo mezzo secolo di vita non è stata sempre facile e rettilinea.
Al grande successo iniziale si sono alternati anche momenti
difficili e complessi, dal rapporto con le piccole imprese satelliti
concessionarie, nate per distribuire l'energia nei vari paesi del
Circondario, al rapporto con una società concorrente e al difficile
periodo delle due guerre, fino alla sofferta nazionalizzazione del
settore elettrico avvenuta nel 1963, con la consegna
dell'impianto e dell'intera rete all'Enel.
Il saggio è diviso in diversi capitoli: al primo capitolo, riservato
alla tecnica e alla storia della produzione industriale di energia
elettrica, che descrive i principi della fisica per la generazione di
elettricità e le prime attività svolte dalle grandi aziende e società
elettriche dell'epoca, seguono i capitoli dedicati alla descrizione
dei luoghi, dell'impianto idroelettrico e delle diverse parti che lo
compongono: opere idrauliche, civili, meccaniche ed elettriche.
Dopo questa prima parte tecnica, i successivi capitoli sono rivolti
alla storia della società elettrica sorta a Vallo della Lucania, il cui
scopo era quello di realizzare la centrale di produzione sul fiume
Calore e la linea tramviaria a trazione elettrica per collegare il
capoluogo di Circondario con la stazione ferroviaria di Vallo-
Castelnuovo.
La storia locale della società segue l'intera vicenda dell'industria
elettrica dell'Italia meridionale ad opera di una delle maggiori
società italiane, la Società Meridionale di Elettricità, dai primi
esperimenti di elettrificazione delle ferrovie, fino all'utilizzo
12
Introduzione
dell'energia elettrica per forza motrice ed illuminazione. Nel
territorio a sud di Salerno, è nella Valle del Calore che si svolsero i
primi esperimenti elettrici ad opera di piccole imprese, impegnate
nella nuova sfida di inizio Novecento. La narrazione segue
inoltre l'evoluzione normativa per le concessioni di derivazione
d'acqua a scopo idroelettrico, dalla prima legge del 1884 al Testo
Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici,
emanato con Regio Decreto n. 1775 del 1933.
Nel penultimo capitolo è descritta l'intera rete di trasmissione e
distribuzione elettrica realizzata nel Circondario, così come si
presentava agli inizi degli anni Sessanta, immediatamente
prima dell'istituzione dell'Ente Nazionale per l'Energia
Elettrica.
Nell'ultimo capitolo ho voluto condurre il lettore
nell'avvincente mondo operativo del vecchio impianto idroelettrico
di Felitto, come poteva apparire negli anni Trenta, operando
unicamente con sistemi manuali fino alla sua chiusura.
Costabile Cerone
13
Capitolo I
Come l'acqua accende una lampadina
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
Un impianto idroelettrico per produrre energia utilizza la
forza dell'acqua, che opportunamente imbrigliata con uno
sbarramento sul fiume, è poi condotta fino all'arrivo in una
centrale, dove, quasi per magia, una macchina chiamata
alternatore, messa in rotazione da una turbina idraulica, la
trasforma in elettricità.
In realtà la magia è invece un importante fenomeno fisico
conosciuto con il nome di induzione elettromagnetica.
L'alternatore è una macchina elettrica rotante che utilizzando
questo fenomeno, trasforma l'energia meccanica
fornita da una turbina, in energia elettrica sottoforma di
corrente alternata, avente la caratteristica di variare continuamente
verso in modo alterno e a intervalli regolari di
tempo. La corrente generata assumerà pertanto la classica
rappresentazione grafica di un'onda sinusoidale, ed è
chiamata alternata perché passa in successione ogni
mezzo giro dell'alternatore da valori positivi a valori
negativi proprio con questo andamento. Un giro completo
dell'alternatore, rappresentato dalle due semionde del
grafico identiche in durata e ampiezza, rappresenta un
periodo o ciclo.
Questa variazione della corrente è quindi funzione del
numero di giri che compie la macchina ogni secondo, e
definisce la frequenza della corrente generata, la cui unità
di misura è indicata con Hertz (Hz). La corrente alternata
che comunemente usiamo è di 50 cicli al secondo, detta
generalmente tensione di rete con frequenza di 50 Hz.
Questo valore standard è stato scelto per motivi di funzionalità.
A tale frequenza l'occhio non percepisce le variazio-
1 Rappresentazione grafica di
una corrente alternata
15
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Lampadina elettrica di Thomas
Edison, brevetto del 1880
ni di luminosità conseguenti alle oscillazioni della corrente
che attraversa il filamento di una lampadina; se la frequenza
scendesse sotto i 35-30 Hz la luce della lampadina ad
incandescenza non ci apparirebbe più costante ma tremolante.
Frequenze maggiori invece avrebbero imposto
velocità troppo elevate per poter essere raggiunte.
Per produrre una corrente alla frequenza di 50 Hz
l’alternatore deve ruotare ad una velocità di 50 giri al
secondo, equivalente a 3000 giri al minuto. Per tale motivo
queste macchine sono definite sincrone, proprio perché la
velocità di funzionamento è rigorosamente legata alla
frequenza della tensione generata.
Queste velocità sono però difficilmente raggiungibili con
turbine idrauliche utilizzate dagli impianti idroelettrici,
per cui bisognerà ridurla facendo in modo di non modificare
la frequenza utilizzando un particolare sistema
costruttivo dell'alternatore. Lo stesso tipo di generatore
che con uno speciale commutatore fa circolare una corrente
sempre nello stesso verso, quindi continua, prende il
nome di dinamo.
Affinché ci sia un passaggio di corrente elettrica in un
conduttore, bisogna applicare alle estremità una differenza
di potenziale elettrico capace di generare all'interno
dello stesso il movimento degli elettroni. Un alternatore,
come una pila, è dunque capace di generare questa differenza
di potenziale o tensione elettrica.
Per spiegare il significato di tensione usiamo un semplice
esempio. Due serbatoi di acqua sono collegati con un tubo,
se il livello nel primo serbatoio è identico al livello del
secondo, non si ottiene alcun movimento, mentre una
differente altezza provoca il passaggio di acqua dal serbatoio
col livello più alto a quello col livello più basso. Si
deduce che per ottenere il movimento si ha bisogno di una
differenza di altezza.
Negli impianti elettrici al posto del tubo abbiamo il conduttore
elettrico e al posto dell'acqua abbiamo la corrente
elettrica; la differenza non è più di altezza, ma di potenziale
elettrico o tensione.
Se aumentiamo la differenza di altezza, l'acqua scorre con
più velocità, allo stesso modo se aumentiamo la tensione
aumenta l'intensità di corrente. La differenza di altezza si
misura in metri, mentre la differenza di potenziale si
misura in Volt (V). L'unità di misura della tensione è stata
così denominata in memoria di Alessandro Volta, il fisico
16
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
italiano che nel 1800 inventò il primo generatore di energia
elettrica, la pila. L'intensità della corrente, che rappresenta
la quantità di elettricità che nello stesso tempo attraversa
una sezione del conduttore, si misura in Ampere (A) e si
indica con la lettera I.
Dal prodotto tra la tensione e l'intensità si ottiene la potenza
elettrica del circuito misurata in Watt, che rappresenta
la capacità di svolgere un lavoro elettrico, quale per esempio
accendere una lampadina. Da questa relazione si
deduce che è possibile ottenere la stessa potenza con una
grande tensione e una piccola corrente, oppure con una
piccola tensione e una grande corrente, principio fondamentale
per il trasporto della corrente con fili elettrici su
lunghe distanze.
Dalla definizione di potenza elettrica deriva immediatamente
quella di energia elettrica, consistente nell'energia
necessaria ad un circuito elettrico per funzionare nel
tempo, quindi è pari alla potenza moltiplicata per il tempo.
L'unità di misura dell'energia elettrica è quindi il wattsecondo,
o meglio il wattora (Wh), o addirittura il chilowattora
(kWh) come preferito in campo commerciale.
È questa infatti l'unità di misura con cui lavorano i contatori
delle società che forniscono energia elettrica; un utilizzatore
elettrico consuma una quantità di energia pari a un
kWh se lavora con una potenza di un kW per un tempo
pari a un'ora.
In realtà ci sono diversi tipi di utilizzatori elettrici. Quelli
detti carichi resistivi, costituiti unicamente da una resistenza
dove la potenza, detta potenza attiva misurata in
Watt, è tutta dissipata termicamente, come ad esempio il
forno di casa, il ferro da stiro, una stufetta o la lampadina
ad incandescenza.
Ci sono poi altri utilizzatori detti carichi reattivi, come per
esempio un frullatore, un ventilatore, un trapano, un
alimentatore di una lampada fluorescente o il trasformatore,
dove una parte della potenza assorbita, detta potenza
reattiva, viene impegnata per eccitare i circuiti magnetici
senza essere trasformata in altre forme di energia, provocando
un ritardo della corrente rispetto alla tensione, detto
sfasamento. La potenza reattiva si misura in voltampere
reattivi (VaR).
È questo il motivo per cui la potenza di un alternatore non
si misura in watt, che indicano la potenza attiva, ma in
voltampere (VA) che è l'unità di misura della potenza
3 Alessando Volta
4 Pila di Volta
17
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Elettrocalamita
6 Hans Christian Oersted
apparente, intesa come il prodotto tra la tensione e la
corrente senza tener conto dell'eventuale sfasamento. In
un circuito formato da soli carichi resistivi, i due valori
coincidono perfettamente perché si annulla lo sfasamento,
pertanto la potenza apparente e quella attiva sono uguali.
In tutti gli altri casi, quando nel circuito sono presenti
carichi reattivi, la potenza apparente è maggiore di quella
attiva. Il rapporto tra la potenza attiva e la potenza apparente
è definito fattore di potenza e si indica con il simbolo
cos φ.
Gli apparecchi dotati di un motore elettrico o di un trasformatore,
i cosiddetti carichi reattivi, per funzionare sfruttano
lo stesso fenomeno fisico dell'induzione elettromagnetica.
Per comprendere questo fenomeno in parole semplici si
può fare riferimento a concetti elementari riguardanti le
comuni calamite, o magneti, la cui caratteristica è quella di
attrarre i materiali ferrosi all'interno di uno spazio detto
campo magnetico.
Un magnete ha sempre due poli, un polo nord e un polo
sud. Avvicinando due magneti, si osserva che i poli uguali
si respingono e quelli diversi si attraggono, manifestando
una forza che viene detta magnetica.
Anche la corrente elettrica è in grado di generare un campo
magnetico, e si verifica facilmente con il classico esperimento
consistente nell'avvolgere intorno ad un cilindro di
ferro un certo numero di spire di rame formanti una
bobina, detta solenoide; collegate le due estremità del filo
ad una pila, il ferro diventa magnetico ed è in
grado di attrarre i materiali ferrosi.
Questo dispositivo, impiegato in diversi
congegni di uso quotidiano, come suonerie,
serrature elettriche, relè, ed in passato per il
telegrafo e il telefono, prende il nome di
elettrocalamita.
Nel 1819 il fisico e chimico danese Hans
Christian Oersted scoprì che l'elettricità
poteva essere trasformata in magnetismo.
Il suo esperimento fu molto semplice, avvicinando
un filo conduttore, percorso da corrente
elettrica generata da una pila, ad una bussola,
notò che l'ago cambiava direzione disponendosi
perpendicolarmente al filo, capendo
quindi che la corrente era in grado di creare un
18
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
campo magnetico nello spazio circostante come un
magnete naturale.
Dopo la scoperta di Oersted il fisico francese André-Marie
Ampère sviluppò una teoria matematica che non solo
spiegava il fenomeno elettromagnetico appena osservato,
ma ne predisse molti altri, pubblicando nel 1826 una
memoria riassuntiva delle sue ricerche “Théorie mathématique
des phénomènes électrodynamiques uniquement déduite de
l'expérience”. In suo onore è stata denominata l'unità di
misura della corrente elettrica nel Sistema Internazionale,
il cui strumento di misura è l'amperometro.
A quel punto fu spontaneo chiedersi se fosse vero anche il
contrario, cioè se era possibile utilizzare il magnetismo per
generare elettricità.
La risposta non arrivò facilmente, ci vollero molta carta e
una lampada a petrolio, brillantezza e caparbietà,
indicibili combinazioni di bobine, magneti e
fili.
Nel 1831 il fisico inglese Michael Faraday, che
potremmo definire il più intuitivo e scrupoloso
scienziato del XIX secolo, finalmente trovò la
risposta. Faraday scoprì che quando si muove
un magnete nelle vicinanze di un circuito circola
una corrente che alternativamente si muove in
un verso e quindi in quello opposto.
È questo il fenomeno che si chiama induzione
elettromagnetica, ed esprime la capacità da
parte di un campo magnetico variabile di generare
una corrente elettrica indotta in un conduttore,
anch'essa variabile, cambiando verso
all'aumentare o diminuire del campo.
Anche questo fenomeno si può verificare con
un esperimento collegando i fili di un solenoide
a un misuratore di corrente. Inserendo un
magnete nel solenoide la lancetta del misuratore
si sposta da un lato e segnala il passaggio di
corrente che si interrompe quando il magnete
viene fermato, di conseguenza la lancetta
ritorna al centro. Se il magnete viene estratto
dal solenoide, si osserva ancora un passaggio
di corrente ma di verso opposto, la lancetta si
sposta dall'altro lato.
L'esperimento del magnete e della bobina fu in
realtà preceduto da un'altra esperienza esegui-
7 André-Marie Ampère
8 Bobina di Faraday
9 Michael Faraday
19
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
10 Esperimento dell’induzione
elettromagnetica con una
calamita e un solenoide
ta dal fisico inglese, che avvolse due bobine di filo isolato
in posizioni opposte intorno ad un anello di ferro; una
bobina era alimentata da una pila, il circuito primario, e
l'altra si chiudeva su un misuratore di corrente, il circuito
secondario. Con il passaggio di corrente nel circuito
primario scoprì che la corrente indotta nel secondario
dipendeva dal numero delle spire delle due bobine.
Questo apparecchio può essere utilizzato per trasformare
corrente in bassa tensione in corrente in alta tensione e
viceversa, inventando in questo modo il prototipo del
trasformatore.
Di fatto Faraday scoprì che qualsiasi sistema con cui si fa
variare un campo magnetico attraverso un circuito, avrebbe
generato una corrente, come se questa fosse stata generata
da una tensione.
Uno schema molto semplice per chiarire il funzionamento
di un alternatore è quello di una semplice spira rigida
rettangolare (rotore) che ruota intorno al proprio asse ed è
immersa in un campo magnetico costante, generato da due
magneti opposti (statore).
Per il principio dell'induzione, nella spira che si muove nel
campo magnetico nasce una tensione indotta che varia con
legge sinusoidale in funzione dell'angolo di rotazione e
che cambia segno ogni mezzo giro; chiudendo quindi la
spira su un carico elettrico, ad esempio una lampadina,
inizia a scorrere nel circuito una corrente alternata che
accende la lampadina.
Fatta la geniale scoperta dell'induzione elettromagnetica,
era chiaro che la corrente indotta scorresse in direzioni
opposte a seconda che il campo magnetico fosse in fase di
N
B
S
spazzola
11 Schema di un piccolo
alternatore
collettore
utilizzatore
(lampadina)
20
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
crescita o diminuzione, ma era ancora un mistero perché
ciò avvenisse. Rimaneva un quesito: in che direzione
scorre la corrente indotta?
Due anni più tardi dalla scoperta di Faraday, il fisico russo
Heinrich Friedrich Lenz, riuscì a capire il fenomeno e a
darvi una risposta.
Egli comprese che la corrente indotta genera un proprio
campo magnetico, ma cosa più interessante, scoprì che si
oppone sempre alla variazione del campo magnetico
esterno che lo ha generato.
Questo fenomeno è chiamato autoinduzione ed è noto
come legge di Lenz. Si tratta di una legge di non facile
comprensione, la cui giustificazione risiede nel principio
di conservazione dell'energia, principio della fisica affermante
che l'energia non può essere né creata, né distrutta,
ma solo trasformata tra due forme diverse.
Per comprendere con un esempio pratico questo fenomeno
torniamo all'esperimento del solenoide e del magnete.
Abbiamo visto che una calamita ferma di fronte a un
solenoide non induce corrente. Avvicinando il polo nord
della calamita al solenoide induce in questo una corrente
che genera a sua volta un campo magnetico col polo nord
rivolto alla calamita, in modo da opporsi sempre al suo
avanzamento. Allontanando la calamita, la corrente
indotta circola nel verso opposto, generando un polo sud,
contrastando quindi l'allontanamento. Lo stesso fenomeno
avviene se si avvicina e si allontana il polo sud della
calamita al solenoide, o se invece è la spira a ruotare fra due
poli magnetici, generando per il fenomeno
dell'autoinduzione un campo magnetico che
contrasta continuamente la rotazione.
Per metterla in rotazione bisogna quindi
compiere un lavoro opponendosi alla forza
contrastante, corrispondente alla trasformazione
tipica dei generatori di lavoro meccanico
in energia elettrica, che per il principio di
conservazione dell'energia, trascurando le
perdite, la potenza elettrica è uguale alla
potenza meccanica.
Sono dunque i principi sviluppati da Faraday
e Lenz che vengono applicati per generare
elettricità, ma bisogna attendere comunque
più di mezzo secolo affinché altri geniali
pionieri utilizzassero al meglio le loro scoperte
12 Heinrich Friedrich Lenz
21
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
13 Spaccato di un alternatore
trifase: statore e rotore
nel settore industriale con la nascita dell'elettrotecnica,
ovvero l'applicazione ingegneristica dell'elettricità.
Per motivi di corretto funzionamento ed efficienza energetica,
le realizzazioni degli alternatori industriali sono
ovviamente più complesse rispetto al modello della
semplice spira che ruota fra due magneti. In realtà la
singola spira rotante è una bobina con un elevato numero
di spire orientate in differenti direzioni per accrescere
l'effetto e ottenere tensioni più elevate, e che i magneti
sono invece degli elettromagneti, con i quali si riesce ad
ottenere notevoli valori di campo magnetico.
Inoltre lo schema classico di un alternatore è quello che
vede invertirsi i ruoli di campo magnetico e bobina rotante,
preferendo per motivi costruttivi di far ruotare il campo
magnetico (rotore), che svolge la funzione di induttore,
all'interno di una bobina fissa (statore), che svolge la
funzione di indotto, in modo da poter prelevare più facilmente
la tensione dai morsetti.
Come in precedenza accennato, per ridurre la velocità di
rotazione di 3000 giri al minuto, difficilmente ottenibile
con una turbina idraulica, rimanendo invariata la frequenza
di 50 Hz, si aumenta il numero dei magneti
dell'induttore disponendoli a raggiera, con i poli nord e
1
sud contrapposti, detto rotore a poli salienti.
Questo tipo di alternatore finora descritto è detto monofase,
in quanto genera una singola tensione alternata, ma in
pratica ha scarso utilizzo, preferendo alternatori trifase per
la loro maggiore efficienza. Pertanto gli alternatori utilizzati
in campo industriale per la produzione di energia
elettrica sono degli alternatori trifase, realizzati semplicemente
inserendo nello statore tre distinti avvolgimenti
indotti, ruotati tra di loro di 120°, così da ottenere tre
tensioni in uscita (tre fasi) sfasate l'una rispetto all'altra,
ovvero le fasi sono generate una alla volta ogni terzo di
giro.
L'insieme di questa terna di correnti, sommabili fra di loro,
1
È abbastanza semplice rendersi conto che se p è il numero di coppie polari
(due poli) e v è la velocità di rotazione al minuto del rotore (rpm), la frequenza
della tensione indotta sullo statore sarà pari (p x v)/60 espressa in Hz, da cui il
numero di coppie polari sarà pari a (50 x 60)/v, quindi inversamente proporzionali
alla velocità.
Generalmente la scelta del numero dei magneti viene fatta in relazione alle
caratteristiche meccaniche delle turbine idrauliche. Per esempio, un alternatore
da accoppiare ad una turbina funzionante a 750 giri al minuto dovrà avere
un numero di coppie polari che soddisfi la seguente relazione: (60 x 50)/750
pari a quattro coppie polari, ovvero 8 poli.
22
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
costituisce quella che è chiamata corrente trifase. Il vantaggio
di questo sistema è poter trasportare le tre correnti
prodotte non più con sei fili, due per ciascuna fase come se
fossero tre singoli generatori, di cui un filo viene percorso
all'andata e l'altro al ritorno, ma utilizzando con appropriati
collegamenti soltanto un gruppo di tre fili, generalmente
chiamato terna. Ciò è reso possibile dal fatto che ad
ogni istante l'intensità di una corrente è sempre uguale e
contraria alla somma delle altre due, e quindi un filo che
trasporta una fase serve contemporaneamente per il
2
ritorno delle altre due.
Questo sistema si è dimostrato particolarmente efficiente
per la trasmissione dell'energia elettrica, e permette la
massima estensione delle linee di trasporto su lunghe
distanze, con minore potenza dissipata lungo le stesse
rispetto a un sistema monofase. Tramite un trasformatore
la tensione della corrente generata viene alzata ai valori
desiderati per la trasmissione a distanza, ad alta o media
tensione (AT-MT). All'arrivo o lungo la rete analoghi
trasformatori, sistemati in apposite cabine di trasformazione,
riducono a loro volta la tensione ai valori richiesti
per il suo utilizzo, e trasferita alle singole utenze con linee a
bassa tensione (BT).
Dunque dalla scoperta di Faraday nel 1831 alla reale
utilizzazione dell'energia elettrica, con un efficace sistema
di produzione e distribuzione in corrente alternata trifase
su lunghe distanze, ci sono voluti molti decenni di sperimentazioni,
fino ad arrivare alla fine dell'Ottocento e
giungere ai primi anni del XX secolo per l'inizio di
un'ampia diffusione sul territorio nel settore civile e
industriale.
Hippolyte Pixii, collaboratore tecnico di Ampère, nel 1832
presentò all'Accademia delle Scienze di Parigi una macchina
magneto-elettrica, formata da bobine fisse e da una
calamita rotante azionata manualmente, che può essere
considerata uno dei primissimi generatori capaci di con-
14 Schema di un alternatore
trifase
15 Dinamo di Pixii
2
Questo fenomeno è facilmente verificabile se rappresentiamo le tre fasi,
convenzionalmente indicate con le lettere R,S,T, con tre vettori di uguale
lunghezza applicati nello stesso punto, e ruotati fra loro con angoli uguali di
120° in modo da formare una stella, dove il polo comune, identificato comunemente
con la lettera N, si trova a potenziale nullo quindi neutro. Di conseguenza
la somma vettoriale di due dei tre vettori è uguale all'altro ma di segno
contrario, mentre la somma vettoriale dei tre si annulla, rappresentando il
polo neutro a potenziale zero, ovviamente se le tre tensioni sono uguali. In
parole povere ciascuna di queste correnti alternate sfrutta per l'andata il
proprio conduttore, e per il ritorno i conduttori degli altri circuiti.
23
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
16 James Clerk Maxwell
17 Zenobe Thèophile Gramme
vertire energia meccanica in energia elettrica.
È del 1856, ad opera dell'ingegnere tedesco
Ernst Werner von Siemens, il primo generatore
elettromeccanico con rotore massiccio in
ferro dotato di cave per l'alloggiamento
dell'indotto, e lo chiamò generatore di elettricità
dinamica, o dinamo. Nel 1858 il fisico
italiano Antonio Pacinotti progetta una
macchina reversibile, cioè un dispositivo per
produrre corrente elettrica da poter essere
usato anche come motore. La macchina,
costruita nel 1860 presso il gabinetto di fisica
tecnologica dell'università di Pisa, aveva la
forma di un anello e con una ingegnosa disposizione
di fili, forniva una corrente continua.
Sei anni dopo il matematico e fisico scozzese
James Clerk Maxwell elaborò la prima teoria moderna
dell'elettromagnetismo, con la dimostrazione che
l'elettricità e il magnetismo si propagano attraverso lo
spazio sotto forma di onde alla velocità costante della luce.
Il suo lavoro nella redazione di un modello unificato per
l'elettromagnetismo, con la formulazione di quattro
equazioni differenziali, note come Equazioni di Maxwell, è
considerato uno dei grandi risultati della fisica del XX
3
secolo. Nel dicembre del 1866 Siemens presentò
all'Accademia delle Scienze di Berlino una nuova macchina
per la conversione di energia meccanica in energia
elettrica senza l'impiego di magneti permanenti, realizzando
una dinamo ad autoeccitazione, con avvolgimenti
alimentati dalla macchina stessa.
L'elettrotecnico Zenobe Thèophile Gramme di origine
belga, nel 1869, con l'adozione di un anello simile a quello
di Pacinotti, perfezionò la dinamo, costruendo la prima
macchina efficiente capace di produrre corrente continua e
da cui si svilupperà l'industria elettrica moderna.
Le dinamo di Gramme azionate da una macchina a vapore
sono state usate per diverse applicazioni, come
l'illuminazione dei fari, la galvanostegia e l'illuminazione
di fabbriche.
3
Nel 1887 il fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz scoprì in via sperimentale le
onde elettromagnetiche, poi dette onde hertziane, la cui esistenza era stata
stabilita in via teorica da Maxwell, con la dimostrazione che dei segnali
elettrici potevano essere inviati attraverso l'aria, ponendo le basi per
l'invenzione della radio. In suo onore, nel sistema internazionale la frequenza
è misurata in hertz.
24
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
Nel 1870 brevetta la teoria della macchina
magneto-elettrica per la produzione di correnti
continue, e l'anno successivo fondò a Parigi la
Société des machines magnéto-électriques Gramme,
iniziando la produzione dei primi alternatori
per usi industriali.
In Italia il Tecnomasio Italiano che costruiva
ottimi strumenti scientifici, dal 1879 con la
direzione dell'ingegnere Bartolomeo Cabella,
diede inizio ai primi esperimenti di illuminazione
elettrica, iniziando ad orientarsi verso la
produzione di apparecchiature industriali, per
diventare negli anni di fine Ottocento il maggiore
protagonista dell'industria elettromeccanica
nazionale. In quell'anno, all'Esposizione
internazionale di Berlino, Werner von Siemens,
insieme al meccanico Johann Georg Halske, presentò per
la prima volta al pubblico l'applicazione della trazione
elettrica alla ferrovia.
Un piccolo locomotore elettrico a due assi di 2,2 KW di
potenza capace di trainare, alla velocità di 7 Km orari, tre
carri muniti di sei sedili ognuno. Una macchina a vapore
collegata a una dinamo forniva l'energia necessaria al
movimento del locomotore attraverso una terza rotaia
centrale.
Nel 1881 venne impiantata la prima vera tramvia elettrica
sulla linea Gross-Lichterfelde della città, della lunghezza
di 2,5 km, percorsa con velocità di 20 km all'ora.
L'anno successivo, Thomas Edison, inventore
della leggendaria lampadina a filamento, diede
inizio all'effettivo impiego industriale
dell'energia elettrica con l'attivazione del
primo sistema di distribuzione al mondo. Con
un motore a vapore alimentato a carbone fece
girare una dinamo, fornendo energia elettrica
al quartiere di Manhattan a New York intorno
al suo laboratorio di Pearl Street.
Nello stesso anno l'industriale Jacob
Schoellkopf diede inizio alla produzione della
prima centralina idroelettrica al mondo in
corrente continua presso le cascate del Niagara,
capace di soddisfare il fabbisogno dei mulini,
dell'illuminazione notturna delle cascate e
quella di un villaggio adiacente.
18 Pubblicità Società Gramme
19 Werner von Siemens
25
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
20 Locomotore elettrico Siemens
& Halske all’esposione di
Berlino, 1879
21 Tram elettrico Siemens sulla
linea Gross-Lichterfelde a
Berlino 1881
26
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
22 Thomas Edison
Centrali di questo tipo risolsero i problemi ai paesi poveri
di carbone, come l'Italia, dove si sviluppò un grandissimo
interesse per l'idroelettrico.
In Europa a settembre 1882, in occasione dell'Esposizione
Elettrica Internazionale di Monaco, si compiono i primi
esprimenti di illuminazione elettrica, confrontando
diversi sistemi con quella a gas.
A Milano, in prossimità del duomo in contrada Santa
Radegonda, a giugno 1883 entrava in esercizio la seconda
centrale termoelettrica al mondo e la prima in Europa con
il sistema Edison, realizzata dalla Società generale italiana di
elettricità sistema Edison, con l'illuminazione dei locali della
Galleria Vittorio Emanuele II, delle vicine strade e del
Teatro alla Scala.
Promotore dell'iniziativa è stato l'ingegnere Giuseppe
4
Colombo , che in seguito alla Mostra internazionale
dell'elettricità di Parigi del 1881, intuisce immediatamente
le potenzialità e le possibili applicazioni su base industriale
della dinamo elettrica presentata da Edison.
Questo sistema prevedeva l'uso di dinamo con la produzione
di corrente continua a 110 Volt, ma subito si rilevò
poco conveniente in quanto non era possibile trasportarla
su lunghe distanze senza gravi perdite dovute alla dissipa-
5
zione di energia sotto forma di calore.
23 Loro originario della Società
Edison
24 Giuseppe Colombo
4
Giuseppe Colombo è entrato nella storia dell'ingegneria pubblicando a
marzo 1878, il Manuale dell'ingegnere civile e industriale, della collana dei
manuali Hoepli, che ha accompagnato gli studi e le attività di migliaia di
ingegneri italiani. Non si è limitato alla diffusione accademica, ma in qualità di
imprenditore ha dato un forte impulso alla nascita dell'industria elettrica in
Italia.
5
La dissipazione di energia sotto forma di calore rappresenta il tipico effetto
Joule, dal nome del fisico inglese che lo osservò attorno al 1855, detto anche
effetto termico o legge di Joule. In fisica è un fenomeno per cui un conduttore
attraversato da una corrente elettrica dissipa energia sotto forma di calore in
funzione dell'intensità della corrente elettrica che lo attraversa.
27
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
25 Nikola Tesla
26 Pubblicità Ganz & Comp.
Le utenze elettriche per questo motivo dovevano
essere dislocate nelle immediate vicinanze
dei generatori.
In quello stesso periodo, Nikola Tesla, ingegnere
e fisico di origine serba emigrato negli Stati
Uniti, una delle più brillanti menti del
Novecento, che credeva fermamente
nell'indiscussa superiorità della corrente
alternata, brevetta il sistema di distribuzione
elettrica trifase a 240 Volt a frequenza di 60 Hz.
La sua convinzione si basa sul fatto che le
perdite nella trasmissione dell'elettricità
dipendono dalla tensione, quindi a una maggiore
tensione corrispondono minori perdite e
una minore sezione del cavo in cui essa transita.
Per questo motivo, a differenza della corrente
continua, è possibile trasportare corrente alternata per
lunghe distanze con pochissime dispersioni alzando la
tensione semplicemente tramite un trasformatore, e poi,
prima di provvedere alla distribuzione alle singole utenze,
con un secondo trasformatore abbassare la tensione a
livelli inferiori, quindi più sicuri.
Questo può avvenire solo con la corrente alternata in
quanto un trasformatore è in grado di operare esclusivamente
con questo tipo di corrente, sfruttando sempre il
6
principio dell'induzione elettromagnetica.
Nel 1885 gli ingegneri Ottó Bláthy, Miksa Déri e Károly
Zipernowsky del dipartimento elettrico dell'azienda Ganz
& Co. con sede a Budapest, sviluppano un efficiente
modello di trasformatore, noto come modello ZBD dalle
iniziali dei loro cognomi. La fornitura di corrente trifase
permette facilmente di creare un campo magnetico rotante
6
Un semplice trasformatore è costituito da un anello di ferro generalmente a
forma di un parallelepipedo cavo, dove in posizioni opposte sono avvolte due
bobine, un avvolgimento primario e un avvolgimento secondario con numero
di spire diverse. Applicando sul primario una tensione elettrica alternata, per
effetto dell'induzione elettromagnetica, si crea nel nucleo un flusso magnetico
variabile, con l'induzione nel secondario di una tensione alternata. La tensione
prodotta nel secondario è proporzionale al rapporto tra il numero di spire del
primario e del secondario. È da sottolineare che il trasformatore converte la
tensione entrante in un valore differente, ma senza aumentare o diminuire la
potenza. Il prodotto della tensione per la corrente è uguale tra i due circuiti,
pertanto risulta evidente che un trasformatore che abbassa la tensione eleva la
corrente e viceversa. Un trasformatore trifase, come per un alternatore, può
essere assimilato a tre trasformatori monofase indipendenti, ma realizzato con
tre avvolgimenti primari e tre avvolgimenti secondari su di un unico nucleo
con tre rami paralleli.
28
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
che è alla base del funzionamento del motore
elettrico, la cui esistenza venne dimostrata pubblicamente
dal fisico e ingegnere italiano Galileo
7
Ferraris nel 1885. Con la disposizione di due
bobine fisse perpendicolari fra di loro e percorse
da correnti alternate sfasate di 90°, è riuscito a
generare, nello spazio compreso fra di esse, un
campo magnetico capace di far ruotare un piccolo
cilindro di rame sospeso con un filo al suo interno.
Se il sistema di sospensione fosse realizzato con
perni e cuscinetti si potrebbe osservare la rotazione
continua del cilindro. Con questi esperimenti si
è aperta la strada per la realizzazione del motore
elettrico polifase, fino a quando nel 1888 Nikola
Tesla depositava cinque brevetti sulla costruzione
di motori asincroni, acquistati poi dalla
Westinghouse. A seguito dell'introduzione del sistema
trifase di distribuzione dell'energia elettrica, e grazie alla
scoperta del campo magnetico rotante, si è diffuso rapidamente
l'uso del motore asincrono o motore ad induzione,
con l'inizio su larga scala della produzione industriale, che
ha portato alla realizzazione della macchina elettrica
rotante più diffusa al mondo.
George Westinghouse, ingegnere e ricco imprenditore
americano fondatore nel 1886 della Westinghouse Electric
Company, concorrente della General Electric Light Company
fondata da Edison nel 1889, basandosi sulle scoperte e le
invenzioni brevettate da Tesla, riesce in brevissimo tempo
a porre fine a quella che all'epoca venne definita la guerra
delle correnti; da allora la corrente alternata si è imposta
definitivamente il tutto il mondo.
Questo tipo di sistema venne testato anche dalla Thomson-
Houston Electric Company, fondata dal Elihu Thomson e
Edwin J. Houston, che nel 1887 realizzarono il primo
trasformatore di potenza in olio, permettendo migliori
caratteristiche d'isolamento elettrico e di smaltimento del
calore.
27 George Westinghouse
28 Galileo Ferraris
7
Galileo Farraris nel 1897 istituì l'Associazione Elettrotecnica ed Elettronica
Italiana (AEI), con la formazione delle prime sezioni di Milano, Torino,
Genova, Roma, Napoli e Palermo. Lo scopo dell'associazione era quello
d'incoraggiare e divulgare in Italia lo studio dell'elettrotecnica, di contribuire
allo sviluppo di questa scienza e delle sue applicazioni, di stabilire e mantenere
fra tutti gli elettrotecnici italiani relazioni amichevoli e continue e di
facilitare loro la conoscenza dei lavori di ogni genere, invenzioni, scoperte,
esperienze ecc., fatte anche all'estero e di aiutarli a far conoscere i propri lavori.
29
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
29 Stabilimento della Brown
Boveri & Cie a Baden
30 Pubblicità AEG di Berlino
Edison quando si rende conto che la distribuzione in
corrente continua era destinata alla sconfitta, si accorda
con l'ingegnere Elihu Thomson, costituendo nel 1892 a
New York la General Electric Company (GE) con la fusione
delle due società, realizzando filiali in Europa e in Italia
con la fondazione della Compagnia Generale di Elettricità
CGE nel 1908, specializzata nella produzione elettrotecnica
ed elettromeccanica, con sede e stabilimenti a Milano.
Nel frattempo in Europa per sfruttare tali possibilità, nel
1891 nasce la Brown Boveri & Company a Baden in Svizzera,
specializzata in gruppi turbogeneratori, che si affianca alle
tedesche Siemens, AEG (Allgemeine Elektrizitat
Gesellschaft), e Schuckert di Norimberga.
La AEG, fondata a Berlino nel 1887, insieme alla francese
Thomson-Houston collegata alla General Electrics americana,
nel 1904 costituisce in Italia la Società italiana di
Elettricità S.A. con sede a Milano, per la produzione e la
8
distribuzione di elettricità e di vari dispositivi elettronici.
L'anno precedente l'azienda svizzera si fuse con il
Tecnomasio Italiano, che divenne il Tecnomasio Italiano
Brown Boveri (TIBB) con sede a Milano, dove ha avuto per
vari decenni i propri uffici e stabilimenti.
8
La società dal 1911 si occupa della produzione di motori, dinamo, trasformatori
e parti elettriche, nello stesso stabilimento di via Borgognone che in
precedenza è stato sede della CGE,e ceduto nel 1966 all'Ansaldo.
30
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
Con la fusione delle due aziende ampliò la produzione di
motori elettrici, generatori di corrente, trasformatori e
apparecchiature per la distribuzione dell'energia elettrica,
con la produzione nel settore ferroviario e tramviario. Dal
1904 al 1915 veniva controllato dall'azienda tedesca concorrente
AEG, che acquisì una maggioranza di capitale.
A dicembre 1905, a Milano, la Società Ercole Marelli di
apparecchi elettromeccanici, nata nel 1891 come ditta
individuale per iniziativa di Ercole Marelli, meccanico al
Tecnomasio Italiano, inaugura uno stabilimento a Sesto
San Giovanni per la produzione di motori elettrici, elettro-
9
pompe centrifughe e trasformatori.
Un ulteriore progresso tecnologico del sistema a corrente
alternata fu compiuto quando l'azienda svizzera
10
Maschinenfabrik Oerlikon MFO di Zurigo, specializzata
nella produzione di generatori e trasformatori, presentò
all'esposizione elettrotecnica di Francoforte del 1891 un
sistema per trasportare l'elettricità su grandi distanze con
perdite ridotte, prodotta tramite generatori azionati da
turbine.
9
Nel 1920 la Ercole Marelli diventa Società anonima per azioni, con un
potenziamento negli della produzione di grossi macchinari come alternatori e
trasformatori, sistemi di comando per laminatoi per i maggiori produttori di
acciaio mondiali, macchine di propulsione per navi ed equipaggiamenti per
treni, elettropompe per acquedotti ed opere di bonifica.
10
Nel 1967 la MFO fu integrata nella Brown Boveri & Co.
31 Stabilimento Tecnomasio
Italiano Brown Boveri (TIBB) a
Milano
31
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
32 Stabilimento Società Ercole
Marelli a Sesto San Giovanni
33 Turbine idrauliche Piccard-
Pictet & Cie
In occasione dell'Esposizione Universale del 1893 a
Chicago, Westinghouse e Tesla si aggiudicano l'appalto
per l'illuminazione dell'intera fiera, e realizzano su commissione
della Niagara Falls Power Company il primo
impianto idroelettrico con alternatori di potenza di 75 MW
e una linea di trasporto di 32 Km per l'illuminazione di una
città a nord dello Stato di New York, entrato in servizio a
metà del 1895.
Per la parte idraulica la Compagnia nel 1892 stipula
un contratto di fornitura con la fabbrica di turbine
Piccard-Pictet & Cie di Ginevra, che in seguito alla
vittoria nel concorso per l'attrezzatura della centrale
idroelettrica delle cascate del Niagara, ricevette
incarichi da tutto il mondo. L'azienda nacque
dall'incontro degli ingegneri Lucien Pictet e Paul
Piccard, inventore del primo servomotore con
numero di giri costanti per regolatori idraulici
automatici.
A Milano nel frattempo la rete di distribuzione per
l'illuminazione si era ampliata, infatti nel 1889 viene
inaugurata in via G.B. Vico una nuova centrale
termoelettrica della potenza di 240 kW, poiché quella
di via Santa Radegonda risultava ormai inadeguata.
32
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
L'ubicazione decentrata di questa centrale era resa possibile
dall'adozione del sistema Thomson-Houston che usava
sempre corrente continua, ma che consentiva un raggio
utile di distribuzione della corrente superiore a quello del
sistema Edison.
In questo periodo sulle riviste tecniche come Il Politecnico o
11
L'Industria Elettrica , sono sempre più frequenti gli interventi
degli ingegneri e delle aziende dell'industria elettrica,
favorevoli allo sfruttamento delle risorse idriche. Il
punto fermo, comune a tutti gli interventi, se pur differenziati
nelle proposte operative, era ottenere il massimo dalle
nostre risorse, denominate, in contrapposizione al carbone
nero delle miniere, carbone bianco.
Pertanto lo sviluppo dell'industria elettrica in Italia,
a differenza di altri paesi dove la fonte termica era
predominante, si è caratterizzata principalmente
per l'uso delle fonti idriche, alleggerendo la dipendenza
dai paesi esportatori di carbone, specializzandosi
in una politica energetica di “energie rinnovabili”
ante litteram, che dagli inizi del Novecento
portò allo sfruttamento di valli e corsi d'acqua, con
la realizzazione di numerose centrali idroelettriche.
Con il notevole aumento del prezzo del carbone,
salito nel 1889 del 20%, la Società delle Forze
Idrauliche di Tivoli inaugura il 4 luglio 1892 la centrale
idroelettrica Acquoria sulla riva sinistra
dell'Aniene per l'illuminazione della capitale.
L'impianto dotato di una linea elettrica lunga 28
km, una distanza notevole per quei tempi, ha
rappresentato in Italia il primo esempio di trasporto
a carattere industriale dell'energia elettrica a
corrente alternata, e per le sue innovative caratteristiche
tecniche venne visitato dai tecnici di tutto il
mondo.
In quell'occasione il direttore della società,
l'ingegnere Carlo Esterle, ebbe modo di cogliere
appieno l'importanza e le grandi potenzialità di
sviluppo del nuovo settore della produzione,
trasporto e distribuzione dell'energia elettrica. La
centrale dotata di sei alternatori ognuno di 230 kW,
produceva con un salto di 50 metri una potenza
complessiva di 1300 kW.
34 Dinamo Edison tipo Jumbo
nella sala macchine di via Santa
Radegonda a Milano, 1883
35 Brevetti Tesla, 1888
11
Bollettino ufficiale dell'Associazione Nazionale Esercenti Imprese Elettriche.
33
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
36 Carlo Esterle direttore della
Società Edison
37 Motrice a due assi Edison
1897
Le turbine, gli alternatori, i trasformatori e tutte le parti
elettriche vennero fornite e installate dall'ungherese Ganz
& Co., una delle grandi aziende elettromeccaniche europee
dell'epoca, con stabilimento a Budapest e officine in
Austria a Leobersdorf e in Germania a Ratibor.
Specializzata in equipaggiamenti elettrici, brevetta il
sistema dei trasformatori per corrente alternata, e diventa
l'azienda pioniere per l'elettrificazione della rete ferroviaria
italiana con il sistema trifase a corrente alternata.
Nel 1896 l'ingegnere Esterle viene chiamato alla direzione
della Edison, proprio quando questa si accinge ad effettuare
cospicui investimenti in nuovi rami di attività a seguito
di una concessione ottenuta con il comune di Milano, per
l'esercizio della rete tramviaria e la fornitura
dell'alimentazione elettrica ai nuovi tram, che stavano
sostituendo gli obsoleti omnibus.
Dopo i notevoli risultati ottenuti con l'impianto di Tivoli,
la Edison abbandona il sistema in corrente continua, e
ottenuta la concessione del salto di Paderno sul fiume
Adda, diede inizio alla costruzione di una centrale idroelettrica
ad acqua fluente con una rete di trasmissione in
corrente alternata trifase.
Dopo tre anni di lavori, nel 1898 entra in esercizio la centrale
Bertini sul fiume d'Adda in Brianza, che con i suoi 9.600
kW di potenza e una linea lunga quasi 38 km per il trasporto
dell'energia verso Milano, è stata la prima centrale
12
idroelettrica più potente d'Europa.
38 La cartolina ricordo della
elettrificazione della Ferrovia
della Valtellina, la prima al
mondo ad alta tensione.
12
A supporto della centrale Bertini, nel 1906 fu costruita più a valle la centrale
idroelettrica Esterle, capace di produrre il triplo di potenza pari a 30.000 kW.
34
Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica
Furono installate sette turbine del tipo Francis di 1590 kW,
di cui una di riserva, fornite dalla ditta Riva Monneret di
Milano, specializzata nella costruzione di macchine
idrauliche, che sfruttando favorevoli condizioni di mercato
legate allo sviluppo del settore idroelettrico riuscì ad
affermarsi come il primo produttore italiano di motori
idraulici. Le turbine erano collegate ad alternatori in
corrente alternata forniti dalla Brown Boveri & Company.
L'impianto si completava con trasformatori della Ganz &
Comp. e da un quadro elettrico General Electric.
Nel 1899, Esterle figura tra i soci fondatori dell'Associazione
fra esercenti imprese elettriche in Italia (Aeie),
l'organizzazione di categoria degli imprenditori elettrici di
cui, nel 1902, è nominato Presidente.
39 Locandina pubblicitaria della
Società Riva & C., 1910
40 Alternatori Brown Boveri &
Company installati nella
centrale idroelettrica di Paderno
d’Adda
41 Centrale idroelettrica Bertini
a Paderno d’Adda della Edison
42 Logo General Electric, 1899
35
43 «L’elettricità», cartolina del
1905
Capitolo II
L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
Il fiume, le cui acque hanno alimentato per anni l'impianto
idroelettrico, è denominato Calore Lucano per distinguerlo
dall'omonimo fiume che tocca Benevento. Il suo corso
costituisce un importante affluente di sinistra del fiume
Sele al quale si congiunge poco prima del ponte di Barizzo,
dopo un tragitto di 63 chilometri, ai piedi della collina di
Altavilla Silentina non lontano dalle antiche rovine di
Paestum.
Nasce sulle pendici settentrionali del Monte Cervati, da
alcune grosse polle ai piedi di un'alta parete rocciosa, in
una balza boscosa denominata Festole a quota 1130 metri,
e si ingrossa lungo il tragitto con l'apporto dei corsi
d'acqua Sammaro e Fasanella.
Il suo corso si svolge in un bacino caratterizzato spesso da
località impervie e di difficile accesso, infossandosi tra
strette e alte pareti rocciose, come accade nella gola del
Monte Pescorubino presso il centro abitato di Laurino, e
del Monte Ceglie, tra le località di Magliano Nuovo e
Felitto.
Le copiose acque, che scendono attraverso l'omonima
valle, un tempo poco accessibile ma tra le più belle, pittoresche
e fertili dell'Italia meridionale, avrebbero potuto
“animare mille opifici” in quelle contrade, e nella stessa valle
lungo il corso di una fiumara c'e “un punto che richiamerà fra
non molto l'occhio degli industriali per la gran copia di forza a
buon mercato che quivi naturalmente si produce”.
Questo è quello che immaginava lo studioso Cosimo De
Giorgi nel suo viaggio di esplorazione nel Cilento, compiuto,
nella primavera e nell'estate del 1881, su incarico del
1 Il fiume Calore nella stretta
gola sotto il centro abitato di
Felitto
37
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Cosimo De Giorgi
3 Lo sbarramento dell’Auso per
l’alimentazione del vecchio
impianto idroelettrico del
Fasanella
Regio Corpo delle Miniere per effettuare
un'indagine geologica dei distretti di Campagna
e Vallo della Lucania. Si riferiva all'enorme forza
motrice che le acque del fiume Calore avrebbero
potuto produrre, e all'enorme pressione della
sorgente ai piedi del Monte Alburno, sotto
un'alta e scoscesa rupe tra Sant'Angelo a
Fasanella ed Ottati. Quest'ultima sgorga da una
spaccatura nella roccia nota come Grotta
dell'Auso, che scaricandosi nel torrente
Fasanella dava movimento a diversi mulini e
altri opifici idraulici.
È evidente che in quel periodo storico di fine
Ottocento non si era ancora ben rafforzata l'idea
di poter utilizzare le recenti scoperte tecnologiche
per sfruttare al meglio la nuova fonte di
energia, l'elettricità. Passarono ancora molti anni affinché
il presagio divenisse realtà, ma alla fine gli industriali
arrivarono e la valle si elettrificò.
Nel 1913 la Società Idroelettrica del Fasanella, ottenuta la
concessione per l'impianto e l'esercizio di un'officina
elettrica, realizzò con l'utilizzo delle acque dell'Auso un
piccolo impianto idroelettrico con l'adattamento delle
strutture di un antico mulino e gualchiera. Altri tre mulini
sul fiume Calore, a valle dell'abitato di Laurino e di Castel
San Lorenzo, furono anch'essi trasformati in centraline per
produzione di energia elettrica, e a Felitto, la Società Idro-
Elettrica Lucana realizzava il primo impianto di produzione
di energia con tutte le opere e le caratteristiche tecniche
che l'ingegneria dell'epoca imponeva.
Gli elementi distinguibili dell'impianto sono: una traversa
che sbarra il corso del fiume e le relative opere di derivazione
e di adduzione destinate al prelievo e al trasporto
dell'acqua; la centrale idroelettrica, l'edificio contenente i
gruppi di generazione e gli apparati elettrici; e le opere di
scarico e restituzione della portata utilizzata.
L'opera di sbarramento per intercettare il corso d'acqua,
costituita da una traversa in muratura è situata in località
Remolino, un ampio slargo alla fine di una profonda gola
scavata dal fiume, dove, dopo un breve tratto, si incanala
di nuovo in un successivo stretto passaggio incastonato fra
sovrastanti pareti rocciose, sulla cui cima del versante
destro, in località Rupe, si intravede arroccato a strapiombo
l'antico borgo di Felitto.
38
L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
In questo luogo “sembra che il Monte Felitto si sia rotto alla
base” staccandosi dal resto della montagna “per dar passaggio
al fiume, e sulla parte distaccata sorge il paese”. A nord la
balza rocciosa discende dolcemente fino al vallone Conca,
mentre a sud-ovest cade giù a precipizio sul Calore
Dallo sbarramento ha inizio il canale di alimentazione, che
passando a monte della sponda sinistra del fiume, adagiato
sulle scoscese pendici della montagna, percorre la gola
per tutta la sua lunghezza fino a raggiungere la condotta
forzata che si precipita fino alla centrale situata a valle del
paese in località Casale, poco distante da un caratteristico
ponte medievale in pietra a schiena d'asino.
La traversa a sezione trapezoidale è alta tre metri, con
scarpa a monte di un metro e mezzo, detta petto, di una
parte piana orizzontale, detta soglia, e da una scarpa a valle
di nove metri di lieve pendenza. Costruita trasversalmente
al fiume contiene entro i limiti dell'alveo l'innalzamento
del livello d'acqua a monte, fino al raggiungimento della
presa, permettendo di derivare la portata d'acqua prestabilita.
Con la dismissione dell'impianto e la conseguente interruzione
di regolari operazioni di manutenzione, nel corso
degli anni il piccolo bacino creato a monte della traversa si
è progressivamente interrato, riempiendosi di ciottoli e
13
ghiaia trasportati dal fiume.
13
La traversa non ha comunque il compito di creare un invaso, come gli
sbarramenti per gli impianti a bacino, ma semplicemente di definire e
mantenere una quota di derivazione elevata, in relazione alle necessità
dell'impianto.
4 Il ponte medievale a schiena
d’asino sul fiume Calore in
località Casale
5 L’opera di sbarramento in
località Remolino
39
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
6 Il callone regolato da una
paratoia in ferro el a soglia di
presa
La sua particolare sagoma, costituita da una lunga parete
inclinata verso valle, oltre alla chiara funzione statica, ha la
funzione di evitare fenomeni erosivi nel caso l'acqua venga
tracimata durante una piena o da portate superiori a
quelle derivabili dall'impianto e smaltite dallo scarico.
La traversa nel corso degli anni è stata comunque oggetto
di fenomeni di corrosione superficiale dovuti alla forza
dell'acqua, subendo diversi interventi di rafforzamento
della scarpa a valle, con la realizzazione di un rivestimento
protettivo resistente in calcestruzzo cementizio.
È chiaro che per la loro natura questi tipi di sbarramento
sono destinati ad essere tracimati, ed occorre pertanto
sagomarli in modo che la lama stramazzante si adatti bene
al paramento, e sia assicurata la necessaria protezione
contro gli scalzamenti.
Su di un lato, verso l'opera di presa, è presente una luce, il
cosiddetto callone, regolato mediante un'apposita saracinesca
in ferro, detta paratoia, costituita da una parete
mobile con sistema di sollevamento a vite e volantino.
Il callone, o sghiaiatore, viene periodicamente aperto per
la rimozione del materiale solido sedimentato a monte
della traversa. La luce permette inoltre di regolare il
rilascio di una quantità di acqua nell'alveo, a valle dello
sbarramento, per consentire la vita nel fiume, garantendo
il cosiddetto Deflusso Minimo Vitale (DMV) per la salvaguardia
dell'ecosistema fluviale.
La presa, la cui soglia è posta ad una quota superiore al
livello del fondo, in modo da impedire l'ingresso del
trasporto solido, è costituita da
un canale moderatore a sezione
trapezia di due metri di larghezza
e profondità, con
funzioni di dissabbiatore, e
munito di sfioratore di superficie,
o scolmatore, per eliminare
un eventuale eccesso di portata.
Il canale moderatore ha la
funzione di vasca di decantazione
per i materiali trasportati
dal fiume, indispensabile per
eliminare dall'acqua il fango, la
sabbia e la ghiaia immessa nel
canale durante la presa.
All'estremità, verso valle, sono
40
L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
ricavate a livelli diversi due luci regolate da paratoie piane,
quella più bassa rivolta verso il fiume, la cui apertura
coincide con il fondo della vasca, è utilizzata come scarico
per svuotarla in caso di necessità, mentre l'altra controlla il
deflusso d'acqua verso il canale di derivazione.
Accanto alla traversa, sulla sinistra orografica del fiume,
esiste un piccolo edificio che era adibito alla residenza del
personale addetto alla sorveglianza dell'opera di presa, e
alla manovra a mano delle paratoie che regolano lo scarico
e l'afflusso dell'acqua nel canale di derivazione.
Il canale a pelo libero, che attraversa a mezza costa la gola
del fiume, è realizzato in muratura, ed ha una lunghezza di
2105,16 metri con pendenza dello 0,23 per mille, munito di
uno sfioratore di dieci metri di lunghezza e due paratoie
piane, manovrabili a mano, per gli scarichi di fondo.
La sezione rettangolare, di due metri di larghezza e un
metro e mezzo di profondità, è studiata per una portata di
1300 litri al secondo con una velocità di circa 0,71 metri al
secondo, calcolabile con alcune note formule di idraulica e
meccanica dei fluidi.
Attualmente il canale non porta più acqua ed è franato in
vari punti, ma viene utilizzato come suggestivo sentiero
naturalistico per attraversare l'intera gola, costeggiando
superiormente il fiume, in mezzo alla ricca vegetazione del
bosco.
Le acque del fiume che attraversano la gola, scivolando fra
le bianche e lisce pareti di roccia calcarea, sono state nel
corso dei secoli più volte imbrigliate ed utilizzate per
alimentare diversi mulini.
7 Sistema di sollevamento a vite
e volantino della paratoia del
callone
8 Il canale moderatore con lo
sfioratore di superficie e la
paratoia per lo scarico di fondo
41
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
9 Il canale derivatore in
muratura lungo la gola del
fiume
Percorrendo la profonda e stretta valle, lungo il versante
destro sono ancora visibili i ruderi di antichi mulini ad
acqua appartenenti alla tipologia a ruota idraulica orizzontale,
costruiti direttamente sulla sponda rocciosa del
fiume. Sono immediatamente riconoscibili dalla torre di
caduta posteriore e dal vano seminterrato contenente la
ruota idraulica, posto sotto al locale delle macine, evidenziato
all'esterno da un'ampia apertura ad arco per la
fuoriuscita dell'acqua utilizzata.
Il primo di proprietà comunale, è situato in località Rupe, il
secondo, ubicato più a valle in località Sansonetto, era di
proprietà della famiglia De Augustinis.
Questi, insieme ad altri singolari mulini sono gli stessi che
il De Giorgi, durante il suo viaggio, ebbe modo di visitare,
scrivendo nei suoi appunti di viaggio:
“Felitto è un paese destinato ad un migliore avvenire. Ha di fatti
una grande potenza motrice immagazzinata nel fiume Calore,
ma non è adoperata che per muovere pochi mulini”.
Questi piccoli manufatti, indispensabili per l'economia
locale, rimasero funzionanti per molti anni, fino a quando,
con la realizzazione dell'impianto della Società Idro-
Elettrica Lucana e l'introduzione del mulino elettrico,
cessarono per sempre il loro esercizio tanto da essere
totalmente abbandonati e dimenticati.
Continuando il percorso lungo il canale di derivazione si
esce dalla gola, e superato il ponte sul Calore della strada
provinciale ex SS 488 Roccadaspide - Laurino, lo stesso
termina in una vasca di carico, dove l'acqua incanalandosi
nella condotta forzata, che sottopassa la strada, inizia la
discesa verso la centrale.
10 I resti dell’antico mulino ad
acqua in località Rupe
11 La profonda gola del fiume
Calore tra Remolino e località
Casale a valle di Felitto
42
L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
La vasca ha la funzione di assorbire momentaneamente le
oscillazioni della massa d'acqua nella condotta e nel canale
di derivazione, riducendo gli effetti delle brusche variazioni
di portata che potrebbero danneggiare le turbine.
Immediatamente all'esterno della vasca, sulla condotta
forzata è montato in posizione verticale un tubo piezometrico,
un dispositivo di sicurezza di rientrata d'aria che
protegge contro la formazione di depressioni in conseguenza
di colpi di ariete. Si tratta di un fenomeno idraulico
che si presenta in una condotta quando il flusso d'acqua in
movimento al suo interno viene bruscamente fermato
dalla repentina chiusura di una valvola, o viceversa, cioè
quando una condotta chiusa e in pressione viene aperta
repentinamente. Il colpo di ariete consiste in un'onda di
pressione che si origina a causa dell'inerzia di una colonna
d'acqua in movimento quando impatta, ad esempio,
contro la saracinesca di una valvola chiusa in maniera
improvvisa.
Si verifica dunque nelle condotte forzate che alimentano le
centrali idroelettriche, tanto che, quando è necessario
fermare una turbina chiudendo il flusso d'acqua, si aziona
dapprima il deviatore di flusso per alleggerire il carico
sulle pale, e si riduce poi gradualmente il flusso per evitare
il colpo d'ariete.
La condotta è costituita da una tubazione metallica di circa
90 metri di lunghezza e di 90 cm di diametro, realizzata con
elementi in lamiera di acciaio curvati alla calandra e
chiodati tra loro. La condotta poggia su sellette in muratura
con blocchi di ancoraggio, una a metà
della sua lunghezza e uno al suo termine,
detto blocco di testa. Contro questo blocco si
scarica tutta la pressione agente sulla sezione
della condotta in corrispondenza del
gomito di raccordo con il tubo collettore, dal
quale si dipartono i condotti che alimentano
le singole macchine.
In prossimità del blocco terminale di ancoraggio,
sulla condotta è presente una portella
d'ispezione a tenuta per l'accesso interno,
detta passo d'uomo, costruito in modo analogo
a quello delle caldaie a vapore, per
resistere alla notevole pressione interna.
Dalla vasca di carico l'acqua entra nella
condotta acquistando l'energia cinetica
12 Paratoia di regolazione
dell’acqua all’ingresso della
vasca di carico in testa alla
condotta forzata
13 La condotta forzata in
corrispondenza del blocco di
testa con la portella d’ispezione
43
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
14 Uscite esterne dei cunicoli di
scarico
necessaria per mettere in azione le turbine idrauliche
accoppiate assialmente agli alternatori, che messi in
rotazione alla velocità stabilita, strettamente legata alla
frequenza di 50 Hz, generano l'energia elettrica.
Il dislivello dei peli morti dell'acqua, a quota 163,06 metri
sul livello del mare a monte, in corrispondenza della vasca
di carico, e a quota 125,65 a valle delle turbine, in corrispondenza
dei cunicoli di scarico, è di 37,40 metri, pari al
salto di quota.
La potenza disponibile per il quantitativo di acqua derivata
di 1300 litri, concessa alla società con il Decreto del 1912,
14
era di 476,66 kW.
Dai cunicoli di scarico ha inizio un canale interrato a pelo
libero realizzato in muratura che restituisce l'acqua utilizzata
all'alveo naturale del fiume, a quota 121,65 metri
s.l.m.
Le macchine installate in centrale, per la trasformazione
dell'energia cinetica dell'acqua in energia meccanica,
erano due turbine a reazione del tipo Francis ad asse
orizzontale, capaci di erogare ognuna, sotto la caduta
utilizzabile e con circa 650 litri di acqua, una potenza di
15
circa 250 cavalli vapore (187 kW).
In generale le turbine idrauliche hanno dei rendimenti
molto elevati, spesso sopra il 90%, e per questo motivo
molto apprezzate rispetto ad altre fonti di energia meccanica,
anche se la loro installazione richiede necessariamente
diverse infrastrutture da realizzare.
La turbina di tipo Francis è costituita da un organo fisso, il
distributore, consistente in una cassa a spirale munita di
una serie di palette interne mobili per poter dirigere e
regolare il flusso verso le pale fisse dell'organo mobile, la
girante.
L'acqua si muove come in una condotta in pressione, come
14
L'energia producibile da una turbina (in Watt) è data dal prodotto della
3
portata d'acqua in metri cubi al secondo (m /s) per il salto di quota in metri,
2
per l'accelerazione di gravità (9,81 m/s ), per il rendimento complessivo
dell'impianto, che dipende dalle perdite di energia che si generano nelle
condotte forzate, nelle turbine e nei generatori elettrici.
15
Nel presente saggio faccio un uso molto frequente di unità di misura che si
riferiscono alla potenza, espressa in diversi modi prima dell'unificazione delle
unità di misura realizzata nel 1960 durante la XI Conferenza Generale dei Pesi
e delle Misure, tenuta a Sèvres in Francia. Tuttavia, prima di questa data,
vigevano differenze notevoli nella pratica corrente. L'unità di misura della
potenza è a volte espressa in HP (Horse Power), altre volte in CV, ovvero
Cavallo vapore, altre volte ancora in kW, la cui equivalenza è: 1CV = 0.9863 HP
= 735,4 W = 0,7354 kW.
44
L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
se la turbina fosse la continuazione della condotta stessa, e
attraverso il distributore perviene alla ruota alla quale
cede la sua energia, fuoriuscendo dal basso da un tubo
verticale a sezione troncoconica, detto tubo d'aspirazione,
16
con lo sbocco sotto il pelo minimo del canale di scarico.
Tali turbine utilizzano, dunque, non solo la pressione
dell'acqua proveniente dalla condotta forzata, superiore a
quella atmosferica, ma anche l'aspirazione rappresentata
dal peso della colonna di acqua che sta sotto, fra la turbina
17
stessa ed il livello di acqua di scarico.
Le due turbine erano munite: di valvole d'isolamento della
condotta principale, dette valvole di by pass, con relativo
meccanismo di manovra a mano; di regolatore automatico
di velocità e di un meccanismo per portare a mano
l'erogazione al grado voluto, il variagiri; e di una massa
volante atta a mantenere gli scarti di velocità nei limiti del 4
fino al 10 per cento, per brusche variazioni del carico, fino
ad un terzo circa del totale.
15 Cunicolo di scarico interrato
con il tubo di aspirazione della
turbina a sezione troncoconica
16 Sezione longitudinale di una
t u r b i n a t i p o F r a n c i s d i
produzione Ganz & Comp.
16
Questo tipo di turbina prende il nome dall'ingegnere inglese James Bicheno
Francis, che la sviluppò nel 1848, portando numerosi contributi nel campo
dell'ingegneria idraulica.
17
Le turbine Francis sono generalmente utilizzate per piccoli e medi salti
compresi da 10 a 350 metri, sia nei piccoli impianti a partire da 50, 100
Kilowatt, sia in quelli grandi con potenze di decine di Megawatt.
45
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
17 Alternatore trifase da 251
kVA a 750 giri al minuto
Il regolatore è composto da un sensore per la misura della
velocità a masse centrifughe, tachimetro, e da un servomotore
a pressione d'olio, che, attraverso un sistema di leve,
ruota le pale del distributore della turbina con conseguente
variazione della sezione di afflusso dell'acqua.
Se la velocità aumenta a causa di una diminuzione della
potenza richiesta, il meccanismo provoca una diminuzione
della potenza immessa in turbina fino al raggiungimento
della condizione di equilibrio, quindi di regime. Nel
caso invece di un decremento della velocità, dovuto ad un
aumento di potenza richiesta, il regolatore provoca
l'apertura del distributore. Questo sistema riesce a mantenere
costantemente in equilibrio la potenza motrice con la
potenza continuamente variabile assorbita dalla rete
elettrica.
È evidente che il regolatore entra in funzione quando la
condizione di regime cambia, ovvero quella condizione
fissata in funzione della quantità di potenza prodotta ad
una determinata frequenza.
Con un particolare dispositivo chiamato variagiri, si può
modificare la condizione di regime, modificando il valore
della potenza prodotta a quella determinata frequenza. Se
ad esempio si vuole diminuire il carico dal 50 al 25 per
cento basta spostare la posizione del variagiri con un
volantino posto sul regolatore. Questo dispositivo è di
essenziale importanza per l'inserimento e il distacco dei
gruppi generatori con la rete, e come vedremo in seguito,
per la ripartizione del carico fra gruppi in parallelo.
Le turbine mediante un giunto elastico erano accoppiate
assialmente agli alternatori trifase di diversa potenza, uno
18
da 251 kVA a 750 giri al minuto e l'altro da 225 kVA a 1000
giri, per una potenza complessiva di 352 kW, assorbendo i
250 cavalli vapore disponibili per ciascuno di essi. Detti
alternatori producevano corrente alternata a 500 Volt con
frequenza di 50 Hz che, mediante due trasformatori trifase
con raffreddamento naturale in olio della potenza di 300
kVA ciascuno, alloggiati in un apposito locale, era elevata
19
a 15.000 Volt per il trasporto dell'energia.
18
Il VA (Volt-Ampere) e i Watt, sono due espressioni della stessa grandezza
elettrica, la potenza. I VA indicano la potenza apparente mentre i Watt
indicano la potenza attiva.
19
In questo tipo di trasformatore, utilizzato in passato per potenze fino a circa
1000 kVA, l'olio era contenuto in cassoni di lamiera, contenenti le parti
elettriche attive, e venivano costruiti saldando all'esterno una serie di alette
metalliche per la dissipazione del calore. L'olio oltre alla funzione di isolante,
46
L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore
Nella sala macchine, sul lato opposto ai gruppi turbogeneratore,
era presente il quadro di comando in marmo
contenente i necessari apparecchi per il controllo delle
macchine e per la manovra degli alternatori e di un interruttore
automatico di massima corrente. A protezione
della linea e dei trasformatori dalle sovratensioni atmosferiche
e di manovra, era installata in un apposito locale una
terna di scaricatori a liquido.
L'energia prodotta era quindi immessa sull'elettrodotto
Felitto-Vallo della Lucania e serviva ad alimentare i comuni
di Felitto, Magliano, Monteforte Cilento, Stio, Campora,
Gioi, Moio della Civitella, Cannalonga, Vallo della
Lucania, Novi Velia e Ceraso.
18 Il fabbricato della centrale
idroelettrica in località Casale
ha la fondamentale funzione di veicolo per il trasporto del calore dalle parti
del trasformatore soggette a riscaldamento all'ambiente.
La parti del trasformatore che producono calore sono il nucleo magnetico e gli
avvolgimenti: l'olio che li lambisce si riscalda, conseguentemente diminuisce
di densità per cui si forma, nella parte centrale del trasformatore, una colonna
ascendente d'olio caldo che, ricadendo lungo le pareti del cassone, cede calore
all'aria per conduzione.
47
Casale
Felitto
Rupe
19 Schema dell’impianto
idroelettrico di Felitto, dallo
sbarramento sul fiume Calore in
località Remolino, alla centrale
in località Casale
Opera di presa
Canale di derivazione
Vasca di carico
Condotta forzata
Canale di restituzione
Remolino
Capitolo III
La centrale idroelettrica e la sala macchine
Lo stato di conservazione soffre dei lunghi anni di totale
incuria e abbandono; nonostante la centrale si presenti
ricoperta da rovi e con la copertura della sala macchine
crollata totalmente, nel complesso non ha subito cambiamenti
sostanziali tali da modificarne la struttura e l'aspetto
architettonico originario.
Gli spazi all'interno del fabbricato, realizzato completamente
in muratura intonacata, si sviluppano su di un
unico piano a pianta rettangolare, con dimensioni di 32
metri di lunghezza e 14,65 metri di larghezza, disposto con
il suo asse longitudinale ortogonale alla condotta forzata.
Planimetricamente risulta diviso in tre parti funzionalmente
diverse, chiaramente leggibili anche dalla composizione
esterna dei prospetti del fabbricato, presentandosi
con un'architettura semplice e lineare che palesa la concezione
distributiva degli spazi interni.
In posizione centrale è collocato il grande salone della sala
macchine, di dimensioni interne di 14,55 x 13,20 metri e
altezza di 5,5 metri all'imposta del tetto, studiata per
contenere tre gruppi generatori e il quadro generale di
comando. Quest'ultimo è costituito da una struttura in
ferro ricoperta nella parte frontale da quattro pannelli in
marmo su cui sono fissati gli strumenti di misura elettrici
(voltometri, amperometri e lampade sincroniche) e il
volano per l'apertura e chiusura dei circuiti.
La sala, resa luminosa da tre finestroni con arco a sesto
ribassato, presentava un tetto a due falde costituito da
capriate in legno con staffe e catena metalliche, collegate
da una doppia orditura in travi a sezione squadrata,
49
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
1 Ingresso principale alla
centrale idroelettrica
2 Amperometro IME 400 A
3 Quadro generale di comando
sorreggenti i listelli su cui poggiava il manto di copertura
in tegole marsigliesi.
La conformazione spaziale interna, più che riprendere la
tipologia delle coperture dei fabbricati industriali con
struttura in ferro, assumeva l'aspetto di un luogo liturgico,
un “tempio dell'energia”, dove gli unici protagonisti dello
spazio erano le turbine, gli alternatori e il quadro comandi.
Attualmente la sala si presenta in pessime condizioni,
dove fra la vegetazione spontanea, che oramai ha invaso
l'interno, e i materiali di crollo di parte della copertura,
travi di legno spezzate e cocci di tegole, si scorge ancora la
struttura del quadro comandi e la carcassa metallica di uno
dei gruppi turbo-generatore brutalmente amputato di
molte delle sue componenti meccaniche ed elettriche.
Questa macchina costruita un secolo fa nelle officine
meccaniche della Ganz a Budapest, appena velata da una
leggera patina di ruggine, unico segno del tempo trascorso,
è li ferma quasi ad aspettare che qualcuno la ricomponga
in tutti i sui pezzi, ed una volta restaurata rimettersi di
nuovo al lavoro e produrre energia.
Le turbine e gli alternatori costruiti in quegli anni, e fino a
metà del secolo, hanno funzionato ininterrottamente per
moltissimo tempo; alcuni sono ancora al lavoro e continuano
a produrre energia. È come se queste macchine, completamente
in metallo, fossero state costruite per durare
per sempre, sfidando gli anni; come le stesse locomotive a
vapore erano realizzate per sfidare i chilometri senza mai
spegnerle, affidate al personale di sorveglianza che le
50
La centrale idroelettrica e la sala macchine
manteneva accese con un fuoco di stazionamento e pressione
ridotta, pronte per poter ripartire.
L'energia elettrica rappresentava il futuro, e la costruzione
di una centrale e delle relative macchine e opere idrauliche,
rappresentavano l'espressione della scienza esatta,
della buona ingegneria, l'estrema sintesi di lunghissimi
anni di sperimentazioni tecniche e di scoperte scientifiche.
C'era un approccio quasi “esoterico” verso la realizzazione
di una macchina, capace di autocontrollarsi con complicati
e “misteriosi” meccanismi automatici, accuratamente
posizionata all'interno di vere e proprie “cattedrali”.
A vederle sembrano la trasposizione in ferro delle leggi e
dei principi della fisica, come a me piace definirle.
Con un occhio attento si osservano le discipline
dell'elettromagnetismo, dell'elettromeccanica,
dell'idraulica. Si riconosce Faraday, Ampère, Lenz,
Maxwell e le leggi sull'induzione elettromagnetica.
Galileo Ferraris, Nikola Tesla e gli studi sul campo magnetico
rotante e sul moderno sistema elettrico a corrente
alternata; l'ingegnere tedesco Werner von Siemens con i
notevoli studi e applicazioni nel campo delle macchine
elettriche. Un vero e proprio compendio di fisica ed elettrotecnica.
Accanto alla sala macchine sono presenti altri ambienti
distribuiti in due blocchi di diversa lunghezza, sulla
sinistra quello contenente i locali della stazione di trasformazione,
accessibile dalla sala centrale con un ampio
passaggio ad arco, e sulla destra quello più corto contenente
l'alloggio del centralinista.
4 Volantino del regolatore
5 La girante interna della turbina
idraulica
6 Il primo gruppo turbogeneratore
installato in centraledi
produzione Ganz & Comp. di
Budapest
51
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
7 La sala trasformatori
8 Carcassa metallica di un
trasformatore in bagno d’olio
con alette di raffreddamento
Entrambi i blocchi presentano una copertura piana realizzata
con un solaio cementizio in putrelle di ferro, risultando
espressamente distinguibili dal prospetto esterno.
Il blocco di sinistra, diviso da un ampio corridoio centrale
che collega la sala con l'esterno, è diviso in quattro locali,
su un lato l'officina riparazioni e il magazzino, e dall'altro
la sala trasformatori ed un ambiente accessorio da cui si
raggiunge un vano superiore contenente la terna degli
scaricatori.
La sala trasformatori, collegata al quadro comandi con un
cunicolo interrato per il passaggio dei cavi elettrici, era
protetta da una porta di accesso in ferro, nel rispetto delle
prescrizioni per le misure e le cautele da adottare per la
20
prevenzione contro il rischio elettrico.
Il locale degli scaricatori, raggiungibile con un'elegante
scala a chiocciola in ghisa, si eleva su di un angolo del
fabbricato formando un torrino a base quadrata, di altezza
maggiore rispetto all'intera composizione; la copertura è
costituita da un piccolo tetto a due falde con struttura
portante in legno, gronde e pluviali in lamiera zincata, e
manto in tegole marsigliesi.
Questo locale è in diretta comunicazione con la sala trasformatori
al piano terra mediante un condotto verticale
per il passaggio dei cavi elettrici, che dagli scaricatori sono
portati verso l'esterno attraverso gli isolatori in ceramica,
da cui partiva la linea principale di distribuzione per Vallo
della Lucania.
La quota del pavimento interno, posta a 127,80 metri s.l.m.,
è evidenziata sulla facciata principale da una fascia marcapiano
a rilievo realizzata in pietra, che separa la parte
interrata del fabbricato posta al di sotto della sala macchine,
dove sono ricavati i quattro cunicoli di scarico evidenziati
all'esterno da aperture ad arco a sesto ribassato. Tre al
di sotto della sala macchine e il quarto, per un eventuale
ampliamento, in corrispondenza della sala trasformatori.
La quota del pelo libero dell'acqua all'interno dello scarico
è di 125,65 metri s.l.m.
20
Secondo le norme le macchine, i trasformatori e le apparecchiature elettriche
in genere, funzionanti a tensione superiore a 1.000 Volt, devono essere
installati in locali o recinti muniti di porte di accesso chiudibili a chiave.
52
La centrale idroelettrica e la sala macchine
9 Lato posteriore del fabbricato
in corrispondenza del portone
d’ingresso principale
10 Condotta forzata in lamiera
chiodata
53
11 Interno della sala macchine
Capitolo IV
Il progetto e la realizzazione dell’impianto
1907-1914
L'impianto idroelettrico di Felitto, risalente ai primi anni
del XX secolo, nacque per soddisfare gli interessi civili di
illuminazione, produttivi e di trasporto locale, nel periodo
in cui la sperimentazione idroelettrica aveva originato sul
territorio salernitano, la costituzione di numerose piccole
imprese operanti nel settore della produzione e distribuzione
di energia elettrica con la costruzione di piccole
centraline, in un quadro molto frammentato che vedeva in
genere sorgere un'azienda per ogni impianto di produzione.
Queste aziende facevano riferimento soprattutto a
industrie e tecnologie tedesche, che presto assunsero
l'egemonia europea nel settore, con la fondazione anche di
succursali italiane e la costruzione di una fabbrica di
materiali elettrici a Milano. Il capoluogo lombardo divenne
ben presto un polo all'avanguardia dell'Italia industriale
nel settore elettrico ed elettromeccanico, e sede dal 1884,
della prima società elettrica italiana, la Edison.
Con l'introduzione in Italia delle grandi società finanziarie
svizzere e tedesche, la presenza delle connazionali società
di produzione di apparecchiature elettromeccaniche in
quegli anni fu molto diffusa, divenendo l'AEG il maggiore
protagonista dell'avventura elettrica nel Mezzogiorno e
uno dei maggiori gruppi elettrotecnici mondiali.
Tra i promotori delle holding finanziarie c'era sempre un
grande costruttore elettromeccanico, con l'accordo tra le
parti, che le imprese elettriche controllate avrebbero
dovuto rifornirsi di materiali unicamente presso la casa
madre. Il fenomeno ebbe dimensioni europee, di cui l'Italia
fu però un terreno privilegiato di sperimentazione.
55
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
1 Stabilimento della Compagnia
Generale di Elettricità (CGE)
Le iniziative intraprese nel territorio salernitano, con la
costituzione di aziende elettriche di produzione e distribuzione,
come stava accadendo per l'intera nazione, vedono
tra gli entusiasti pionieri nel nuovo crescente settore:
imprenditori grandi e piccoli; lungimiranti e ragionevoli
sindaci, convinti sostenitori della nuova industria elettrica
capace di portare sviluppo economico e civile nei piccoli
paesi che rappresentavano; commercianti, aristocratici,
possidenti, tecnici e giovani ingegneri appena diplomati.
Alcune di queste aziende assunsero la veste giuridica di
società per azioni, di cui solo alcune destinate a sopravvivere
ai processi di concentrazione e fusione che sono
fisiologici nella fase di avvio di un nuovo settore industriale.
Siamo in un'area geografica periferica, un bacino di utenza
che per numero e concentrazione di abitanti, non attraeva
gli appetiti delle grandi società, impegnate nella realizzazione
di potenti impianti, che puntavano all'utilizzazione
dei corsi d'acqua con portate maggiori e soprattutto con la
possibilità di sfruttare salti più elevati e di realizzare
impianti a bacino con grandi serbatoi artificiali.
I corsi d'acqua minori, al contrario, oltre ad essere caratterizzati
da portate inferiori, soffrivano di lunghi e frequenti
periodi di secca durante i mesi estivi.
Le particolari caratteristiche idrogeologiche del territorio,
sebbene permettessero in alcuni casi applicazioni maggiori,
come lo sfruttamento idroelettrico dei fiumi Tusciano e
Tanagro della Società Meridionale di Elettricità SME, portavano
più di frequente alla diffusione di imprese e impianti
di piccole dimensioni, destinati per di più a non durare
molto nel tempo.
56
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
È comunque l'inizio del Novecento, fino al primo conflitto
mondiale, il periodo di massima crescita sia per quanto
riguarda il numero delle società elettriche sia per quanto
riguarda la produzione.
Anni in cui si scatenò una vera e propria corsa per accaparrarsi
i diritti di derivazione sui numerosi corsi d'acqua
presenti sul territorio, e che videro impegnati gli ingegneri
delle società nella preparazione di studi, rilievi, livellazioni
e triangolazioni per portare a compimento precisi ed
efficienti progetti di sfruttamento idroelettrico. Nella
progettazione di un impianto idroelettrico tutto doveva
essere scientificamente misurato, calcolato in ogni dettaglio:
dalla topografia delle valli alla geologia dei monti,
dalla capacità di un torrente alla portata di un fiume.
Nel 1906 la SME affidava all'ingegnere milanese Angelo
Omodeo, uno dei più attivi progettisti di impianti idroelettrici
dell'epoca, l'incarico di eseguire uno studio razionale
e completo delle forze idrauliche in Italia meridionale ed
insulare, rivolto all'esame di nuove possibili derivazioni
idroelettriche a sud del Tusciano, al fine di integrare
l'energia fornita con questo impianto, i cui lavori iniziati
nel 1901 si erano conclusi quattro anni dopo.
È in questi anni di inizio secolo, contraddistinti da
un'impressionante sviluppo nel settore idroelettrico
dilagante in tutto il Regno, che a Vallo della Lucania, con
2 Impianto idroelettrico del
Tusciano della SME Centrale e
sottostazione
57
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
atto del 25 giugno 1910 del notaio Domenico Penza di
Casalvelino, fu costituita la Società Idro-Elettrica Lucana
SIEL, rappresentata dal cavaliere Armido Rubino in
qualità di presidente del consiglio di amministrazione.
Con il medesimo atto, omologato presso il tribunale a
dicembre dello stesso anno, la società diveniva cessionaria
di un'istanza prodotta il 14 luglio 1907 dagli ingegneri
Pietro Manzi e Guglielmo Pinto, intesa ad ottenere la
concessione di derivare dal fiume Calore, nel comune di
Felitto, un volume di acqua di 1300 litri al secondo.
Lo scopo era di realizzare in località Vallone Conca
un'officina idroelettrica per produzione di energia da
utilizzare nei paesi limitrofi, sia per l'illuminazione nelle
ore notturne sia per trazione e forza motrice durante il
giorno, al fine di animare i nascenti opifici industriali.
All'epoca furono le concessioni per l'illuminazione e il
trasporto pubblico, con l'apertura di un mercato di consumi
domestici grazie allo sviluppo delle lampade ad incandescenza,
a offrire inizialmente quelle prospettive di
remunerazione che motivarono i grandi investimenti
necessari alla costruzione degli impianti elettrici e delle
reti di trasmissione e distribuzione.
Difatti, tra i motivi che spinsero la Società Idro-Elettrica
Lucana a costruire l'impianto idroelettrico sul Calore, c'era
quello di realizzare un sistema di trasporto con l'utilizzo di
una tramvia elettrica, che avrebbe dovuto collegare Vallo
della Lucania con la stazione ferroviaria.
L'istanza inoltrata dai due ingegneri venne eseguita ai
sensi della legge n. 2644 del 10 agosto 1884 concernente le
derivazioni di acque pubbliche, e del successivo regolamento
del 1893. La norma stabiliva che per derivare acque
pubbliche, e alimentare con queste mulini ed altri opifici,
bisognava avere un titolo legittimo o ottenere la concessione
dal Governo, che per i corsi d'acqua pubblica minori
21
erano assentite dal Prefetto sentito il Genio Civile.
Fissava inoltre che gli atti di concessione contenessero
tutte le informazioni riguardanti la derivazione: quantità
d'acqua, tempo, modo, norme di costruzione e canone
21
Il Genio Civile trova le sue origini agli inizi del XIX secolo, durante il periodo
della dominazione napoleonica e si caratterizza come risposta tecnica a
esigenze territoriali di progettazione e gestione delle opere pubbliche: acque,
strade, ponti, edifici e proprietà erariali in genere. Nel periodo successivo
all'Unità d'Italia, il Genio Civile è posto alle dipendenze del Ministero dei
Lavori Pubblici, e di norma ha sede in ogni capoluogo di provincia, con
competenze sul territorio provinciale.Con il R.D. 2 marzo 1931 n. 287, veniva
58
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
annuo. Le concessioni potevano durare al massimo 30
anni, ma terminato tale periodo, il concessionario aveva il
diritto di un ulteriore rinnovo trentennale se non fossero
insorti motivi di impedimento.
La derivazione, come da progetto allegato a firma
dell'ingegnere Roberto Guiscardo Pinto, fratello di
Guglielmo, doveva avvenire tramite un'opera di presa,
realizzata con uno sbarramento del fiume, costituito da
una traversa in muratura a monte della confluenza del
torrente Remolino.
La quantità di acqua da derivare era tale da dover garantire
il prelievo necessario al funzionamento sia del mulino di
proprietà comunale in località Rupe, la cui presa ricadeva
a valle dello sbarramento, sia del mulino Sansonetto di
proprietà degli eredi De Augustins, la cui presa ricadeva
anch'essa a valle della traversa.
A seguito dei nulla osta ottenuti, dalla Deputazione
Provinciale, dal Ministero dei Lavori Pubblici e dal
Ministero della Guerra, che tramite il Comando di Corpo
d'Armata territorialmente interessato si esprimeva in
merito alla difesa territoriale, con Decreto della Prefettura
di Salerno n. 1616 del 7 aprile 1909, la domanda di concessione
per la derivazione di acqua dal fiume Calore fu
ammessa in istruttoria, dichiarandone la pubblica utilità.
Depositati gli atti di progetto presso il comune di Felitto
senza che vi furono opposizioni, come da regolamento
fece seguito la visita di sopralluogo dell'Ufficio del Genio
Civile.
La completezza formale della domanda di derivazione,
condizione necessaria per essere ammessa in istruttoria,
non implicava tuttavia la sua automatica accettazione.
Dopo i requisiti formali si doveva verificare che non ci
fossero altre richieste concorrenti, ed a questo punto, si
poteva assegnare la priorità. A seconda dell'assetto legislativo
e delle sue modifiche nei vari momenti storici, la
priorità veniva assegnata sulla base di principi diversi.
stabilito, tra le altre cose, che in ogni sede provinciale ordinaria siano presenti
otto sezioni: servizio generale, derivazioni d'acqua e linee elettriche, opere
idrauliche, bonifiche, opere stradali, opere marittime, opere edilizie, opere e
servizi speciali dipendenti da pubbliche calamità.
Gli Uffici del Genio Civile, quale corpo tecnico dello stato con mansioni di
consulenza e controllo, provvedono alla revisione dei progetti di opere
riguardanti gli enti locali, collaudi di lavori eseguiti con mutui e sussidi dello
stato, istruttorie tecniche per concessioni di derivazioni di acque pubbliche,
sorveglianza di polizia fluviale, pratiche per espropriazione di pubblica utilità
e consulenza alle prefetture.
59
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Nel periodo ”pioneristico”, che va dagli anni Novanta
dell'Ottocento al 1916, la priorità alle domande di derivazione
su un corso d'acqua veniva data rispettando la
cronologia di presentazione delle stesse.
Tuttavia i problemi che questa impostazione determinava,
si manifestarono molto presto, in quanto la semplice
precedenza temporale non garantiva in alcun modo il
migliore sfruttamento delle acque o la migliore proposta
progettuale.
Questo problema venne risolto definitivamente dal
Decreto n. 1644 del 20 novembre 1916, che stabiliva fra
l'altro la possibilità di dichiarare concorrenti domande
posteriori che presentavano uno speciale motivo di interesse
pubblico, preferendo fra più domande quella che
22
avanzava la migliore e più vasta utilizzazione idraulica.
Dopo una lunga istruttoria, sulla base del progetto definitivo
approvato dal Genio Civile con le modifiche da esso
suggerite, il Prefetto di Salerno con Decreto del 24 settembre
1912 concedeva alla Società Idro-Elettrica Lucana, concessionaria
dell'istanza originaria del 1907, la facoltà di
derivare dal fiume Calore presso Felitto, in contrada
23
Remolino, alla quota 184 metri s.l.m., 13 moduli di acqua
per la durata di 29 anni fino al 23 settembre 1941, per un
24
canone annuo determinato in 1944,78 lire.
La derivazione consentiva di produrre con un salto di
37,40 metri una potenza di 476,66 KW, da utilizzarsi per la
produzione di energia elettrica per luce e forza motrice da
distribuire in diversi centri.
La luce per l'illuminazione degli abitati di Vallo della
Lucania, Stio, Campora, Laurino, Piaggine, Felitto, Castel
San Lorenzo, Roccadaspide, Aquara, Bellosguardo,
Monteforte Cilento, Magliano Vetere, Albanella, Controne
e Postiglione, e la forza motrice per azionare la tramvia
dall'abitato di Vallo alla stazione ferroviaria di
Castelnuovo - Vallo scalo, nonché nelle ore diurne per le
22
Per la complessità della materia sulla disciplina delle acque, caratterizzata da
aspetti tecnici con rilevanti e complesse questioni giuridiche, la legge istituiva
il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sede a Roma.
23
In Italia il modulo è l'unità di misura dell'acqua corrente, e rappresenta un
corpo d'acqua che scorre nella costante quantità di cento litri al minuto
secondo e si divide in decimi, centesimi e millesimi.
24
La normativa introduceva per la prima volta una quantificazione del canone
annuo dovuto dai concessionari allo Stato: in particolare, per derivazioni a
scopo di forza motrice, il canone annuo era pari a 3 lire per ogni cavallo
dinamico nominale. La forza motrice andava calcolata come differenza di
livello tra i peli morti a monte e a valle del meccanismo motore.
60
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
piccole industrie presenti nel Circondario, quali mulini,
cartiere, oleifici e segherie.
Questo era lo scopo iniziale della società, all'epoca della
domanda di derivazione, prima che sorgessero sul territorio
altre piccole imprese elettriche locali, riducendo di fatto
i paesi che aveva intenzione di servire, raggiunti semmai
in anticipo dalle linee elettriche delle imprese concorrenti.
Castel San Lorenzo, Roccadaspide e Laurino, furono i
paesi della valle del Calore ad avere l'energia elettrica
qualche anno prima di Felitto e degli altri paesi del
Circondario. A Vallo della Lucania il 19 dicembre 1911,
iniziò l'esercizio un piccolo impianto di produzione
termoelettrica a carbone e la distribuzione di energia ad
opera di un'altra società elettrica, la Società Anonima Lucana
25
d’Industrie Elettriche, SALIE.
A Castel San Lorenzo nel 1910 venne realizzata una piccola
centralina idroelettrica alimentata dal fiume Calore
dall'industriale Nicola Falcone, titolare della Banca
Commercio e Industria di Roccadaspide, collegata al Banco di
Napoli e alla Banca Commerciale Italiana, conosciuta come la
COMIT, che in quegli anni ha sostenuto la realizzazione
degli impianti della maggior parte delle imprese industriali
ed elettriche in Italia.
25
Della Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche ne parlerò in un successivo
capitolo.
3 La stazione ferroviaria di
Castelnuovo Vallo
61
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
4 L ' i n a u g u r a z i o n e d e l l a
centralina Falcone a Castel San
Lorenzo (l'ingegnere Raffaele
Migliacci al centro del gruppo di
sinistra, Nicola Falcone e il
sindaco Pasquale Rizzo nel
gruppo di centro)
5 Raffaele Migliacci
L'impianto venne realizzato con l'adattamento delle
strutture di un vecchio mulino appartenuto alla famiglia
dei Carafa, detto Molino del Principe, che utilizzava le acque
del fiume derivate con un canale in muratura lungo 850
metri dall’opera di presa, collocata sulla riva sinistra a
monte della confluenza con il fiume Fasanella. Il progetto
venne redatto dal giovane ingegnere elettrotecnico
Raffaele Migliacci di Felitto, pioniere e protagonista del
settore dell'industria elettrica nel territorio.
La turbina idraulica, collocata all'interno di una delle due
vasche di carico a pelo libero del mulino, opportunamente
ampliata e adattata allo scopo, era del tipo Francis in
camera libera ad asse orizzontale, collegata con un sistema
di cinghie e pulegge al generatore elettrico per la produzione
di energia. Il generatore era installato all'interno
della sala principale, anch'essa ampliata e completata con
la realizzazione di una nuova copertura. Su di un lato della
costruzione venne realizzato un torrino con la funzione di
cabina elettrica contente i trasformatori, caratterizzato
all'esterno da un doppio ordine di tre finestre soprapposte
di diversa dimensione, incorniciate con fasce in mattoni a
faccia vista. Dalle più piccole posizionate nella parte alta,
contenenti i supporti degli isolatori ceramici, partiva la
linea elettrica trifase sostenuta da pali in legno. Passando
per la via del cimitero, la linea trasferiva l'energia elettrica
a Castel San Lorenzo, raggiungendo una cabina sistemata
62
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
all'interno della casa canonica adiacente la chiesa dei Santi
Cosma e Damiano, e con un'altra linea fino a
Roccadaspide, che all'epoca rappresentava il centro più
industrioso della bassa valle del Calore, insieme a Laurino
nella parte alta.
Nei due centri abitati, serviti dalla piccola centralina,
l'energia elettrica veniva distribuita alle utenze soltanto di
sera a partire dalle ore diciotto. L'addetto all'impianto era
il sig. Pasquale Pacifico che ogni giorno puntualmente si
recava alla centralina e dava la corrente alla linea.
Da quel piccolo paese del Circondario di Roccadaspide, il
cavaliere Pasquale Rizzo, sindaco attento ed impegnato
allo sviluppo socio-economico della propria terra, si
impegnerà per la realizzazione di una ferrovia a trazione
elettrica nella valle del Calore. Insieme all'industriale
Falcone partecipò personalmente all'avventura elettrica di
inizio secolo, quale socio fondatore e azionista della Società
Anonima Lucana d’Industrie Elettriche per l'illuminazione
della città di Vallo, e titolare di un'omonima impresa
elettrica per la distribuzione di energia ad Agropoli.
Della centralina di Castel San Lorenzo, nonostante le
approfondite ricerche di archivio, rimangono sconosciute
le ditte fornitrici delle apparecchiature elettromeccaniche
componenti il piccolo impianto idroelettrico. Ma non vi è
alcun dubbio che provenissero da Milano, che in quel
periodo divenne di fatto la capitale indiscussa del settore,
dove avevano sede sia le maggiori società elettriche,
controllate dai grandi gruppi stranieri, sia un notevole
numero di aziende medio-piccole operanti nell'industria
elettrica.
6 Castel San Lorenzo in una foto
del 1920
63
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
7 Roccadaspide, Corso XX
Settembre e Rione Perillo dal
Castello Giuliani, 1913
Per la realizzazione della rete di distribuzione, l'impresa
elettrica Falcone si avvalse della collaborazione di un
giovane elettrotecnico, Giovanni Giudice, inviato sul
posto da una ditta fornitrice di materiale elettrico.
La realizzazione di un nuovo impianto di distribuzione in
genere richiedeva molto tempo, dalla posa in opera dei
pali e delle mensole a muro muniti degli isolatori in ceramica,
alla messa in opera di chilometri di conduttori in
rame, e dei relativi allacci alle singole utenze domestiche e
della pubblica illuminazione con l'installazione dei corpi
stradali illuminanti, fino al collaudo dell'intero impianto.
Per questo motivo Giovanni, originario di Milano dove
nacque il 14 febbraio 1891, si trasferì per l'occasione qualche
anno a Roccadaspide. In quel soggiorno, il 31 maggio
1915, nacque Paolo il primo di sette figli, che insieme al
padre ebbe un ruolo fondamentale nell'attività della
Società Idro-Elettrica Lucana e nella distribuzione
dell'energia nel Circondario.
Nella valle del Calore, come in altre piccole aree geografiche,
almeno per il momento lontana dagli interessi delle
società maggiori, si insediarono ed iniziarono ad operare
piccole imprese, che trovarono la propria sede di produzione
proprio nei vecchi mulini ad acqua.
Questo avveniva per tre ordini di motivi: in primo luogo
per ragioni di struttura architettonica; il mulino infatti era
già dotato di opere per la derivazione e di restituzione, le
64
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
quali con piccoli aggiustamenti potevano essere adattate
all'installazione di un piccolo impianto idroelettrico.
In secondo luogo, i proprietari di un mulino erano già
depositari di una concessione di derivazione, e pertanto li
poneva al riparo da lente e macchinose procedure burocratiche
indispensabili per ottenere ex novo tali concessioni.
Come già visto in precedenza, la prima disciplina organica
riguardante l'uso e la derivazione di acque pubbliche era la
legge n. 2644 del 1884, che introdusse il concetto di temporaneità,
dando la facoltà di utilizzare l'acqua pubblica per
un periodo non superiore a trent'anni, “a condizione che
paghino il relativo canone coloro che hanno utilizzato le acque
nel trentennio 1854-1884, potendone dare dimostrazione certa”.
Insomma, da una parte venne riconosciuto una sorta di
diritto antico, per cui chi aveva usato acqua pubblica per un
certo periodo, ne poteva di fatto disporre chiedendone il
semplice riconoscimento Domanda di riconoscimento per
antico uso.
Infine la struttura mulino ha da sempre goduto di un
rapporto privilegiato con le comunità vicine, collocandolo
in primo piano nell'erogazione del servizio elettrico.
Nonostante ciò, non sono soltanto positivi gli aspetti del
ruolo propulsivo avuto dalla struttura del mulino, ma
sopratutto negativi, come l'avere in sé già tutte le opere per
la derivazione, in molti casi esercitò un ruolo deprimente
sugli sviluppi futuri, che spesso si limitarono
all'installazione di turbine e alternatori più potenti, o
maggiormente al loro abbandono per la limitata e incostante
produzione di energia.
La centralina di Castel San Lorenzo difatti funzionò fino al
1929, quando, chiusa definitivamente per la scarsità di
produzione, venne riutilizzata per impiantarvi nuovamente
un mulino a doppio palmento, macinando fino al
26
1950.
Nel frattempo in paese era già arrivata la distribuzione di
un'altra impresa elettro-commerciale, la Società Salernitana
di Elettricità con la presidenza del cavaliere Raffaele
Marotta di Laurino, nata agli inizi degli anni Venti per
distribuire l'energia ad Albanella, Altavilla Silentina,
Paestum, Castel San Lorenzo e Roccadaspide.
Ed è proprio a Laurino che il cavaliere Marotta, proprietario
terriero con possedimenti oltre che in paese, nel Vallo
26
Il mulino, abbandonato da molti anni, con un finanziamento regionale è stato
acquistato e restaurato dal comune di Castel San Lorenzo nel 2005.
65
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
8 Ruderi della centralina
Molinelle lungo il fiume Calore a
valle di Laurino
di Diano, a Vallo della Lucania e a Castellabate, imprenditore
locale affascinato dall'industria e dalla finanza e
dall'impegno amministrativo, vedendolo sindaco del
piccolo centro nel 1956, affrontava da autentico giovane
pioniere questa straordinaria avventura elettrica di inizio
secolo. Nel 1912 realizzò una piccola centralina idroelettrica
della potenza di 60 kW detta Molinelle, con
l'adattamento di un vecchio mulino alimentato anch'esso
dalle acque del fiume Calore, opportunamente derivate
con uno sbarramento detto della “Palata ri coppa”, così
chiamato perché posizionato a monte di un altro sbarramento,
realizzato in prossimità del vecchio ponte in pietra
a schiena d'asino a valle del paese. Da qui veniva derivata
l'acqua necessaria per alimentare un secondo mulino
ubicato sulla sponda sinistra del fiume.
L'impianto, ubicato alla fine della profonda gola, stretta fra
il paese e il Monte della Guardia, utilizzava una portata
d'acqua di 700 litri al secondo con un salto di 7,50 metri.
9 Raffaele Marotta sulla Stimula-
De La Chapelle 1908, una
quattro cilindri prodotta a Saint
Chamond
10 Panorama di Laurino, 1919
66
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
Era dotato di due turbine Francis orizzontali in camera
libera, da 50 HP e 250 giri al minuto, con regolatori automatici
di velocità, accoppiate con cinghie di trasmissione
agli alternatori da 35 kVA della Brown Boveri & Co, azienda
fornitrice anche dei trasformatori. I due gruppi idraulici
erano affiancati da un motore sussidiario ad olio pesante,
modello Advance, della potenza di 46 HP, controllati con
un quadro di manovra provvisto di strumenti di misura
della C.G.S.
La piccola centralina di Marotta produsse l'energia elettrica
per l'abitato di Laurino, che sul concludersi di un'epoca,
in un luogo lontanissimo dalla oramai decadente vivacità
della Belle Epoque, l'anno successivo si illuminò, sostituendo
lentamente le vecchie luci della ribalta del piccolo teatro
con i riflettori montati in sala.
Certo un'immagine vaga e deprimente della Ville Lumiere,
soltanto poche e deboli lampade sulle strade e sui vicoli
pubblici, a volte spente o intermittenti per sbalzi e interruzioni
di corrente, ma possiamo immaginare l'emozione di
quei semplici ed umili abitanti nel vedere il loro paese
illuminato ogni sera, dopo secoli di buio a stento schiarito
da qualche candela e poche lanterne.
Nel 1913 fu dunque stipulato un contratto trentennale tra il
Comune e la ditta del cavaliere. Due anni dopo, il primo
febbraio 1915, venne inaugurata la Banca di Salerno
nell'elegante sede di via Largo Procida, nello stesso palazzo
dov'era la Banca d'Italia e la Regia Delegazione del
Tesoro. Alla presidenza del nuovo Istituto di Credito, nato
per sostenere l'industria e il commercio di Salerno, compa-
27
riva il cavaliere Giuseppe Matarazzo , e tra i membri del
consiglio di amministrazione il cavaliere Marotta che
aveva sposato Ida, la figlia del presidente.
In un articolo pubblicato a Vallo della Lucania il giorno
successivo all'inaugurazione del novello ente finanziario,
si scorreva l'elenco dei componenti del primo consiglio
direttivo, dove il cavaliere fu definito “intelligente attivo
gentiluomo del Circondario di Vallo, che invece di oziare approfittando
del largo suo censo ha arricchito il nativo Mandamento
di Laurino di un'importantissima officina d'Energia Elettrica,
che è un vero progresso e fecondo sviluppo di civiltà e di nuovi
benefici commerci in quel simpatico lembo del patriottico
Cilento”.
11 Amperometro da quadro
della C.G:S.
12 Giuseppe Matarazzo
27
Giuseppe era il fratello minore del Conte Francesco Matarazzo che trasferitosi
in Brasile fondò uno dei gruppi industriali più importanti del Mondo.
67
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Sfruttando l'energia prodotta con il suo piccolo impianto,
installò a Laurino un moderno mulino elettrico che macinava
e selezionava automaticamente, separando la crusca
dalla farina, e un frantoio con silos in acciaio per il filtraggio
e la conservazione dell'olio, che occupava gli spazi del
refettorio del Convento di Sant'Antonio di sua proprietà.
Al 1919 la ditta elettrica Marotta forniva la forza elettromotrice
ad un secondo mulino a Laurino in località San Vito, e
ad altri due situati a Valle dell'Angelo e nel comune di
Piaggine.
Come in tutti gli altri piccoli centri abitati, l'arrivo
dell'elettricità con il suo crescente diffondersi, cambiò
sostanzialmente i ritmi di vita di intere generazioni.
Per la prima volta per quel territorio non solo la notte
diventava vivibile, con l'illuminazione pubblica delle
strade e delle piazze e delle singole dimore private, che
comunque per molti anni restò un privilegio solo delle
famiglie più agiate, ma divenne potenzialmente produttivo
con la realizzazione dei primi opifici industriali azionati
da motori elettrici; mulini, frantoi, segherie, panifici,
officine meccaniche, ecc.
L'ambiente umano si popolava di tecnologie fino ad allora
sconosciute: prese, cavi, interruttori, limitatori di corrente
e motori elettrici.
Nuove periodicità, come il pagamento della bolletta della
luce, ai primi tempi con il sistema a forfait e poi alcuni anni
dopo con la lettura del contatore, scandivano le mensilità
degli utenti.
Le linee elettriche sostenute dai pali in legno e da qualche
traliccio metallico disseminato nelle valli, sulle pendici e
13 L'oleificio nei locali del
refettorio nel Convento di
San'Antonio a Laurino
68
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
sulle rocce delle montagne, portavano l'energia nei vari
paesi del Circondario, manifestando sempre più la crescente
presenza dell'artificiale nel naturale, in un'area
oramai proiettata verso un lento ma inevitabile progresso
tecnologico.
Nei primi decenni del secolo scorso il processo di elettrificazione
aveva vistosamente trasformato il paesaggio
nazionale, tanto che all'epoca, l'Associazione fra esercenti
imprese elettriche scriveva: “Gli italiani si imbattono per ogni
dove in linee che percorrono e attraversano le campagne, strade e
fiumi, incontrano nelle valli tubi che si inerpicano per le montagne,
ammirano nuovi edifici cui manca il caratteristico camino”.
Erano, questi ultimi, le centrali idroelettriche, che costituivano
tuttavia soltanto la parte architettonicamente più
esibita e caratterizzata di una serie impegnativa di lavori e
di complessi interventi tecnologici.
14 La prima illuminazione
pubblica con lampade elettriche
nel centro di Laurino
15 Pubblicità lampade elettiche
A.E.G.-Thomson Houston, 1913
69
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
A Felitto, la Società Idro-Elettrica Lucana, a seguito della
concessione assentita dal Prefetto di Salerno del 1912,
diede inizio ai lavori per la costruzione dell'impianto
idroelettrico e delle relative opere di derivazione. Come
stabilito dal regolamento la concessione era subordinata
ad un disciplinare, che insieme alla relazione e ai disegni
tecnici di progetto, costituiva parte integrante del decreto.
Il disciplinare, accettato e sottoscritto dalla società l'undici
settembre dello stesso anno, conteneva tutte le norme,
condizioni e disposizioni a cui era legata la concessione e
che il concessionario si obbligava ad osservare: quantità ed
uso dell'acqua da derivare, luogo e modalità di presa e di
restituzione delle acque con descrizione delle opere,
durata della concessione e relativo canone, termini per il
completamento dei lavori, collaudo, condizioni e obblighi
del concessionario.
Come stabilito nel regolamento la società, pena la decadenza
della concessione, doveva iniziare i lavori entro
diciotto mesi dalla data del decreto ed ultimarli entro altri
diciotto.
L'inizio dei lavori doveva essere comunicato all'Ufficio del
Genio Civile affinché potesse sorvegliare l'andamento,
avendo la facoltà di sospenderli nel caso in cui non fossero
state osservate le condizioni. Successivamente doveva
essere comunicata anche la data di fine lavori all'ingegnere
capo dell'Ufficio, il quale, dopo una visita ispettiva ad
impianto ultimato, poteva redigere il certificato di collaudo.
A tal punto a seguito alla prescritta comunicazione, dopo il
notevole tempo trascorso per l'ottenimento della concessione,
ebbero inizio i lavori per la costruzione della centrale
e delle opere di derivazione.
La legge del 1884 sulle derivazioni di acque pubbliche era
disegnata su un panorama produttivo dominato largamente
dalle utilizzazioni agricole, non stupisce quindi che
la pratica per la definizione della concessione idroelettrica
trascinò per diversi anni l'iter burocratico iniziato nel 1907,
nonostante il dovuto sollecito da parte di qualche illustre
deputato e consigliere provinciale, oltre al particolare
riguardo per il progetto direttamente da parte
dell'ingegnere capo dell'Ufficio Tecnico Provinciale.
Di particolare interesse è il terzo articolo del disciplinare,
dove sono dettagliatamente descritte le caratteristiche
tecniche e dimensionali di tutte le opere da realizzare,
70
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
integrate dalle modifiche suggerite dall'Ufficio del Genio
Civile di Salerno con la nota del 12 giugno 1912:
“Art. III° La presa sarà effettuata a mezzo di una traversa stabile
in muratura impiantata normalmente all'alveo di cui si occuperà
l'intera larghezza e sul quale si eleverà non oltre metri 3,00; avrà
la soglia di larghezza non inferiore a metri 1,50, la scarpa a monte
con base non inferiore ad un mezzo dell'altezza, e la scarpa a valle
con la base non inferiore a tre volte l'altezza; in sinistra ed a
monte di detta traversa s'inizierà il canale moderatore che si
svolgerà sulla stessa costa del Calore per una lunghezza non
inferiore a metri 50,00 e con sezione possibilmente maggiore del
susseguente canale derivatore, ma con pendenza uguale o
minore.
Sarà provveduto di uno scaricatore di fondo e di uno sfioratore di
superficie avente lunghezza non inferiore a m. 15,00 con soglia a
livello di immissione. L'edificio derivatore in cui termina il
predetto canale moderatore avrà sezione rettangolare di m. 2 di
larghezza ed altezza tale da non permettere il passaggio ad una
quantità di acqua maggiore di quella chiesta in derivazione.
Avrà soglia e stipiti in pietra da taglio, sarà provvisto di saracinesca
in ferro o in legno, manovrabile da apposito praticabile. La
soglia sarà alquanto elevata sul fondo del moderatore. Al detto
edificio farà seguito il canale derivatore di m. 2,00 di larghezza a
pareti verticali, tutto a cielo aperto e sarà adeguatamente rivestito
nei punti che dessero luogo ad infiltrazioni e munito anche
esso di uno sfioratore di superficie di lunghezza non minore di m.
10. All'estremo del canale derivatore verrà costruita la vasca di
carico dalla quale mediante conduttura forzata in metallo,
l'acqua sarà convogliata alla centrale idro-elettrica, donde mercé
apposito canale di scarico sarà restituita al fiume Calore.
La centrale dovrà essere costruita in muratura come in muratura
dovrà essere rivestito il canale di scarico, salvo che non fosse
scavato in roccia. La conduttura forzata in metallo dovrà resistere
ad una pressione di prova superiore almeno di cinque atmosfere
a quella di esercizio.”
L'organizzazione dei lavori, diretti dall'ing. Pietro Manzi,
fu veramente ammirevole. Eseguiti grazie al duro lavoro
di numerose maestranze, manovali, muratori, carpentieri,
nel pieno rispetto del progetto allegato al disciplinare,
durarono poco più di due anni, superando con abilità i
numerosi problemi tecnici e costruttivi che inevitabilmente
una mirabile opera comportava; un capolavoro di
ingegneria realizzato sul territorio, paragonabile soltanto
agli impianti idroelettrici delle maggiori società
dell'epoca.
71
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
16 Felitto inizi Novecento
Tra le difficoltà incontrate durante i lavori, ci fu quella
relativa alle vie di comunicazione per il trasporto dei
materiali e delle attrezzature da cantiere; per la centrale,
ubicata in prossimità della strada rotabile, il più grande
inconveniente fu la movimentazione dei pesanti tubi in
lamiera d'acciaio per la condotta forzata e delle apparecchiature
elettromeccaniche.
Ma la maggiore complicazione fu la realizzazione del
lunghissimo canale di derivazione in muratura che percorreva
l'intera gola del corso d'acqua, dallo sbarramento a
Remolino fino alla camera di carico, avanzando per più di
due chilometri lungo il versante della montagna fortemente
accidentato, con lunghi tratti a strapiombo sul letto del
fiume che scorreva incassato fra alte sponde rocciose, in
una vegetazione fitta ed impenetrabile.
Operai avanzavano dentro la gola per la realizzazione del
canale, eseguendo il taglio delle sponde rocciose a picco
sul fiume, altri erano impegnati nella esecuzione della
struttura monolitica in muratura della traversa di sbarramento
a Remolino, mentre in località Casale i maestri
muratori costruivano il fabbricato della centrale. La realizzazione
dell'impianto venne agevolata dalla presenza sul
posto di abbondante e ottima pietra da costruzione e da
calce, nonché della sabbia, oltre la possibilità di rifornirsi
facilmente d'acqua per la vicinanza del fiume.
In prossimità dell'inizio del canale derivatore, e alla fine
della gola, rispettivamente sulla sinistra e sulla destra
orografica del fiume, sono presenti due vecchie fornaci in
pietra per la produzione della calce.
72
Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914
Tra le aziende fornitrici delle apparecchiature meccaniche
ed elettriche impiegate per la realizzazione dell'impianto
si annoverano: per la fornitura e l'installazione delle parti
elettriche e il gruppo turbo-generatore, composto da una
turbina Francis e da un alternatore ad otto poli di 251 kVA
di potenza a 750 giri al minuto, l'azienda ungherese Ganz &
Co., distribuita dalla Società Italiana di Elettricità; per i
meccanismi di manovra del gruppo, la ditta veneta
28
dell'Ing. Silvio De Pretto & C. ; per la fornitura degli strumenti
di misura elettrici, installati dopo la nazionalizzazione
dall'Enel per un ammodernamento al quadro elettri-
29
co di comando, la IME Istrumenti Misure Elettriche.
Degli originari strumenti di misura installati non vi è
rimasta nessuna traccia, pertanto rimane incerta
l'originaria fornitura. L'ipotesi più attendibile è che fossero
30
della C.G.S. , che nel periodo pionieristico ha equipaggiato
con i suoi strumenti la maggior parte dei quadri di
comando degli impianti di produzione, tra cui quello
installato nella centralina di Marotta a Laurino.
Dopo gli articolati lavori per la costruzione delle opere
civili ed idrauliche, e per l'installazione delle apparecchiature
elettromeccaniche e delle parti elettriche, l'impianto
venne inaugurato a dicembre 1914.
In quello stesso periodo a Castel San Lorenzo per iniziativa
dell'attivo sindaco del paese, l'avvocato Giovanni Salerno,
funzionario del Ministero delle Finanze, fu impiantato il
Panificio Salerno, il primo panificio della Valle del Calore
con un forno elettrico a vapore, detto Vapoforno, alimentato
con l'energia della centralina di Falcone, il cui bianco pane
“splendidamente” cotto si mangiava a Roccadaspide,
Felitto, Albanella e nell'intera Valle.
I fratelli Giuseppe e Luigi Salerno, titolari di una ditta di
appalti, si dedicavano costantemente allo sviluppo e al
progresso della Valle, ideando una ditta di trasporti
pubblici quando l'industria automobilistica era ancora ai
17 Manifesto pubblicitario della
C.G.S.
18 Sezione trasversale di una
turbina Francis Ganz & Comp.
28
La ditta fu fondata nel 1885 dall'ingegnere Silvio De Pretto con stabilimento a
Schio in provincia di Vicenza, per la progettazione e fornitura di impianti per
la produzione di energia elettrica, idraulica e termica. Nel 1920 si fonde con la
svizzera Escher Wyss specializzata nella produzione di turbine idrauliche,
assumendo la denominazione di De Pretto-Escher Wyss.
29
La società IME è stata fondata a Milano nel 1946 iniziando la produzione di
strumenti di misura ad indice per grandezze elettriche alternate e continue.
30
La C.G.S. Società Anonima per Istrumenti Elettrici (C.G.S. acronimo di
Centimetro-Grammo-Secondo) fondata ad Ivrea nel 1896 da Camillo Olivetti, e
trasferita poi a Milano dal 1904, era un'azienda elettromeccanica per la
realizzazione di strumenti elettrici di misura.
73
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
19 L'autobus FIAT 15 lungo la
strada per Laurino in località
Scaraviello
suoi primi passi, sorta fra numerose diffidenze e ostilità.
Ma con sguardo sicuro in quel non lontano avvenire
impiantarono un'importante linea automobilistica della
lunghezza di oltre 50 km, che dalla stazione di Albanella,
passando per l'omonimo centro abitato, proseguiva per
Roccadaspide, Castel San Lorenzo, Felitto, Laurino,
Piaggine, fino a Sacco.
L'ingegnere Lattanzi, direttore della Sezione Servizi
Automobilistici Italiani presso il Ministero dei Lavori
Pubblici, si esprimeva affermando che il migliore di questi
servizi era proprio quello gestito dalla Ditta Salerno, per
correttezza, serietà e precisione.
Il servizio era assicurato da un autobus FIAT 15 ter, prodotto
dal 1912 al 1920 ed in servizio fino agli anni
Quaranta, dotato di un motore quattro cilindri in linea di
3
4398 cm , con potenza di 40 Cv a 1800 giri al minuto che
raggiungeva una velocità massima di 40 km orari.
20 In sosta a Laurino di fronte la
farmacia del Cav. Salvatore
Durante
21 (A lato) Carcassa statore
appartenente all’alternatore
fornito dal Tecnomasio Italiano
Brown Boveri alla Società Idro-
Elettrica Lucana per l’impianto
di Felitto
74
22 Volantino a vite della paratoia
in corrispondenza dell’opera di
presa in località Remolino a
Felitto
Capitolo V
Dalle origini alla costituzione della società
1884-1907
1. L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia elettrica del Cilento e della Valle
del Calore
La storia di una società elettrica, o meglio di una qualsiasi
azienda innovatrice, è sempre soprattutto una storia di
uomini, di imprenditori pionieri che con le loro rette
decisioni e lungimiranti scelte, sono stati capaci di trasmettere
svolte radicali allo sviluppo della propria azienda e
innanzitutto a quello di un'intera comunità locale, specialmente
in un'area geografica caratterizzata da una diffusa
arretratezza e da un secolare isolamento come si presentava
allora il territorio interno del Cilento.
Oggi a distanza di un secolo, ecco che la vecchia centrale
idroelettrica di Felitto, abbandonata oramai da oltre
quarant'anni e ridotta ad un romantico reperto di archeologia
industriale appena distinguibile tra la folta vegetazione,
si innalza a simbolo dell'innovazione tecnologica di
inizio Novecento, rimanendo a testimoniare lo sforzo
coerente di questi uomini, che con tenacia e coraggio
realizzarono questo capolavoro d'ingegneria, costruito
come si dice a “regola d'arte”, come richiesto dai buoni
manuali dell'epoca.
Il suo mostrarsi lascia perplessi, non è un tradizionale
fabbricato rurale, non ti aspetti di trovare in quel posto, a
pochi metri dalla riva del fiume a ridosso del ripido versante
montuoso, un fabbricato che ti richiama alla memoria
qualche vecchio opificio industriale, non si capisce
subito cosa c'è al suo interno, si intuisce comunque con
meraviglia che lì una volta c'era il segreto del progresso.
Ma in definitiva chi furono questi uomini, che al di là delle
ideologie politiche, dello status sociale e dei partiti di
appartenenza, divisi tra democratici, progressisti e conser-
77
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
vatori, massoni antifascisti e simpatizzanti di regime, le
loro azioni hanno rappresentato per la nostra storia un
ottimo esempio di buona volontà di fare le cose; la tensione
verso la professionalità, lo sforzo costante per il progresso,
il desiderio della rinascita e del cambiamento, soprattutto
nei confronti della gestione del potere e della mentalità
degli amministratori e dirigenti locali, spesso non aperti
allo sviluppo e che mantennero questa terra per secoli in
uno stato di totale arretratezza.
La situazione amministrativa dell'epoca è ben raffigurata
da una relazione del sottoprefetto di Vallo della Lucania
inviata al Prefetto di Salerno il 14 gennaio 1888, in cui
lamentava l'assenza totale di qualsiasi tipo di iniziativa per
migliorare le condizioni morali e materiali dell'abitato, la
cui causa principale era da attribuire allo scarso sviluppo
delle idee da parte delle rappresentanze comunali, abituate
ad agire e a vivere così come si era sempre fatto, senza
tener in debito conto i numerosi bisogni sorti dalle mutate
condizioni economiche e dai principi della scienza, come
promuovere la viabilità pubblica, tutelare la pubblica
salute, portare l'acqua potabile, assicurare convenientemente
il servizio cimiteriale, ecc.
L'arrivo dell'acqua nei paesi, come successivamente per
l'illuminazione, rappresentava un evento importante, un
cambiamento d'epoca, una vera e propria festa, tanto che
al momento di inaugurare la fontana pubblica le autorità e
l'intera popolazione si riversava in strada per i festeggiamenti.
Siamo a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando le
innovazioni tecnologiche e le scoperte scientifiche legate
all'elettricità, con la definitiva affermazione delle potenzialità
e della praticabilità della sua trasmissione a distanza
mediante fili, incrementarono a dismisura gli studi e i
progetti finalizzati principalmente alla produzione di
energia e al suo utilizzo, ed in particolare per
l'elettrificazione delle ferrovie e tramvie. In una società
ancora del tutto priva di automobili, il treno era l'unico
mezzo di trasporto meccanico e risultava abbastanza
naturale vederlo come portatore di sviluppo e come
legame indispensabile con la civiltà del proprio tempo.
Dove non arrivavano rotaie, le persone e le merci nella
migliore delle ipotesi erano costrette a spostarsi con
esasperata lentezza a bordo dei carri trainati da animali, o
direttamente sul dorso di un asino, o addirittura a piedi,
78
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
mostrandosi questi mezzi del tutto inadeguati in un
mondo in cui il nuovo era rappresentato appunto dalle
ferrovie.
In quel periodo si moltiplicavano i progetti per le cosiddette
ferrovie economiche a trazione elettrica a scartamento
ridotto, cioè con un binario più stretto che consentiva raggi
di curvatura meno ampi e pendenze più elevate limitando
la necessità di costose opere d'arte come ponti e gallerie,
potendo raggiungere facilmente regioni montuose come
quelle del meridione, e su cui transitassero solo convogli
misti merci e viaggiatori.
È di marzo 1901 un interessante progetto inedito,
dell'ingegnere napoletano Enrico Blanco, per una ferrovia
economica a trazione elettrica nel Cilento, che prevedeva
la costruzione di una linea in sede propria a scartamento
ridotto di un metro, Agropoli - Casalicchio - Vallo - Laurino -
Ponte Sele, unendo in tal modo tutti quei paesi interni
rimasti in “deplorevole abbandono”.
La ferrovia, lunga 127 km e divisa in due tratti con sedici
stazioni, si sarebbe dovuta diramare dalla stazione ferroviaria
di Agropoli per raggiungere Castellabate e seguendo
il litorale, continuare fino alle marine di Agnone,
Acciaroli, Pioppi e Casalvelino, ritornando poi all'interno
per la valle dell'Alento, raggiungere la stazione di Vallo, e
per il secondo tratto, procedendo per Cannalonga,
Campora e Laurino doveva immettersi nella valle del
Calore, unendo Felitto, Castel San Lorenzo, Aquara,
Castelcivita, Controne, per raggiungere infine la stazione
ferroviaria di Ponte Sele.
Secondo le ultime cognizioni tecniche dell'epoca nel
settore della trazione elettrica ferroviaria, era previsto il
sistema a corrente alternata trifase ad alta tensione di 8.000
Volt, che abbassata a 1.500 Volt mediante delle stazioni di
trasformazione, veniva immessa nella linea aerea in
doppio filo per alimentare i motori trifase a campo rotante
sulle vetture e carri automotrici, previsti per il servizio
viaggiatori e treni merci. La trazione elettrica delle automotrici
che dovevano essere impegnate per il servizio di
linea sulla ferrovia, poteva essere assicurata da due considerevoli
cadute d'acqua, con salto di venti metri, determinate:
per il primo tratto da Agropoli a Vallo, dal fiume
Alento con una derivazione presso la località detta la
Pantana; per il secondo tratto, da Vallo a Ponte Sele, dal
fiume Calore con una derivazione presso Castelcivita.
1 Relazione di progetto dell’ing.
Blanco per la ferrovia economica
a trazione elettrica del Cilento
79
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Stazione di Battipaglia
3 Stazione di Agropoli con una
locomotiva del gruppo 200 che le
Ferrovie dello Stato acquisirono,
dopo il 1906, dalla Società per le
Strade Ferrate Meridionali
Le due derivazioni dovevano alimentare le officine elettriche
dotate di turbine a reazione con asse orizzontale
direttamente accoppiate agli alternatori trifase.
La realizzazione di questa nuova linea permetteva dunque
di collegare le parti interne del Cilento con i tratti locali
delle linee principali della Società per le Strade Ferrate del
Mediterraneo, conosciute come Ferrovie Meridionali; la
Battipaglia-Vallo-Sapri, che arrivò ad Agropoli nel 1884 e
31
quattro anni dopo a Vallo della Lucania , e la Eboli-Potenza
con la diramazione da Sicignano per Lagonegro, raggiunto
nel 1892.
Le due linee costruite a semplice binario e a trazione a
vapore, insieme all'intera rete ferroviaria del Regno, con la
nazionalizzazione delle ferrovie nel 1905, passarono alla
gestione diretta dello Stato.
Della costruzione di queste linee ferroviarie se ne parlava
in Parlamento già dal 1861, quando in un acceso dibattito,
che vide ardenti scontri tra le deputazioni lucana e campana,
si discuteva sulle due soluzioni proposte.
La prima prevedeva un itinerario da Eboli attraverso il
Cilento e Vallo della Lucania fino a Sapri, la seconda un
itinerario interno più breve attraverso il Vallo di Diano,
raggiungendo Castrocucco, a sud di Maratea, attraverso la
valle del fiume Noce che sfocia nel golfo di Policastro.
31
La linea ferroviaria Battipaglia-Reggio, conosciuta come linea Tirrenica,
divenne presto uno degli assi portanti del traffico ferroviario Nord-Sud per
merci e viaggiatori, anche in seguito al servizio di traghettamento attraverso lo
stretto di Messina. La linea venne elettrificata negli anni Trenta a 3.000 volt a
corrente continua, e nel dopoguerra venne avviato il progetto di raddoppio
del binario.
80
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
La scelta non fu affatto semplice, e con la legge Baccarini
del 1879, sulla costruzione di nuove linee di completamento
della rete ferroviaria del Regno, vista la riconosciuta
importanza delle due linee, vennero scelte entrambe, e
inserite tra le ferrovie da costruire a totale carico dello
Stato: il tracciato litoraneo e quello interno per il Vallo di
Diano.
La legge divideva le ferrovie da realizzare in quattro
categorie: nella prima rientravano quelle a carico dello
Stato; nella seconda quelle costruite dallo Stato con la
partecipazione obbligatoria delle province interessate, tra
cui la linea Benevento-Avellino e la Taranto-Brindisi; nella
terza con il contributo del venti per cento delle spese di
costruzione e di armamento, tra cui la Salerno-San
Severino; nella quarta rientrava la costruzione di 1530
chilometri di ferrovie secondarie, non individuate a priori
dalla legge, purché le province e i comuni interessati ne
provassero l'utilità e si impegnassero a pagare quattro
decimi del costo di realizzazione. La legge dunque, senza
particolari impegni, dava speranza ai vari deputati locali
interessati a far inserire le loro ferrovie, basando spesso le
proprie campagne elettorali sulla promessa
dell'ottenimento dei fondi e della successiva realizzazione.
Con tale provvedimento presero il via la progettazione e la
costruzione di centinaia di chilometri di nuove ferrovie
per lo più destinate a congiungere i centri medio-piccoli
della penisola, fino ad allora rimasti ai margini
delle grandi direttrici.
Nelle discussioni parlamentari per il completamento
della rete ferroviaria, che portarono
all'approvazione della legge, il senatore Pasquale
Atenolfi, originario di Cava dei Tirreni, rappresentò
una figura determinante per l'inserimento
dei tratti di collegamento tra la linea Reggio-
Paola-Castrocucco alla linea Eboli-Romagnano
per le valli del Noce e di Diano, e tra Castrocucco
alla linea Eboli-Salerno per il Cilento. Il tracciato
passava infatti per Castelnuovo e le sue proprietà
della Pantana, congiungendosi verso nord,
direttamente con Salerno, Cava dei Tirreni,
Napoli e quindi Roma, dove abitualmente
soggiornava. Sindaco in quegli anni a Cava dei
Tirreni, nel 1871 venne nominato senatore nel
collegio di Vallo della Lucania.
4 Stazione di Avellino
5 Stazione di Benevento
6 Pasquale Atenolfi
81
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
7 Agostino Magliani
Con Regio Rescritto del 15 febbraio 1841 gli venne concesso
il titolo di Marchese di Castelnuovo Cilento, dove
possedeva oltre all'antico castello, un'estesa proprietà a
Vallo Scalo detta la Pantana, tra la via provinciale per
Rutino e il fiume Alento. In quella fascia, tra la tenuta, dove
possedeva una masseria con un'elegante villa, e la foce del
fiume, c'era un'ampia zona paludosa che aveva cominciato
a bonificare con la realizzazione di canali di scolo per
l'incanalamento delle acque. Per l'utilizzo di macchine e
tecniche moderne di coltivazione risultava
all'avanguardia rispetto al resto del Circondario, uno dei
più arretrati della provincia. In quella villa il geologo De
Giorgi ebbe la fortuna d'incontrare il marchese, che di
solito risiedeva a Napoli o a Roma per i suoi impegni in
Parlamento, restando colpito dalla sua cortesia.
Le opere di bonifica della Pantana con i tubi di drenaggio e
i perfezionati attrezzi agrari furono molto apprezzati
anche dall'ingegnere Angelo Raffaele Passaro di Vallo,
presidente del locale Comizio Agrario, che nel 1881 venne
incaricato di redigere uno studio sulle condizioni della
classe agricola nel Circondario, per l'inchiesta agraria
promossa dal governo, ed affidata a una commissione
parlamentare presieduta dal senatore Stefano Jacini. In
qualità di Ministro dei Lavori Pubblici, ebbe grandi meriti
nel settore delle ferrovie, con l'approvazione della legge
del 1865 che unificava il sistema ferroviario e riordinava il
servizio postale e telegrafico.
Nel pieno dibattito politico per la scelta del
tracciato ferroviario, interno o litoraneo, fra i
vari esponenti politici salernitani, qualcuno
spingeva per la realizzazione di un tracciato
intermedio che avrebbe dovuto attraversare
le valli del Calore e dell'Alento, sostenuto
ardentemente in parlamento anche dal
Presidente del Consiglio provinciale
l'avvocato Francesco Alario, originario di
Moio della Civitella. Procuratore del Re a
Vallo della Lucania e deputato eletto nel
collegio di Capaccio, quando al Governo era
Ministro delle Finanze un altro cilentano, il
senatore Agostino Magliani di Laurino, si
impegnò insieme al ministro al completamento
della ferrovia meridionale sostenendo
la legge del 1879.
82
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
La convinzione che un tracciato intermedio per la valle del
Calore era preferibile rispetto a quello litoraneo, si basava
oltre che sulla minore lunghezza del percorso, quindi
meno costosa per la realizzazione, soprattutto perché
avrebbe giovato all'economia di centri più popolosi,
apportandovi benessere e civiltà, in una regione fertilissima
di granaglie, vini generosi, olii abbondanti e di ottima qualità,
frutta squisita, ecc., al contrario della paludosa piana del
Sele, invasa da febbri e da malaria, le cui operazioni di
bonifica procedevano a rilento.
La proposta che arrivò tardi in parlamento, e nemmeno
corredata di un progetto di massima, non fu comprensibilmente
accolta.
Questo è quanto riferì anche il Presidente Alario in un
discorso tenuto a Roccadaspide il 18 luglio 1881, alla
presenza del sindaco, il cavaliere Gaetano Giuliani, che in
quell'anno, con decreto del 13 marzo, all'età di 31 anni fu
nominato Ufficiale nell'Ordine della Corona d'Italia.
Il Presidente, nonostante si vide costretto a suggerire in
parlamento la costruzione di entrambe le linee per porre
definitivamente fine al vecchio problema, affermava che
bisognava comunque sentirsi orgogliosi per il risultato
raggiunto, non solo per una maggiore grandezza economica,
ma soprattutto per il progresso morale e civile
dell'Italia, con la consapevolezza di non trovarsi ancora tra
le nazioni d'Europa a non possedere un'adeguata rete
ferroviaria.
Della linea per la valle del Calore, se ne
fece promotore anche De Giorgi, quando
nella primavera di quell'anno, durante il
suo viaggio di studio nel Cilento, fu
accolto proprio dal cavaliere Giuliani nel
suo Castello di Roccadaspide, acquisito
dalla famiglia nella prima metà
dell'Ottocento dai principi Filomarino di
Napoli.
Il geologo, accompagnato dal cavaliere
in parecchie escursioni nella valle del
Calore, riteneva che se la strada ferrata
da Salerno per le Calabrie fosse passata
per questa valle, invece di circondarla a
levante e ponente, sarebbe riuscita a
sviluppare le industrie agrarie rendendola
una delle più ricche della zona.
8 Gaetano Giuliani
83
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
9 I l c a s t e l l o G i u l i a n i a
Roccadaspide in una foto
dell’ing. Migliacci nei primi anni
del Novecento
10 Stazione di Paestum
La sua costruzione inoltre avrebbe incontrato minori
difficoltà tecniche, rispetto alle due linee realizzate, per la
presenza delle solide rocce calcaree, meno soggette ai
fenomeni franosi delle arenarie e delle argille dei monti del
Cilento, costituendo soprattutto degli ottimi materiali da
costruzione e da calce per ponti e viadotti.
In luogo di due strade ferrate, che per la loro realizzazione
avevano sottratto parecchi milioni dalle tasche dei contribuenti,
sarebbe stata sufficiente soltanto una linea per
collegare Salerno con Reggio Calabria, che partendo da
Eboli, attraversando la valle del Calore, giungeva a
Laurino, per risalire dalla valle del torrente tra Stio e
Campora fino a Vallo della Lucania, e di lì proseguendo
per il corso dell'Alento fino ad Ascea, per congiungersi con
la ferrovia in costruzione per Castrocucco.
Nel suo viaggio, prima di recarsi ad Altavilla, il cavaliere
Giuliani gli tenne compagnia anche nella visita a Capaccio
e agli scavi dell'antica città di Paestum, nel bel mezzo di
un'insalubre, desolante e incolta campagna, dove i lavori
per la realizzazione della ferrovia che avrebbe dovuto
raggiungere Agropoli e Vallo, erano stati da poco iniziati
dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo su incarico
del Governo.
84
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
La costruzione della linea litoranea incontrò subito
grosse difficoltà per la progettazione esecutiva della
galleria di Rutino, tanto che diede l'opportunità ai
politici locali di riprendere la proposta alternativa
della linea del Calore.
Infatti qualche mese dopo, l'otto gennaio 1882,
venne subito convocata un'assemblea a
Roccadaspide fra i rappresentanti dei comuni
interessati, istituendo un Comitato di sostegno al
progetto, ma per l'impossibilità di corrispondere le
relative quote a loro carico dovute per legge, anche
questo tentativo non ebbe seguito. Proprio in
quell'anno il senatore Magliani, fu omaggiato in
segno di gratitudine di una medaglia dal Consiglio
provinciale delle Terre d'Otranto, attuale provincia
di Lecce, quale promotore della strada ferrata
Taranto-Brindisi, inaugurata poi nel 1886. Due anni
prima il senatore venne eletto alla presidenza del
Consiglio provinciale di Salerno conservando la
carica fino alla data del decesso, avvenuto a Roma
nel febbraio del 1891, seguito, per una singolare
coincidenza, dalla morte di Alario, al quale molti comuni
del Circondario di Vallo devono alla sua amministrazione,
l'esecuzione di numerosi lavori di sistemazione del territorio,
compresa la realizzazione della viabilità stradale.
Intanto con la legge n. 3048 del 1885, con cui furono stipulate
le convenzioni per l'esercizio delle ferrovie italiane e
ridotte ad un decimo le partecipazioni nella spesa da parte
degli enti locali per la costruzione delle ferrovie complementari,
venne tentata una successiva presentazione del
progetto da parte del costituito Comitato popolare pro linea
Calore. La proposta per l'esecuzione dell'importante opera
fu approvata all'unanimità dal Consiglio provinciale con
la presidenza di Magliani, ma anche questa volta non si
ottennero gli attesi risultati.
In conseguenza delle ulteriori agevolazioni e delle consistenti
richieste di strade ferrate in tutta la penisola, vennero
presentati numerosi progetti per 6500 chilometri di
nuove linee, tanto da richiedere un'apposita commissione
per valutare quali fossero i tronchi ferroviari più necessari.
Sul finire del secolo ebbe inizio il dibattito sull'opportunità
di rinnovare le concessioni ferroviarie del 1885, attuate in
base alla legge sulle convenzioni, che divideva le principali
ferrovie italiane in tre reti, esercitate da tre distinte
11 Medaglia di bronzo in onore
al ministro Magliani per la
strada ferrata Taranto-Brindisi
12 Stazione di Taranto
13 Stazione di Brindisi
85
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
società, la Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo,
conosciuta anche come la Mediterranea, la Società per le
Strade Ferrate Meridionali, nota anche come gruppo
Bastogi, dal nome del presidente e fondatore Conte Pietro
Bastogi di Livorno, Ministro delle Finanze nel neonato
Regno d'Italia, e la Società per le Strade Ferrate della Sicilia.
Le prime due avrebbero dovuto sviluppare i traffici nordsud,
la prima sul versante occidentale, direttrice tirrenica,
la seconda su quella orientale, direttrice adriatica, alla
terza furono affidati invece le linee della Sicilia. La durata
dei contratti era di 60 anni divisi in tre periodi di 20 anni, di
cui il primo ebbe inizio effettivo il primo luglio 1885, con
scadenza il 30 giugno 1905.
Scopo delle convenzioni era quello di dare uno stabile
assetto al sistema ferroviario, assicurando la manutenzione
ed il miglioramento delle ferrovie e del materiale
rotabile, sottraendo dal bilancio dello Stato le esigenze
dell'esercizio ferroviario. Nessuno di questi scopi fu
raggiunto, tanto che già nei primi anni, dopo il 1885,
cominciarono a verificarsi consistenti esborsi finanziari da
parte dello Stato, per l'insufficienza dei fondi di riserva
necessari per la manutenzione del materiale fisso e rotabile,
così come erano previsti dalle convenzioni.
Pertanto, con l'avvicinarsi della prima scadenza, ci si
interrogò sulle azioni da intraprendere per migliorare la
qualità del servizio e per dare un assetto definitivo al
sistema ferroviario nazionale, che per l'incapacità delle
compagnie di gestione private non era stato adeguato alle
nuove esigenze determinate dallo sviluppo industriale.
Per l'occasione fu nominata una Commissione Reale per la
riorganizzazione delle Ferrovie, dove tra i componenti eletti
appare un protagonista della nostra storia, il nipote del
senatore Pasquale Atenolfi, l'ingegnere Eduardo Talamo.
La legge del 1885 prevedeva altresì che le società potessero
e s e g u i r e d e l l e s p e r i m e n t a z i o n i i n n o v a t i v e
sull'infrastruttura ferroviaria e sul materiale rotabile,
quindi, alla fine del 1897, il Ministro dei Lavori Pubblici
insediò una commissione incaricata di studiare
l'applicazione della trazione elettrica alle ferrovie di
traffico limitato. Nel 1899 furono pubblicati gli Atti della
commissione, comprendente tre monografie, tra cui un
riassunto sulle “Considerazioni sulla trazione elettrica ferroviaria
in relazione ad alcuni esperimenti eseguiti nelle officine
della casa Ganz di Budapest”.
86
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
Dopo la dimostrazione della prima locomotiva
elettrica, svolta durante l'Esposizione di
Berlino del 1879 da parte della Siemens &
Haskle, lo sviluppo della trazione elettrica
interessò in un primo momento le tramvie. La
possibilità di estenderla alla trazione ferroviaria,
che implicava l'utilizzazione di motori
molto più potenti e alimentati con tensioni più
elevate, seguì inevitabilmente gli sviluppi
dell'elettrotecnica per la costruzione di macchine
elettriche rotanti e della loro regolazione.
La commissione in conclusione propose degli
esperimenti per dimostrare la possibilità
dell'esercizio con la trazione elettrica. Nel 1899
veniva sperimentato il sistema con accumulatori
sulla Milano-Monza, ma dimostrò presto il
suo limite per la scarsa resa delle batterie. Nel 1901 si
collaudava l'alimentazione con la terza rotaia sulla linea
Milano-Varese, e a ottobre dell'anno successivo, sulla linea
del Lago di Como, che da Lecco porta in Valtellina, fu
eseguito un esperimento con il sistema a corrente alternata
trifase, con linee elettriche aeree ad alta tensione e bassa
frequenza. Per l'alimentazione della linea, la Società delle
Strade Ferrate Meridionali realizzò la centrale idroelettrica
di Campovico, in provincia di Sondrio sulle sponde del
fiume Adda. Per il materiale rotabile la società ordinò la
costruzione di dieci elettromotrici all'ungherese Ganz,
divise in due serie, differenziate soltanto negli allestimenti
32
interni.
14 Eduardo Talamo
15 Cartolina commemorativa
ferrovia elettrica Milano-Monza,
1899
16 Elettromotrice trifase Ganz
modello RA 324 (FS E24)
produzione 1902
32
Le automotrici classificate nei gruppi 30 e 32 della Rete Adriatica, e successivamente
riclassificate nei gruppi E.1 ed E.2 dalle Ferrovie dello Stato, sono
state le uniche serie di elettromotrici che adottarono il sistema elettrico trifase,
e rappresentano uno dei primi e rari esempi di esercizio regolare al mondo con
tale sistema.
87
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Il sistema a terza rotaia non aveva particolari problemi, se
non quello legato alla protezione della stessa dai contatti
accidentali, mostrandosi adatto al servizio metropolitano.
Il sistema scelto per la migliore efficienza fu invece quello a
corrente alternata trifase, utilizzando per l'alimentazione
dei locomotori elettrici due fasi aeree e come terza fase le
rotaie.
Il sistema, noto a livello mondiale come sistema italiano,
dimostrò al pubblico e agli ambienti ferroviari l'indiscussa
33
supremazia della trazione elettrica sul vapore.
17 Locomotiva trifase E550 sulla
linea Genova-Savona, 1916
33
Nel 1906 venne elettrificata con il sistema aereo a corrente alternata trifase la
ferrovia del Sempione tra l'Italia e la Svizzera, e nel 1910 la ferrovia del passo di
Giovi, il valico dell'Appennino Ligure lungo la linea per Torino, che doveva
smaltire il grande afflusso di merci al porto di Genova, dimostrando definitivamente
la supremazia della trazione elettrica sul vapore e la sua vocazione
alle linee di montagna. La trazione fu affidata alle locomotive del gruppo E550
(soprannominate mulo dei Giovi), progettata dall'Ufficio Studi del Servizio
Materiale e Trazione delle FS, per la parte meccanica, e dalla Società Italiana
Westinghouse di Vado Ligure, per la parte elettrica, la cui progettazione fu
affidata al maggiore esperto dell'epoca, l'ingegnere ungherese Kálmán Kandó
della Ganz. L'alimentazione avveniva per mezzo di due trolley a stanga
montati sul tetto della cabina forniti dal Tecnomasio Italiano-Brown-Boveri, che
nel 1919 acquisì definitivamente l'impianto industriale di Vado Ligure,
iniziando la produzione di vari tipi di locomotive altamente innovative,
destinate principalmente alle Ferrovie dello Stato.
In Italia la trazione elettrica ferroviaria a corrente alternata trifase, che
rendeva il sistema troppo esposto a guasti, quindi soggetto a frequente
manutenzione, oltre a impedire l'uso di velocità sostenute, negli anni seguenti
venne definitivamente sostituita con la trazione elettrica a corrente continua.
88
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
Intanto, il cavaliere Pasquale Rizzo, sindaco di
Castel San Lorenzo, aveva seguito con attenzione
le vicende della ferrovia della valle del Calore, e da
buon amministratore continuava a promuoverne
la realizzazione, consapevole dei grossi vantaggi
che un veloce e moderno sistema di trasporto
poteva rendere al suo paese a all'intera valle.
Trasferitosi a Salerno, dove nel 1896 all'età di 37
anni sposò Carmela Lorito, ebbe modo di frequentare
lo studio del cognato, il cavaliere Domenico
Lorito, che nel 1878 finiti gli studi ginnasiali al
Liceo-Convitto di Salerno si diplomò in ingegneria
affermandosi in città nell'esercizio della libera
34
professione di ingegnere.
Il sindaco, giovandosi della competenza tecnica
del cognato, gli propose di redigere un nuovo
progetto per una ferrovia secondaria da presentare al
Ministero dei Lavori Pubblici a Roma, contando
sull'amicizia del cavaliere Giuliani che a giugno 1895 fu
eletto deputato nel collegio di Capaccio del Circondario di
Campagna, ed in carica per diverse legislature consecutive.
Molto vicino al primo ministro Giolitti, l'onorevole
avrebbe garantito l'ottenimento delle autorizzazioni e del
contributo da parte del Governo.
Il progetto di massima redatto nel 1903, che prevedeva
l'ottenimento della concessione e del contributo governativo
come previsto dalla Legge n. 561 del 27 dicembre 1896
sulle tramvie a trazione meccanica e ferrovie economiche,
si riferiva ad una Ferrovia economica a trazione elettrica per la
vallata del Calore in provincia di Salerno. Il progetto venne
illustrato in una relazione di presentazione, incompleta
però dei necessari grafici e della planimetria individuante
il percorso della linea. Per i continui esborsi economici da
parte dello Stato, con la successiva legge del 1897, il governo
sospese ogni aiuto per le linee ferroviarie non ancora
avviate, incoraggiando invece l'iniziativa privata mediante
una sussidio per ogni chilometro da realizzare.
18 Pasquale Rizzo
19 Salerno, Palazzo Natella
34
A Salerno è a firma dell'ing. Lorito il progetto del Palazzo Natella presentato
al comune nel 1922, dove presso l'Archivio Storico si conserva la pianta
tipologica del 1°, 2° e 3° livello. L'ampio portico, i locali e i caffè situati al piano
terra del fabbricato caratterizzavano l'edificio come luogo di sosta e svago per
l'aristocrazia salernitana dei primi trent'anni del Novecento. Nei giorni in cui
Salerno fu Capitale, l'edificio fu adibito a sede del Ministero dell'Agricoltura e
Foreste, di quello dei Lavori Pubblici e degli uffici di collegamento dei Ministri
della Guerra e della Marina.
89
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
20 Francesco Tedesco
Durante la fase di progettazione, l'ingegnere con una
lettera del 10 agosto, informava il cognato sull'opportunità
di presentare temporaneamente soltanto il progetto del
primo tronco e non di tutta la linea, e che dai nuovi calcoli
eseguiti, riteneva prudente limitare la richiesta della
sovvenzione chilometrica dello Stato soltanto a lire 4.000,
potendola meglio giustificare rispetto a quella stabilita
dalla legge n. 168 del 30 aprile 1899 che l'aveva incrementata
a lire 5.000. Il progetto prevedeva la realizzazione della
linea divisa in due tronchi come ammesso dalla legge,
potendo in questo modo usufruire delle sovvenzioni a
decorrere dal giorno in cui ogni tronco veniva aperto
all'esercizio con l'autorizzazione del Governo, secondo il
piano stabilito negli atti di concessione, con l'evidente
vantaggio di non aspettare il completamento dell'intera
ferrovia.
Il progetto di massima venne così presentato al Ministero
l'anno successivo, dandone notizia su un articolo pubblicato
il 31 marzo 1904 sul periodico Il Calore di
Roccadaspide diretto da Donato Capuano, nel quale su di
un trafiletto di cronaca veniva annunciato anche il ritorno
in paese dell'onorevole Giuliani, dove si sarebbe fermato
per qualche mese prima di ripartire per Roma.
Il sindaco Pasquale Rizzo, sulla pagina dedicata a Castel
San Lorenzo, riferiva dell'incontro dell'ing. Lorito e
dell'onorevole, con i dirigenti del Ministero e dell'Ispettore
Capo delle Ferrovie, ottenendo una relazione favorevole
sul progetto, tanto che il Ministro dei LL.PP., l'onorevole
Francesco Tedesco, riconosciuta la grande importanza
della ferrovia della vallata del Calore, e i vantaggi che
arrecava alla popolazione sottraendola alla miseria,
promise il suo autorevole appoggio.
Nello stesso articolo affermava che il completamento
dell'iniziativa avrebbe richiesto ancora del tempo, in
quanto per l'ottenimento definitivo della concessione per
la costruzione e l'esercizio della ferrovia, bisognava preparare
un progetto definitivo, corredato di planimetria della
linea, dei profili, dei dettagli e particolari costruttivi e della
stima dei lavori. Per la redazione di tali elaborati l'ing.
Lorito sarebbe ritornato sul campo ad eseguire dei sopralluoghi
al fine di completare i restanti studi e rilievi.
Concludeva dichiarando che la speranza dell'esito finale
era divenuta una certezza, in quanto non era presumibile
che il Ministero poteva negare un sussidio che in maggiori
90
L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore
proporzioni era stato elargito ad altre regioni del
Regno, e sarebbe stata una leggerezza imperdonabile
non solo in un Ministro ma in qualsiasi persona
che si rispetti.
Elogiava inoltre l'operato dell'onorevole Giuliani,
affermando che le miserie del mezzogiorno
d'Italia non sarebbero state oggetto di umiliante
discussione in parlamento, se tutti i deputati
meridionali si fossero comportati allo stesso
modo, adoperandosi per il bene della propria
terra. Il progetto tuttavia non venne portato a
termine, ma anche se alla fine fosse stato approvato
dal governo con l'ottenimento delle relative
sovvenzioni chilometriche, non sarebbe mai stato
realizzato per i costi troppi elevati da sostenere a
carico delle comunità locali.
Agli inizi del Novecento fu proprio per l'impegno
dell'onorevole Francesco Tedesco, di origini avellinesi, che
in qualità di Ministro dei LL.PP. del Governo Giolitti, nel
1905 prese il provvedimento per la nazionalizzazione
delle ferrovie.
La decisione creò un ampio malcontento in parlamento,
facendo vacillare il Governo, tanto che Giolitti, presentando
le dimissioni al Re, indicò di affidare l'incarico di primo
ministro ad Alessandro Fortis, con il quale venne emanata
la legge n. 137 del 22 aprile 1905, che permise allo Stato di
prendere in carico l'intera rete ferroviaria del Regno,
provvedendone alla sistemazione e all'adeguamento.
Con la nascita delle Ferrovie
dello Stato si ebbero delle
conseguenze importanti per il
settore elettrico, quando le
società private, vedendosi
espropriare le reti ferroviarie,
reinvestirono gli indennizzi
statali proprio in questo settore.
Tra le ex società ferroviarie
che si trasformarono in holding
elettriche assunse presto
un ruolo di primo piano la
Bastogi, che insieme alla
Mediterranea, sottoscrissero
un aumento di capitale della
Società AEG Thomson-Houston.
21 Giovanni Giolitti
22 Tram a Parigi della Thomson
Houston
91
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
22 Sede Edison, via Foro
Bonaparte, Milano
23 Sede Edison, via Foro
Bonaparte, Milano
24 Ponte nei pressi di Brienza
della linea Atena Lucana -
Marsico Nuovo delle Ferrovie
Calabro Lucane
Nel 1908, la Bastogi insieme alla Società Meridionale di
Elettricità SME, e alla Società ginevrina Franco-Suisse pour
l'industrie Electrique, costituirono la Società per le Forze
Idrauliche della Sila, nella quale intervenne l'anno successivo
anche la Banca Commerciale, al fine di realizzare i
programmi idroelettrici che l'ingegnere Omodeo stava
studiando per la Calabria, e che nel 1911 si tradussero in un
progetto esecutivo.
La Società Mediterranea volle sopratutto reinvestire i
capitali ottenuti dal riscatto statale, avanzando una richiesta
di concessione per la costruzione della rete ferroviaria
secondaria dell'Italia meridionale, la cui progettazione
esecutiva era pronta già da tempo. Con la legge n. 580 del
27 luglio 1910, che approvava i progetti e ne affidava la
costruzione e l'esercizio a privati, la richiesta venne accolta
e l'anno dopo firmò il contratto di concessione per la
realizzazione delle ferrovie a scartamento ridotto della
Basilicata e Calabria, con qualche diramazione in provincia
di Salerno, al fine di soddisfare la domanda di trasporto
delle locali popolazioni.
La ferrovia realizzata veniva denominata Ferrovie Calabro
Lucane (FCL) con Direzione dell'esercizio a Roma, mentre
la sede milanese della Mediterranea venne acquistata
successivamente dalla Edison, dove si trasferì lasciando la
vecchia sede di Santa Radegonda.
92
2. La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno
Nel frattempo anche in Italia, come nel resto dell'Europa, si
era sviluppato l'uso delle tramvie elettriche, che si distinguevano
dalle ferrovie secondarie per avere i binari posati
direttamente sulle strade ordinarie, quindi senza sede
propria.
La prima normativa risale alla legge n. 561 del 1896, che
prevedeva la distinzione tra ferrovie e tramvie extraurbane,
consistente nella occupazione di una parte della sede
stradale per queste ultime, salvo qualche parziale deviazione
per brevi tratti del percorso per valide circostanze,
mentre per le ferrovie doveva essere costruita una sede
propria o esclusivamente riservata.
All'epoca la concessione per le tramvie extraurbane era di
competenza dell'ente proprietario della strada interessa-
35
ta, Provincia o Comune, e dal 1907 divenne di competenza
dello Stato, previo il necessario consenso alla occupazione
del suolo stradale da parte degli Enti. La legge
prevedeva la possibilità di ottenere una sovvenzione
chilometrica governativa per la costruzione e l'esercizio di
una linea tramviaria o ferroviaria, intesa ad agevolare la
realizzazione di comunicazioni coi capoluoghi di circondario.
La domanda di concessione per la costruzione ed esercizio
della tramvia doveva essere rivolta al Ministero dei
Lavori Pubblici, e autorizzata dallo Stato con decreto reale
con cui venivano accordate le sovvenzioni chilometriche
su proposta del Ministero del Tesoro.
35
Legge 16 giugno 1907 n. 540, concernente “Provvedimenti per agevolare le
comunicazioni coi capoluoghi di circondario e disposizioni relative alle ferrovie
concesse all'industria privata alle tramvie ed agli automobili in servizio pubblico”.
93
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
1 Carrozza con cavalli della SAO
di Milano
Nel 1892 la società Edison presentò un progetto di elettrificazione
della rete tramviaria urbana della città di
Milano, fino ad allora a trazione animale, realizzando
l'anno dopo una linea sperimentale da Piazza Duomo a
Corso Sempione per dimostrare i vantaggi del nuovo
sistema, così dal 1895, stipulato un contratto di concessione
con il comune di Milano, sostituì la Società Anonima
degli Omnibus (SAO) nella gestione della rete, la cui elettrificazione
fu completata nel 1901.
Per l'alimentazione a corrente alternata della tramvia, la
Edison nel 1898 inaugurò la centrale idroelettrica Bertini
sulla riva destra del fiume Adda, con l'utilizzo della diga
Poiret, nel vicino comune di Paderno d'Adda, e il Naviglio
36
come canale di derivazione.
2 Tram in piazza Duomo a
Milano fine Ottocento
3 Motrice a due assi tipo Edison
È invece nel 1896, che a seguito della iniziale normativa, il
Consiglio provinciale di Salerno si occupò per la prima
volta della concessione di una tramvia a trazione elettrica
da Salerno a Cava dei Tirreni, con la presentazione
nell'anno successivo di un progetto firmato da un gruppo
di ingegneri, tra cui l'ing. Giuseppe Tajani di Vietri sul
Mare e l'ing. Andrea Sprecher di Cava dei Tirreni, per
l'impianto tramviario nel centro urbano della città, successivamente
prolungato da Cava fino a Pompei, prevedendo
per l'alimentazione della linea una derivazione idroelettrica
sul fiume Picentino. Quest'impianto di produzione,
secondo il progettista Tajani, avrebbe potuto costituire il
centro motore di un programma di affari elettrici nella
36
Il Naviglio di Paderno è un canale artificiale parallelo al fiume Adda
realizzato per consentire la navigazione tra Milano e il lago di Como, i cui
primi studi di progetto furono eseguiti nel 1516 da Leonardo da Vinci.
94
La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno
provincia di Salerno, il cui maggiore impegno era costituito
dalla realizzazione della tramvia elettrica di 30 km dal
capoluogo fino a Pompei.
A seguito dell'autorizzazione richiesta dalla Società anonima
delle tramvie elettriche della provincia di Salerno, con
l'apporto di capitali stranieri di una finanziaria belga, i
lavori di costruzione iniziarono nel 1907, inaugurando la
prima tratta fino a Cava dei Tirreni il 4 agosto 1909, per
37
raggiungere Pompei due anni dopo.
Prima di allora si era visto in città un servizio di due piccole
vetture, omnibus trainate da cavalli, che facevano il servizio
dalla Ferrovia al Teatro comunale, intitolato in memoria
di Giuseppe Verdi nel 1901, l'anno della sua scomparsa.
Inaugurato il 15 aprile 1872, la sua costruzione venne
deliberata dal Consiglio Comunale il 1863 su proposta
dell'allora sindaco dott. Matteo Luciani, liberale ed esponente
della Destra storica, primo cittadino di Salerno del
Regno d'Italia.
Durante il mandato di Luciani il Corso Garibaldi divenne
l'arteria principale e più elegante della città, promotore
dell'installazione della prima illuminazione pubblica con
lampade a gas. Dal 1863 venne eletto Presidente del
Consiglio provinciale, cedendo la carica dieci anni dopo
all'avvocato Francesco Alario.
4 Tramvia a trazione elettrica
Salerno-Pompei
37
Per l'alimentazione della linea tramviaria, la società decise di adottare la
corrente monofase, ma con tensione diversa fra tratti interurbani e sezioni
urbane. Per la produzione della corrente monofase fu costruita una apposita
centrale termica, situata nei pressi del capolinea a Pompei, ma per la complessità
del sistema, dopo quattro anni di servizio, a partire dal 1913 si adottò un
sistema di alimentazione a corrente continua prodotta in due stazioni
convertitrici situate a Pagani e a Cava dei Tirreni alimentate in corrente
alternata trifase a 6000 Volt dalla rete di trasmissione della Società Meridionale
di Elettricità.
95
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Certificato azionario Società
Meridionale di Elettricità
Sono gli stessi ingegneri Tajani e Sprecher che due anni
prima firmano il progetto di massima per lo sfruttamento
idroelettrico del fiume Tanagro del 1895, il cui impianto
entrò in funzione solo nell'aprile del 1921, e del fiume
Tusciano, un corso d'acqua di dimensioni in realtà modeste
situato a pochi chilometri a sud di Salerno, che rappresentò
lo scopo iniziale per la costituzione della Società
Meridionale di Elettricità, SME.
Fondata a Napoli il 20 marzo del 1899, dalla blasonata e
maggiore azionista Société Financière Franco-Suisse pour
l'Industrie Electrique costituita a Ginevra nel 1898 da un
pool di importanti istituti bancari franco-svizzeri, dalla
Compagnia Napolitana d'Illuminazione e Scaldamento col Gas,
38
e dalla Banca Commerciale Italiana , con lo scopo di conseguire
“la concessione di forza idraulica del fiume
Tusciano” e “la costruzione e l'esercizio di impianti idroelettrici
per diffondere nell'Italia meridionale l'impiego
dell'energia per illuminazione, forza motrice industriale e
trazione”.
La direzione della società fu affidata al giovane avvocato
Maurizio Capuano, nella qualità di amministratore delegato.
Le parti sottoscrissero la prima serie di 4.000 azioni
rappresentanti il capitale emesso dalla Società pari ad un
milione di lire.
L'impianto idroelettrico del Tusciano, il primo ad essere
realizzato dalla SME nel Sud Italia i cui lavori ebbero inizio
6 Maurizio Capuano
7 Linea tranviaria di Napoli
inaugurata nel 1901
38
La Banca Commerciale Italiana, la cosiddetta COMIT, istituita a Milano nel
1894 per iniziativa di un consorzio di banche tedesche, e diretta da Otto Joel e
Federico Weil, sostenne la nuova struttura industriale del paese con la raccolta
di capitale di rischio per i principali settori, siderurgico, meccanico, elettrico,
chimico, trasporti e tessile.
96
La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno
il 1901, venne ultimato e collaudato nel 1905, e con lo
sfruttamento di 1900 litri di acqua al secondo ed un salto di
276,10 metri, assicurava una produzione di energia di
3.900 kW, trasportata con una linea a 30 kV fino alle industrie
di Torre Annunziata.
La portata d'acqua era stata limitata dal decreto di concessione
a 1900 litri, al fine di garantire una scorta per la
cosiddetta “riserva ferroviaria”, una forma di prelazione a
favore dell'elettrificazione delle ferrovie.
Nel 1898, il Ministero dei Lavori Pubblici emana una
circolare che prevedeva la possibilità di riservare parte
dell'energia ricavabile dai nuovi impianti idroelettrici, per
l'alimentazione elettrica delle ferrovie. Pertanto il relativo
nulla osta, rilasciato dalla Direzione Generale delle Opere
Idrauliche dello stesso Ministero, diveniva una condizione
necessaria al fine dell'ottenimento del definitivo decreto a
seguito della richiesta di una concessione di derivazione.
L'impianto del Tusciano è del tipo ad acqua fluente, con
l'opera di presa ubicata sulla sponda destra del fiume, in
contrada Acqua Bona del comune di Acerno, costituita da
uno sbarramento che devia l'acqua in un canale dissabbiatore
e immessa in una galleria a pelo libero della lunghezza
di circa 6 km, lungo la quale erano state costruite ventidue
finestre di accesso. Giunta in una vasca di carico, ubicata a
420,37 m s.l.m., con una condotta forzata si precipita fino in
39
centrale, e da qui restituita al corso del fiume.
Tra i fornitori della parte idraulica dell'impianto si rilevano
per le cinque turbine installate la ginevrina Piccard-
Pictet & Cie e per la condotta forzata la Società Nazionale
40
Officine Savigliano, SNOS.
Per la parte elettrica: la Westinghouse per gli alternatori, e la
svizzera Maschinenfabrik Oerlikon per i trasformatori che
innalzano la tensione a 30.000 Volt (30 kV).
39
Nel 1924, scaduto il vincolo per l'acqua concessa per la cosiddetta "riserva
ferroviaria", che limitava la portata a 1.900 l/s, fu installata una seconda
condotta forzata e sostituite le vecchie turbine. Nel 2001, a seguito di lavori
per il rinnovamento dell'impianto, le due condotte sono state sostituite da
un'unica condotta forzata avente il diametro di 1,2 metri.
40
La SNOS fondata a Torino nel 1880 ha rappresentato una delle più prestigiose
società industriali italiane di meccanica, elettrotecnica e carpenteria
metallica. Tra il 1887 e il 1889 realizza il ponte San Michele con struttura ad
arco in ferro che attraversa una gola del fiume Paderno, situato a poca distanza
dalle centrali idroelettriche Bertini e Esterle. Realizzato da un'unica campata
su due livelli per il traffico misto ferroviario-stradale, è lungo 266 metri e alto
85 metri al di sopra del livello del fiume. Per le sue peculiarità tecniche, il ponte
è considerato un capolavoro di archeologia industriale italiana, nonché una
delle più notevoli strutture realizzate dall'ingegneria ottocentesca.
8 Impianto idroelettrico ad
Olevano sul Tusciano della SME
9 Trasformatore Maschinenfabrick
Oerlikon
97
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
10 Progetto dell’impianto
d’illuminazione e distribuzione
elettrica nella città di Salerno
dalla linea del Tusciano, 1903
11 Planimetria di progetto per la
rete di distribuzione elettrica
della città di Salerno, 1903
Durante i lavori di realizzazione dell'impianto del
Tusciano, la Compagnia Napoletana d'Illuminazione e
Scaldamento col Gas, azionista della grande cordata della
SME, il 31 maggio 1903 inviava a firma del direttore
Capuano, la richiesta al Prefetto di Salerno per la concessione
all'installazione di un impianto di distribuzione
elettrica nella città di Salerno, per usi industriali e di
illuminazione pubblica e privata. La linea di distribuzione
si derivava dalla linea principale dell'impianto idroelettrico
del Tusciano, con una stazione di trasformazione da
installare a sud della città nei pressi del torrente Irno o
all'interno del vicino Gasometro.
La società richiedeva al Prefetto di procedere celermente al
rilascio della concessione, in quanto era intenzionata ad
iniziare al più presto le trattative con l'amministrazione
municipale per l'illuminazione del Corso Garibaldi con
lampade elettriche ad arco, in sostituzione della vecchia
illuminazione con lampade a gas, dichiarando che entro il
termine di un anno dal rilascio del decreto avrebbe completato
tutti i lavori previsti nell'allegato progetto.
98
La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno
Con decreto del 2 dicembre 1903 il Prefetto comm.
Giovanni Ferrando, autorizzava la società ad installare
l'impianto elettrico nel comune di Salerno.
Nel consiglio di amministrazione della SME, a dicembre
del 1904, si discusse sullo stato dei lavori dell'impianto del
Tusciano e sugli accordi con la Compagnia Napoletana per
la concessione di Salerno, presi definitivamente l'anno
successivo.
Ad ottobre la società aveva inviato una richiesta al Prefetto
di Salerno per l'autorizzazione ad immettere corrente alla
tensione di 3.000 Volt nella linea di trasmissione principale
fino a Pontecagnano, frazione di Montecorvino Pugliano,
dalla stazione di Olevano al palo n. 236, per fornire energia
elettrica al centro abitato tramite l'impresa elettrica locale
del cav. Gaetano Campione, che aveva ottenuto dalla SME
la concessione di 60 cavalli di potenza (44 kW).
A seguito della richiesta inviata al Prefetto il 3 febbraio
1904 dal cavaliere, l'impianto di condutture elettriche per
l'illuminazione elettrica pubblica e privata della frazione,
per l'attivazione di un mulino da cereali e per azionare
macchine agricole nel territorio comunale, fu autorizzato
con Decreto n. 28158 del 3 ottobre.
L'istanza di autorizzazione venne integrata nel mese di
agosto con la relazione tecnica, la planimetria dell'abitato
di Pontecagnano, la planimetria della rete di trasmissione,
la tavola dei tipi delle mensole per le condutture principali
e secondarie, i bracci per le lampade ad incandescenza, e
degli isolatori per la linea a 3.000 Volt.
12 Domanda di autorizzazione
inviata al Prefetto dal cav.
Campione, 1904
13 Particolari di progetto
dell’impianto d’illuminazione e
distribuzione elettrica di
Pontecagnano dalla linea del
Tusciano, 1904
99
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
14 Lavori di elettrificazione della
C i r c u n v e s u v i a n a i n i z i o
Novecento
15 Cartolina pubblicitaria della
Ferrovia Circumvesuviana
Il 29 ottobre di tenne la visita di collaudo da parte del
Genio Civile alla linea di trasmissione della SME, con il
rilascio del relativo nulla osta, e il 7 gennaio 1905 la visita di
collaudo dell'impianto dell'impresa Campione a
Pontecagnano. Il cavaliere dopo qualche anno lo ritroveremo
come consigliere delegato della Società Anonima
Lucana d'Industrie Elettriche, SALIE, insieme all'ing.
Raffaele Migliacci, che nel frattempo aveva sposato la
sorella Teodora.
In quegli stessi anni la SME era impegnata nei lavori di
elettrificazione della Circumvesuviana per conto della
Società Anonima Strade Ferrate Meridionali (SFSM), nata nel
1901 per l'esercizio ed il prolungamento della linea
Napoli-Ottaviano. Il progetto prevedeva la realizzazione
di un sistema di collegamento ad anello intorno al Vesuvio
e al monte Somma, con due tronchi esterni, uno per Barra a
Napoli e l'altro per Poggiomarino a Sarno. Per il completamento
del programma si era avvalsa dell'intervento
finanziario del gruppo svizzero Franco-Suisse che controllava
la SME, il cui obiettivo era quello di realizzare altri
tronchi ferroviari e di elettrificare l'intera linea, che diven-
41
ne per un primo tratto a trazione elettrica nel 1905.
Per l'alimentazione delle linee furono realizzate due
centrali termoelettriche, una a Napoli nel centro del vecchio
quartiere industriale, Centrale della Bufala, ed una più
potente a Torre Annunziata, il cui centro industriale stava
per essere raggiunto dall'elettrodotto dell'impianto idroelettrico
sul Tusciano.
Per occuparsi della sistemazione di una turbina a vapore
della potenza di 2000 kW, per conto della Società
42
Napoletana per Imprese Elettriche, SNIE , nel 1906 fu inviato
dalla ditta milanese Gadda & C., che costruiva macchine
elettriche e turbine idrauliche e a vapore su brevetto
41
La prima guerra bloccò per un decennio tutte le prospettive di sviluppo della
Circumvesuviana, che divenne interamente elettrificata negli anni Venti.
42
La SNIE sorta nel 1899 con capitali torinesi e napoletani, vantava nel 1904
un'ampia rete di distribuzione dei quartieri occidentali della città di Napoli, e
dei comuni a nord e a est del capoluogo. Dalla fusione con la Società Generale di
Illuminazione SGI, nacque la Società Generale Elettrica Napoletana, successivamente
incorporata nella SME. La SGI, di proprietà della Banca industriale e
commerciale e di altri finanzieri italiani e svizzeri, era sorta a Roma nel 1875 e
si era trasferita a Napoli nel 1889, dove aveva iniziato la produzione di
elettricità con quattro piccole officine termoelettriche a carbone. L'energia
veniva fornita alla Società Tramways Napoletani e utilizzata per
l'illuminazione nel centro della città. Da subito in difficoltà, nel 1893 era stata
rilevata dalla Compagnia Napoletana di Illuminazione e Scaldamento col Gas,
insieme con alcuni partners svizzeri, e affidata alla direzione di Capuano.
100
La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno
Belluzzo, l'ingegnere elettromeccanico Giuseppe Cenzato.
Due anni prima, durante un soggiorno alla sede di Baden
della Brown Boveri & Company, aveva maturato
un'esperienza a livello europeo sull'installazione e attivazione
di turbine, dinamo e trasformatori.
Nel 1907 divenne capo ufficio impianti del Tecnomasio
Italiano Brown Boveri di Milano, che nel frattempo aveva
43
assorbito la Gadda.
In quello stesso anno l'ingegnere Tajani, in qualità di
consulente tecnico della SME, firma un progetto per la
realizzazione di una ferrovia a scartamento ridotto, che da
Salerno, passando per Vietri doveva raggiungere Amalfi.
Nel frattempo la società diede inizio ai lavori per la costruzione
dell'impianto idroelettrico di Prata Sannita sul Lete
della potenza di 5000 kW, sul versante meridionale del
Matese, completato tre anni dopo con le stesse forniture
idrauliche dell'impianto del Tusciano e del materiale
elettrico fornito dall'AEG.
16 Giuseppe Cenzato, Napoli
1916
43
Il soggiorno napoletano offrì all'ingegnere Cenzato anche l'occasione di
rivelare le sue capacità tecniche a Maurizio Capuano della SME, nominandolo,
nel 1912, direttore tecnico della consociata SNIE per controllarne la
gestione.
17 Turbinen-Fabrik AEG
dell’architetto Peter Behrens,
1909
101
18 Interno dello stabilimento
AEG a Berlino, 1908
Capitolo VI
La Società Idro-Elettrica Lucana, SIEL
L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
È in questo particolare periodo storico, caratterizzato dal
pieno sviluppo dell'industria idroelettrica e delle applicazioni
nel settore della pubblica illuminazione e dei trasporti,
che, il 14 luglio 1907, gli ingegneri Pietro Manzi e i
fratelli Guglielmo e Guiscardo Pinto, presentarono ai sensi
della legge del 1884, allora vigente, e del successivo regolamento
sulle derivazioni di acque pubbliche, una domanda
con il relativo progetto di massima a firma di Guiscardo
per lo sfruttamento idroelettrico del fiume Calore, assicurandosi
in questo modo la priorità temporale in base alla
data di presentazione, che all'epoca era l'unico criterio per
ottenere una nuova concessione di derivazione d'acqua.
Nel rispetto di quanto prescritto dal regolamento il progetto
era composto dalla relazione tecnico descrittiva, dal
piano generale, dal profilo longitudinale, dalle sezioni
trasversali tipo, dai disegni delle principali opere idrauliche
e dal calcolo sommario della spesa.
L'ingegnere Pietro Manzi, domiciliato a Salerno, ma di
origine Lucana, era nato il 30 settembre 1861 ad Accettura,
un paesino in provincia di Matera, edificato su di una
collina a 770 metri s.l.m. da cui domina la valle del torrente
Salandrella, che dà origine al fiume Cavone. Da quei
luoghi della Lucania interna ben conosceva queste località
del Cilento, molto simili geograficamente alla sua terra di
origine, che ricoperta per metà da pascoli e boschi era
segnata dal corso d'acqua del torrente.
Da qualche anno stava seguendo gli sviluppi
dell'illuminazione e della tramvia elettrica nel capoluogo, i
cui lavori di costruzione ebbero inizio proprio in
103
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
1 La vecchia stazione di
Capaccio-Roccadaspide
quell'anno, maturando l'idea di realizzare una linea
tramviaria e l'illuminazione nel Circondario di Vallo della
Lucania con l'utilizzo dell'energia prodotta dalla derivazione
sul Calore.
L'ingegnere Pietro Manzi era amico e collega dei fratelli
Roberto Guiscardo e Guglielmo Pinto di origine pugliese,
nati a Foggia. Come riferì lo stesso Manzi, fu lui insieme a
Guiscardo, ad occuparsi personalmente della redazione
del progetto di massima per le opere di derivazione dal
Calore e per la costruzione ed esercizio della tramvia
elettrica fra la stazione ferroviaria e la città di Vallo, per il
trasporto di merci e persone, impiegando due anni di
lavoro per i successivi studi di approfondimento fino alla
redazione del progetto definitivo.
Si può dire che tutto cominciò qualche mese prima, nella
primavera del 1907, con il disgelo delle nevi sui versanti
del monte Cervati e la portata del corso d'acqua al massimo
regime, quando i due ingegneri per eseguire le necessarie
misurazioni decisero di compiere dei sopralluoghi
sul fiume Calore, e partendo da Salerno, arrivare a Felitto
dopo un lungo e sfiancante viaggio.
Di buon mattino, saliti alla stazione di Salerno a bordo di
un treno diretto a Sapri, trainato da una sbuffante locomotiva
a vapore del gruppo 320, di costruzione Ansaldo 1905
44
ereditata dalla Rete Mediterranea , si fermarono alla
stazione di Capaccio da cui era più semplice raggiungere
l'antico borgo medievale di Felitto.
Superato il ponte di ferro sul fiume Sele, iniziava a delinearsi
a levante la catena montuosa del monte Soprano, su
44
Queste locomotive numerate RM 3601–3700 nel parco macchine della Rete
Mediterranea confluirono nel nuovo gruppo 320 delle Ferrovie dello Stato.
104
La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
cui un tempo sorse il vecchio centro abitato di Capaccio,
che congiungendosi con i contrafforti di Monteforte
Cilento e Magliano Nuovo, chiudeva a ponente la valle da
raggiungere, nella quale scorrevano le copiose acque del
fiume Calore. Scesi alla stazione, nel bel mezzo della
pianura di Paestum, e saliti questa volta su di un carretto a
trazione animale, piuttosto scomodo, carico di bagagli,
strumenti di rilevazione, un barometro a mercurio ed un
45
termometro per le livellazioni barometriche , blocco
notes, la cartina topografica militare, regolo calcolatore,
una serie di paline da misurazione bianche e rosse, proseguirono
il viaggio lentamente per la sconnessa e polverosa
via provinciale per Roccadaspide. Costeggiando il boscoso
versante orientale del monte Vesole e Chianiello, attraversato
Castel San Lorenzo, dopo aver valicato il ponte sul
Calore in località Casale, giunsero finalmente in paese
soltanto a tarda sera.
Dopo una sosta a Felitto di qualche giorno, necessari per
completare gli studi e i rilievi per la redazione del progetto,
ripresero la via del ritorno, salendo sul treno viaggiatori
diretto a Sapri, che da Capaccio li portasse questa volta alla
stazione di Vallo scalo.
2 La vecchia stazione di Sapri
con una locomotiva a vapore in
primo binario
45
La livellazione barometria consiste nella misura della differenza di quota fra
due o più punti al fine di determinare la loro quota, definita come la sua
altezza rispetto ad una superficie di riferimento che generalmente viene presa
sulla superficie del mare.
La misurazione viene effettuata dalla rilevazione della pressione atmosferica,
con uno strumento detto barometro a mercurio, il cui valore varia in funzione
della quota del punto in cui si misura, ed è influito ulteriormente dalla
temperatura dell'aria, misurata da un termometro. Con un'appropriata
formula matematica e con i valori misurati con i due strumenti si può risalire
con sufficiente approssimazione alla quota altimetrica.
105
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Planimetria di progetto
dell’impianto idroelettrico di
Felitto
Da qui poterono effettuare gli ultimi studi
eseguendo i rilievi lungo la strada carrozzabile
che conduceva a Vallo, la cui sede sarebbe
stata occupata per una parte dai binari della
tramvia elettrica. A quei tempi la strada era
transitata da una corsa di diligenza per
Salerno, passando per Prignano, da qualche
carretto per collegare la stazione con il centro
cittadino e da numerosi asini carichi di materiale.
Da Vallo si diramavano altre due vie
carrozzabili provinciali, una lo collegava a
Stio, raggiungendo Laurino e Felitto, e l'altra a
Cuccaro Vetere fino a Sanza, che insieme al
tratto proveniente da Salerno rappresentano il
vecchio tracciato della Strada Statale 18,
Tirrenia Inferiore.
Con il soggiorno a Vallo furono eseguiti tutti
gli studi e i rilievi, potendo finalmente fare
ritorno a Salerno, dove, presso lo studio di
Roberto Guiscardo, venne redatto il progetto
di massima per la derivazione dal fiume
Calore e per la realizzazione della linea tramviaria.
Completati gli elaborati, a luglio inviarono
al Ministero dei Lavori Pubblici la
domanda di concessione di derivazione,
avviando la fase di istruttoria; al comune di
Vallo della Lucania l'istanza per il consenso
all'occupazione del tratto interno all'abitato,
sul quale sarebbe dovuta transitare la tramvia
elettrica, e all'amministrazione provinciale
per la concessione di occupazione della strada
rotabile. Alla presidenza della Provincia
all'epoca c'era l'onorevole ottantenne
Pasquale Atenolfi, personalmente interessato,
come i suoi nipoti Talamo i figli della sorella
Chiara, al collegamento della stazione con il
capoluogo, la cui linea sarebbe passata in
prossimità delle sue proprietà a Castelnuovo.
Il progetto di massima per lo sfruttamento
idroelettrico del fiume Calore, in origine
prevedeva una derivazione di tredici moduli
di acqua alla quota 184 metri sul livello del
mare, utilizzando un dislivello di 54 metri
dalla presa alla restituzione, e di metri 40,40
106
La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
fra i peli di acqua morti a monte e a valle del meccanismo
motore, con una produzione di 533 cavalli.
Con una nota del 26 marzo 1908, a firma del Prefetto, nel
ruolo di presidente della Deputazione provinciale, ottennero
la concessione per l'occupazione di parte del suolo
stradale sulla rotabile per Vallo; con Decreto del 1909, a
seguito dei nulla osta delle altre amministrazioni competenti,
l'ammissione della domanda in istruttoria con la
dichiarazione di pubblica utilità dell'opera di derivazione
sul fiume Calore. Il progetto definitivo approvato dal
Genio Civile, come descritto in precedenza, ha previsto
l'utilizzo di un dislivello di 39 metri con un salto utile di
37,40 metri, inferiore di tre metri rispetto al progetto
originario.
Con la successiva legge per la concessione e costruzione
delle ferrovie, la n. 444 del 12 luglio 1908, in base all'art. 18
il Governo fu autorizzato a concedere per la costruzione e
l'esercizio di tramvie extraurbane, sovvenzioni annue fino
a 1500 lire al chilometro per un periodo non maggiore di 50
anni, e fino a 2000 lire a chilometro per le tramvie extraurbane
in regioni montuose, oppure destinate a congiungere
capoluoghi di provincia o di circondario ad una prossima
stazione ferroviaria o ad un approdo marittimo, lacuale o
fluviale.
Alla tramvia elettrica per Vallo spettava dunque la sovvenzione
maggiore. A seguito del consenso ottenuto per
l'occupazione della strada provinciale, occorreva ora
aspettare l'istruttoria presso il Ministero dei Lavori
Pubblici e del Tesoro, al fine di ottenere le sovvenzioni e
giungere al rilascio del decreto definitivo per l'esercizio
della linea tramviaria.
Un collegamento diretto dalla stazione ferroviaria risultava
necessario per raggiungere rapidamente il capoluogo
di Circondario, che all'epoca rappresentava un centro
amministrativo e di servizi per tutto il Cilento; residenza
del Vescovo con il seminario, sede di Sottoprefettura, di
Delegazione di Pubblica Sicurezza, del Tribunale circondariale
con le carceri, di una Compagnia di Gendarmeria,
di una Guarnigione di soldati, di quattro Compagnie di
Guardie Nazionali, della Camera notarile, del Distretto
per l'esazione di tasse ed imposte, degli Uffici finanziari,
del Catasto, del Genio Civile, dell'Ufficio postale e telegrafico,
divenendo luogo di residenza di impiegati, avvocati e
professionisti.
107
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
4 La sede di sottoprefettura e il
municipio a Vallo della Lucania
nel 1908
5 Sede milanese della Banca
Commerciale Italiana
Ora, giunti a questo punto, era fondamentale risolvere il
problema maggiore, bisognava reperire i capitali per la
realizzazione dell'opera, altrimenti si rischiava il fallimento
dell'intero programma.
In generale la storia dell'industria elettrica e dei trasporti è
stata sempre caratterizzata da uno stretto legame con
quella finanziaria, la ingente quantità di capitale occorrente
alla realizzazione delle opere dava luogo ad una grande
mobilitazione di risorse, alimentando a sua volta un
consistente mercato dei titoli azionari o obbligazionari.
In questo sistema le banche svolsero un ruolo determinante
nel rastrellamento dei capitali occorrenti, fungendo da
tramiti naturali fra il mercato e le maggiori società elettriche
o le aziende ferroviarie nelle quali intervenivano con i
loro rappresentanti nei consigli di amministrazione, come
avveniva per la Banca Commerciale Italiana.
108
La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
Dunque l'unico modo di reperire i capitali era la costituzione
di una società anonima per azioni che avrebbe consentito
di esercitare l'attività, dove la partecipazione dei soci al
capitale sociale poteva essere rappresentata da azioni a
loro assegnate in proporzione alla parte di capitale da essi
sottoscritta, versate ad un Istituto di credito.
Per raggiungere lo scopo, i due ingegneri si rivolsero ad
alcuni autorevoli cittadini dei paesi più vicini al capoluogo
del Circondario che potevano essere interessati al programma
d'investimento industriale, affinché organizzassero
un comitato promotore per la costituzione di una
società, il cui scopo era di sfruttare l'energia elettrica
ricavabile dalla concessione, per illuminazione e forza
motrice, e di usufruire dei notevoli vantaggi concessi con
la legge del 1908 per costruire e gestire la tramvia dalla
stazione ferroviaria al capoluogo, per il trasporto di merci
e persone.
Nonostante il mercato fosse meno ricettivo delle più
avanzate piazze europee e di altre regioni del Regno,
grazie alla sicurezza di opportuni sussidi destinati ad un
servizio di pubblica utilità, e alla fiducia rimessa sui ricavi
derivanti dalla distribuzione dell'energia elettrica e dalla
gestione di una linea di trasporti su rotaia, destinata ad un
movimento di massa, anche in questa area isolata
dell'Italia Liberale, la proposta fu accolta con grande
entusiasmo da un èlite di signori locali, incentivati ad una
partecipazione attiva nell'affare di inizio secolo: la produzione
di elettricità e la sua utilizzazione.
Il costituito comitato era composto dai signori Gaetano
Passarelli, Giuseppe Ippoliti, Armido Rubino, Enrico
Solari, Francesco Ebner e Leopoldo Stromillo, tutti con una
notevole capacità d'influire sulla vita politica, economica e
sociale del Circondario.
Redatto uno statuto societario, lo divulgarono immediatamente
nei paesi interessati con lo scopo di promuovere la
costituzione della società, riscuotendo fin da subito numerose
adesioni sia da parte della ricca e media borghesia
locale, sia da parte di piccoli risparmiatori, negozianti,
artigiani ed agricoltori, tutti interessati allo stesso modo ad
un intervento diretto nel sicuro affare.
Per l'adesione alla società, così come prevedeva il Codice
del Commercio del 1882 che disciplinava la materia commerciale
e delle società, a seguito di un avviso del presidente
pro tempore Passarelli, di febbraio 1910, i soci
6 Da sinistra: Francesco Ebner,
Gaetano Passarelli, Giuseppe
Ippoliti e signora, Fiuggi 1920
109
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
7 Atto costitutivo della Società
Idro-Elettrica Lucana, 25 giugno
1910
versarono presso la Cassa di Risparmio Salernitana una
somma pari ai tre decimi dell'ammontare delle azioni
rispettivamente accettate, affinché li depositasse a sua
volta presso un Istituto di emissione. Raggiunta la somma
di 60.000 lire, la Cassa li depositò a giugno presso la
succursale di Salerno della Banca d'Italia.
Il giorno quindici di quel mese, l'Ufficio del Genio Civile di
Salerno trasmetteva alla Regia Prefettura il disciplinare in
base al quale si doveva emettere il decreto definitivo di
concessione di derivazione, e comunicava che prima
dell'accettazione dello stesso, i concessionari dovevano
versare alla Cassa del competente Ufficio Demaniale, due
annualità del canone a titolo di cauzione e garanzia della
perfetta osservanza degli obblighi della concessione.
La società a questo punto doveva essere costituita così da
subentrare come definitiva titolare delle istanze di concessione
già inoltrate. Pertanto l'ingegnere Manzi inviò una
richiesta al Prefetto e al Ministero dei LL.PP. affinché l'atto
di sottomissione ed il decreto di concessione della derivazione
e della tramvia fossero intestati alla costituenda
società, ed in accordo con il comitato promotore stabilirono
la data del 25 giugno per la stipula dell'atto costitutivo,
allo studio del notaio Domenico Penza, presso l'abitazione
di Casalvelino.
Il palazzo Penza è ubicato in via salita Velina nella parte
alta del paese di Casalicchio, così come si chiamava il
vecchio borgo di Casalvelino prima che gli venisse sostituita
l'antica denominazione con quella attuale in seguito al
Regio Decreto 1893. Anche in quel palazzo fu ospitato il
geologo De Giorgi nel suo viaggio nel Cilento, accompagnato
poi dai padroni di casa a visitare le rovine della
leggendaria città di Velia.
Il 25 giugno 1910 nello studio del notaio fu così costituita la
Società anonima per azioni con la denominazione di
Società Idro-Elettrica Lucana con sede a Vallo della
Lucania in Piazza Vittorio Emanuele, con un capitale
sociale iniziale di 220.000 lire, diviso in 2.000 azioni del
valore nominale di 100 lire ciascuna, e 200 azioni per lire
20.000 da corrispondere per metà ad ognuno dei progettisti
nel momento in cui la società avesse dato inizio
all'esercizio dell'attività industriale, e 10.000 lire in contanti
così come pattuite quando fosse iniziata la costruzione
delle opere di derivazione e dell'impianto sul fiume
Calore.
110
La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
Tutti i costituiti intesero procedere alla nomina del primo
consiglio di amministrazione al quale venne affidata la
gestione della società, rimanendo in carica fino
all'assemblea ordinaria del 1912.
Per unanime consenso furono nominati come componenti
del consiglio, i signori azionisti, Gaetano Passarelli,
Eduardo Talamo, Antonio De Hippolitis, Giuseppe
Ippoliti, Armido Rubino, Pietro Severini, Tommaso
Torrusio, Giovanni Scorzelli e Prospero Volpe; e del
collegio dei Sindaci effettivi, come organo di vigilanza per
il rispetto delle leggi e dello statuto, i signori Francesco
Ebner, Scipione Pinto e Tommaso Lillo, e come supplenti
Raffaele Palumbo e Tommaso Campanile.
Nella stessa sede fu deciso, che una volta completati gli
studi definitivi per le opere di derivazione e per
l'illuminazione nei paesi compresi tra Felitto e Vallo,
qualora il consiglio di amministrazione avesse ritenuto
non sufficiente il capitale sociale sottoscritto, restava
autorizzato a procurarsi la restante somma necessaria con
un aumento di capitale fino ad altre 100.000 lire con
l'emissione di altre azioni o obbligazioni, o appaltando
l'opera con la condizione che il credito residuo vantato
dall'assuntore dei lavori e dei relativi interessi, gli fosse
pagato in un numero di rate annuali da stabilire.
Semmai il consiglio avesse preso la decisione di emettere
nuove azioni, le stesse si sarebbero dovute collocare di
preferenza tra gli azionisti che ne avessero fatto richiesta in
proporzione a quelle già possedute, informando i soci con
l'inserzione sul Bollettino degli annunzi di Salerno e con
appositi manifesti affissi al pubblico.
Costituita la società, veniva convocata per il venti dicembre
un'assemblea straordinaria dei soci presso la Casa
comunale, per discutere e deliberare, sulla relazione del
consiglio di amministrazione, in seguito all'esame e al
parere tecnico-finanziario rilasciato dall'ingegnere
Guglielmo Melisurgo, sul progetto di utilizzazione della
forza idraulica ricavabile dal fiume Calore e della tramvia
elettrica Vallo della Lucania Stazione Ferroviaria. In
considerazione dell'entità e complessità delle opere da
realizzare, il consiglio volle sottoporre il progetto degli
ingegneri Manzi e Pinto all'esame di un illustre luminare e
studioso. Melisurgo aveva appena pubblicato con l'editore
Vallardi di Milano, il Trattato generale teorico pratico
46
dell'arte dell'ingegnere civile, industriale ed architetto.
8 Statuto della Società Idro-
Elettrica Lucana
9 Guglielmo Melisurgo
111
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
10 Copertina del Trattato
G e n e r a l e d i M e l i s u r g o
pubblicato dalla casa editrice
Vallardi, 1912
Nel 1906 venne nominato dalla Società Meridionale di
Elettricità, direttore dei lavori dell'impianto idroelettrico
ad Olevano sul Tusciano, in sostituzione dell'ingegnere
svizzero Alfredo Gaulis.
Proveniva da una nobile famiglia napoletana con una
grande esperienza nella progettazione e realizzazione di
ferrovie. Giulio ed Emmanuele Melisurgo, padre e nonno
di Gugliemo, avevano affiancato Bayard nella costruzione
della Napoli-Portici, la prima linea ferroviaria italiana.
Entrambi avevano avuto una formazione internazionale a
Londra e a Parigi. Giulio Cesare, uno dei più grandi progettisti
ferroviari d'Europa, divenne nel 1863 ingegnere
delle Strade Ferrate Meridionali, e per la Società per le
Ferrovie Napoletane, costituita a Roma da imprenditori
belgi, con sede a Bruxelles, progetta la Ferrovia Cumana
realizzata tra il 1889 e il 1890, che risultò essere la prima
ferrovia metropolitana d'Italia, e la seconda al mondo
47
dopo quella di Londra.
11 Inaugurazione della ferrovia
Napoli-Portici, Museo di San
Martino, Napoli
46
Guglielmo Melisurgo, Ingegnere e Architetto, nato a Napoli il 23 Febbraio
1857, ha lavorato come ingegnere all'ufficio tecnico del Comune di Napoli dal
1883 al 1900. È conosciuto soprattutto per la dedizione dimostrata
nell'esplorazione sistematica della rete di gallerie, canali e pozzi nel sottosuolo
di Napoli, pubblicando nel 1889, a seguito delle indagini, un saggio intitolato
“Napoli sotterranea”. Fino al 1907 ha svolto il ruolo di direttore dell'ufficio
tecnico della Società per il Risanamento di Napoli, per la quale realizzò, dal
1897 al 1908, il monumentale complesso universitario su Corso Garibaldi, tra
la Stazione Centrale e Piazza della Borsa, in collaborazione con l'architetto Pier
Paolo Quaglia. Professore onorario della Scuola Superiore di Architettura
delle Belle Arti di Napoli, nel 1937 pubblica il Piano Regolatore di Napoli oltre
ad altri innumerevoli studi scientifici.
47
La ferrovia Cumana venne realizzata per facilitare le comunicazioni fra
Napoli e la costa Flegrea. Inizialmente di interesse balneare turistico, e
successivamente anche industriale, quando incominciarono a sorgere
insediamenti metalmeccanici come l'Armstrong e l'ILVA.
112
La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania
A seguito del parere positivo
dell'autorevole ingegnere, con un
avviso a firma di Passarelli, veniva
convocata per il 30 marzo l'assemblea
ordinaria, dove si discusse, insieme agli
ingegneri Manzi e Pinto, sugli ultimi
adempimenti per il rilascio della concessione
e sull'esecuzione delle opere. In
quella seduta l'assemblea elesse presidente
il dott. Armido Rubino, e autorizzò
il ritiro di tre decimi delle azioni
già versate per le successive spese. Il 21
agosto, la società provvedeva al versamento
di 4.201,62 lire per il rilascio della
concessione, pari a due annualità del
canone a titolo di cauzione.
Così l'undici settembre sarà il presidente
Rubino a sottoscrivere il disciplinare
di concessione, come stabilito dal regolamento
sulle derivazioni di acque
pubbliche, e il 24 settembre 1912, il
definitivo Decreto rilasciato a firma
dell'allora Prefetto di origini napoletane
dott. Gennaro Bladier.
Prefetto da settembre 1911 fino ad agosto 1914, anno in cui
fu inviato alla prefettura di Pavia, per i suoi capelli bianchissimi
rigidamente a spazzola e con i baffi ugualmente
bianchi, grossi e folti tirati accuratamente in su, a sua
insaputa era conosciuto con il nomignolo di capa 'e gesso,
proprio per il suo bianco volto.
E di baffoni, allo studio del notaio Penza il giorno della
costituzione della società, ce ne erano veramente molti,
iniziando dal presidente Rubino, con i suoi capelli neri a
spazzola e i grossi baffi curvati all'insù dello stesso colore.
Quegli anni di inizio secolo corrispondono all'ultimo
periodo di un'epoca in cui i grandi baffi, le basette, e le
barbe erano proprio alla moda, un simbolo di potere e di
maturità maschile.
Con il rilascio della concessione e l'inizio della costruzione
dell'impianto, nell'assemblea ordinaria generale fissata
per il 31 marzo 1913 a Vallo della Lucania, si discusse sulla
relazione del consiglio e dei sindaci, sul bilancio al 31
dicembre 1912 e sulla tramvia Vallo-Stazione.
12 Ritratto di Armido Rubino,
inizio del Novecento
113
13 Vallo della Lucania agli inizi
del Novecento
Capitolo VII
Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti della SIEL
Sul foglio delle inserzioni della Gazzetta Ufficiale del
Regno, di venerdì primo marzo 1912, venne pubblicato
l'avviso di convocazione dell'assemblea generale degli
azionisti per il giorno 30 marzo, in prima convocazione, e
nel caso non si fosse raggiunto il numero legale, il 3 aprile
in seconda convocazione. All'ordine del giorno compariva
l'approvazione dei bilanci 1910-1911, le comunicazioni del
consiglio di amministrazione e la nomina delle cariche
sociali.
In seguito all'assemblea, la presidenza del consiglio di
amministrazione della SIEL rimase al cav. uff. Armido
Rubino, medico chirurgo di Vallo della Lucania dove
nacque il 14 maggio 1861, residente alla frazione di
Angellara in un palazzo che ampliò negli anni Trenta in
tardo stile Liberty, dove sulla porta d'ingresso fa bella
mostra una cornice in pregevole stucco che contorna le sue
iniziali, AR.
Un democratico liberale, formatosi tra le file della sinistra
storica di De Pretis, rispettato e conosciuto nella società
dell'epoca, per moltissimi anni comandò la vita politica di
Vallo, nel cui Mandamento fu eletto consigliere provinciale.
Persona molto colta e onesta, riscuoteva abbondanti
consensi per il suo costante impegno professionale che
considerava una vera e propria missione di solidarietà,
raggiungendo i suoi pazienti col suo immancabile calesse.
Venne nominato membro del Consiglio provinciale di
Sanità nel triennio 1903-1905.
Tra gli azionisti appariva anche la sorella del dottore, la
signora Maddalena, e la sposa, la signora Carmela Cobellis
di Vallo e i fratelli, Nicola ed il dott. Leopoldo, che negli
anni Venti iniziava la costruzione di una Casa di Cura.
1 Il centro abitato di Angellara e
in alto Novi Velia
115
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Giovanni Pesce
3 Angelo Pesce
4 Telegrafo Western Electric
Italiana, Milano
La vice presidenza fu assunta dal cav. Cesare Pesce di
Laurino, socio azionista insieme ai due fratelli, Giovanni e
Angelo.
Giovanni, canonico della collegiata di S. Maria Maggiore e
direttore della Scuola Agraria con annesso giardino per gli
esperimenti, fondò la Società Operaia di Mutuo Soccorso e
la banda cittadina.
Angelo, che svolgeva la professione di avvocato, in quegli
anni fu eletto prefetto a Reggio Calabria dove arrivò per
volontà di Giolitti in occasione del terremoto del 1908. In
quella occasione fu determinante l'utilizzo della ferrovia
per i servizi di approvvigionamento e soccorso nei luoghi
del terremoto che distrusse le città di Messina e Reggio
Calabria, impegnando 4000 carri e 1000 vagoni allestiti per
l'alloggio dei senza tetto. Il padre, il cavaliere Gherardo
Pesce, circa trenta anni prima, sindaco perpetuo a Laurino
per forte volere dei suoi concittadini, anche egli aveva
accompagnato il geologo De Giorgi per un lungo tratto di
strada, quando il 13 maggio 1881 decise di ripartire da
Laurino per proseguire il suo viaggio per Vallo, nelle terre
dell'antica Lucania.
Risalendo la valle del torrente Trenico, affluente del Calore
che divideva con il suo corso i centri di Campora e Stio, il
percorso da seguire fino a Vallo veniva segnalato dalla
linea del telegrafo elettrico, i cui pali in legno gli apparivano
come sentinelle messe a guardia della sottostante
vallata. La popolazione era quindi già abituata a vedere
alcuni paesi uniti da un filo elettrico, quello del telegrafo a
corrente continua fornita da una pila o dinamo, e che nella
zona, dal 1870 circa, univa gli uffici telegrafici di Eboli,
Campagna, Capaccio, Roccadaspide, Laurino, Piaggine
Soprane e Vallo della Lucania con la stazione telegrafica di
Salerno, la cui sede venne inaugurata ad agosto del 1853,
collegata a sua volta alla linea di Napoli. Tra i primi a
proporre l'istituzione del servizio telegrafico in
provincia di Salerno è stato Francesco Alario
nella sua prima seduta del consiglio provinciale
nel 1861.
Tornando ai componenti del consiglio di amministrazione,
in qualità di socio azionista venne
eletto segretario il professore Giuseppe Di Vietri,
canonico e teologo della cattedrale di Vallo della
Lucania, dirigente di un istituto privato che
assicurava una formazione ginnasiale.
116
Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti
Il maggiore azionista, che ebbe fin dall'inizio un ruolo
determinante nell'andamento della società, e fondatore di
alcune imprese elettriche concessionarie di distribuzione,
era l'influente possidente cavaliere Gaetano Passarelli
originario di Novi Velia, residente a Vallo insieme alla
signora Anna Morra nel signorile Palazzo di famiglia.
Molto attivo nella vita politica del circondario, in quegli
anni ricopriva la carica di sindaco del comune di Vallo
della Lucania, eletto nel 1909 dopo lo scioglimento del
consiglio comunale, dispensando il suo impegno per la
rinascita civile ed economica della città, convinto sostenitore
delle nuove opportunità offerte dal progresso tecnologico
nel settore della produzione elettrica e dei trasporti.
Tra gli azionisti compariva anche suo cognato, il cavaliere
Vito Morra, colto e agiato signore di Magliano Vetere,
residente a Capizzo, anche lui fondatore di un'impresa
elettrica per la distribuzione di energia.
Vito ereditò da suo padre, oltre che le proprietà e il notevole
Palazzo di Albanella, acquisite dal matrimonio con
Gaetana Albini di nobile casato, anche la passione per la
scienza e la tecnica, infatti Alfonso Morra, conosciuto
come ingegnere, si diplomò nel 1872 in matematica presso
la Regia Università di Napoli. All'epoca l'ammissione alla
Regia Scuola di Applicazioni per gli Ingegneri, era riservava
ai laureati in matematica, e la durata degli studi era
48
fissata in due anni.
Il 1910, l'anno di costituzione della società, Vito annuncia
nel mese di marzo il suo matrimonio con Elisa, la figlia del
cavaliere Pietro Avenia di Finocchito, con la gradita
partecipazione alla cerimonia di suo cognato Gaetano, e
alla fine di questo anno fortunato, la nascita della figlia
Maria a dicembre.
Tra i soci azionisti della SIEL non poteva mancare il pioniere
di Laurino, il cavaliere Raffaele Marotta, e suo fratello
Gaetano, sacerdote nel piccolo centro. Parente del cavaliere
era il conterraneo e valente avvocato Giuseppe Ippoliti,
consigliere provinciale, promotore e socio azionista,
5 Gaetano Passarelli
6 Famiglia Morra, 1928 (seduto a
destra Vito Morra, a sinistra il
padre Alfonso)
48
Successivamente, alla fine del secolo, gli statuti delle Regie Scuole di
applicazioni per gli Ingegneri in Italia, ormai unificati, stabilivano che
potessero essere ammessi studenti muniti di licenza Fisico-Matematica, e che i
corsi avessero durata triennale, conducendo al conseguimento del titolo di
Ingegnere civile o di Architetto. A Napoli, nel 1887 il professor Guido Grassi
fondò la Scuola di Elettrotecnica, e nel 1901, il professor Gaetano Bruno,
ordinario di Costruzioni Idrauliche, fondò la Scuola di Ingegneria Industriale
e Navale.
117
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
7 Il matrimonio del Cav. Vito
Morra, marzo 1910. Ultimo nella
seconda fila a destra, Gaetano
Passarelli.
8 Ulisse Ippoliti
consulente legale per anni di Passarelli, che seguendo la
carriera di suo padre, il cavaliere Ulisse Ippoliti, notaio e
vice pretore del mandamento, fu nominato vice pretore
del circondario di Vallo
Sempre di Laurino, erano presenti Luigi, Angelomaria e
Raffaele Marino, quest'ultimo presidente della Società
Operaia, ed il farmacista cavaliere Salvatore Durante,
componente di una delle più importanti famiglie dell'alta
borghesia laurinense, proprio in quegli anni sindaco del
paese.
Insieme agli altri soci comparivano il notaio e avvocato
Francesco Ebner di Ceraso, promotore e membro del
collegio sindacale, papà del piccolo Pietro di appena otto
anni, divenuto in maturità il rispettato medico e instancabile
studioso di archeologia, numismatica e delle vicende
storiche che interessarono la sua terra; il monsignore Paolo
Iacuzio di Forino, vescovo di Capaccio e Vallo della
Lucania da luglio 1901 e amministratore apostolico di
Diano, promosso nel 1907 arcivescovo di Acerenza e
Matera, vi rinunziò per la plebiscitaria manifestazione di
affetto nella diocesi, nel 1917 fu poi nominato arcivescovo
di Sorrento; il cavaliere Francesco Romano, consigliere di
Prefettura, originario di Ferrandina in provincia di
Matera; il Barone Mattia Gagliardi e suo fratello, il cavaliere
Luigi, eredi di Francesco l'ultimo intestatario del feudo
di Casalicchio, e con meraviglia l'inaspettato cavaliere
118
Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti
Francesco Priore, originario di Polla, ingegnere capo
dell'Ufficio tecnico provinciale di Salerno, che fin
dall'inizio aveva seguito la procedura amministrativa
della domanda di concessione.
Altro socio azionista con funzioni di sindaco effettivo, era
il possidente Scipione Pinto, originario di Vallo, direttore
dell’agenzia della Banca Popolare Cattolica Salernitana e
assessore nella giunta municipale con il sindaco Passarelli.
Discendente di un'illustre famiglia del casale era padre di
Pasquale, Alfredo e Nicola. Pasquale, di professione
avvocato, rivestì la carica di Commissario governativo
dell'Istituto di previdenza sociale per le provincie di
Salerno e Potenza e di Direttore della Cassa Rurale di
Vallo; Alfredo, canonico della Chiesa di S. Maria delle
Grazie, che agli inizi degli anni Venti assunse l'iniziativa di
costruire in Piazza Vittorio Emanuele un edificio da
adibire ad asilo d'infanzia, ospitando un corso di scuola
elementare; Nicola, di professione ingegnere, diverrà
l'ingegnere di fiducia del comune di Vallo, occupandosi
della direzione dei lavori per la costruzione dell'edificio
scolastico in prossimità di Piazza dei Martiri.
Dopo aver frequentato il primo anno all'Università di
Pavia, nell'anno accademico 1906-1907, si trasferì a
Bologna dove si era diplomato in ingegneria presso la
Scuola completa di Applicazione per ingegneri, avviata
all'interno della facoltà di matematica alla Regia università
di Bologna.
9 Edificio delle scuole elementati
in prossimità di Piazza dei
Martiri
10 Chiesa S. Maria della Grazie
119
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Gugliemo Marconi
12 Roberto Talamo
Cinque anni prima, il 24 marzo 1904, in
quell'università venne conferito il diploma di
laurea in ingegneria ad honorem a Gugliemo
Marconi, con l'istituzione ufficiale della cattedra di
elettrotecnica, già presente dal 1899. Il caso volle
che Nicola si diplomasse nello stesso mese e nello
stesso anno, quando a dicembre 1909 venne conferito
all'inventore italiano il premio Nobel per la
fisica a Stoccolma, per il contributo dato allo
sviluppo della telegrafia senza fili. Per il giovane
ingegnere il conseguimento del diploma nella
stessa università, il cui nome brillava insieme a
quello di Marconi, rappresentò sicuramente un
buon auspicio per la sua carriera professionale.
Un'altra coincidenza che fa onore al nome
dell'antica terra della Lucania è l'inizio della
diffusione delle apparecchiature radiotelegrafiche
sulle navi, quando la compagnia di navigazione
britannica Cunard Line dotò per la prima volta il
piroscafo Lucania e Campania di un apparato
telegrafico. Proprio sul Lucania, quando il 22
agosto 1903 dal porto di Liverpool salpa per New
York, Marconi durante la traversata dell'atlantico apporta
dei perfezionamenti per aumentare maggiormente la
distanza delle radiocomunicazioni, mantenendo regolare
la ricezione dei radiotelegrammi spediti dall'Inghilterra,
Canada e Stati Uniti. Il 7 maggio dell'anno successivo, dal
piroscafo Campania, salpato dallo stesso porto inglese,
mantenne durante il viaggio collegamenti con le stazioni
di terra e il transatlantico Lucania, iniziando la pubblicazione
regolare a bordo della nave di un bollettino quotidiano
con le notizie radiotelegrafate.
Riprendendo la presentazione dei soci, a seguire, fra i
maggiori azionisti, ritroviamo: il possidente Antonio De
Hippolitis, appartenente ad un'illustre famiglia di Vallo,
che aveva avuto un ruolo rilevante nella storia del paese, e
l'avvocato Filadelfo De Hippolitis, sindaco in carica dal
1914, che nei primi venti anni del Novecento si alterna alla
guida del comune con Gaetano Passarelli; i fratelli Talamo,
l'ingegnere Eduardo, consigliere provinciale di Salerno,
nominato componente del consiglio di amministrazione
della SIEL, e l'avvocato Roberto, originario di Avellino,
deputato di sinistra eletto al parlamento nel collegio di
Vallo della Lucania. Figura di spicco nella vita politica
120
Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti
salernitana, ex sottosegretario di Grazia e Giustizia dal
1901 a novembre del 1903 con il governo Zanardelli.
Nipoti del rimpianto marchese Pasquale Atenolfi, che a
dicembre del 1908 si spense a Cava all'età di 83 anni,
ereditarono il titolo di marchesi di Castelnuovo, riconosciutogli
poi nel 1915.
Eduardo, nato a Cava dei Tirreni nel 1858, risiedeva a
Roma. Laureato in architettura presso l'Università di
Zurigo e in ingegneria al Regio Istituto Tecnico Superiore
di Milano, frequentava da tempo gli ambienti industriali
del napoletano, protagonisti del settore elettrico e dei
trasporti su ferro. Con la nazionalizzazione delle ferrovie
nel 1905 venne nominato membro della commissione per
la riorganizzazione delle Ferrovie dello Stato.
Nel 1910, lo stesso anno di costituzione della SIEL, fu
nominato amministratore della Società anonima strade
ferrate meridionali, SFSM, per l'esercizio della
Circumvesuviana, passata agli inizi del Novecento sotto il
controllo e la managerialità della Società Meridionale di
Elettricità. Dunque, per evidenti motivi, si mostrava
interessato soprattutto alla realizzazione della tramvia
elettrica di Vallo, che tra l'altro sarebbe passata proprio
nelle immediate vicinanze del centro abitato di
Castelnuovo.
13 Il piroscafo Lucania della
compagnia di navigazione
britannica Cunard Line
14 Radiotelegramma dal
piroscafo Lucania da New York
a Liverpool, 1901
121
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
L'elenco dei soci minori e con un numero modesto di
azioni è lungo, ma tra questi si possono ricordare: il medico
chirurgo dott. Tommaso Lillo, originario di Stio, in
qualità di sindaco effettivo insieme a Giuseppe Pasca;
l'avvocato Raffaele Palumbo di Vallo, tra i sindaci supplenti;
il ragioniere Federico Petrone nato e domiciliato a
San Cipriano Picentino, in qualità di cassiere; il farmacista
Giuseppe Fortunato, agguerrito sostenitore di Talamo; il
possidente Giuseppe Feola e suo figlio Teodosio di
Campora; il negoziante Luigi Schiavo ed il fratello
Gaetano di Vallo; gli appaltatori Giuseppe e Luigi Salerno
di Castel San Lorenzo, titolari della prima ditta di servizi
automobilistici della valle del Calore; l'appaltatore Attilio
Pagliara di Salerno; il Cavaliere avvocato Nunziato Alario,
nato a Napoli e domiciliato a Moio, dove verrà eletto
sindaco; Luigi Passarelli e suo figlio, il dott. Giuseppe
medico chirurgo, persona molto attiva ed intelligente; il
possidente Angelo Gnazzo di Felitto, che richiese
all'amministrazione comunale di ottenere la concessione
di distribuzione dell'energia elettrica nel paese; e i possidenti
di Campora, Giuseppe Calabria e Antonio Casuccio,
che costituirono in società l'omonima impresa elettrica.
Tra i soci comparivano anche i fondatori della ditta Ravera
& Solari con sede a Massascusa nel comune di Ceraso, dove
costruirono una fabbrica di estratti tannici, conosciuta ed
apprezzata in molti paesi europei. Antonio Ravera, nominato
Cavaliere del Lavoro il 3 aprile 1902 per il settore
industria, insieme al fratello Giovanni, acquistarono ad
ottobre 1899 da Corradino Ferrara di San Biase, oltre a
migliaia di piante di castagni e di querce, i diritti per la
costruzione di uno stabilimento, comprendente
l'installazione di una turbina e di caldaie per la produzione
di vapore, la realizzazione di una ciminiera e vari ambienti
necessari alla lavorazione del legno e l'estrazione del
tannino, molto richiesto soprattutto per la concia delle
49
pelli. L'industria assorbì molta manodopera dai piccoli
centri di San Biase e Massascusa, riuscendo a marginare il
fenomeno dell'emigrazione che nel 1911 spopolò il territorio
del Cilento.
49
Il tannino è una sostanza presente negli estratti vegetali ed in particolare
nella corteccia di piante come la quercia, il castagno, l'abete e l'acacia, capace di
combinarsi con le proteine della pelle animale in complessi insolubili, di
prevenirne la putrefazione, e trasformarla in cuoio, rendendola impermeabile
all'acqua.
122
Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti
Il gruppo dei soci era davvero nutrito, qualche buon
elemento di forza intellettuale non mancava, e non mancò
nemmeno l'iniziativa e lo spirito di associazione, come
rimproverato spesso dagli intellettuali e studiosi del
mezzogiorno, accusando l'arretratezza di questo territorio,
e il resto dell'Italia meridionale, proprio all'assenza di
queste essenziali qualità.
In questo particolare periodo caratterizzato dai pionieri
dello sviluppo dell'industria elettrica italiana, il 10 marzo
1912 fu nominato Cavaliere del Lavoro per il suo contributo
allo sviluppo elettrico del paese, l'ingegnere di origine
calabrese Rodolfo Zehender, progettista dell'impianto
idroelettrico di Casaletto Spartano per conto della SIEB,
Società Anonima Idr-Elettrica Bussentina. Socio fondatore
nel 1906 della Società Elettrica delle Calabrie, che nel 1917
stipulò un contratto di fornitura di energia elettrica con le
Tramvie di Reggio Calabria.
Per le tramvie a trazione meccanica, in base al Testo Unico
50
del 1912 venivano confermate le medesime sovvenzioni
governative stabilite con la legge del 1908, relative alla
ferrovie, che per la tramvia di Vallo, destinata a congiungere
il capoluogo di Circondario con la stazione ferroviaria,
risultavano di 2000 lire a chilometro.
15 L’impianto idroelettrico a
Casaletto Spartano
16 Timbro SIEB
17 Tram sul Corso Garibaldi a
Reggio Calabria
50
R.D. n. 1447 del 9 maggio 1912, con cui si approvava il Testo unico delle
disposizioni di legge per le ferrovie concesse all'industria privata, le tramvie a
trazione meccanica e gli automobili.
123
18 Completamento costruzione
d e l l a c o n d o t t a f o r z a t a
dell’impianto idroelettrico della
Società Imprese Elettriche
Bussento a Casaletto Spartano
Capitolo VIII
La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto
1912-1914
A seguito del decreto di concessione del 4 settembre 1912
la Società Idro-Elettrica Lucana diede inizio agli impegnativi
lavori per la realizzazione delle opere di derivazione e
dell'impianto idroelettrico, diretti dall'ideatore dell'opera
e concessionario dei lavori l'ingegnere Pietro Manzi. Su di
un articolo pubblicato a febbraio 1914, durante lo svolgimento
dei lavori, sulla rivista Il Vigile, un settimanale
politico finanziato dall'onorevole Roberto Talamo,
l'ingegnere venne definito dal professore giornalista
Ulisse De Dominicis un “degno figlio della forte Lucania”,
“uomo incurante degli ostacoli” e tecnico di “instancabile
tenacia”.
Sullo stesso articolo continuava a scrivere che “la centrale
idroelettrica di Felitto darà anche la forza motrice alla tramvia
elettrica stazione Castelnuovo Vallo, i lavori di costruzione della
quale principieranno fra brevi mesi. Con l'aumentare
dell'erogazione di corrente è chiaro che altri complessi generatori
elettrici verranno posizionati nella centrale, che occorrendo
potrà produrre fino a 750 HP”.
A marzo di quell’anno veniva convocata un'assemblea
ordinaria in prima convocazione e in seconda convocazione
per il 28 aprile, con all'ordine del giorno la relazione del
consiglio di amministrazione, la relazione dei sindaci,
l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 1913, e la
nomina dei consiglieri dimissionari e sindaci.
In un successivo articolo del 3 maggio, pubblicato sulla
stessa rivista, veniva commentata l'importante assemblea
ordinaria degli azionisti presieduta dal cavaliere Rubino,
riunitasi il 28 aprile 1914 presso la sala del Teatro di Varietà
a Vallo.
1 Decreto di concessione del
1912 rilasciato alla Società Idro-
Elettrica Lucana
125
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Vallo della Lucania, ingresso al
Corso Garibaldi
Alla riunione intervennero la maggior parte dei soci
raggiungendo la rappresentanza di ben oltre milletrecento
azioni sociali.
La seduta venne aperta dal presidente che espose in una
chiara e lucida relazione tutto il lavoro svolto egregiamente
fino ad allora, nonostante le numerose difficoltà e le
ingiustificate diffidenze da parte di qualche socio azionista.
Fu lieto di poter assicurare che entro la fine del mese di
giugno le opere di derivazione e l'impianto idroelettrico
sarebbero divenute una lieta realtà, con l'inizio
dell'esercizio e della produzione di energia entro gli inizi
di settembre.
Il presidente a questo punto fu meritatamente applaudito
dalla platea, che elogiò il suo operato, quello del cassiere
Federico Petrone, che prestava la sua opera in maniera
disinteressata, quella dell'intero consiglio direttivo e il
lavoro dell'egregio ingegnere Pietro Manzi. Con ammirevole
attività, superando svariate e non lievi complicazioni,
continuava il suo incarico con grande impegno al fine di
assicurare la completa riuscita dei lavori.
Tra il generale compiacimento dei soci, il presidente fece
notare che parte dell'energia elettrica era già stata venduta
alle imprese concessionarie, e da tempo la società stava
lavorando attivamente per l'impianto dell'illuminazione
pubblica e privata nei comuni di Campora, Moio della
Civitella, Stio e Gioi Cilento, oltre ad impegnarsi attiva-
126
La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto 1912-1914
mente per poter iniziare anche i lavori della tramvia
elettrica Vallo città-Stazione.
Completate quindi tutte le importanti opere ritenute di
interesse e benessere sociale, nulla a questo punto poteva
mettere in dubbio che la Società Idro-Elettrica Lucana “si
sarebbe resa meritevole per queste contrade”, avviandosi “ad
una vera, insperata e grandiosa rigenerazione industriale,
economica e sociale”.
E tutto questo accadeva nonostante le innumerevoli
diffidenze che coraggiosamente aveva dovuto affrontare
per affermarsi, in questi paesi dove purtroppo è noto
quanto sia insita nella popolazione la tradizionale deplorevole
apatia per qualsiasi manifestazione di progresso e di
slancio industriale. Alla fine, il merito della Società poteva
essere giustamente valutato soltanto dopo qualche decennio,
“quando queste contrade avrebbero compreso come la loro
attuale apatia è una vera vergogna ed un delitto sociale, e solo
allora, quando tutto questo era ormai divenuto un nefasto triste
ricordo del passato, si sarebbe valutata con ammirazione la sua
grande opera”.
L'assemblea ad unanimità ratificò le nomine all'ingegnere
Dionigi De Sanctis e a Giuseppe Conforti nella qualità di
sindaci successori dei dimissionari dott. Tommaso Lillo e
ing. agronomo Vincenzo Soriello, nominati membri del
consiglio, riconfermando Giuseppe Pasca con la stessa
carica di sindaco. Infine l'assemblea approvò con votazione
unanime il bilancio della società, e su proposta dei due
soci, il Barone Mattia Gagliardi e il prof. Antonio
Castellano, deliberò un applauso finale al presidente, al
cassiere, al consiglio direttivo ed al concessionario dei
lavori ingegnere Pietro Manzi.
Durante la riunione il presidente fu felice di annunciare
che il macchinario completo per l'impianto della centrale,
spedito dalla Società Italiana di Elettricità era già arrivato da
Milano alla stazione ferroviaria di Capaccio, e sarebbe
stato trasportato dopo pochi giorni a Felitto.
Intanto i lavori proseguivano celermente, e completati con
l'installazione di tutte le apparecchiature elettromeccaniche
ed elettriche, la centrale fu inaugurata a dicembre del
1914, con una cerimonia di rito che vide l'onorata presenza
del presidente, del vice presidente della Società, il cav.
Cesare Pesce, del cavaliere Francesco Priore, ingegnere
capo dell'Ufficio tecnico provinciale, e del sindaco di
Felitto, Teodosio De Augustinis.
3 Cesare Pesce
127
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
4 Estratto delle deliberazioni del
comune di Felitto per l’anno
1914, provvedimenti per
l’impianto della luce e del
mulino elettrico (copia conforme
1960)
Il sindaco, ansioso di illuminare e portare il progresso nel
suo piccolo paese della valle, nella seduta straordinaria del
consiglio comunale del 2 agosto di quell'anno, aveva
deliberato sui provvedimenti da prendere per l'impianto
della luce in paese e dell'installazione di un moderno
mulino elettrico.
Dopo l'inaugurazione dell'impianto idroelettrico la stampa
si pronunciò con entusiasmo e orgoglio su questo
straordinario traguardo dell'uomo.
Il quotidiano Il Mattino annunciava l'evento come una
“vera pietra miliare” per l'avvenire di quelle zone, “una
meravigliosa vittoria del progresso”, determinata dalla lotta
dell'uomo sulla forza impetuosa del fiume che scorreva
vigoroso “tra le alpestri libere vette della patriottica Felitto”.
A dirigere la centrale fu scelto il capotecnico Marino
Lobello che già da settembre era a Felitto dove si era particolarmente
distinto per l'installazione della macchina e
degli impianti. Fin da giovane aveva intrapreso questa
professione con spiccata vocazione ed intelligenza, guadagnandosi
la stima delle importanti Società con cui aveva
lavorato a Milano, Benevento e Olevano sul Tusciano. In
quel mese, su proposta del Ministro dell'Interno, il dott.
Rubino con decreto del dieci settembre fu nominato
commendatore nell'Ordine della Corona d'Italia.
A questo punto, dal 1915, per i paesi del Circondario di
Vallo della Lucania iniziò un lento ed irreversibile cambiamento
verso una nuova epoca. Nell'assemblea ordinaria
del 30 marzo, tenuta ugualmente nella sala del Teatro di
Varietà, il presidente presentò un resoconto dei lavori
eseguiti per la realizzazione della grande opera, sottolineando
che parte dell'energia era già stata concessa al comune
di Felitto e alla Società Anonima Lucana Imprese Elettriche
per la distribuzione nel comune di Vallo. Insieme alla
relazione del consiglio e dei sindaci e alla presentazione
della situazione finanziaria al 31 dicembre, l'assemblea
deliberò sul collaudo e la liquidazione dei lavori svolti per
la realizzazione di tutte le opere di derivazione.
Il 19 luglio di quell'anno il presidente Rubino fu rieletto
consigliere provinciale nel Mandamento della città, il cui
sindaco era l'avvocato Filadelfo De Hippolitis, socio
azionista della SIEL, che da pochi mesi aveva ottenuto la
nomina a Cavaliere con decreto del 7 febbraio 1915, su
proposta del Ministero dell'Interno.
Con la sua amministrazione veniva dato avvio alla realiz-
128
La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto 1912-1914
zazione dell'acquedotto, una delle opere più importanti
per il paese, dove fino a quel momento il fabbisogno di
acqua era assicurato solo con tre fontane, un torrente e da
qualche pozzo, sebbene dalle ricche sorgenti di
Fiumefreddo, sul versante occidentale del monte Gelbison,
scendevano fresche e limpidi acque. La popolazione
doveva trasporla a mano, in secchi, con grande impegno e
fatica e usarla con attenzione e parsimonia. Inoltre la
qualità dell'acqua non era affatto garantita, risultando
spesso non potabile. La costruzione di un acquedotto
rappresentava il modo per rendere disponibile l'acqua nei
diversi luoghi di utilizzo, indipendentemente dalla vicinanza
dei corsi idrici, pozzi o fontane, garantendo inoltre
la qualità dell'acqua.
Nella seduta di Consiglio comunale del 5 dicembre 1914
veniva, quindi, approvato lo statuto per la costituzione di
un Consorzio idrico fra i comuni di Vallo e Novi Velia, al
fine di provvedere al rifornimento di acqua potabile. Il
progetto presentato ad aprile 1916, redatto dall'ingegnere
Cavaliere Pasquale Pistilli, di origini molisane, prevedeva
la realizzazione dell'acquedotto con una derivazione dalle
sorgenti, e delle relative opere di raccolta dell'acqua,
serbatoi, ripartitori e distribuzione negli abitati di Novi
Velia, Vallo centro e frazioni di Angellara e Massa.
A settembre, dopo l'approvazione del progetto che prevedeva
una spesa complessiva di 175.845 lire, divisa in quote
diverse fra i due comuni, veniva inviata una richiesta di
mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti per la costruzione
dell'opera.
5 Busta intestata della Società
Idro-Elettrica Lucana con lettera
manoscritta a firma dell’ing.
Pietro Manzi, 1915
129
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Nel 1881, nella visita di De Giorgi a Vallo della Lucania,
dove fu ospitato cortesemente in casa del cavaliere
Ermenegildo De Hippolitis, ispettore scolastico del
Circondario, ebbe modo di osservare le due fontane
monumentali che decoravano piazza Vittorio Emanuele e
piazza Lucana; ma apparivano soltanto dei simulacri senza
acqua, sebbene i monti nei dintorni fossero ricchi di limpide
sorgenti.
In quel soggiorno fece visita anche al santuario del Monte
Sacro, “raggiungendo il suo vertice a 1704 metri sul livello del
mare”. Superata la località detta Li barri e il Ponte della
Torna, iniziò l'ascesa al monte, costeggiando il torrente
Fiumefreddo, nella valle tra il Monte Scanno Chiuso e Tempa
Rosalia. Durante il cammino sostò presso la fontana che da
origine al fiume, e dove aveva inizio la vera via crusis: il
ripido sentiero per la vetta del monte.
Le acque di queste sorgenti, circa quarant'anni dopo, negli
anni venti del Novecento, venivano derivate dal
Consorzio idrico e imbrigliate da una ditta elettrica per
produzione di energia, con la realizzazione di una centralina
in località Ponte Torna.
6 Fontana Quattro Leoni in
Piazza Lucana a Vallo della
Lucania. Inizio Novecento
130
La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto 1912-1914
7 Certificato azionario da 100 lire
emesso il 1916 in raffinato stile
Liberty molto decorativo,
stampato dalla tipografia L.
Spera di Vallo della Lucania.
Il logo della società rappresenta
una motrice a due assi tipo
Edison per la tramvia Vallo
stazione ferroviaria.
8 Modellino di un tram a due assi
tipo Edison esposto al museo
della Scienza e della Tecnica di
Milano
131
9 Gola del fiume Calore
Capitolo IX
Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della
Società Meridionale di Elettricità
Nel notevole scenario della crescente richiesta di energia
elettrica nella provincia di Salerno, in una seduta del
consiglio di amministrazione della Società Meridionale di
Elettricità del 12 novembre 1912, si discuteva sulla possibilità
di utilizzare l'energia del Tanagro con la realizzazione
di un impianto idroelettrico da collegare alla linea del
Tusciano, intensificandone i relativi studi. Inoltre si riferiva
con orgoglio alla perfetta riuscita del funzionamento
della linea di trasporto dell'energia, dalla centrale sul
fiume Pescara in Abruzzo fino a Napoli, con un elettrodotto
lungo 188 km ad una tensione di 88 kV, che per lunghezza
e potenziale era il primo in Europa.
Gli studi per le utilizzazioni a sud del Tusciano in provincia
di Salerno, rientravano nel più ampio programma di
sfruttamento idroelettrico del meridione che nel frattempo
stava elaborando l'ingegnere Angelo Omodeo. Laureato al
Politecnico di Milano lavorava come consulente per i
maggiori gruppi elettrici italiani, per i quali elaborò gli
studi che sono alla base dei principali progetti idroelettrici
in Italia e all'estero.
Nella stessa seduta fu nominato consigliere Danil
Gauchat, vice direttore della Banque pour Entreprises
Electriques di Ginevra, meglio nota come Elektrobank,
braccio finanziario della casa elettromeccanica tedesca
AEG, assicurando il significativo ingresso di nuove forze
economiche al fianco del già presente gruppo svizzero
della Motor, finanziaria del Tecnomasio Italiano Brown
Boveri, TIBB, e della Banca Commerciale Italiana che sosteneva
la nuova struttura industriale del paese.
1 Pubblicità AEG Allgemeinen
Elektricitäts-Gesellschaft, 1888
133
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Certificato azionario della
Società Elettrica della Campania
In quegli anni la presidenza della SME era assunta
dall'ingegnere ginevrino Edmondo Aubert in rappresentanza
del gruppo finanziario svizzero, rieletto nella seduta
del 30 giugno, confermando altresì la vice presidenza a
Maurizio Capuano, amministratore delegato fin
dall'epoca della sua fondazione.
Sempre nel consiglio di novembre veniva eletto segretario
l'ingegnere Aslan Granafei, già presente nel gruppo
manageriale come amministratore della Società Elettrica
51
della Campania , di cui la SME dal 1907 divenne la prima
azionista rilevando le quote del Credito Ticinese.
Nobile dei Marchesi di Serranova, Tenente della Regia
Marina, nato a Napoli nel 1876 dove risiedeva con la
famiglia alla Riviera di Chiaia, molto legato a Capuano,
venne nominato componente del Consiglio di amministrazione
dal 1914. Aslan, insieme ai
fratelli Ugo e Giorgio, tutti militari
in carriera, erano i figli del
marchese Giuseppe Granafei e
delle principessa Iran d'Abro, che
abitualmente soggiornavano a
Mesagne, nella splendida tenuta
di Castello Aquaro, per poter
meglio amministrare l'ingente
patrimonio terriero posseduto nel
territorio di Brindisi e Mesagne.
Il Tenente, riconoscendo nuove
opportunità di investimento nel
settore elettrico e le potenzialità
di produzione di un impianto sul
bacino del Calore, della cui
realizzazione in attesa degli studi
di Omodeo se ne discuteva alla
SME già da un pò di tempo,
presentò, a nome di un'omonima
ditta, un progetto di massima per
una derivazione dal fiume Calore
e da alcuni suoi affluenti con la
realizzazione di una diga di
sbarramento.
51
La SEDAC fu costituita a Napoli nel 1906 dal Credito Ticinese e dalla Società
Anonima Italo-Svizzera di Elettricità, e dall'anno successivo controllata dalla
SME come prima azionista. Nel 1910 la società acquistò diversi impianti dalla
Società Napoletana per Imprese Elettriche SNIE.
134
Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità
L'istanza di concessione venne inoltrata al
Prefetto di Salerno ai sensi della legge del 1884 e
del successivo regolamento, potendo assicurare,
come da pratica consolidata, la priorità
temporale della domanda.
Il progetto a firma dell'ingegnere Della Rocca,
prevedeva un'importante derivazione di 57,50
moduli di acqua dal Calore nel comune di
Felitto, e dai torrenti Sammaro e Ripiti nel
comune di Sacco, per una produzione totale di
10.450 HP, da utilizzarsi per la distribuzione di
energia elettrica per illuminazione pubblica,
forza motrice a scopo industriale e trazione,
nelle province di Salerno, Cosenza, Potenza,
Caserta e Napoli.
Nel frattempo l'ingegnere Omodeo, completato
l'impegnativo progetto esecutivo per i bacini idroelettrici
calabresi della Sila, riprese dal 1913 gli studi per le utilizzazioni
a sud del Tusciano, inviando alla SME, a febbraio
dell'anno successivo, i progetti di massima in duplice
copia per le domande di concessione di derivazione per i
fiumi Calore e Bussento del versante tirrenico.
Nella lettera di trasmissione comunicava che le due copie
delle relazioni e dei disegni di progetto, una in cianografia
e l'altra a colori per la Prefettura, dovevano essere bollate e
firmate da un ingegnere su ogni foglio.
Ad aprile 1914, nella SME ci furono rilevanti ingressi nel
consiglio di amministrazione, fra questi è importante
ricordare per il suo notevole contributo in ambito accademico,
l'ingegnere Lorenzo Allievi di origini milanesi,
nominato consigliere nella seduta del primo aprile.
Il merito scientifico è di aver dato per primo, in uno studio
del 1902 tradotto in più lingue, le formule generali, che da
lui prendono il nome, governanti le leggi del moto perturbato
(moto non permanente) dell'acqua nei tubi in pressione,
applicandole al fenomeno idrodinamico detto colpo
d'ariete e a casi pratici di apertura e chiusura delle valvole
52
di by-pass all'estremo della tubazione.
3 Angelo Omodeo
4 Lorenzo Alllievi
5 Memoria dell’ing. Allievi sul
colpo d’ariete, 1903
52
La memoria, riuscita preziosa ai costruttori di macchine idrauliche e
d'impianti idroelettrici, ebbe anche il merito di rianimare le ricerche scientifiche
e sperimentali sull'argomento, divenuto di grande importanza per il
notevole sviluppo degli impianti idroelettrici con lunghe condotte forzate per
i salti elevati. Tra i numerosi articoli, l'ingegnere pubblica nel 1932, sulla rivista
italiana L'Elettrotecnica, un saggio dal titolo “Il colpo d'ariete e la regolazione
delle turbine”.
135
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
6 Progetto di derivazione dal
fiume Calore dell’ing. Omodeo,
gennaio 1914
7 Comunicazione del Genio
Civile alla SME, 10 marzo 1918
Nel frattempo, iniziata l'istruttoria del progetto Granafei,
l'Ufficio tecnico della Provincia di Salerno trasmetteva al
presidente della Deputazione provinciale il parere del 29
settembre 1915 a firma dell'ingegnere capo Francesco
Priore, con il quale si esprimeva favorevolmente
all'attuazione dell'impianto progettato, ma osservava che
la realizzazione del lago-serbatoio, con la costruzione
dell'imponente diga, imponeva una variazione su alcuni
tratti della strada provinciale Felitto-Laurino-Magliano,
pertanto nell'interesse dell'importante strada di comunicazione
si riservava di esaminare il progetto definitivo,
valutando a suo tempo la soluzione di variante proposta.
Con l'inizio del primo conflitto mondiale, l'ingegnere
Granafei, Tenente in carriera nella Regia Marina, partì in
missione nei mari italiani, procurandosi per il suo impegno
la successiva promozione a Primo Tenente di Vascello
e la decorazione con due medaglie al valor militare per
meriti di guerra.
Intanto la società Meridionale con l'ingresso del Tenente
nel consiglio di amministrazione aveva rilevato la sua
domanda di concessione sul Calore. Con
l'avanzamento dell'istruttoria, il Genio Civile
richiese una maggiore documentazione
tecnica integrativa, tanto che la SME, con una
nota del febbraio 1918, si vide costretta a
domandare una proroga sui trenta giorni
assegnati per la consegna di detti documenti
per il progetto della ditta Granafei, informando
e sollecitando l'ing. Omodeo nell'invio
della documentazione di progetto.
In risposta a tale nota, l'Ufficio di Salerno del
Genio Civile a marzo comunicava che per una
tassativa disposizione del Regolamento
tecnico-amministrativo non era possibile
assentire alla proroga richiesta, pertanto la
documentazione doveva essere consegnata
entro e non oltre il giorno 23 dello stesso
mese. Pertanto lo studio milanese
dell'ingegnere si preoccupò di inviare una
copia del progetto alla SME, informandola
che aveva già provveduto personalmente
all'invio della documentazione al Genio
Civile al fine di rispettare i tempi di consegna
assegnati.
136
Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità
Il progetto Omodeo consisteva nella
derivazione e realizzazione di un serbatoio
sul fiume Calore da Laurino a
Felitto, con la costruzione di una diga di
ritenuta alta 65 metri, impostata sulle
compatte rocce calcaree, in prossimità
del vecchio ponte a schiena d'asino in
pietra, lungo la mulattiera di Magliano
Nuovo, in una stretta rocciosa alla quota
di fondo di 240 metri circa.
La capacità del serbatoio in funzione
dell'altezza di progetto dello sbarramento
ed in base alle quote delle carte
topografiche dello Stato Maggiore,
opportunamente completate da una livellazione barometrica
eseguita sul posto, era pari ad un volume di 40 milioni
53
di metri cubi d'acqua. Il fondo costituito essenzialmente
da galestri e arenarie ricoperte di argilla, risultava sicuramente
impermeabile.
Per il bacino imbrifero, con una superficie di 188 kmq, si
calcolava un deflusso medio di 20 litri per kmq, corrispondente
a 3,75 mc al secondo, e una portata media per quattro
mesi di magra ordinaria di circa 0,75 mc.
Per ottenere un deflusso continuo costante utilizzabile di
3,75 mc, occorreva una capacità utile del serbatoio di 30
milioni di mc, quindi con un serbatoio di 40 milioni ci si
poneva al sicuro nel caso ci fossero stati periodi di magra
di durata ed intensità eccezionali, oltre ad ottenere
all'occorrenza un'integrazione di potenza nel periodo
estivo per altri impianti.
Il canale di derivazione da realizzare lungo la sponda
sinistra del fiume con una galleria forzata della lunghezza
di 5 km, adduceva l'acqua ad un pozzo piezometrico, da
cui con una condotta metallica di 221.800 kg di peso,
raggiungeva la centrale ubicata a valle del ponte di Felitto
a circa 1500 metri dal centro abitato. Con un salto di 150
metri, tenuto conto delle perdite di carico, e una restituzione
alla quota di 135 metri circa, avrebbe prodotto una
potenza continua costante di 5650 HP, per una quantità di
energia annua di 31 milioni di kW.
53
Per avere un'idea dimensionale del serbatoio proposto per il Calore, si può
fare riferimento alla capacità di un serbatoio simile realizzato con la costruzione
della diga sull'Alento dal Consorzio Velia, visibile dalla variante alla SS 18
per Vallo della Lucania, la cui capacità utile è di 26 milioni di metri cubi
d'acqua.
8 Ponte medievale di Magliano
sul fiume Calore
137
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
9 Planimetria di progetto per la
derivazione dal fiume Calore da
laurino a Felitto, marzo 1918
La centrale era progettata per contenere quattro gruppi di
turbine a reazione con alternatori da 2700 HP ognuno, di
cui uno di riserva, con i relativi quadri di manovra e trasformatori.
La centrale era collocata alla distanza di 30 km da quella
del Tanagro e a 42 km da quella di Olevano sul Tusciano.
L'impianto aveva inoltre la possibilità di un eventuale
ampliamento, con le acque di un affluente del Calore, il
torrente Ripiti, dove si trova una sorgente della portata
media di due metri cubi al secondo. Con un canale a pelo
libero, l'acqua della sorgente poteva essere condotta nel
serbatoio, aumentando la portata media di 2000 litri,
corrispondente ad una potenza di 3000 HP pari a 16,5
milioni di KW, per un totale di 47,5 milioni.
La spesa totale calcolata per la realizzazione era stimata a
un valore massimo di sette milioni di lire, raggiungendo
dieci milioni se si fosse considerata l'ipotesi
dell'ampliamento di potenza.
Con il progetto così proposto si sarebbe realizzato al centro
della provincia di Salerno uno degli impianti più grandi
fino al allora realizzati nell'Italia Meridionale, il cui proposito
era la produzione di energia elettrica da distribuire
138
Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità
oltre che nella stessa provincia, in quelle di Cosenza,
Potenza, Caserta e Napoli, per illuminazione pubblica e
privata, e per forza motrice, trazione e altri usi industriali,
ferrovie e tramvie.
Per lo studio del progetto di derivazione sul fiume Calore,
la SME aveva informato in anticipo l'ing. Omodeo della
utilizzazione idroelettrica già presente in zona della Società
Idro-Elettrica Lucana con la costruzione di un impianto a
Felitto, per tenerla in debito conto nella redazione del
progetto. In merito dunque al noto impianto, l'ingegnere
nella relazione tecnica chiariva che in zona era in corso di
realizzazione, con insufficienza di mezzi, un impianto con
un salto di appena 40 metri per una potenza di 800 HP,
ridotta nei periodi di magra a 200.
Tale impianto risultava dunque insignificante rispetto al
maggiore salto utilizzato dalla derivazione da lui progettata,
pertanto riteneva a questo punto che sarebbe stato
molto facile raggiungere degli accordi con i concessionari
della derivazione esistente. Il progetto verrà ripreso
all'inizio degli anni Trenta dal Servizio Idrografico del
Ministero dei LL.PP. e variato secondo le indicazioni della
Sezione di Napoli.
10 Sezione trasversale della
centrale ubicata a valle del
centro abitato di Felitto
139
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Centrale Tanagro 2° salto a
Pertosa, 1925
A marzo 1919 Omodeo firma il progetto esecutivo per la
derivazione dal fiume Tanagro, da Molino Maltempo a
Molino Panzella. Nello stesso mese il consiglio di amministrazione
della SME, che oramai aveva già acquistato una
posizione di preminenza nel settore elettrico e si stava
trasformando in una holding, decide l'istituzione di un
servizio studi e lavori e di una Direzione tecnica
dell'esercizio da affidarsi all'ingegnere Giuseppe Cenzato,
e l'inizio della realizzazione degli impianti sul Tanagro in
54
collaborazione con l'ILVA.
12 Progetto impianto idroelettrico
del Tanagro, Società ILVA
54
La società Ilva (dagli anni Sessanta Italsider) è stata fondata a Genova nel
1905, con la fusione delle attività siderurgiche della società Elba che operava a
Portoferraio, concessionaria delle miniere di ferro sull'isola d'Elba, della
Società degli Alti Forni, Fonderie e Acciaierie di Terni, e del chimico industriale
Max Bondi, proveniente da una famiglia di banchieri romani, che aveva
realizzato un altoforno a Piombino, in provincia di Livorno. La società era
stata costituita con le agevolazioni della legge per il risorgimento economico
di Napoli del 1904, elaborata dall'allora deputato Francesco Saverio Nitti, che
prevedeva entro il 1908 la realizzare di un polo siderurgico a ciclo integrato a
Bagnoli. Per lo sviluppo dell'industria siderurgica, con l'utilizzo dell'energia
elettrica per ricavare ghisa o comunque leghe ferrose a partire dal minerale di
ferro (elettrosiderurgia), la disponibilità di riserve idroelettriche rappresentava
un importante fattore strategico. Nel dicembre 1917 l'ILVA, che era già
presente nel napoletano con lo stabilimento di Bagnoli e le Ferriere del
Vesuvio di Torre Annunziata, sigla un accordo con la Società Meridionale di
Elettricità con l'obiettivo principale di “creare energie idroelettriche per trasportarle
ed utilizzarle a Napoli per lo sviluppo delle rispettive industrie”. In seguito, con
l'impegno a sottoscrivere un aumento di capitale della SME, veniva progettato
lo sviluppo in comune dell'elettrotrazione ferroviaria.
140
Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità
13 Progetto di derivazione dal
f i u m e T a n a g r o d e l l ’ i n g .
Omodeo, marzo 1919
14 Sezioni di progetto della
centrale Tangro 1° e 2° salto
141
Capitolo X
La Società Lucana per Imprese Idroelettriche
Impianti idroelettrici di Muro Lucano e Pertosa
Il 31 gennaio 1914 venne costituita a Roma la Società Lucana
per Imprese Idroelettriche, SLII, per la quale l'ingegnere
Omodeo elaborò il progetto per l'impianto a bacino di
Muro Lucano, in provincia di Potenza, assumendo la
carica di direttore tecnico della società. Il progetto preliminare
prevedeva una portata media di 600 litri al secondo
con una potenza utile di 2000 HP, per un totale di 4000 ore
annue di utilizzazione.
La società rappresenta la seconda iniziativa elettrica della
SME nel Mezzogiorno dopo l'esperienza della Sila, vedendo
solidamente impegnati oltre alla capogruppo napoleta-
55
na: la torinese UNES, Unione Esercizi Elettrici ; la Società
Tirrena di Elettricità (ex Sud Italia) controllata dalla Società
56
Adriatica di Elettricità ; la Banca Italiana di Sconto, nata nello
stesso anno con l'apporto di capitali francesi in opposizione
alla COMIT, alla cui presidenza fu eletto Guglielmo
Marconi; l'ingegnere Carlo Esterle, consigliere delegato
della Società Edison di Milano e consigliere della società
AEG-Thomson-Houston, eletto senatore del Regno appena
l'anno precedente; il banchiere dott. Luigi Della Torre
azionista della Edison, senatore del Regno, ed altri capitalisti
locali.
55
Il programma della UNES era quello di unificare in una sola azienda molti
esercizi elettrici estendendo le attività anche nel centro-sud, e la cui prima
iniziativa assunta in Campania fu la consulenza per la costruzione ed esercizio
degli impianti del Tanagro.
56
La SADE, Società Adriatica di Elettricità, venne fondata nel 1905 a Venezia, per
la costruzione e l'esercizio di impianti per la generazione, trasmissione e la
distribuzione di energia elettrica in Italia e all'estero. La società rappresentò la
base tecnica e indispensabile per la trasformazione sociale del Veneto da
agricolo a industriale, acquisendo poco alla volta varie società del Veneto e del
Friuli Venezia Giulia operanti nel settore.
1 Manifesto pubblicitario della
Banca Italiana di Sconto, 1917
2 Luigi Della Torre
143
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Francesco Saverio Nitti
4 Francesco Saverio Nitti (3° da
destra) assieme ad altri membri
della commissione italiana di
guerra negli Stati Uniti durante
la Prima Guerra Mondiale: si
riconosce Guglielmo Marconi
(2° da sinistra), 1909
L'impianto di Muro Lucano rappresenta il primo del sud
Italia alimentato da un bacino artificiale con una capacità
di 10 milioni di metri cubi, da realizzare con la costruzione
di una diga e un salto di 175 metri la cui spesa per la realizzazione
dell'invaso era interamente a carico dello Stato,
mentre alla società spettava il costo degli impianti di
derivazione e della centrale, con tutte le attrezzature
elettriche e meccaniche.
Artefice e promotore dell'iniziativa fu Francesco Saverio
Nitti che nel 1911 ricopriva la carica di Ministro
dell'Agricoltura, Industria e Commercio del governo
Giolitti, al quale il lago verrà poi intitolato, sostenendo la
modernizzazione produttiva del Mezzogiorno attraverso
l'industrializzazione, la bonifica del territorio e
l'espansione delle società elettriche, convinto che il carbone
bianco avrebbe emancipato l'Italia da uno stato secolare
d'inferiorità economica. Un traguardo da raggiungere
attraverso una politica fondata sull'unione tra intervento
pubblico e privato. Laico, fautore del liberalismo progressista
e radicale, nemico della rendita parassitaria della
borghesia meridionale e delle clientele, assertore della
modernizzazione dello Stato liberale, Francesco Saverio
Nitti, originario di Melfi, è eletto deputato nel collegio di
Muro Lucano nel 1904 e riconfermato nel 1913.
In quell'anno, come responsabile del dicastero, redige
insieme al ministro dei Lavori Pubblici, la legge sulla
realizzazione dei bacini montani per fini idroelettrici nel
Mezzogiorno e quello di Muro Lucano è stato il primo
impianto realizzato con i finanziamenti pubblici previsti
dalla legge.
La diga ad arco, impostata tra le balze rocciose in una
stretta gola del torrente San Pietro, è stata realizzata in
calcestruzzo cementizio con sezione trapezia alta 54 metri,
verticale a monte e a scarpa verso valle, con uno spessore
di 5 metri in sommità e diciotto alla base
5 Certificato azionario della
Società Lucana per Imprese
Idroelettriche del 1915
144
La Società Lucana per Imprese Idroelettriche
Dal tubo di presa inizia la condotta di carico in acciaio del
diametro di 60 cm., che attraversando una galleria scavata
nella roccia per 850 metri e due grandi avvallamenti,
poggiandosi su pilastri in muratura, raggiunge, dopo uno
sviluppo di 1683 metri, la torre piezometrica, di due metri
di diametro e 45 di altezza. Da qui inizia la discesa in forte
pendenza della condotta forzata fino alla centrale. Fra le
opere d'arte più notevoli lungo la condotta di carico, oltre
ai tubi-ponte per l'attraversamento di fossi, è presente una
grande arcata zoppa parabolica in cemento armato, rastremata
verso il centro, di 100 metri di luce e 18 di freccia, che,
su di un tratto in frana, sorregge la tubazione mediante
una serie di staffe a traliccio.
La centrale, in prossimità della strada nazionale, comprende
la sala macchine, il locale trasformatori, il quadro di
comando e l'officina riparazione. L'impianto era dotato di
due turbine Francis della potenza di 1000 HP ognuna a
1000 giri al minuto, fornite dalla svizzera Escher Wyss & Cie
di Zurigo, accoppiate ad alternatori trifase alla tensione di
3400 Volt della svizzera Brown Bovery, azienda fornitrice
anche dei trasformatori della potenza di 850 kVA e rapporto
di trasformazione da 3400 a 15000 Volt, che era la tensione
adottata dalla Società Lucana per le lunghe linee di
trasmissione.
6 Diga ad arco sul torrente San
Pietro a Muro Lucano
7 Preventivo del Tecnomasio
Italiano Brown Boveri per la
fornitura degli alternatori, 1914
145
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
8 La centrale e in fondo il centro
storico di Muro Lucano
Le linee ad alta tensione rette da tralicci metallici erano
due: la Potentina diretta a Potenza, con una diramazione
ad Avigliano, e l'Ofantina, che per Pescopagnano e Calitri
andava a congiungersi con la centralina idroelettrica
Lanari a Monticchio, alla quale cedeva energia per Rionero
e Melfi. Le due linee a bassa tensione che partivano direttamente
dalla centrale erano dirette a Muro Lucano e a Bella.
A causa di seri problemi di ritenzione delle acque, dovuti
alla fratturazione e alla forte permeabilità del suolo calcareo
e argilloso del bacino, l'impianto idroelettrico, i cui
lavori si conclusero nel 1916, entrò in funzione solo nel
1929.
In quell'anno la società, la cui sede nel frattempo venne
trasferita a Napoli, portò a termine i lunghi lavori di
impermeabilizzazione dell'invaso durati più di un decennio,
il cui costo raggiunse una somma pari a sei volte il
valore dell'intera opera di sbarramento.
9 La centrale idroelettrica
10 Il tubo piezometrico alto 54
metri
146
La Società Lucana per Imprese Idroelettriche
Quando alla fine del 1916 iniziarono le operazioni di
riempimento dell'invaso, si incominciarono a manifestare
notevoli perdite fino a raggiungere 1600 litri al secondo,
arrivando al punto di sospendere ogni altro lavoro per il
completamento dell'impianto.
Nel 1918 venne proposta l'impermeabilizzazione delle
fratture di alcune rocce calcaree e del fondo del bacino
dopo la messa in opera di uno strato di argilla, con una
nuova tecnica che prevedeva l'utilizzo della gunite, una
speciale malta di sabbia, cemento e impermeabilizzanti
impiegata per il rivestimento di gallerie, canali, serbatoi e
il consolidamento di pareti rocciose, applicandola a strati
successivi per mezzo di un'apposita macchina spruzzatrice,
nota anche come cement-gun (cannone da cemento).
Dopo il primo tentativo, senza ottenere i risultati attesi, si
decise l'impermeabilizzazione totale del serbatoio per una
superficie di 39000 mq e di ulteriori interventi di consolidamento
con iniezioni di boiacca, ottenendo al termine dei
lavori una riduzione delle perdite entro il valore massimo
di sette litri al secondo, e solo allora l'impianto iniziò il
primo anno di attività a pieno regime.
In generale la scelta dell'ubicazione di una diga scaturisce
da un'attenta analisi delle caratteristiche geologiche del
sito, soprattutto in riferimento ai fattori che caratterizzano
l'impermeabilità delle rocce (stratificazione, scistosità,
fratturazione, presenza di condotti carsici), alla stabilità
delle sponde, dei versanti e del substrato.
11 Stabilimento Tecnomasio
Italiano Brown Boveri (TIBB) a
Milano
12 Pubblicità Cement-Gun
Company, 1924
147
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
13 Certificato azionario UNES
Quindi oltre ad assicurare la stabilità dei terreni, si deve
assicurare alle acque che si raccolgono a monte dello
sbarramento, di non perdersi lateralmente o dal fondo in
quantità tali da rendere l'opera poco conveniente dal
punto di vista economico, o addirittura inutile.
Si comprende dunque l'importanza dei sondaggi geognostici
eseguiti da parte di un geologo, permettendo di
analizzare il suolo in profondità per la valutazione delle
sue caratteristiche geologiche e geotecniche, che per la
diga di Muro Lucano ne avrebbe sicuramente sconsigliata
la realizzazione.
La visione dell'importante opera in relazione alla politica
di Governo per la crescita economica del Meridione, a
seguito della legge del 1913 voluta da Nitti per la realizzazione
dei bacini montani per fini idroelettrici, unita allo
spirito pionieristico dell'epoca, condizionarono notevolmente
le scelte nell'ambiente scientifico, tanto che perfino
il progettista dell'impianto, un tecnico esperto come
l'ingegnere Omodeo, non ebbe nulla da obbiettare sulla
57
sua fattibilità.
Quando l'impianto di Muro Lucano entrò in funzione alla
fine degli anni Venti, la sua importanza era oramai divenuta
del tutto marginale rispetto alla quantità di energia
richiesta, vedendo impegnata la Società Lucana per Imprese
Idroelettriche a prendere accordi, prima con la UNES e poi
con la SME, per l'acquisto di energia dagli impianti del
Tanagro a Pertosa, segnando la fine dell'autonomia gestionale
e l'abbandono di fatto del suo programma originario.
La società in un primo momento, pur se legata alla SME da
rapporti finanziari e forniture, faceva capo alla UNES, che
nel 1922 con un aumento di capitale ne acquisì il controllo
azionario.
Gli impianti ad acqua fluente ubicati nel comune di
Pertosa, entrati in servizio a dicembre 1921, consistevano
57
È comunque da sottolineare che in quel periodo non si era ancora consolidata
la grande esperienza nella costruzione di dighe, che porterà l'ingegneria
italiana a contraddistinguersi nel mondo, e tra l'altro non esisteva una precisa
normativa di settore. La prima disciplina è stata introdotta dal R.D. n. 1370 del
primo ottobre 1931, con l'approvazione del “Regolamento per la compilazione dei
progetti, la costruzione e l'esercizio delle dighe di ritenuta”, prevedendo a corredo
del progetto esecutivo una relazione geognostica definitiva e dettagliata sulla
località dello sbarramento, a firma del progettista.
Solo il D.P.R. n. 1363 del primo novembre 1959, con l'approvazione di un
successivo regolamento, introduceva per la compilazione della relazione
geognostica, comprensiva dei risultati delle indagini e delle prove eseguite,
una figura di riconosciuta competenza in materia, e quindi di un geologo.
148
La Società Lucana per Imprese Idroelettriche
in due centrali idroelettriche posizionate a quote diverse,
in modo che la seconda sfruttasse le acque di restituzione
della prima.
La centrale Tanagro I salto, con presa tramite la realizzazione
di uno sbarramento sul fiume in località Molino
Maltempo, nel comune di Polla, e restituzione in località
Intagliata, con un salto di 35,5 metri, da quota 428,5 a 393
metri s.l.m., ed una portata di concessione di 6,038 metri
cubi al secondo, sviluppava una potenza di 2686 CV. Le
acque, dal piccolo bacino a monte dello sbarramento
venivano convogliate, attraverso una galleria a pelo libero
scavata nella roccia di circa 2 km, in una vasca di carico a
quota 428,5 metri, da dove aveva inizio la condotta forzata
fino in centrale, ubicata a pochi metri dalla linea ferroviaria
Sicignano-Lagonegro, in prossimità della piccola
stazione di Pertosa.
La centrale Tanagro II salto, con presa in località Intagliata,
in corrispondenza quindi dello scarico del primo salto, e
restituzione in località Taverna Biasone, a valle
dell'ingresso alle grotte, con un salto di 182,2 metri, da
quota 393 a 210,8 metri s.l.m., e la stessa portata di conces-
58
sione, sviluppava una potenza di 14.565 CV.
Le due centrali erano collegate con una linea a 30 kV di
circa 40 km, alla linea del Tusciano diretta a Salerno e Torre
Annunziata.
14 Centrale del Tanagro 1° salto
58
Negli anni Settanta i due salti furono unificati dall'Enel realizzando un'unica
centrale costruita sul fianco di quella esistente, con l'installazione di una
nuova condotta forzata lunga circa 715 m., con diametro pari a 1,650 m. e un
dislivello di 219 m.
149
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
15 Centrale del Tanagro 2° salto,
1930
1 6 I l b a c i n o a r t i f i c i a l e
all’ingresso delle Grotte
dell’Angelo a Pertosa
L'impianto doveva essere completato da un bacino settimanale
di raccolta e regolazione, ricavato sfruttando una
dolina naturale fra i due salti, ma per gravi problemi di
impermeabilizzazione del fondo, sulla scorta della penosa
esperienza di Muro Lucano, non venne realizzato.
La Società Lucana, SLII, era da tempo presente sul territorio
con la gestione della centralina Grotta dell'Angelo, in
località Muraglione, che con una portata di 400 litri
d'acqua al secondo, su di un salto di 52 metri, produceva
una potenza di 277,33 HP. La derivazione avveniva tramite
un'opera di presa a quota 259,59 metri s.l.m. situata
all'ingresso della grotta, dove una traversa di calcestruzzo
sbarra le acque della sorgente
formando un bacino
artificiale, utilizzato in
seguito, per le escursioni in
barca durante la visita al
complesso ipogeo.
L'esplorazione vera e propria
della cavità, e un primo
rilievo del tratto iniziale della
grotta, furono effettuati nel
1924 proprio dalla società
elettrica con il fine di sfruttarne
le ingenti risorse idriche.
150
La Società Lucana per Imprese Idroelettriche
La concessione di derivazione fu rilasciata con D.M. del 21
luglio 1938 alla SLII, a seguito di un'istanza presentata
dalla UNES a dicembre 1919, intesa ad ottenere la concessione
in via di sanatoria di varianti eseguite all'antico uso
delle acque della grotta per produzione di forza motrice,
già destinata a due molini, a una gualchiera e a una cartiera,
e dal 1907 a una centralina idroelettrica.
Ad aprile 1914, dopo la costituzione della Lucana, la UNES
al fine di potenziare la produzione di energia con la centralina
Grotta dell'Angelo, aveva inviato un'istanza per
ottenere in via provvisoria la concessione di derivare dal
fiume Tanagro, poco più a valle della confluenza del
vallone del Gangito nella gola di Campostrino, tra Polla e
Pertosa, circa 5 moduli di acqua da convogliare con un
canale nel bacino della grotta, in aumento della portata
della sorgente, per produrre la maggiore potenza di 316,67
HP mediante il salto utile di 52 metri.
La concessione di derivazione in via precaria venne rilasciata
con D.M. del 6 febbraio 1921, ma non più utilizzata
in quanto vennero realizzati i due impianti del Tanagro.
17 Sbarramento sul fiume
Tanagro in località Maltempo a
Polla
18 Località Maltempo, 1921
151
19 Diga di Muro Lucano
Capitolo XI
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL
1914-1922
Intorno alla Società Idro-Elettrica Lucana si organizzarono
un gruppo unito ed integrato di imprese elettriche concessionarie,
a cui era affidata la distribuzione dell'energia
elettrica in aree territorialmente definite, spesso coincidenti
con i singoli comuni del Circondario, ottenendo in
questo modo la specializzazione delle funzioni e la definizione
di aree esclusive d'intervento.
Questa struttura organizzativa di tipo gerarchico implicava
chiaramente una distinzione di funzioni e assegnava un
ruolo centrale di controllo, guida e coordinamento alla
SIEL, direttamente impegnata nella produzione di energia
elettrica.
Questo modello organizzativo è comune a tutte le società
elettriche, soprattutto quelle maggiori, come la SME che
negli anni ha concentrato sempre più nettamente la sua
attività nel solo settore della produzione e della grande
distribuzione dell'energia elettrica.
Per la SIEL l'adozione di questa struttura organizzativa
non sembra essere legata ad una scelta precisa, basata sul
rafforzamento e la specializzazione del settore produttivo.
Per il momento infatti non era intenzione della società
incrementare la produzione con l'eventuale sfruttamento
idroelettrico di nuove derivazioni, tanto che all'inizio si
accontentò di installare soltanto uno dei tre gruppi di
generazione previsti, più che sufficiente per soddisfare la
domanda iniziale di energia. Sembra invece una scelta
quasi scontata in partenza, o meglio determinata e decisa
da un gruppo di azionisti che oltre ad avere il maggiore
controllo sull'attività della società, fondarono le singole
1 Busta intestata della Società
Idro-Elettrica Lucana
153
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
imprese elettriche concessionarie concretizzando una vera
e propria “spartizione del territorio”, così come avvenne
per tutte le aree geografiche italiane, ed in più diversificando
e incrementando le proprie attività imprenditoriali.
In effetti questa articolazione permetteva al gruppo manageriale
della SIEL di controllare le varie concessionarie di
distribuzione, dove gli stessi soci avevano la partecipazione
nelle singole imprese elettriche in misura tale da poterne
verificare la gestione e viceversa, pur continuando a
mantenere di fatto la propria individualità.
A Felitto, l'amministrazione municipale presieduta dal
sindaco Teodosio De Augustinis, con delibera di consiglio
del due agosto 1914, accoglieva all'unanimità la proposta
del presidente della SIEL di ottenere l'utilizzo di 15 cavalli
(11 kW) di potenza ad un prezzo complessivo di 700 lire
annue, corrispondenti a 46,66 lire a cavallo, in cambio
dell'indennità spettante per l'occupazione permanente del
suolo comunale, utilizzato per la realizzazione delle opere
necessarie al funzionamento dell'impianto idroelettrico, e
della rinuncia del diritto di prelevare 150 litri di acqua al
secondo per alimentare il mulino in località Rupe.
La quantità di potenza ottenuta, tradotta in energia elettrica,
doveva utilizzarsi per l'illuminazione pubblica del
centro abitato e per alimentare un moderno mulino elettrico
comunale da installare in paese. Le condizioni a cui era
subordinato l'accordo erano il pagamento del canone a
rate trimestrali da parte del comune e l'obbligo per la
società di non vendere ad altri utenti l'energia nel raggio di
due chilometri dal centro abitato.
Con la stessa delibera l'amministrazione decise di concedere
ad una ditta privata l'utilizzazione dell'energia
fornita dalla SIEL per un compenso di 400 lire annue e
della fornitura gratuita necessaria per la pubblica illuminazione.
La decisione, presa in sede di consiglio, si basava
sulla non convenienza della gestione municipale del
servizio di illuminazione elettrica e del mulino. Le casse
comunali erano carenti di capitali sia per la realizzazione
delle opere necessarie all'installazione dell'impianto
molitorio sia per la rete di distribuzione elettrica, che
avrebbe dovuto raggiungere in modo capillare ogni
angolo del paese.
La rete di distribuzione in corrente alternata è costituita
essenzialmente dalle linee aeree in Media Tensione, dalle
cabine di trasformazione con i relativi quadri di controllo,
154
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922
le linee in Bassa Tensione con conduttori in rame per
raggiungere le singole utenze, pali e mensole porta isolatori,
oltre che l'impianto di pubblica illuminazione, completo
di lampade.
Il decollo quindi di un nuovo settore industriale, come
quello elettrico, richiedeva l'investimento di importanti
capitali iniziali e soprattutto competenza tecnica da parte
di operatori con una formazione adeguata.
Intanto proprio sul finire del 1914, con lo scoppio della
prima guerra mondiale, e l'entrata in guerra dell'Italia a
maggio 1915, si bloccarono per qualche anno tutte le
prospettive di sviluppo, provocando l'effetto di rallentare
l'esecuzione dei lavori in corso e di bloccare quelli ancora
da eseguire, soprattutto per la difficoltà di reperire il
materiale elettrico occorrente per la realizzazione delle
opere, e se vogliamo di capitali.
In questi disastrosi anni, la SIEL purtroppo vide la scomparsa
dei suoi maggiori soci azionisti, i fratelli Talamo.
Eduardo che si spense alla giovane età di 54 anni a febbraio
del 1916 a Roma, dove il 24 novembre 1913 era stato nominato
Senatore del Regno, e Roberto a Cava dei Tirreni nel
1918. Per l'ardita e paziente opera intrapresa dal Senatore
per la bonifica delle terre della Pantana, sottraendole al
secolare abbandono che le rese deserte ed insalubri, qualche
anno dopo fu posta sulla facciata della chiesa di S.
Chiara a Vallo Scalo una lapide commemorativa in suo
onore.
Il quegli anni sfortunatamente si spense anche il canonico
Giovanni Pesce a Laurino il 9 febbraio 1915, e in giovane
età Giuseppe Salerno di Castel San Lorenzo.
È durante il periodo della “Grande guerra”, che ultimati i
lavori di elettrificazione di Roccadaspide e Castel San
Lorenzo, l'elettrotecnico Giovanni Giudice ebbe modo di
farsi conoscere per le sue capacità tecniche da alcuni soci
2 Roccadaspide
155
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Comunicazione di assemblea
ordinaria di marzo 1918
attivi della SIEL, ed in particolare dal sindaco Passarelli,
tanto da prendere l'impopolare decisione di trasferirsi a
Vallo della Lucania, in contrasto con le idee di sua moglie
Carmela Melzi, che per il giovane marito auspicava un
ritorno a Milano, dove le sue qualità professionali gli
avrebbero offerto maggiori occasioni di lavoro con una più
sicura ed onorata carriera.
Ma affascinato dalla bontà della gente del Sud e dalla
bellezza di questo territorio, molto distante per condizioni
sociali ed economiche dalla sua città di origine, evidentemente
per l'intuizione di nuove e vantaggiose opportunità
di sviluppo per un'area ancora vergine e per la proposta di
appetibili contratti di lavoro, con ostinata convinzione
volle rimanerci.
A fine marzo 1916, 1917 e 1918 si tenne regolarmente
l'assemblea ordinaria annuale della società, con all'ordine
del giorno la relazione del consiglio di amministrazione, la
relazione dei sindaci, e l'approvazione dei bilanci di fine
anno.
Dopo la guerra il meridione avvertì maggiormente gli
effetti della crisi che investì tutta l'Europa, quando specialmente
le industrie tessili ed alimentari furono travolte
dalla depressione economica. Per far fronte alla crisi venne
costituita a Salerno, ad agosto del 1919, l'Associazione
degli industriali, che aderì presto alla Confederazione
Generale dell'Industria Italiana (Confindustria), registrando
negli anni successivi uno slancio produttivo nei settori
alimentari, tessile e dei trasporti.
156
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922
Nell'assemblea del 30 marzo di quell'anno, il consiglio
discuteva del bilancio negativo dell'impresa e dei provvedimenti
da prendere per pareggiarlo, tanto che nella
seduta straordinaria del 5 settembre si esaminava la
possibilità di risanare i debiti e di completare le opere, o
mediante nuovi debiti o con un aumento del capitale
sociale. In questa ultima ipotesi il diritto di preferenza
nella sottoscrizione delle nuove azioni rimaneva ai vecchi
azionisti.
Giovanni Giudice con il sodalizio del cavaliere Passarelli,
il maggiore azionista della SIEL, nel 1918 costituì in società
l'Impresa elettrica Passarelli & Giudice, con sede a Vallo della
Lucania, il cui scopo era quello di distribuire l'energia nel
comune di Ceraso e nelle frazioni di Santa Barbara,
Massascusa e San Biase, il cui contratto di fornitura prevedeva
il ricambio delle lampade da parte dell'impresa ma a
spese del comune.
4 Centro abitato di Ceraso
Passarelli inoltre controllava direttamente un'altra impresa
concessionaria per la distribuzione dell'energia nel
comune di Novi Velia, suo paese di origine, fondando
l'omonima ditta individuale Impresa elettrica Passarelli
Gaetano, con sede sempre a Vallo della Lucania, in modo
da avere una gestione coordinata e unitaria delle due
aziende controllate. Lo scopo dell'impresa era quello di
gestire un impianto per la distribuzione di energia elettrica
pubblica e privata nel comune di Novi Velia, la cui costruzione
fu completata il 1924 e successivamente ampliata nel
tempo con il normale incremento delle utenze, così come
avvenne per tutte le altre reti di distribuzione locale gestite
dalle singole imprese concessionarie.
157
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Angelo De Vita
Il contratto con il comune prevedeva solo la fornitura
dell'energia con l'esclusione del servizio di ricambio
lampade eseguito a cura della ditta ma a spese
dell'amministrazione.
Una cabina ponte dell'impresa elettrica era ubicata in un
locale di sua proprietà a Vallo, che costituiva il punto di
arrivo dell'elettrodotto principale Felitto-Vallo della
Lucania della SIEL.
Sempre a Vallo della Lucania, il 10 giugno 1918, Giovanni
Giudice insieme ad Antonio Valletta e al sindaco di Moio
della Civitella Angelo De Vita entrambi di Pellare, in
funzione del contratto di concessione di venti cavalli
ottenuto dalla SIEL, costituirono l'Impresa elettrica Giovanni
Giudice & C., con lo scopo di vendere l'energia per illuminazione
e forza motrice nel comune di Moio e nella frazione
di Pellare, utilizzando un impianto di distribuzione
realizzato in società con parti uguali di capitale.
Nel contratto era stabilito che i soci De Vita e Valletta
avevano il diritto di prelevare dalla cabina di distribuzione
dell'impresa, soltanto nelle ore diurne, otto cavalli di
potenza per il funzionamento di un mulino elettrico di loro
proprietà, corrispondendo un canone mensile di 50 lire.
Il socio Giudice era invece obbligato a fornire la sua competenza
di elettrotecnico in qualunque momento ce ne
fosse stato bisogno per il buon funzionamento
dell'impianto, senza pretendere alcun compenso, e inoltre
di riparare il motore del mulino in caso di guasto, ricevendo
soltanto le spese per l'acquisto di eventuali pezzi di
ricambio.
6 Busta intestata dell’Impresa
Elettrica Giudice Giovanni & C.
7 Moio della Civitella
158
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922
Nei due anni successivi, con un ulteriore investimento di
capitale, la rete di distribuzione fu ampliata raggiungendo
il comune di Cannalonga, la frazione Cardile di Gioi
Cilento e la frazione di Angellara di Vallo della Lucania,
luogo di residenza del presidente Rubino.
Alle maggiori spese sostenute per il completamento ed
ampliamento dell'impianto, contribuirono Francesco
Troncone e Vito Stifano, entrambi di Pellare, divenendo
soci dell'impresa elettrica a seguito di una scrittura privata
stipulata a Vallo il quattro luglio 1920, in cui venne stabilita
la ripartizione in cinque parti uguali delle spese per
l'esercizio dell'impianto e dei relativi utili.
8 Scrittura privata tra i soci
dell’impresa elettrica Giudice
Giovanni & C., 1920
Il quattro aprile di quell'anno, il comune di Felitto con un
contratto di cessione e del relativo capitolato d'oneri,
registrato a Roccadaspide il 28 settembre, concedeva
invece alla ditta Angelo Gnazzo, socio della SIEL, l'utilizzo
trentennale della potenza messa a disposizione dalla
società per un canone annuo di 2500 lire, con l'obbligo di
provvedere alla distribuzione di energia ad uso privato e
all'installazione gratuita della pubblica illuminazione e
dell'impianto del molino elettrico, che venne poi realizzato
in un locale al piano terra al numero dodici di Piazza
Mercato. Successivamente alla ditta subentrò il socio
Pietro Marino di Laurino, costituendo a Felitto la ditta
Marino & Gnazzo.
A quella data gli impianti di distribuzione nei vari paesi
erano ancora in corso di completamento, ad eccezione del
comune di Vallo della Lucania realizzati da un’altra
società elettrica, la SALIE, pertanto, nonostante i contratti
di vendita di energia alle varie ditte concessionarie, la SIEL
aveva subito rilevanti perdite economiche per il mancato
incasso dei relativi canoni.
9 Centro abitato di Cannalonga
10 Bolletta dell’Impresa Elettrica
Giovanni Giudice & C.
159
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Bolletta dell’Impresa Elettrica
Raffaele Marotta, Luglio 1919
12 Relazione sullo stato
dell’impianto di produzione e
distribuzione Marotta a Laurino,
1920
Per far fronte sia alle passività per la mancata vendita
dell'energia, sia alla svalutazione del capitale azionario, il
dodici maggio 1920 la società tenne al Teatro della Varietà
un'assemblea straordinaria, portando all'ordine del
giorno l'elevazione del capitale sociale a 334.000 lire, con
l'emissione di 6.500 nuove azioni di 40 lire ciascuna. Era
facoltà dei vecchi azionisti, a partire dal mese successivo la
data di emissione, l'opzione di tre nuove azioni per ognuna
delle vecchie possedute, ed assegnate nei limiti della
disponibilità in proporzione di quelle in loro possesso. Le
azioni non optate e non coperte dovevano essere assunte
dalla Banca di Salerno, incaricata del finanziamento e di
tutte le operazioni finanziarie. Nel consiglio di amministrazione
dell'Istituto di Credito appariva il socio azionista
Raffaele Marotta, che da qualche anno aveva fondato
l'omonima ditta individuale Impresa elettrica Marotta
Raffaele, per distribuire l'energia nei paesi di Laurino, Valle
dell'Angelo, Piaggine e Sacco. Nel 1913 Laurino fu il primo
paese ad essere illuminato e tre anni dopo il vicino centro
di Valle dell'Angelo.
Per la limitata ed incostante produzione della piccola
centralina sul Calore a Laurino, già da tempo lamentava
gravi difficoltà nella fornitura di energia. Fin dai primi
anni di produzione, sia per la scarsa competenza degli
operai sia per le difficoltà negli anni di guerra di reperire i
materiali di ricambio, l'impianto soffriva della mancata
manutenzione alle macchine e agli apparati elettrici. Per
risolvere il problema volle tentare una fusione con la
Società Idroelettrica del Fasanella, che allora distribuiva
l'energia nei comuni di Ottati, Bellosguardo, Sant'Angelo a
Fasanella, Roscigno e Corleto Monforte.
A febbraio 1920 la società, allora presieduta dal possidente
Antonio Ricco di Ottati, incaricò un ingegnere per redigere
una relazione sulla condizione degli impianti di Marotta, e
in considerazione del cattivo stato di conservazione,
stimare le spese da sostenere per le operazioni di manutenzione
e sostituzione di alcuni pezzi.
In quegli anni l'impresa elettrica aveva abbandonato
anche la distribuzione nei paesi di Piaggine, Sacco e Valle
dell'Angelo, dove il consiglio comunale ad agosto 1921
approvò il raddoppiamento della pubblica illuminazione,
affidando il servizio all'Impresa Elettrica Di Perna, Lillo &
Petraglia che possedeva in comproprietà con Marotta la
cabina di trasformazione dell'Orto Salvatore a Laurino.
160
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922
L'officina di produzione della ditta era ubicata a Piaggine e
serviva oltre lo stesso comune anche il centro abitato di
Sacco.
L'altro socio azionista della SIEL, il cavaliere Vito Morra,
cognato di Passarelli, fondò una ditta individuale con sede
a Capizzo nel palazzo di sua residenza, denominata
Impresa elettrica Comm. Vito Morra, con lo scopo di distribuire
e vendere l'energia elettrica, acquistata dalla società di
produzione, nel comune di Monteforte Cilento e di
Magliano Vetere, comprese le frazioni di Capizzo e
Magliano Nuovo.
Così grazie al commendatore la luce arrivò a Capizzo nel
1921 annunciando il battesimo di sua figlia Anna. Il 23
marzo dello stesso anno, Carmela Melzi diede alla luce
Grianfranco, l'ultimo figlio maschio di Giovanni Giudice,
che in maggiore età volle seguire le orme del padre nella
professione di elettrotecnico.
Il servizio pubblico di illuminazione dell'impresa Morra
era regolato da un contratto con l'amministrazione comunale
di Magliano e di Monteforte per un canone annuo
stabilito, prevedendo a carico dell'impresa la sostituzione
delle lampade e la manutenzione degli impianti con i
materiali forniti dal comune.
In alcuni locali al piano terra del Palazzo di Capizzo, il
Cavaliere possedeva un vecchio frantoio, tramandando da
secoli l'attività familiare della produzione olearia. Con
l'arrivo dell'energia elettrica, sul finire degli anni Venti
colse l'occasione di installare un nuovo impianto, sostituendo
le tradizionali macine in pietra trascinate da un asino
e il grande torchio in legno, con una moderna molazza a
motore ed una pressa idraulica per la spremitura.
13 Palazzo Morra a Capizzo, 1908
14 Il centro abitato di Magliano
15 Centro abitato di Capizzo.
Sulla destra il palazzo Morra
161
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
16 Centro abitato di Stio
17 Gioi Cilento
Nel vicino paese di Stio, i soci Pasquale Infante e Giuseppe
Nicoletti insieme a Saverio Trotta, costituirono l'Impresa
elettrica Nicoletti & C., per la distribuzione dell'energia alle
utenze private e per la pubblica illuminazione nel comune
di Stio e la frazione di Gorga, prevedendo nel contratto di
fornitura il ricambio delle lampade a cura e a spese del
comune. La cabina principale di trasformazione venne
installata in un vano dell'abitazione del socio Nicoletti.
Nel comune di Campora furono i soci azionisti Antonio
Casuccio e Pasquale Calabria a costituire l'impresa elettrica
omonima per la distribuzione dell'energia, denominata
Impresa elettrica Casuccio & Calabria.
Con una derivazione dalla linea elettrica aerea della ditta
Nicoletti di Stio, si diramava una linea per la distribuzione
dell'energia nel comune di Gioi Cilento realizzata nel 1918,
il cui servizio fu assunto dalla impresa elettrica locale di
Michele Errico con sede in via
Italia, trasferita poi agli eredi
assumendo il nome di Impresa
elettrica Eredi Errico.
A Cicerale la distribuzione
venne assunta dalla concessionaria
del dottore Alberto
Santoro, che costituì l'omonima
impresa elettrica, e soltanto nel
1926 l'amministrazione comunale
decise di appaltare i lavori
per la realizzazione della
pubblica illuminazione e della
viabilità di collegamento con i
comuni limitrofi.
162
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922
Nel comune di Vallo della Lucania operava la società
concorrente Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche
SALIE, che, per la scarsa produzione del piccolo impianto
termoelettrico di sua proprietà, con l'arrivo
dell'elettrodotto in media tensione da Felitto, distribuiva
l'energia elettrica acquistata dalla SIEL a seguito di un
contratto di concessione. A maggio 1914 il comune di Vallo
stipula il contratto di appalto con la società SALIE per la
fornitura di energia elettrica, sostituendo definitivamente
la vecchia illuminazione a gas acetilene con lampade
elettriche. Con delibera del 27 maggio dell'anno successivo,
l'amministrazione comunale decise di estendere il
servizio di illuminazione elettrica anche alla frazione
Massa, ed infine a Pattano molti anni dopo.
Per il completamento dell'intera rete di distribuzione del
Circondario, escluso qualche comune e frazione, si giunse
quindi all'inizio degli anni Venti, quando il 25 ottobre 1920
fu rieletto sindaco il cav. Gaetano Passarelli, con la nomina
in giunta del dottore Armido Rubino, eletto consigliere
provinciale nel partito democratico.
Con la nuova giunta comunale inizia per la città un periodo
ricco di iniziative, programmando la realizzazione e il
completamento di diverse opere indispensabili per lo
sviluppo economico e civile del paese.
18 Busta intestata della Società
Anonima Lucana Industrie
Elettriche
19 Piazza Municipio, Vallo della
Lucania
163
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Oltre ai progetti di ripavimentazione di alcune strade e
piazze e la realizzazione di marciapiedi, si migliorava il
servizio postale e la pubblica illuminazione. Veniva
ripreso il progetto della tramvia elettrica per il collegamento
tra Vallo città e lo scalo ferroviario, e il progetto per
la realizzazione dell'acquedotto consortile, redatto
dall'ingegnere Pasquale Pistilli ad aprile 1916, rimasto
sospeso a seguito della guerra. La gara d'appalto indetta a
febbraio 1918 per la costruzione dell'opera per un importo
a base d'asta di 155.300 lire, andò deserta, così quella di
gennaio dell'anno successivo. L'episodio è spiegabile dal
basso importo dei lavori a base d'asta rispetto all'entità
dell'opera, considerato che l'inflazione registrata dopo la
crisi mondiale, aveva provocato un notevole aumento dei
costi. Pertanto l'amministrazione, ad agosto 1920, aveva
provveduto all'aggiornamento dell'elenco prezzi, con il
conseguente aumento del costo dei lavori pari a 744.000
lire. Per risanare la grave situazione finanziaria in cui
versava la cassa comunale, fra i vari provvedimenti presi
dall'amministrazione, con delibera di consiglio di fine
gennaio 1921, fu introdotta una tassa sul consumo della
luce elettrica pari a l 0,10 lire per ogni kW.
Gli effetti disastrosi della guerra e la conseguente svalutazione
della lira portarono gravi conseguenze anche alla
SIEL, tanto che il presidente Rubino, ad agosto di
quell'anno, convocava un'assemblea straordinaria per lo
scioglimento e la liquidazione della società. All'epoca
alcuni dei maggiori azionisti erano scomparsi, altri si
erano dimessi, e la maggior parte dei soci minori, avendo
perso ogni buona aspettativa nell'attività aziendale, che
fino a quel momento si era mostrata improduttiva, non
vollero investire con l'acquisto di nuove azioni. I soci
davvero interessati erano gli stessi titolari delle imprese
concessionarie di distribuzione, che per salvare la società
decisero di liquidare i rimanenti soci con l'acquisizione
delle rispettive azioni, e apportare un aumento di capitale
per consolidare il bilancio.
A tal punto nella seduta straordinaria tenuta agli inizi del
nuovo anno, con la presa d'atto che la svalutazione del
capitale aveva raggiunto il 60 per cento, la rinnovata
amministrazione, deliberava l'emissione di nuove azioni
per 260.000 lire. Due mesi dopo, a marzo 1922, dopo la
relazione della presidenza e l'approvazione del bilancio,
avveniva la designazione definitiva dei componenti del
164
Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922
consiglio di amministrazione, nominati provvisoriamente
nella precedente assemblea.
Tra i componenti figuravano, il dott. Rubino, rieletto
presidente, il cavaliere Vito Morra, Antonio Valletta,
Angelo De Vita, il sindaco Gaetano Passarelli, che rappresentava
il maggiore azionista, e il lombardo Giovanni
Giudice, che nel frattempo con il suo lavoro di elettrotecnico
aveva acquisito delle quote azionarie nella società,
assumendo per le sue qualità professionali la carica di
consigliere delegato, ponendosi immediatamente al
vertice del management aziendale. L'impegno del nuovo
direttore tecnico, si indirizzò fin da subito
all'individuazione di nuove forme di sfruttamento
dell'energia elettrica, al fine di ottenere il massimo rendimento
dalla capacità produttiva dell'impianto idroelettrico.
Fino ad allora i maggiori consumi continuavano a
limitarsi soltanto nelle ore serali per l'illuminazione, ma si
poteva ottenere un maggiore profitto soprattutto con
l'utilizzo dell'energia per scopo industriale durante il
giorno, come l'alimentazione elettrica della linea tramviaria.
Purtroppo l'istruttoria della domanda di concessione
per l'esercizio della tramvia, dopo la scomparsa
dell'onorevole Talamo che la seguiva personalmente al
Ministero dei Lavori Pubblici, si era completamente
bloccata.
Il successivo 28 ottobre ebbe luogo la marcia su Roma, il Re
incaricava Benito Mussolini di formare il nuovo Governo,
che lo condusse alla presidenza del Consiglio dei Ministri e
il suo partito Nazionale Fascista divenne il partito unico
del Regno d'Italia fino alla caduta del regime.
20 Casa del Fascio a Laurino
165
21 Scorcio di Piazza Vittorio
Emanuele a Vallo della Lucania
Capitolo XII
La Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche
1. L’impianto a carbone di Vallo della Lucania
La città di Vallo della Lucania vide l'arrivo dell'energia
elettrica in anticipo di qualche anno rispetto ai paesi del
Circondario, quando il 19 dicembre 1911 entrò in esercizio
una piccola centralina termoelettrica.
Risale all'undici gennaio dello stesso anno l'istanza indirizzata
al Prefetto di Salerno ai sensi della legge 7 giugno
1894 e del relativo regolamento, per la richiesta di concessione
dell'attivazione di un impianto di generazione e
distribuzione di energia elettrica, nella città capoluogo del
Circondario e nel territorio limitrofo, a firma del giovane
ingegnere Nicola Pinto di Vallo.
Con la legge n. 232 del 1894 “sulla trasmissione a distanza
delle correnti elettriche destinate al trasporto ed alla distribuzione
dell'energia per uso industriale”, cosiddetta legge
sull'elettrodotto, la competenza rispetto alla posa in opera
di condutture elettriche, e quindi la titolarità delle concessioni
stesse era di competenza del Prefetto. All'istanza
inviata in prefettura erano allegate le copie della relazione
tecnica e del progetto che dovevano essere trasmesse alla
Deputazione provinciale, al municipio di Vallo della
Lucania, al Genio Civile e alla Direzione delle Costruzioni
Telegrafiche e Telefoniche, per l'ottenimento dei relativi
nulla osta.
L'impianto per la produzione e distribuzione di energia
elettrica per illuminazione e forza motrice, si componeva
di una centrale di produzione con il sistema Edison in
corrente continua a tensione di 120 Volt, utilizzando una
dinamo di potenza di 20 kW, azionata per mezzo di una
cinghia in cuoio da un motore ad olio pesante della potenza
effettiva di 30 HP.
1 Domanda dell’ing. Pinto al
P r e f e t t o d i S a l e r n o p e r
l’impianto di generazione e
distribuzione di energia elettrica
a Vallo della Lucania, 1911
167
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Dinamo tipo Edison
3 Autorizzazione del Genio
Civile per l’impianto di Vallo,
1911
Il gruppo elettrogeno doveva essere collocato in un locale
appositamente costruito in posizione centrale rispetto al
paese, dove veniva collocato il quadro di distribuzione da
cui partivano i conduttori di alimentazione della rete
elettrica, la cui intensità di corrente era complessivamente
di 169 ampere, corrispondente ad una potenza di circa 20
kW. Il fabbricato era studiato in modo da permettere un
futuro ampliamento con l'installazione di un secondo
gruppo generatore.
La rete di distribuzione diramandosi dalla centrale per
tutte le strade della città, doveva essere realizzata con tre
fili conduttori in rame. Un filo per il polo positivo del
circuito d'illuminazione pubblica, il cui progetto prevedeva
un assorbimento di circa 49 Ampere dei 169 disponibili,
un secondo per il positivo del circuito di distribuzione di
forza motrice e luce per i privati, per circa 120 Ampere, e il
terzo, il negativo, per il ritorno comune di entrambi i
circuiti. In vicinanza della centrale, dove si aveva la maggiore
intensità di corrente, occorrevano più fili per ogni
circuito, per un totale di sette fili in uscita dal quadro di
distribuzione.
La linea aerea doveva essere realizzata con apposite
mensole in ferro profilato, da murare sulle facciate esterne
dei fabbricati dotate di isolatori in porcellana o vetro, su
cui sarebbero stati fissati i conduttori in rame. In corrispondenza
degli attraversamenti con le linee telegrafiche
esistenti, si sarebbe provveduto a isolare i fili della distribuzione
elettrica o all'installazione di reti metalliche di
protezione provviste di messa a terra, secondo le prescrizioni
che dovevano essere emesse alla Direzione delle
Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche di Salerno.
A seguito dell'istanza di concessione, a fine gennaio 1911,
l'Ufficio del Genio Civile rilasciava il proprio nulla osta nei
riguardi della pubblica incolumità, in quanto si trattava di
corrente elettrica a basso potenziale.
Nello stesso mese la Giunta municipale di Vallo, presieduta
dal sindaco Gaetano Passarelli, in risposta alla nota del
Prefetto, con la quale richiedeva il parere
dell'amministrazione sull'istanza dell'ing. Pinto, espresse
all'unanimità parere favorevole.
La Deputazione Provinciale di Salerno nella seduta del 31
gennaio esprimeva ugualmente parere favorevole, sulla
scorta del rapporto dell'Ufficio tecnico a firma
dell'ingegnere capo Francesco Priore.
168
L’impianto a carbone di Vallo della Lucania
Con una nota di inizio febbraio, la Direzione delle
Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, si riservava di
fissare con la ditta elettrica un sopralluogo, allo scopo di
prendere accordi circa il tipo di protezione da adottare in
corrispondenza degli attraversamenti con i fili telegrafici
all'interno della città. Ottenuti i necessari pareri favorevoli,
con Decreto Prefettizio del dodici marzo 1911 a firma del
dott. Riccardo Zoccoletti, Prefetto di Salerno sostituito a
settembre da Bladier, veniva concessa alla ditta Pinto la
costruzione dell'impianto elettrico nella città di Vallo della
Lucania.
In stessa data il Prefetto rilasciava la concessione per la
realizzazione e l'esercizio di un altro impianto di produzione
e distribuzione di energia elettrica per illuminazione
e forza motrice nel medesimo comune di Vallo della
Lucania, a seguito di una precedente richiesta del 20
giugno 1910 eseguita dall'ing. Raffaele Migliacci di Felitto.
A settembre l'istanza venne integrata dalla planimetria
della città con in evidenza il tracciato delle linee telegrafiche
e telefoniche esistenti, come richiesta dalla Direzione
di Salerno, al fine di limitare il numero degli attraversamenti
dei fili del telegrafo con quelli della rete elettrica per
eliminare eventuali disturbi nella trasmissione dei segnali
telegrafici.
Il decreto di autorizzazione, come prassi, faceva seguito al
nulla osta del Genio Civile e della Direzione delle
Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, e del parere della
giunta municipale di Vallo, che con delibera del 17 luglio
1910 esprimeva parere favorevole, in quanto era innegabile
il vantaggio arrecato al paese dalla realizzazione
dell'impianto elettrico.
Tuttavia faceva presente che si era costituita già un'altra
società con rilevanti capitali, per il medesimo scopo e per la
costruzione di una tramvia elettrica da Vallo alla Stazione
ferroviaria, opera vitale per lo sviluppo e l'avvenire della
città.
Il progetto presentato da Migliacci prevedeva un impianto
di distribuzione e produzione di energia con un'officina
elettrica dotata di un motore ad olio pesante, da realizzarsi
entro otto mesi dalla data di rilascio del relativo decreto di
autorizzazione, destinato inizialmente all'illuminazione
privata e da estendersi successivamente anche a quella
pubblica, su richiesta dell'amministrazione comunale e a
seguito di eventuali accordi.
4 Nota della Direzione delle
Costruzioni Telegrafiche-
Telefoniche di Salerno, 1911
5 Domanda dell’ing. Migliacci al
P r e f e t t o d i S a l e r n o p e r
l’impianto di illuminazione
elettrica a Vallo della Lucania,
1910
169
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
6 Nulla osta del Genio Civile per
l’impianto di Miagliacci a Vallo
della Lucania, marzo 1911
7 Manifesto pubblicitario del
sistema a corrente alternata della
Westinghouse Electric Co.
A questo punto fu inevitabile l'incontro tra di due ingegneri,
uniti dallo stesso scopo di realizzare un impianto per
l'illuminazione della città. Raffaele Migliacci, specializzato
in elettrotecnica, quindi maggiormente interessato al
nuovo settore dell'industria elettrica, da imprenditore
volle investire nell'acquisto dell'impianto del collega
sostenendo le spese di realizzazione e il costo delle attrezzature
elettromeccaniche, per una somma totale di
67.783,65 lire.
Il merito di aver contribuito allo sviluppo del territorio,
valse al giovane industriale, su proposta del Ministro di
agricoltura, industria e commercio, la nomina di Cavaliere
della Corona d'Italia nel mese di marzo 1911.
Tuttavia il progetto presentato da Pinto risultava già
superato dal punto di vista tecnico; si guardava oramai da
molti anni all'uso del sistema a corrente alternata, affiancato
inizialmente al sistema Edison a corrente continua,
soppiantato definitivamente con il prevalere ad inizio
secolo della corrente alternata trifase e la nascita delle
moderne reti elettriche di trasmissione.
Su suggerimento di Migliacci, che aveva acquisito maggiore
esperienza nell'esecuzione di impianti di distribuzione e
produzione di energia, l'ing. Pinto durante l'esecuzione
apportò una variazione al progetto iniziale, consistente
nell'impiego della corrente alternata alla tensione di 500
Volt al posto di quella continua, e trasformata a 125 Volt
per la distribuzione.
Un'ulteriore variazione tecnica all'impianto, fu la sostituzione
del motore ad olio pesante previsto in progetto con
un motore a vapore, che forniva energia meccanica sfruttando
il movimento alternativo di uno stantuffo all'interno
di un cilindro, nel quale si espande il vapore d'acqua
riscaldato con una caldaia a carbone. Il vantaggio di un
motore a vapore oltre la minore dimensione e la maggiore
silenziosità, era certamente la superiore evoluzione tecnica
e affidabilità di funzionamento rispetto a un motore a
combustione interna a gasolio, che si stava sperimentando
solo da pochi anni.
Iniziati i lavori di costruzione dell'impianto e delle linee
elettriche, a fine novembre Pinto comunicava al nuovo
Prefetto l'avvenuta variazione, sottolineando che in ogni
caso la distribuzione dell'energia avveniva alla tensione di
125 Volt, corrispondente a quella del progetto autorizzato.
Per la realizzazione dell'impianto, tra le ditte fornitrici
170
L’impianto a carbone di Vallo della Lucania
delle attrezzature elettriche e meccaniche apparivano: la
Landis & Gyr per gli strumenti di misura, apparecchi da
quadro e reostati; la ditta M. Iosephj di Napoli; La Società
Anonima di Costruzioni Elettriche e Meccaniche fondata a
Milano nel 1908, già ditta Turrinelli & C.; la Compagnia
Generale di Elettricità, sede italiana della statunitense
General Electric e la Società Anonima Meccanica Lombarda
SAML per la macchina a vapore alimentata a carbone.
A seguito del rilascio dell'autorizzazione alla ditta Pinto,
l'ingegnere aveva inviato alla neo costituita Società Idro-
Elettrica Lucana, una richiesta per ottenere la concessione
di energia per forza motrice da immettere nel suo impianto,
inserita dal consiglio di amministrazione nell'ordine
del giorno dell'assemblea ordinaria degli azionisti convocata
per il 30 marzo 1911.
59
La Landis & Gyr è una fabbrica di apparecchi elettrici svizzera fondata nel
1896 a Zoug, specializzata in impianti elettrici di distribuzione e nel settore
degli strumenti di misura elettrica.
60
La ditta Turrinelli è stata fondata a Sesto San Giovanni nel 1904
dall'ingegnere Gino Turrinelli, per la progettazione e produzione di veicoli
industriali elettrici.
61
La società venne costituita a Milano nel 1901, con stabilimento a Monza ed
una succursale a Napoli. La SAML nacque con lo scopo di dare maggior
sviluppo e perfezionamento alla costruzione di macchine per molini, pastifici,
laterizi, macchine da ghiaccio e refrigeranti, pompe ecc.
8 Officina di produzione
termoelettrica con motrice a
vapore
9 Interno dei magazzini di
Napoli della Società Anonima
Meccanica Lombarda
171
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Il trenta giugno l'amministrazione comunale di Vallo. Con
lo scopo di sostituire l'illuminazione a gas, approntava il
capitolato d'oneri per la concessione e l'esercizio
dell'impianto di pubblica illuminazione elettrica della città
per una durata di anni trenta. Il definitivo capitolato venne
approvato ad agosto successivo con deliberazione di
consiglio comunale e reso esecutivo il venti ottobre.
Completata l'esecuzione dei lavori dell'impianto di produzione
e distribuzione di energia elettrica, e inoltrata la
richiesta al Prefetto per il sopralluogo del Genio Civile
affinché collaudasse le opere eseguite, il 19 dicembre 1911
ebbero inizio le prove di esercizio con l'accensione della
prima lampadina a incandescenza.
10 Nota del Genico Civile per
l’impianto elettrico di Vallo
della Lucania della ditta Pinto,
dicembre 1911
11 Corso Vittorio Emanuele,
Vallo della Lucania, 1902
172
2. L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto
L'ingegnere, nato il 28 dicembre 1880, battezzato con il
nome di Raffaele Romano Domenico, visse nel palazzo di
famiglia a Felitto, il castello feudale appartenuto alla
nobile famiglia dei Carafa dei Principi di San Lorenzo, in
62
possesso dai Migliacci dagli inizi dell'Ottocento.
È in questa casa che Cosimo De Giorgi fu accolto cordialmente
nel suo soggiorno a Felitto dal cavaliere Pasquale
Migliacci, cugino dell'onorevole Giuliani che gentilmente
aveva accompagnato il geologo in paese.
Lo stesso De Giorgi nelle sue memorie di viaggio sottolinea
la cortesia con la quale i signori Migliacci l'accolsero
nella loro casa, prodigandogli affettuose cure nel breve
tempo che si trattenne, delle quali custodirà un perenne
ricordo.
Pasquale, sposato con Carmela Conti ebbe nove figli, tra
cui Raffaele, che all'epoca dell'incontro con il geologo
aveva appena un anno; Cesare, l'ultimo rappresentante in
loco della famiglia, e Giovanni, Ufficiale medico, laureato
in medicina e chirurgia in servizio nelle Forze armate con il
63
grado di Capitano.
Pasquale Migliacci svolgeva la funzione di tesoriere ed
esattore per il comune di Felitto, oltre ad essere impegnato
nella conduzione dei terreni di sua proprietà con moderne
tecniche di coltivazione.
Molto attento ai problemi che affliggevano il mezzogiorno
d'Italia, in considerazione dell'arretratezza industriale e
commerciale delle colture agricole, nel 1911 scrisse un
62
La suggestiva ed enorme costruzione vicino l'antica chiesa di Santa Maria
Assunta è ubicata nella parte alta del paese su di un possente sperone roccioso
visibile alla base dell'intera costruzione.
63
Per benemerenze acquisite durante la Campagna di Libia, la guerra di
espansione coloniale condotta dall'Italia, il Capitano Migliacci fu nominato
Cavaliere dell'Ordine della Corona con Decreto del 3 aprile 1913. Durante la
Grande Guerra, che sarebbe scoppiata di lì a poco in Italia, operò come medico
nel Corpo Sanitario dell'Esercito, distinguendosi per la sua abnegazione.
1 Raffaele Migliacci
2 Palazzo Migliacci, Felitto
173
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Il Capitano Giovanni Migliacci
(al centro) in una foto di gruppo
insieme ai compagni d’armi
4 Opuscolo Le Terre Povere e la
produzione del grano, 1913
breve opuscolo sulle regole pratiche per il contadino
agricoltore, affinché potesse ricavare dalla terra un maggiore
utile, illustrando con semplicità il metodo di rotazione
delle coltivazioni e l'uso dei nuovi prodotti fertilizzanti
per suoli scarsi o lungamente sfruttati. L'opuscolo pubblicato
due anni dopo, dal titolo Le Terre Povere e la produzione
del grano, venne dichiarato dalla Commissione Scolastica
di Salerno un libro di testo per le scuole elementari e
popolari. Lo stesso De Giorgi, nella sua permanenza a
Felitto, anche se apprezzava la fertilità delle “campagne
intorno al paese”, le ritenne coltivate in maniera mediocre
dai docili e pazienti contadini, instancabili lavoratori che
se fossero stati indirizzati correttamente, “la loro opera
sarebbe immensamente produttiva”.
Il figlio Raffaele, compiuto il servizio militare, nel 1903
celebra il matrimonio a Salerno con Teodora Campione,
sorella del cav. Gaetano Campione, fondatore
dell'omonima impresa elettrica per la distribuzione di
energia nel centro abitato di Pontecagnano. Dopo gli studi
di scienze, nel 1907 si trasferiva in Francia per conseguire
la laurea specialistica in ingegneria elettrica, il cui corso
venne istituito nel 1902 presso la facoltà di Scienze
dell'Università di Lille, per formare ingegneri nel campo
delle macchine elettriche, distribuzione e trasporto
dell'energia e processi industriali.
Dopo aver superato gli esami dei tre anni di matematica
generale, fisica generale, meccanica, ingegneria elettrica
industriale ed elettricità applicata, conseguiva il diploma
di ingegnere elettrico il 3 aprile 1909.
174
L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto
5 L’Istituto di matematica della
facoltà di cienze a Lille, inizio
Novecento
6 Diploma di laurea di Raffaele
Migliacci, Ingegneria elettrica
presso l’Università di Lille
7 L’ing. Migliacci con il figlio
Pasquale in una foto della fine
degli anni Dieci del Novecento
Rientrato in Italia iniziava a Salerno la professione di
ingegnere, dove elabora numerosi progetti di impianti di
produzione e distribuzione di energia elettrica sorti sul
territorio della provincia. Appena diplomato, a novembre
1909, sviluppa il progetto per l'impresa elettrica di
Valentino Lenza, concessionario della SME, per il trasporto
e la distribuzione di energia per l'illuminazione pubblica
e privata e forza motrice nel comune di Montecorvino
Pugliano con tutte le sue frazioni, con esclusione di
Pontecagnano, già da tempo servito dall'impresa del
cognato. L'energia necessaria per l'alimentazione della
rete elettrica veniva prelevata con una linea ad A.T. in
località Scandrafata dall'elettrodotto a 3.000 Volt proveniente
dall'impianto idroelettrico del Tusciano.
175
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
8 Copertina della relazione di
progetto per l’impianto di
illuminazione elettrica di
Montecorvino Publiano, 1909
9 Progetto dell’impianto di
illuminazione elettrica per
M o n t e c o r v i n o P u g l i a n o .
Sostegno per condutturi a bassa
tensione, 1909
La linea, con uno sviluppo di circa sei chilometri, era
costituita dai conduttori in rame fissati ad isolatori in
porcellana a doppia campana montati su pali in legno alti
circa 10 metri fuori terra, installati alla distanza massima di
50 metri. Nelle derivazioni della linea erano installati
sopra gli stessi pali degli interruttori aerei allo scopo di
poter sezionare la linea in caso di riparazioni.
L'energia era trasformata a basso potenziale in due cabine,
una a Faiano della potenza di 10 KVA, e l'altra in un locale
del municipio di Pugliano della potenza di 15 KVA. Dalle
cabine partivano le reti di distribuzione composte da due
linee separate, una per l'illuminazione privata e pubblica,
l'altra per forza motrice. Trattandosi di piccoli centri, la
distribuzione per l'illuminazione veniva fatta con sistema
monofase alla tensione di 150 Volt. Ogni trasformatore era
munito di un commutatore unipolare il quale permetteva
di accoppiare le tre bobine in serie, ovvero a stella, durante
il giorno, per fornire corrente trifase ai motori, e in parallelo,
la sera, per fornire corrente monofase per
l'illuminazione.
Il 14 agosto 1910 , a seguito della visita di collaudo da parte
del Genio Civile, l'ingegnere Capo firmava il relativo nulla
osta per l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto elettrico,
in quanto eseguito a regola d'arte nell'osservanza di
tutte le norme prescritte dalla legge e dai regolamenti.
176
L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto
A giugno di quell'anno l'ing. Migliacci presenta al Prefetto
di Salerno il progetto per un impianto di distribuzione
elettrica a Vallo della Lucania, e per Nicola Falcone di
Roccadaspide redige il progetto della piccola centralina
idroelettrica a Castel San Lorenzo.
Ad agosto 1911, dopo le trattative della Società Meridionale
di Elettricità con il comune di Olevano sul Tusciano per la
fornitura di energia, cura il progetto di un impianto di
distribuzione elettrica in corrente alternata sul territorio
comunale, comprendente una linea ad alta tensione con
pali in legno, muniti di isolatori in porcellana a doppia
campana, che dalla centrale di produzione della SME
raggiungeva tre cabine di trasformazione, ubicate nelle
frazioni di Monticello, Ariano e Valle.
Il 15 marzo 1912 per conto della ditta Domenico Maida
firma il progetto di un impianto idroelettrico nel comune
di Capaccio in località Molino di Mare, che prevedeva
l'adattamento delle opere di derivazione dal fiume
Capodifiume di un vecchio mulino ivi esistente, e la
costruzione della centrale contenente la sala macchine. Le
opere civili ed idrauliche vennero dirette dall'ingegnere
Guido Tanturri originario di Scanno in provincia
dell'Aquila e residente a Napoli, dove si laureò in ingegneria
nell'anno scolastico 1899-1900 alla Regia Scuola
d'Applicazione per gli Ingegneri di via Mezzocannone.
10 Progetto dell’impianto di
illuminazione elettrica per
M o n t e c o r v i n o P u g l i a n o .
Protezioni e sostegno per
condutture ad alta tensione,
1909
177
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Panorama del Capoluogo di
Olevano sul Tusciano
12 Progetto dell’impianto di
illuminazione elettrica per
Olevano sul Tusciano, 1911
178
L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto
Esperto nella realizzazione di impianti idroelettrici, aveva
seguito la direzione lavori della canalizzazione del
Volturno per l'elettrificazione di Caserta e Napoli per
conto dell'Ente Autonomo Volturno, EAV, fondato con la
legge speciale per il "Risorgimento economico" di Napoli
del 1904 sostenuta con forza da Francesco Nitti.
Inizialmente la missione dell'Ente fu quella di costruire
centrali idroelettriche, in particolare alle sorgenti del
Volturno, e di distribuire, a prezzi contenuti, l'energia
elettrica per forza motrice al fine di favorire l'incremento
industriale della città. Migliacci lavorando al fianco
dell'ingegnere ebbe l'occasione di maturare una notevole
esperienza nel settore idroelettrico, svelatasi utile per i
suoi successivi progetti.
Intanto, a Vallo della Lucania, a seguito della variazione
del progetto da corrente continua in alternata, la Direzione
delle Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, con un
telegramma all'ufficio di Prefettura, denunciava che
l'impresa elettrica Pinto, prima di provvedere alla sistemazione
di un attraversamento della sua linea ad alto potenziale
con i fili telegrafici, aveva già immesso corrente nelle
condutture. Di conseguenza l'ufficio del Genio Civile
richiedeva la nuova documentazione tecnica al fine di
verificare se le condizioni imposte dal decreto di concessione
dovevano essere modificate, rinviando perciò la
visita di collaudo dell'impianto.
Lo stesso capitolato, approvato dall'amministrazione
comunale per la pubblica illuminazione, veniva modificato
con l'inserimento dell'avvenuta variazione, rendendolo
di nuovo esecutivo con una successiva delibera di consiglio
del primo gennaio 1912. Ad aprile l'ingegnere Pinto
informava il Genio Civile che la distribuzione dell'energia
elettrica avveniva sempre a basso potenziale alla tensione
di 125 Volt e nello stesso territorio comunale, pertanto
l'oggetto del decreto di concessione originario non era
stato assolutamente modificato, e che i lavori erano stati
eseguiti nel pieno rispetto delle norme di pubblica incolumità,
ottemperando alle prescrizioni stabilite dalla
Direzione di Salerno.
Il 27 settembre il Consiglio di Prefettura approvava definitivamente
il capitolato e il relativo allegato tecnico per
l'esercizio della pubblica illuminazione nel comune di
Vallo della Lucania, cosicché, il dodici ottobre il sindaco
Passarelli pubblica l'avviso di gara per la concessione
13 Nota del Genico Civile per
l’impianto elettrico di Vallo
della Lucania della ditta Pinto,
1912
179
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
dell'impianto nella città e nelle frazioni di Angellara e
Massa al prezzo base di 6.200 lire annue. La gara con
offerte in diminuzione non minori a dieci lire, veniva
svolta il venti novembre presso la segreteria comunale col
64
metodo della candela vergine , in applicazione al regolamento
dell'epoca sulla contabilità generale dello Stato.
I partecipanti, per essere ammessi alla gara, il giorno
dell'incanto dovevano versare in contanti o in titoli al
portatore 2.000 lire come cauzione provvisoria, oltre a lire
400 per spese di asta e contratto, ed esibire i documenti atti
a dimostrare la capacità tecnica e finanziaria di assumere il
pubblico esercizio.
L'aggiudicazione provvisoria della concessione venne
affidata ad una costituenda società anonima d'industrie
elettriche, pervenendo dopo diciotto mesi alla stipula del
contratto definitivo.
14 Piazza Vittorio Emanuele II,
Vallo della Lucania, inizio 1900
64
Questo metodo successivamente regolamentato dal Regio Decreto 23
maggio 1924 n. 827, ed ancora in vigore consiste in: Nel giorno stabilito per l'asta,
trascorsa l'ora di rito, si procederà in pubblica seduta, nel modo che segue: si accenderanno
tre candele, una dopo l'altra; se la terza si estingue senza che siano fatte offerte,
l'incanto è dichiarato deserto. Se invece nell'ardere di una delle tre candele si siano
avute offerte, si accenderà la quarta e si procederà ad accenderne delle altre sino a che si
avranno offerte. Quando una delle candele accese dopo le prime tre, come sopra è
prescritto, si estingue ed è consumata senza che si sia avuta alcuna offerta durante
tutto il tempo nel quale rimane accesa, e circostanze accidentali non abbiano interrotto
il corso dell'asta, ha effetto l'aggiudicazione a favore dell'ultimo migliore offerente.
180
3. La costituzione della SALIE
Le prime iniziative nel settore elettrico intraprese
sul territorio, videro la nascita di piccole
imprese e la realizzazione di centraline di
produzione idroelettrica, soprattutto nell'area
della valle del Calore. Alcune di queste imprese
al fine di raggiungere una maggiore capacità di
penetrazione su di una vasta area della provincia,
in un regime di monopolio sulle attività di
produzione e distribuzione, dividendosi le
singole aree di competenza, decisero di associarsi,
con la costituzione di una società per
azioni operante nel settore dell'energia elettrica.
Con l'istituzione di una società di capitali
veniva inoltre assicurata una maggiore capacità
tecnica e finanziaria per assumere varie
attività nel nuovo settore industriale.
In un incontro avvenuto a Salerno l'undici
gennaio 1913, nella residenza dell'ingegnere
Migliacci alla Palazzina D'Alessio in Corso
Garibaldi (attuale via Roma), fu costituita con
atto del notaio Antonio Trucillo la società
anonima per azioni denominata Società
Anonima Lucana d'Industrie Elettriche SALIE,
con un capitale sociale di 300.000 lire, avente
per fine la produzione e distribuzione di energia
elettrica per illuminazione e forza motrice e per
industrie elettriche in generale. La società aveva
una durata di anni trenta con la possibilità di
essere prorogata per voto dell'assemblea.
1 Corso Garibaldi, Salerno, anni
Dieci del Novecento
181
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Corso Garibaldi a Salerno
animato dal passaggio dei tram
3 Lampade ad arco differenziale
della Siemens & Halske, 1878
Il Corso Garibaldi in quegli anni, da poco ritmato dai pali
in legno della rete elettrica e da quelli in ghisa della linea
tramviaria, era animato dal passaggio dei tram della The J.
65
G. Brill Company di Philadelphia diretti a Cava e a Pompei
ed illuminato dalle lampade ad arco della Compagnia
Napoletana di Illuminazione con l'energia dell'impianto del
Tusciano.
In quella sede venne deciso che il capitale sociale doveva
essere corrisposto con l'emissione di cinque diverse serie,
di cui la prima serie, corrispondente al capitale iniziale di
60.000 lire, era diviso in 300 azioni da 200 lire ciascuna.
In base alle disposizione del Codice del Commercio furono
versati i tre decimi delle azioni sottoscritte per un valore di
8.400 lire alla sede di Salerno della Banca d'Italia, come
comprovato dal notaio dalle regolari ricevute di versamento,
mentre i sette decimi dovevano essere versati a
seguito di un avviso emesso dalla società con lettera
raccomandata, nei successivi quindici giorni dalla definitiva
costituzione.
Inizialmente il capitale era destinato principalmente
all'esercizio e alla gestione dell'impianto di produzione e
distribuzione di Vallo della Lucania, che venne conferito
65
I primi veicoli in dotazione della linea tramviaria Salerno-Pompei, erano dei
tram bidirezionali a due assi, ed alcune vetture rimorchiate, acquistati nel 1907
dalla ditta statunitense The J. G. Brill Company, che giunsero a Salerno trasportati
in Kit con una nave, e montati sul posto. L'equipaggiamento elettrico
invece era stato fornito dalla Siemens Schuckert Werke.
182
La costituzione della SALIE
alla società dal proprietario Migliacci, per estendersi in
seguito ad altre attività, quali l'acquisto o la produzione di
energia elettrica e della sua distribuzione o vendita per
luce e forza motrice, nel Cilento e nella valle del Calore.
Per l'impianto conferito del valore di 65.837,65 lire, documentato
dalle fatture e dai conteggi presentati, vennero
attribuite a Migliacci 160 azioni di lire 200 ciascuna, corrispondenti
alla somma di 32.000 lire che aveva già versato
ai creditori. Per l'estinzione della rimanente somma di
35.837,65 lire, avrebbe provveduto la stessa società nei
modi e nei termini che furono da lui stabiliti con i singoli
creditori, come veniva dimostrato dalla contabilità consegnata
e corredata di tutti i registri e documenti
dell'impianto, con l'elenco dei materiali e degli abbonati.
Tra i creditori, oltre alle ditte fornitrici in precedenza
elencate, compariva anche il sig. Giovanni Botti di Vallo,
socio della SIEL, che in cambio assunse delle azioni della
nuova società.
Tra i soci rilevanti, di cui qualcuno presentato in precedenza,
comparivano: l'industriale Nicola Falcone residente a
Roccadaspide, il cavaliere Domenico Maida di Capaccio, il
sig. Giuseppe Andreola di Aquara, e il cavaliere Francesco
Luciano di Salerno, originario di Cava dei Tirreni, come
maggiori azionisti; il cavaliere Pasquale Rizzo ex sindaco
di Castel San Lorenzo, l'ingegnere Francesco Martino di
Rivello in provincia di Potenza e residente a Salerno,
l'ingegnere Vincenzo Carpinelli di Giffoni Valle Piana
domiciliato a Napoli, il sig. Enrico Giardini possidente di
Castelcivita e il sig. Giordano Conti possidente di
Controne.
Domenico Maida, figlio di Giovanni, sindaco di Capaccio
per più di un decennio fino al 1903, a marzo 1912 aveva
presentato un'istanza al Prefetto di Salerno per la concessione
di derivazione dal corso d'acqua di Capodifiume nel
comune di Capaccio, con allegato progetto a firma dell'ing.
Migliacci, che prevedeva la realizzazione di una centralina
idroelettrica con una derivazione dal fiume Capodifiume,
utilizzando una portata di 2.080 litri al secondo ed un salto
di dieci metri per una potenza di 277,33 HP.
Nello statuto societario si stabiliva che il cav. Maida con la
sua impresa, si obbligava a favore della società di non
realizzare altri impianti o speculazioni elettriche, e di non
vendere energia nei seguenti paesi: Albanella, Altavilla,
Serre, Controne, Castelcivita, Postiglione, Aquara,
4 Biglietto da visita dell’ing.
Raffaele Migliacci
183
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Quadro elettrico di comando
all’interno della centrale
idroelettrica Maida a Capaccio
6 Comunicazione al sindaco del
comune di Agropoli per i lavori
di realizzazione della linea di
distribuzione elettrica, 1914
Roccadaspide, Castel San Lorenzo, Felitto, Laurino, Stio,
Campora, Moio della Civitella, Gioi Cilento, Orria, Perito,
Vallo della Lucania, Persano e Castelnuovo. Inoltre si
stabiliva che il cav. Falcone, con la sua centralina di produzione
sul Calore, doveva limitare l'attività soltanto nei
66
centri di Roccadaspide e Castel San Lorenzo.
A favore di Maida la società si impegnava invece a non
vendere energia nei comuni di Capaccio, Trentinara,
Giungano, Monteforte Cilento, Cicerale, Rutino, Lustra,
Rocca Cilento, Laurino, Prignano, Torchiara, Ogliastro,
Agropoli, Castellabate, e di tutta la fascia intercedente la
linea Battipaglia-Reggio e il mare, e a favore di Falcone a
non realizzare impianti e a non vendere energia nei paesi
serviti dalla sua impresa.
Inoltre Maida si obbligava nei confronti della società, e
viceversa, alla cessione dell'energia ad un prezzo non
superiore a quello stabilito, da prelevare direttamente in
centrale o da qualsiasi altro punto della linea più vicino al
luogo in cui si fosse venduta l'energia.
Il consiglio di amministrazione nominato, era composto
da Raffaele Migliacci in qualità di presidente, Domenico
Maida, Nicola Falcone, Francesco Luciano e Pasquale
Rizzo, mentre tra i sindaci effettivi furono nominati gli
ingegneri Francesco Martino, Vincenzo Carpinelli e Nicola
Pinto. Gli amministratori nominati rimanevano in carica
fino all'assemblea di marzo 1914, quando si sarebbe provveduto
ad un parziale rinnovamento tramite sorteggio,
mentre i sindaci fino all'assemblea ordinaria di marzo
1913, quando venne nominato consigliere delegato il
cavaliere Gaetano Campione.
66
Il quattro ottobre 1914, con decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, il socio
azionista Nicola Falcone veniva nominato Cavaliere.
184
La costituzione della SALIE
Il 3 giugno di quell'anno, nella sezione Cronaca del giornale
quindicinale L'Alento, stampato a Vallo della Lucania,
veniva riportata la notizia sulla costituzione della nuova
società elettrica, “con lo scopo principale di riscattare i due
impianti elettrici di Vallo dell'ing. Pinto e Migliacci, gestendoli
in un'unica azienda e di acquistare le forze dell'Idroelettrica
Lucana per farne la speculazione dei paesi della Valle del
Calore”. Dal primo dello scorso maggio a Vallo aveva
assunto la gestione di tutti e due gli impianti elettrici,
“troncando in questo modo il deplorevole spettacolo della concorrenza
fra le due ditte, protratta a tal punto da dover temere da un
momento all'altro lo sfacelo finanziario di una o di tutte e due le
Imprese”. Augurando alla società un rapido progresso,
visto la serietà delle persone che la dirigevano, l'articolo si
concludeva con la speranza che la monopolizzazione del
servizio della luce elettrica non avrebbe portato nessun
ingiusto aggravio ai singoli utenti.
Purtroppo proprio alla fine del 1913, il 21 dicembre la
neonata società sopportò la tragica morte del socio Maida
con il trasferimento dell'impresa elettrica alla moglie Luisa
Flavia Vernazza e al piccolo erede Domenico junior,
gravandosi del difficile compito di gestire l'attività di
produzione e distribuzione dell'energia elettrica ad
Agropoli e Capaccio. La conduzione dell'impianto venne
pertanto affidata dall'amministratore dei beni del minore
Maida, alla Società Idroelettrica Pestana di Maffeo & Napoli,
con sede a Capaccio, che intanto l'anno precedente aveva
ottenuto dal Prefetto la concessione per l'installazione e
l'esercizio di un impianto di distribuzione della luce
elettrica a Capaccio.
Nella seduta ordinaria degli azionisti convocata per il 15
marzo 1914, come stabilito all'atto di costituzione della
società, dopo la relazione del presidente Migliacci, veniva
approvato il contratto di acquisto dell'impianto
dell'ingegnere Pinto, e quello di appalto per la fornitura
del servizio di illuminazione elettrica a Vallo della Lucania
e nelle frazioni. Seguiva l'approvazione dei contratti di
vendita alle utenze di illuminazione e forza motrice e
dell'accordo preliminare per l'acquisto di energia dalla
Società Idro-Elettrica Lucana, a seguito della domanda
inoltrata alla società dall'ing. Pinto. Inoltre si pervenne
all'approvazione di un progetto per la costruzione di una
linea di trasporto ad alta tensione, dalla centrale di produzione
di Felitto alle diverse destinazioni.
7 Avviso di convocazione
assemblea SALIE publicato sul
foglio delle inserzioni della
Gazzetta Ufficiale del Regno del
28 febbraio 1914
185
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
8 Decreto di concessione del 6
maggio 1915 rilasciato alla ditta
Domenico Maida
9 B o l l e t t a d e l l ’ I m p r e s a
Illuminazione Elettrica del Cav.
Pasquale Rizzo, 1916
Dunque, costituita la società, nel mese di maggio venne
stipulato il contratto definitivo con il comune di Vallo, per
la fornitura di energia elettrica dell'illuminazione pubblica
della città.
Nel frattempo il 28 luglio scoppia il conflitto in Europa, con
la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia, le cui
conseguenze si fecero subito sentire anche in Italia.
L'economia della nazione per l'approvvigionamento di
materie prime dipendeva in larga scala dall'estero, provocando
una crisi soprattutto per le scorte di carbone, essenziale
per la produzione di gas ed energia elettrica con
impianti termici, con inevitabili rincari nel prezzo della
fornitura. L'Italia fino a quel momento era fondamentalmente
un paese agricolo, con una industria ancora poco
competitiva e con alcuni suoi settori chiave, dominati da
capitali stranieri; notevole era la presenza di capitale
tedesco nel settore dell'energia.
Anche Vallo della Lucania, che da pochi mesi aveva
sostituito i vecchi lampioni a gas con lampade elettriche,
risentì di questi disastrosi effetti, quando nel periodo dal
20 agosto al 10 settembre 1914 mancò quasi del tutto
l'energia elettrica, proprio per la mancanza di carbone
necessario per il funzionamento della macchina a vapore
della piccola centralina.
Appena il carbone iniziò ad essere reperibile sul mercato,
malgrado costasse quasi il triplo del prezzo precedente, la
Società per assicurare di nuovo il servizio di distribuzione
si preoccupò immediatamente di acquistarne una consistente
scorta. A questo punto, a seguito dell'accordo di
concessione con la SIEL, quando fu possibile prelevare
l'energia elettrica con una derivazione dall'elettrodotto
proveniente da Felitto, la piccola centralina a carbone
venne definitivamente chiusa per la scarsa e antieconomica
produzione.
Il 6 maggio 1915 il Prefetto rilascia il decreto per la concessione
di derivazione delle acque di Capodifiume, richiesta
dal cav. Maida nel 1912, con il regolare inizio dell'attività
di produzione e distribuzione di energia elettrica per
illuminazione e forza motrice ad Agropoli e Capaccio.
Con l'entrata in esercizio della centralina, fu il socio
Pasquale Rizzo a fondare l'omonima impresa elettrica
concessionaria dell'azienda Maida per l'acquisto, distribuzione
e vendita di energia nel comune di Agropoli, dove
realizzò una rete di circa 12 km di lunghezza.
186
La costituzione della SALIE
A Castel San Lorenzo, posizionato nella rigogliosa valle
del Calore abbondante di piante di olivo di ottima qualità,
da buon imprenditore volle investire nella produzione di
olio, con l'impianto di un moderno frantoio elettrico
ubicato nei locali al piano terra della residenza di via S.
67
Maria.
Il socio Giuseppe Andreola ad Aquara costituì la Società
Idoelettrica Capozzoli, Andreola & Vitale, realizzando una
centralina della potenza di 50 kW con l'adattamento delle
strutture di un mulino alimentato da una derivazione dal
fiume Fasanella in località Terre, e dotata di una turbina
idraulica della Ditta Alessandro Calzoni di Bologna, prima
azienda in Italia a produrre turbine idrauliche. La centralina
detta Vairo, affiancata da un impianto termico ausiliario
di 80 kW, era ubicata dopo la confluenza del Vallone
Ferro di Aquara in prossimità del vecchio ponte ad archi in
muratura sul fiume Calore, lungo la strada per
Bellosguardo, a circa un chilometro a monte del piccolo
impianto di Falcone.
È a ottobre 1915, che l'Amministrazione provinciale di
Salerno indisse la gara di appalto per la costruzione della
strada di collegamento tra la piazza Nicotera nell'abitato
di Aquara, e la provinciale Ponte Calore Bellosguardo, con
l'innesto proprio nelle vicinanze della centralina, potendo
in questo modo raggiungerla dal paese in breve tempo e
con maggiore facilità.
Dalla centralina Vairo partivano tre linee di trasmissione
in media tensione con uno sviluppo complessivo di circa
10 km, che raggiungevano Aquara, Castelcivita e la contrada
Carretiello di Roccadaspide, dove si diramavano le reti
di distribuzione in bassa tensione per un'estensione
68
complessiva di circa 6 km.
Prima dell'assemblea ordinaria della società convocata a
marzo 1916, veniva effettuato un aumento di capitale con
l'emissione della seconda serie di azioni, raggiungendo il
valore sottoscritto di 84.800 lire.
10 Progetto di derivazione della
Società Idro-Elettrica Capozzoli-
Andreoli-Vitale di Aquara, 1919
11 Catalogo ditta Alessandro
Calzoni di Bologna, 1899
10 Catalogo ditta Alessandro
Calzoni di Bologna, 1899
67
Per l'impegno dimostrato dal cavaliere Pasquale Rizzo allo sviluppo socioeconomico
e culturale della sua terra, l'amministrazione del comune di Castel
San Lorenzo, guidata negli anni Novanta dal prof. Gennaro Mucciolo, in
segno di merito e riconoscenza l'ha ricordato intitolando a suo nome una
strada comunale.
68
Con una domanda inoltrata il 29 maggio 1919 a firma del socio Tommaso
Capozzoli, corredata dal progetto a firma dell'ingegnere Domenico Galdieri,
la società richiedeva una variazione alla concessione per spostare più a monte
il punto di presa, e derivare una maggiore quantità di acqua al fine di incrementare
la produzione di forza motrice.
187
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
12 Rivello, provincia di Potenza
Tre anni dopo, con la chiusura dell'impianto di produzione
a carbone, la società ancora non aveva provveduto a
liquidare i fornitori, concordando a settembre 1919 un
pagamento del trenta per cento delle spettanti somme.
Il 14 maggio di quell'anno venne aperta al pubblico la
chiesa di Santa Sofia a Poderia, nel comune di Celle di
Bulgheria, i cui lavori iniziati all'inizio del Novecento
impegnarono per quasi un ventennio l'ingegnere
Francesco Martino in qualità di progettista e direttore dei
lavori. Sposato con una nobildonna di Giffoni, da Rivello si
era trasferito a Salerno per svolgere la libera professione di
ingegnere, fondando uno studio associato con il figlio
Alessandro che nel frattempo aveva conseguito la laurea
in ingegneria.
Nel suo paese di origine si era costituita la Società Anonima
Idro-Elettrica Rivellese, SAIER, con un capitale sociale di
1.250.000 lire, con lo scopo di realizzare un impianto
idroelettrico per l'illuminazione ai numerosi paesi della
contrada. La presidenza venne assunta dal Canonico
Biagio Mennuti, responsabile spirituale della Parrocchia S.
Nicola di Rivello, e la direziome tecnica di Migliacci.
Il 9 novembre 1920 la società presentò una domanda di
derivazione da 3,50 a 9 moduli d'acqua dal torrente Lauria
(Viceconti) e da 2 a 6 moduli dal canale della Ferrovia in
tenimento di Nemoli con restituzione nel Rio di Mascalcia,
affluente del fiume Noce, per produzione di forza motrice.
13 Posa della prima pietra della
centrale idro-elettrica rivellese,
30 novembre 1922
188
La costituzione della SALIE
I lavori per la realizzazione dell'impianto, iniziati il 30
novembre 1922 con una cerimonia di posa della prima
pietra, alla presenza del presidente, del sindaco e di altre
autorità locali, non furono portati a termine e si conclusero
con la costruzione soltanto della sala macchine e della casa
del custode, ancora visibili in località Ramiera lungo la
strada provinciale per Nemoli.
Il 30 luglio di quell'anno, ai sensi della legge 2161 del 1919,
Migliacci presenta una domanda per la derivazione di sei
moduli d'acqua dal torrente Tenza nel comune di
Campagna, con un sbarramento e delle relative opere di
presa a circa 3 km a monte del centro abitato, in località
Acqua del Romito, a scopo di produzione di energia
elettrica.
In quello stesso anno il socio Francesco Martino lo ritrovia-
69
mo tra i componenti della Società Salernitana di Elettricità ,
eletto nel collegio dei sindaci effettivi, con la presidenza
del cavaliere Raffaele Marotta di Laurino, la vice presidenza
del cavaliere Gaetano Campione e la direzione del
consigliere delegato cavaliere Gennaro D'Alessio, sindaco
in quegli anni del comune di Capaccio.
14 Sala macchine in località
Ramiera, Rivello
15 Gennaro D’alessio alle
sorgenti di Capodifiume.
Paratoia vasca di carico
centralina idroelettrica
16 Comunicazione della Società
Salernitana di Elettricità in
riferimento al Capitolato per
l’illuminazione elettrica di
Paestum, 1926
69
La Società Salernitana di Elettricità, costituita a Salerno il 1922, aveva il duplice
scopo di distribuire energia nei paesi della Piana del Sele e nelle aziende
agricole esistenti, e di condurre sperimentazioni per nuove applicazioni nel
campo elettroagricolo, saggiando metodi moderni di coltivazione meccanizzata
e di irrigazione.
La società realizzò a Paestum in località Spinazzo una centrale alimentata
dalle acque di Capodifiume della potenza di 160 kW, distribuendo l'energia
elettrica a Paestum e agli altri paesi. Successivamente ampliò la produzione,
prima con la realizzazione di una piccola centralina in prossimità delle
sorgenti di Capodifiume, con l'adeguamento delle strutture di un vecchio
mulino ivi esistente, e poi con l'acquisizione della centralina idroelettrica in
località San Eustachio nel comune di Montecorvino Rovella della ditta Pizzuti
e Santoro, alimentata con una derivazione dal fiume Cornea.
189
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
17 Piazza Vittorio Emanuele,
Vallo della Lucania
18 Pagina del giornale contabile
della SALIE, mese di marzo 1926
La società venne costituita per la produzione e distribuzione
dell'energia ad Albanella, Altavilla Silentina, Paestum,
Castel San Lorenzo e Roccadaspide, proprio nel periodo in
cui la piccola centralina di Falcone, che distribuiva
l'energia in quest'ultimi due paesi, iniziava a mostrarsi
insufficiente per la scarsa produzione.
E sempre nello stesso anno il comune di Vallo della
Lucania, per forte volere dell'assessore Armido Rubino,
con delibera di consiglio del 24 febbraio, decide di ampliare
il servizio di illuminazione elettrica pubblica nella
frazione di Angellara. A quei tempi, dopo la chiusura
dell'impianto termoelettrico, la SALIE acquistava l'energia
dalla Società Idro-Elettrica Lucana per un canone mensile
variabile da 1.100 a 1.400 lire. La connessione con la rete
della SIEL avveniva tramite l'alimentazione a bassa tensione
di una cabina di distribuzione in muratura ubicata in
via Santa Maria di Loreto, da cui si diramava la rete elettrica
pubblica e privata di Vallo e delle frazioni. La società
possedeva in fitto oltre questa cabina, di proprietà
dell'ingegnere Pinto, la sede dell'ufficio di Vallo in Corso
Garibaldi e il molino Soriello.
Nell'assemblea ordinaria degli azionisti tenuta ad aprile
1922 veniva regolarmente approvato il bilancio aziendale;
ad aprile 1924 all'ordine del giorno, compariva oltre la
relazione del consiglio di amministrazione e
l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 1923, una parte
190
La costituzione della SALIE
straordinaria per l'emissione della terza e quarta serie di
azioni con aumento del capitale sociale sottoscritto e
versato di 154.880 lire.
Al 1926, tra le utenze elettriche servite dalla società vi era: la
pubblica illuminazione, per un canone semestrale pagato
dal comune di Vallo di circa 9.000 lire; il cinematografo, la
caserma di Finanza, la caserma della 64° Fanteria, l'Ufficio
postale, l'Ufficio Foreste, il Circolo sociale e la Chiesa S.
Maria delle Grazie; contratti di fornitura per forza motrice
con il sig. Ernesto Nicoletti e con lo stabilimento tipografico
Luigi Spera, oltre ai contratti di varie utenze private.
In quegli anni per la gestione società elettrica comparivano:
l'ingegnere Vincenzo Carpinelli, come consigliere
delegato con funzioni esecutive, e tra i dipendenti, il sig.
Giuseppe Migliacci, fratello del presidente, in qualità di
direttore tecnico e il sig. Alfredo D'Andrea come operaio
elettrotecnico e lettura dei contatori.
L'ingegnere Carpinelli, il 21 giugno di quell'anno, presentava
a nome di una omonima impresa elettrica, fondata
insieme ai fratelli Attilio e Giuseppe, un'istanza per la
derivazione di 10 moduli di acqua dal fiume Picentino, in
contrada Accoppiatura nel comune di Giffoni Valle Piana,
per la produzione con un salto di 82,15 metri di 876,60 HP
nominali, da trasformarsi in energia elettrica. La centralina
ad acqua fluente era ubicata in contrada Vassi dove avveniva
la restituzione delle acque al corso naturale del fiume.
La concessione della durata di 60 anni venne autorizzata
con R.D. n. 3940 del 12 marzo 1928, con l'obbligo di installare
due idrometrografi su opportuni stramazzi al punto
di presa e al canale di scarico, e di un pluviografo da collocarsi
nel sito indicato dalla Sezione Idrografica di Napoli,
in conformità a quanto disponeva il nuovo regolamento
del 14 agosto 1920 n. 1285.
19 Stabilimento tipografico
Luigi Spera, Vallo della Lucania
20 Busta intestata della Società
Anonima Lucana Industrie
Elettriche S.A.L.I.E.
191
21 Piazza S. Caterina - Duomo,
Vallo della Lucania
Capitolo XIII
L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna
Il presidente Migliacci, al fine di eliminare dal bilancio
della società il canone mensile da pagare alla SIEL con la
produzione in proprio dell'energia, il 23 settembre 1922
inoltrava al Ministero dei Lavori Pubblici un'istanza per
una concessione di derivazione sul torrente Torna, con lo
scopo di produrre energia elettrica. Il progetto prevedeva
la realizzazione di un impianto alle pendici occidentali del
monte Gelbison, nel comune di Novi Velia, con un prelievo
di 300 litri d'acqua al secondo, nei mesi da novembre a
giugno, e di 150 litri nei mesi di magra, da luglio a ottobre.
La domanda veniva richiesta ai sensi della nuova normativa
emanata con R.D. n. 2161 del 9 ottobre 1919, sulle derivazioni
ed utilizzazioni di acque pubbliche, sui serbatoi e
laghi artificiali, e del successivo regolamento.
La legge, che raccoglieva la legislazione precedente,
introduce una semplificazione procedurale per rispondere
all'incremento di domanda di energia e alle richieste di
concessioni ad uso idroelettrico, quando, dopo la prima
guerra mondiale, l'Italia aveva la necessità di produrre
energia a basso costo per favorire la ripresa economica.
La normativa indicava che le domande per le nuove
concessioni, con allegati progetti, dovevano essere presentate
al Ministro dei Lavori Pubblici e al Genio Civile di
zona. Successivamente, dopo la pubblicazione della
domanda sulla Gazzetta Ufficiale e sugli annunci provinciali,
gli interessati avevano 30 giorni per presentare
obiezioni, prima che fossero effettuati i necessari sopralluoghi
del Genio.
1 Planimetria impianto idroelettrico
sul Torna a Novi Velia
193
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Novi Velia, anni Venti del
Novecento
Forniva inoltre le caratteristiche per scegliere tra più
domande di concessione ricorrenti: si sceglieva quella che
presentava il miglior utilizzo delle acque o soddisfaceva
prevalenti interessi pubblici o offriva migliori garanzie
tecnico-finanziarie. Il Capo secondo conteneva provvedimenti
per agevolare la costruzione dei serbatoi e dei laghi
artificiali. Il regolamento emanato con il R.D. n. 1285 del 14
agosto 1920, disponeva che il Genio Civile compilasse gli
elenchi delle acque pubbliche e che li comunicasse agli
uffici competenti per essere esposti nei Comuni, nelle
Province e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Lo stesso
regolamento prevedeva che successivamente al rilascio
della concessione di derivazione, il concessionario doveva
presentare al Genio Civile il progetto esecutivo, che lo
approvava e dava il via libera ai lavori sorvegliando e
guidando l'esecuzione delle opere.
Durante il periodo di pubblicazione del progetto di derivazione
sul torrente Torna, furono presentate delle opposizioni
dal comune di Vallo e di Novi Velia.
Il sindaco Gaetano Passarelli affermava che le sorgenti del
torrente erano di proprietà comunale, e sosteneva, in
accordo con il sindaco di Novi, che concedendo
l'utilizzazione richiesta dalla ditta Migliacci, sarebbe
mancata l'acqua a vari mulini e frantoi esistenti in zona e a
molti terreni situati nel territorio dei due comuni. Il sindaco
era personalmente interessato al progetto di derivazione
in quanto possedeva un mulino e vasti terreni a Novi
Velia confinanti con il torrente.
194
L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna
Per il Genio Civile le pretese del comune di Vallo sulla
proprietà delle sorgenti non erano ammissibili, in quanto il
corso d'acqua risultava regolarmente iscritto al n. 217
dell'elenco delle acque pubbliche della provincia di
70
Salerno, in virtù del R.D. 2161.
Inoltre la preoccupazione che la derivazione potesse
gravemente turbare le varie utilizzazioni esistenti a valle
della presa era infondata, in quanto il regime delle acque
dopo la restituzione rimaneva immutato e di conseguenza
tutte le utilizzazioni a valle avvenivano in regime
dell'intera portata. Per le utilizzazioni a destra del torrente,
alimentate da un antico canale derivatore con origine a
monte della restituzione, era prevista la realizzazione di
un condotto a pelo libero, tra il torrente, a valle dello
scarico, e l'esistente canale, reintegrando il restante volume
d'acqua necessario ad assicurare l'esercizio delle
esistenti utilizzazioni.
In ogni caso, per assicurare il necessario quantitativo
d'acqua, nel disciplinare di concessione, si era fatto obbligo
al richiedente di costruire all'imbocco del canale reintegratore
un'apposita opera di ripartizione.
Nel frattempo, un mese dopo la presentazione dell'istanza
di concessione, il 24 ottobre 1922 il comune di Vallo della
Lucania pubblicava l'avviso di appalto, ad unico incanto a
ribasso, per la costruzione dell'acquedotto consortile, dalle
sorgenti, agli abitati di Novi Velia, Vallo e le frazioni di
Angellara e Massa, secondo il progetto redatto
dall'ingegnere Pasquale Pistilli ad aprile 1916, e del successivo
aggiornamento di agosto 1920.
70
Il decreto stabiliva la formazione degli elenchi da parte degli Uffici provinciali
del Genio Civile, che successivamente approvati dal Ministero dei LL.PP.,
venivano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del Regno. Le procedure per la
formazione degli elenchi delle acque pubbliche furono stabilite dal successivo
regolamento approvato con il R.D. n. 1285 del 14 agosto 1920.
Successivamente il regolamento è stato in vigore per espressa disposizione di
un articolo del Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici approvato, a dicembre 1933 con R.D. n. 1775.
L'articolo uno del testo Unico recita:
“Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente
estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, considerate sia isolatamente
per la loro portata o per l'ampiezza del rispettivo bacino imbrifero, sia in relazione al
sistema idrografico al quale appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di
pubblico generale interesse.
Le acque pubbliche sono inscritte, a cura del ministero dei lavori pubblici,
distintamente per provincie, in elenchi da approvarsi per decreto reale, su proposta del
ministro dei lavori pubblici, sentito il consiglio superiore dei lavori pubblici, previa la
procedura da esperirsi nei modi indicati dal regolamento.
195
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 L’ing. Migliacci a dorso d’asino
per la strada per la località Ponte
Torna
Per questo motivo tra le opposizioni presentate, il sindaco
di Vallo esponeva la necessità di utilizzare a scopo potabile
le acque delle sorgenti che alimentano il torrente Torna.
Dunque, al fine di assicurare una sufficiente quantità
d'acqua potabile da immettere nella rete idrica, il Genio
Civile aveva inserito nel disciplinare un'apposita riserva
di dieci litri al secondo, largamente proporzionata al
bisogno della popolazione dei due comuni.
Considerato che le riferite motivazioni non potevano
essere di ostacolo alla richiesta concessione di derivazione
a scopo idroelettrico, venivano respinte tutte le contrarie
opposizioni. Pertanto in seguito al parere del Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici espresso a maggio 1924, e al
disciplinare sottoscritto dall'ingegnere presso l'Ufficio del
Genio Civile il 14 aprile dell'anno successivo, l'undici
settembre 1925 veniva rilasciato il Decreto Ministeriale di
concessione n. 8918 della durata di 60 anni per un canone
annuo di 5.480 lire, che prevedeva la derivazione di una
portata media di 250 litri d'acqua al secondo
per produrre con un salto di 137 metri una
potenza nominale di 456,66 HP.
A febbraio di quell'anno l'ingegnere
Migliacci, con lo scopo di incrementare la
produzione di energia idroelettrica, inoltrava
una nuova richiesta di concessione per la
derivazione di 300 litri di acqua dal fiume
Palistro, nello stesso comune di Novi Velia.
Ottenuta la concessione per l'impianto del
Torna, ed iniziati i lavori per la realizzazione
della sala macchine, con il successivo
progetto esecutivo venne aumentato il salto
a 178,1 metri, da quota 775,3 metri s.l.m.,
corrispondente alla presa in località
Fiumefreddo, nei pressi della fontana dove
aveva inizio la salita per il Santuario, a
quota 597,2 metri, corrispondente alla
restituzione in località Ponte Torna, ottenendo
un aumento di potenza da 336 kW a
496,77 kW. Dopo l'approvazione
dell'esecutivo da parte del Genio Civile con
D.M. n. 263 del 14 gennaio 1927, diede corso
al completamento delle opere di derivazione,
inaugurando l'impianto a marzo di
quell'anno.
196
L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna
Le opere previste consistevano nella realizzazione di uno
sbarramento in muratura del Vallone Fiumefreddo,
dell'opera di presa, del canale derivatore in trincea a
sezione rettangolare e di una vasca di carico dotata di
paratoia e sgrigliatore; di una condotta forzata costituita
da tubi in lamiera d'acciaio chiodata, del diametro di 400
mm; della centrale di produzione contenente la sala macchine,
dell'edificio per l'abitazione del custode e di un
piccolo deposito.
La centrale, realizzata in muratura, si sviluppa su di un
unico livello a pianta rettangolare, con l'ingresso principale
posizionato al centro della sala contenente i due gruppi
turbo-generatore, e dotata di un carroponte per il sollevamento
o lo spostamento delle macchine in caso di smontaggio
e manutenzione. A destra della sala fa seguito un
blocco posteriore sviluppato su due livelli contenente i
locali trasformatori e gli scaricatori, da dove partiva una
linea di trasmissione in media tensione di 30 kV con
un'estensione di circa 48 km. Il prospetto principale,
caratterizzato da una composizione simmetrica rispetto
all'ingresso centrale, è esaltato dal timpano superiore della
copertura a due falde.
4 Foto di gruppo con l’ing.
Migliacci (5° da destra)
all’inaugurazione della centrale
di Novi Velia, marzo 1927
197
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Volantino pubblicitario delle
Officine Fonderie A. Pellizzari
6 L’interno della centrale con il
gruppo di generazione turbinaalternatore
fornito dalle Officine
Parenti di Bologna (foto fine XX
secolo)
Dalla linea di trasmissione, che da Novi Velia attraversava
il territorio del comune di Vallo della Lucania, fu eseguita
una derivazione di circa 120 metri allacciando la cabina
Loreto della SALIE, potendo in questo modo prelevare
direttamente l'energia per la distribuzione nel capoluogo.
Tra le aziende fornitrici dei due gruppi di generazione
installati, si annovera: per il primo gruppo le Officine
71
Parenti di Bologna , composto da una turbina idraulica
tipo Pelton con un getto ad ago da 750 giri al minuto,
munita di regolatore automatico di velocità, collegata
mediante un giunto rigido ad un alternatore trifase ad otto
poli; per il secondo gruppo, aventi le stesse caratteristiche
tecniche, le Officine Fonderie A. Pellizzari di Arzignano,
Vicenza, specializzata nella produzione di pompe e motori
72
elettrici. Le turbine Pelton , dette turbine ad azione,
sfruttano la velocità d'ingresso dell'acqua, che tramite un
ugello colpisce direttamente le pale della girante a forma
di doppio cucchiaio. Solitamente sono utilizzate per
grandi dislivelli e piccole portate in modo tale da ottenere
velocità molto elevate.
71
Dal 1920 le Officine Parenti si uniscono con l'Officina Calzoni costituendo la
Società Anonima Officine Calzoni-Parenti specializzata in costruzioni oleodinamiche,
e qualche anno dopo associandosi con la Società Riva-Monneret di
Milano, daranno vita alla società per azioni Riva & Calzoni.
72
Questo tipo di turbina prende il nome dall'inventore americano Lester Allan
Pelton, che la realizzò nel 1879, e risulta essere ancora oggi la turbina ad azione
con rendimento più elevato.
198
L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna
7 Il gruppo di generazione
turbina-alternatore fornito dalle
Officine fonderie Pellizzari di
Arzignano (foto fine XX secolo)
L'impianto idroelettrico sul Torna, venne realizzato oltre
con l'intento di eliminare le spese di acquisto di energia
elettrica dalla SIEL, principalmente per estendere la
distribuzione in altre zone del territorio che a quella data
erano ancora sprovviste del servizio elettrico, come l'area
del Cilento antico, rappresentata dai paesi intorno al
Montestella, e dei centri di Rofrano e Laurito alle falde
orientali del monte Gelbison.
La linea di trasmissione in media tensione di 30 KV giungeva
fino a Vallo scalo proseguendo poi per Omignano,
dove da una cabina partiva un'altra linea per Mercato
Cilento che raggiungeva Perdifumo, fino al comune di
Castellabate e alle sue frazioni, dove operava l'impresa
elettrica locale dell'ingegnere Nicola Coccoli.
Con la realizzazione della linea passante per Pattano, con
delibera del Podestà di Vallo della Lucania del 14 luglio
1928, il servizio elettrico della pubblica illuminazione
venne esteso anche in quella frazione, dove furono installati
i primi lampioni con lampade elettriche. Gli abitanti di
Pattano già da qualche anno si lamentavano della loro
disperata condizione, oltre che per la scarsità d'acqua e la
difficoltà del suo approvvigionamento, per la mancanza di
illuminazione pubblica.
Con una lettera del 30 gennaio 1925 scrissero al
Sottoprefetto affinché trovasse un'immediata soluzione,
sottolineando che nella frazione di Massa ed Angellara, gli
abitanti ormai da tempo usufruivano dell'illuminazione
elettrica pubblica, mentre a Vallo addirittura si cambiavano
le lampadine con sfarzosi globi in vetro.
8 Condotta forzata costituita da
tubi in lamiera d’acciaio
chiodata, diametro 400 mm
199
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
9 Piazza Vittorio Emanuele II,
Vallo della Lucania
10 Domanda di derivazione dai
torrenti Torna e Fiumefreddo
nel comune di Novi Velia, 1928
11 Relazione di progetto
dell’ing. Raffaele Migliacci
Eppure anche nel capoluogo c'erano da tempo numerose
lamentele per l'insufficiente illuminazione pubblica, tanto
che il consiglio comunale, a novembre dell'anno precedente,
individuò la necessità di interventi di miglioramento e
sistemazione. Furono pertanto potenziate le lampade e
ricollocate in modo diverso al fine di garantire una maggiore
illuminazione al corso e alla piazza.
Unitamente alla realizzazione dell'impianto di Pattano, in
quello stesso anno, con una derivazione dalla linea che
proseguiva per Vallo scalo, venne realizzato anche
l'impianto di pubblica illuminazione del comune di
Castelnuovo Cilento.
L'entrata in esercizio dell'impianto idroelettrico di Novi
Velia, assicurò una maggiore disponibilità di energia
immessa in rete, tuttavia per incrementare la produzione
in funzione dell'ampliamento delle nuove aree servite,
come i paesi del Cilento, il 6 luglio 1928, l'ingegnere
Migliacci inviava una domanda per derivare, con un
secondo salto dal torrente Torna e Fiumefreddo, 1,50
moduli di acqua con presa a quota 845,50 metri e restituzione
a quota 776,72 metri. Il progetto di massima allegato
all'istanza era firmato insieme al giovane ingegnere Mario
Salzano, figlio di Almerinda Campione la sorella della
moglie Teodora.
Il progetto prevedeva di utilizzare il rimanente salto di
circa 70 metri, dalla quota delle sorgenti alla quota di
derivazione dell'impianto già realizzato, con la produzione
di una potenza nominale di 133,60 HP. La presa del
secondo salto era prevista a quota 845,50 metri con la
restituzione a quota 776,72, in modo che le acque derivate
200
L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna
dopo l'utilizzazione venivano rimesse nel
canale derivatore dell'impianto esistente.
Le opere previste consistevano nella
realizzazione di due sbarramenti in
muratura sui rami del Torna e del Vallone
Fiumefreddo con le rispettive opere di
presa; di un canale derivatore in trincea a
sezione rettangolare e di una vasca di
carico, entrambi in muratura con le pareti
interne rivestiste in intonaco; di una
condotta forzata lunga 120 metri costituita
da tubi in lamiera d'acciaio saldati, del
diametro interno di 275 mm e dello
spessore di sei e dell'edificio della sala
macchine. Il gruppo generatore consisteva
in una turbina idraulica tipo Pelton
della potenza di 100 HP e velocità di 750
giri al minuto, munita di regolatore
automatico a pressione d'olio, direttamente
collegata mediante un giunto
rigido ad un alternatore trifase della
potenza di 75 kW.
12 Disegni di progetto per la
derivazione dai torrenti Torna e
Fiumefreddo II salto, 1928
201
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
13 Giornale contabile SALIE, dal
1° gennaio 1926 al 1° luglio 1928
14 Banco di Napoli in piazza
Matteo Luciani a Salerno
Nella seduta ordinaria della SALIE, tenuta a fine marzo di
quell'anno presso lo studio del presidente Migliacci in via
Diaz a Salerno, dopo la relazione del consiglio di amministrazione
venne presentato e approvato il bilancio al 31
dicembre. In quello stesso mese di marzo del 1928 venivano
rilasciate all'ingegnere, dalla succursale di Salerno del
Banco di Napoli, le anticipazioni sui titoli azionari della
società, richieste per sostenere le grosse somme impegnate
per la realizzazione dell'impianto di Novi Velia.
Tuttavia l'ambizioso programma di sviluppo
dell'ingegnere, sfortunatamente non volse a buon fine.
Con i ricavi dell'attività di produzione e vendita di energia,
non riuscì a coprire le spese e liquidare le varie ditte
fornitrici interessate, fino a che il Tribunale dichiarava il
fallimento della ditta Migliacci e la metteva in liquidazione.
Come curatore fallimentare veniva nominato
l'avvocato Cav. Emilio Conti della frazione Massa del
comune di Vallo, e come responsabile tecnico l'ingegnere
Mario Salzano.
Durante i lavori di costruzione dell'impianto, per accedere
all'officina di produzione venne realizzato, in località
Torna lungo la via pubblica che dalla località detta Li Barre
saliva al Santuario della Madonna di Novi Velia, un ponte
di attraversamento del torrente nei pressi della confluenza
del vallone Rosalia, le cui sponde, piantumate con diversi
alberi di pioppo, rientravano totalmente in una proprietà
di Gaetano Passarelli, su cui si estendeva un grande bosco
di castagno.
Quest'ultimo lamentava sia la costituita servitù di passaggio
sul corso d'acqua, che considerava di sua proprietà, sia
i danni procurati al suo fondo dallo straripamento del
torrente, il cui corso veniva ostacolato
dal materiale accumulato nei
pressi dell'angusto ponte realizzato
da Migliacci, impedendone il libero
deflusso.
Dopo il tentativo di risolvere amichevolmente
la questione con
l'ingegnere, a seguito del fallimento
della ditta si vide costretto a ricorrere
alle vie giudiziali, e nominato
come suo procuratore legale
l'avvocato Giuseppe Ippoliti, inoltrò
un'istanza al Tribunale di Vallo.
202
L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna
A settembre 1931 l'ufficiale giudiziario notificava all'avv.
Conti un atto di citazione in giudizio presso il Tribunale di
Salerno, al fine di far rimuovere le opere che provocavano
il danno sul fondo di proprietà Passarelli.
L'udienza fu rinviata il 22 novembre del 1932, l'anno che
vide la tragica e prematura scomparsa di Raffaele
Migliacci, stroncato da un infarto nel mese di agosto alla
giovane età di 51 anni.
La Camera di Consiglio dopo aver sentito i procuratori
delle parti, emise la sentenza con la quale ordinava
l'accesso preliminare per l'ispezione dei luoghi, delegando
la questione al giudice estensore cav. Vincenzo Squillaci
con l'assistenza del perito ing. Alfredo Gagliano di
Fisciano, che avrebbe dovuto eseguire dei rilievi al fine di
verificare se realmente fossero fondati i danni lamentati
dall'istante, precisandone la causa, la somma e i mezzi
necessari per eliminarli.
A seguito di una successiva ordinanza, il 4 febbraio 1933 fu
eseguito il sopralluogo in contrada Torna, con la redazione
di un verbale di accesso alla presenza del Giudice, dell'ing.
Gagliano, di Passarelli assistito dall'avv. Ippoliti e
dell'avv. Gaetano Nunziante di Salerno, nelle vesti del
nuovo curatore fallimentare della ditta, nominato dal
tribunale a seguito della morte dell'ingegnere.
Dopo l'avvenuto sopralluogo, il Giudice stabilì che il
perito, entro i termini fissati, doveva provvedere alla
consegna della perizia tecnica corredata di una planimetria
e di un profilo altimetrico del vallone e del canale di
scarico dell'officina elettrica.
L'avvocato Nunziante, a proposito della lamentata servitù
di passaggio, osservava che l'eventuale sua costituzione
non si poteva definire tale, in quanto il torrente in oggetto
era un corso d'acqua compreso nell'elenco delle acque
pubbliche della Provincia di Salerno, in virtù del R.D. 2161
del 9 ottobre 1919, a cui il Passarelli non fece alcuna opposizione
nei termini e nei modi stabiliti dalla legge. Faceva
infine aggiungere in verbale che per il buon fine degli
accertamenti era perciò conveniente che il perito rilevasse
anche la natura giuridica del corso d'acqua.
203
15 Gruppo turbina-alternatore
dell’impianto idroelettrico di
Novi Velia
Capitolo XIV
La Società Idro-Elettrica del Cilento
L'impresa elettrica dell'ingegnere Nicola Coccoli, concessionaria
della ditta Migliacci, venne costituita per distribuire
e vendere l'energia elettrica nel comune di Castellabate
e alla frazione San Pietro di Perdifumo, dove la luce arrivò
nel 1928. L'impianto era costituito da una rete elettrica in
media tensione con cinque cabine di trasformazione, a
Castellabate, due a Santa Maria, San Marco e Torretta, e
sette cabine su pali in legno sparse sul territorio, fino a
Licosa. La rete urbana in bassa tensione, con fili in rame
sorretti da supporti in legno e mensole in ferro infisse sui
fabbricati, si svolgeva all'interno dei centri abitati con
un'estensione di circa sette chilometri.
Nicola Coccoli, originario di Sessa Cilento dove nacque il
12 agosto 1892, frequentò l'Institut électrotechnique de
Bruxelles, diplomandosi in ingegneria elettrica il 30 luglio
1920. Dopo il matrimonio con Giovanna Matarazzo di
S.Maria di Castellabate, cugina di Ida, la moglie del cav.
Raffaele Marotta di Laurino, si trasferì a Salerno in via
Regina Sibilla.
1 Nicola Coccoli
2 Diploma di laurea di Nicola
Coccoli, Ingegneria elettrica
presso l’Istituto Elettrotecnico di
Bruxelles
3 Panorama di Sessa Cilento
205
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
4 Corso Garibaldi, Santa Maria
di Castellabate. Le facciate degli
edifici sono segnate dalle
mensole con isolatori in
ceramica dell’impianto di
distribuzione elettrica
5 Decreto di concessione n. 7592
del 1941 per la derivazione dal
fiume Mingardo rilasciato alla
ditta Nicola Coccoli
Dopo qualche anno dal fallimento della ditta Migliacci,
allo scopo di incrementare l'attività dell'impresa con la
produzione in proprio dell'energia, a gennaio 1939 presentò
un'istanza per la concessione di derivazione, in
località Castiglione nel comune di Rofrano, di 1500 litri di
acqua dal tratto superiore del fiume Mingardo, denominato
fiume Faraone, e dei suoi affluenti, per produrre, con
due salti di 60 e 140 metri, la potenza nominale complessiva
di 4000 CV.
Alla domanda era allegato il progetto di massima a firma
dell'ingegnere Aniello Salzano, che prevedeva la realizzazione
di un bacino della capacità di circa un milione di
metri cubi, con la costruzione nella gola di Rofrano di una
diga di sbarramento ad arco dell'altezza di 30 metri,
corredata di scarico superficiale a tracimazione, di uno
sfioratore, dell'opera di presa e dello scarico di fondo. La
quantità d'acqua accumulata nel bacino artificiale non
doveva assolvere al compito di regolazione stagionale dei
deflussi, ma alla necessaria regolazione giornaliera e
settimanale.
Dall'opera di presa partiva una galleria di derivazione di
6,5 km di lunghezza a sezione circolare con diametro di
due metri, scavata completamente nella roccia, lungo il
versante destro della valle, fino all'altezza dell'abitato di
Laurito. Al termine della galleria era previsto un pozzo
piezometrico di forma cilindrica del diametro di 4 metri,
con camera di espansione superiore ed inferiore, da cui
aveva inizio la condotta forzata all'aperto, del diametro di
1450 mm e una lunghezza complessiva di 900 metri fino in
centrale. L'officina di produzione doveva essere ubicata in
una piccola piana alluvionale nei pressi di Laurito, dove
con un piccolo canale di restituzione le acque venivano
immesse nel corso naturale del fiume. L'edificio a pianta
rettangolare contenente la sala macchine e la sala trasformatori,
era dimensionata per l'installazione di due gruppi
turbogeneratori ad asse verticale, ognuno calcolato per
una portata massima di 3 metri cubi al secondo e una
potenza di 6000 kW. Con un portata media di derivazione
di 2850 litri al secondo, e con un salto di 235 metri, tra la
quota 350 metri s.l.m., di medio invaso nel serbatoio, e 115
metri alla restituzione, si poteva ottenere una potenza
media nominale di 6570 kW.
La concessione ottenuta con R.D. n. 7592 dell'otto dicembre
1941, a seguito delle integrazioni di gennaio 1940 con le
206
La Società Idro-Elettrica del Cilento
modifiche volute dal Genio Civile, prevedeva una minore
derivazione, pari a 1200 litri di acqua al secondo, con la
produzione di una potenza corrispondente a 3440 CV.
Nel frattempo, dopo qualche mese dalla presentazione del
progetto dell'impianto idroelettrico di Laurito, l'ingegnere
aveva costituito la Società Idroelettrica del Cilento, SIECI,
con sede a Salerno in via Regina Sibilla, con lo scopo di
acquistare l'impianto idroelettrico di Novi Velia.
Il 5 giugno 1939 con atto di compravendita del notaio
Emanuele Casale di Postiglione, la società comperava gli
impianti elettrici della ditta Migliacci, vedendo riconosciuta
la titolarità della concessione con Decreto
Ministeriale n. 7012 del 23 ottobre, notificato tramite
l'Ufficio del Genio Civile al curatore fallimentare,
l'avvocato Nunziante, e al responsabile tecnico,
l'ingegnere Mario Salzano.
Quando l'impianto venne acquisito dalla SIECI, che ormai
era in funzione da circa quindici anni, dopo qualche mese
l'ingegnere si vide costretto ad effettuare una manutenzione
generale alle apparecchiature elettriche e meccaniche.
Per poter sostenere le spese la società stipulò un contratto
di mutuo di 371.000 lire con l'Istituto Mobiliare Italiano, a
garanzia del quale veniva accesa l'ipoteca sull'impianto.
A tal fine, il Ministero dei Lavori Pubblici, con decreto del
31 ottobre 1939, rilasciava alla società il richiesto nulla osta
per il contratto di mutuo, come previsto dal Testo Unico
delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici.
Agli inizi degli anni Quaranta, il cavaliere Raffaele
Marotta, prese degli accordi con la Società Idroelettrica per
6 Comunicazione del Genio
Civile all’ing. Salzano e all’avv.
Nunziante
7 Bolletta dell’Impresa Elettrica
Marotta Raffaele, bimestre
novembre-dicembre 1939
207
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
8 Scrittura privata tra Giuseppe
Marotta e il padre Raffaele, 1944
la fornitura di energia al suo impianto di distribuzione di
Laurino, in quanto la sua vecchia centralina sul Calore si
mostrava già da molti anni insufficiente per la scarsa e
variabile produzione di energia. Come avvenne per la
piccola centralina di Castel San Lorenzo, anche quella di
Laurino venne chiusa e abbandonata.
Con il passaggio dell'impresa elettrica al primogenito
Giuseppe Marotta, il 5 giugno 1944 venne stipulato un
nuovo contratto di fornitura di energia elettrica con la
SIECI, a cui fece seguito una scrittura privata per stabilire
gli obblighi che l'erede doveva avere fino e dopo il decesso
del padre Raffaele.
Restava convenuto che l'impianto elettrico nell'abitato di
Laurino per luce e forza motrice, in considerazione della
quantità di rame, materiali elettrici e isolatori, e del pessimo
stato di manutenzione in cui esso si trovava a causa
della difficoltà di approvvigionamento dei materiali
durante la guerra, aveva un valore approssimativo di circa
600.000 lire. Giuseppe, alla morte del padre, di tale somma
doveva dare conto ai restanti eredi, insieme a 10.000 lire
date per cauzione alla SIECI alla firma del primo contratto
di fornitura.
Inoltre si conveniva che Raffaele avrebbe incassato le
rendite per la fornitura di luce pubblica e privata, fino alla
concorrenza delle somme da lui anticipate alla società,
mentre erano a carico di Giuseppe le spese di manutenzione
e di acquisto di nuovi materiali, contatori, ecc., e della
fornitura gratuita di energia per illuminazione e della
forza motrice occorrente al funzionamento del mulino e
dell'oleificio di sua proprietà a Laurino.
Intanto, al fine di potenziare la produzione di energia,
anche la ditta Impresa Elettrica Ing. Nicola Coccoli, presentava
in data 24 febbraio 1942 una domanda di concessione di
derivazione di acqua dal fiume Calore in località
Scaraviello, nei comuni di Magliano Vetere e Felitto, nello
stesso luogo dove il progetto dell'ingegnere Omodeo,
redatto nel 1914 per conto della SME, prevedeva la costruzione
di una diga e di un serbatoio artificiale.
Il progetto dell'ingegnere Coccoli prevedeva la derivazione
di 12 moduli di acqua, per produrre con un salto di 105
metri la potenza di 1600 CV, e di altri 60 moduli in località
Molino, nei comuni di Aquara, Roccadaspide, Controne e
Castelcivita, per produrre con un salto di 80 metri, la
potenza di 6400 CV per generazione di energia elettrica.
208
La Società Idro-Elettrica del Cilento
Dopo gli anni di guerra, a fine maggio del 1949, la
SIECI tenne delle trattative con il comune di
Agropoli per la fornitura di energia elettrica dalla
sottostazione ubicata nei pressi della stazione
ferroviaria di Omignano Scalo, in quanto l'Azienda
Idroelettrica Pestana Domenico Maida, concessionaria
della distribuzione elettrica nel comune, con la
centralina a Capaccio riusciva a stento a soddisfare
l'energia richiesta, provocando continue condizioni
di disagio alla popolazione.
La potenza effettiva installata nella centrale, in
considerazione del pessimo stato dei due turboalternatori,
era da ritenersi di circa 70 kW, che
poteva ridursi a metà ogni qualvolta occorreva
provvedere alla manutenzione di una delle
macchine, contro un fabbisogno complessivo di
energia di circa 125 kW, ripartiti tra i 70 kW di
Agropoli, 30 kW di Capaccio e 25 kW di
Trentinara e Giungano. Ma la potenza installata a
pieno carico era appena sufficiente a coprire la
necessità del solo comune di Agropoli.
I meccanismi rotanti delle turbine idrauliche,
insieme ai gruppi di generazione e alle parti
elettriche, sono soggetti a usura per il loro funzionamento
continuo, e quindi a periodiche verifiche
9 Proposta della SIECI per la
fornitura di energia elettrica al
comune di Agropoli
10 Centrale idroelettrica Maida a
Capaccio
209
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Pubblicità San Giorgio,
motori generatori trasformatori,
anni Trenta
di controllo con arresto o funzionamento parziale
dell'impianto, per il tempo necessario alle varie operazioni
di manutenzione.
Per risolvere definitivamente il problema, l'azienda aveva
73
commissionato alla Società Ansaldo San Giorgio dei nuovi
macchinari per un valore di oltre 12 milioni, la cui consegna
e messa in opera doveva avvenire in circa 18 mesi. Nel
frattempo per integrare la produzione, acquistava
l'energia dalla Società Elettrica della Campania, che da
qualche anno aveva raggiunto con i suoi elettrodotti il
comune di Capaccio.
Negli stessi anni l'ingegnere Coccoli ugualmente provvedeva
ad effettuare una manutenzione generale
all'impianto con la sostituzione di alcuni apparati elettrici,
commissionando parte di questi lavori alle Officine per
Costruzioni Riparazioni Elettromeccaniche Napoletane
74
OCREN.
All'epoca l'azienda elettromeccanica era diretta dal suo
fondatore, l'ingegnere industriale Stefano Brun, assumendo
in seguito la presidenza della Società Lucana per Imprese
Idroelettriche, che negli anni Cinquanta acquisterà diversi
impianti di produzione presenti sul territorio, tra cui la
centrale idroelettrica di Novi Velia dalla SIECI e la centrale
idroelettrica Maida a Capaccio.
1 2 A n s a l d o , m o n t a g g i o
trasformatore, stabilimento
elettrotecnico Cornigliano,
Genova
73
La Società Anonima Industriale San Giorgio per la costruzione di automobili
terrestri e marittimi viene fondata nel 1905 con l'inizio dell'attività in due
stabilimenti a Sestri Levante e Pistoia. Nel 1947 passa al gruppo IRI, con la
divisione dei settori industriali. Nel 1949 con lo stabilimento di Pistoia si
dedica all'approntamento di materiale rotabile, assumendo la ragione sociale
di Officine meccaniche ferroviarie pistoiesi, mentre le attività elettromeccaniche
ed idromeccaniche della San Giorgio confluiscono, insieme a quelle analoghe
dell'Ansaldo, nella società di nuova costituzione Ansaldo - San Giorgio, con sede
a Genova, operando nel settore dell' elettrotecnica e della meccanica. Nel 1985
venne fusa in Ansaldo Trasporti.
74
L'officina OCREN costituita alla fine degli anni Trenta ha rappresentato il
riuscito tentativo di costituire a Napoli una grande azienda elettromeccanica,
fornitrice di macchine elettriche alle regioni meridionali, che assurgerà al più
importante stabilimento del genere, a capitale privato, realizzato nel Sud
Italia. Sorse come semplice officina per la produzione di alternatori elettrici,
trasformatori e apparecchiature di trazione per ferrovie e tramvie, fino a
ottenere le prime grandi commesse, come quelle delle Ferrovie dello Stato per
la costruzione di elettromotrici e la realizzazione di grandi centrali elettriche
in Grecia, estendendo il suo programma industriale ai trasformatori e
generatori di qualsiasi potenza e tensione.
210
La Società Idro-Elettrica del Cilento
13 Ingresso alla sala macchine
della centrale idroelettrica
Maida a Capaccio, 1945
14 Fattura per fornitura di
energia elettrica dell’Azienda
idroelettrica Pestana Domenico
Maida, 1948
211
15 Società per le Forze Idrauliche
della Sila, Programma di
elettrificazione del Mezzogiorno
d’italia e i laghi silani, Roma,
1923
Capitolo XV
Il potenziamento dell’impianto idroelettrico di Felitto
1. La direzione tecnica di Giovanni Giudice
Nel circondario di Vallo con l'adesione al movimento
fascista, il nuovo partito nazionale nelle elezioni del 1924,
gestite dal dott. Raffaele Passarelli, figlio di Gaetano,
ottenne un notevole successo, riscuotendo un'alta percentuale
di voti con l'iscrizione al fascio della maggior parte
dei personaggi di spicco del paese, vedendo come segretario
politico il dott. Giuseppe Passarelli. L'opposizione era
composta soltanto da un piccolo gruppo di veterani iscritti
nella lista della democrazia liberale, tra cui l'avvocato
Tommaso Cobellis, sostenitore dell'onorevole napoletano
Giovanni Amendola legato alla corrente di Nitti, parente
del presidente dott. Rubino che in contrasto con le nuove
ideologie politiche di partito preferì ritirarsi a vita privata
nella sua residenza di Angellara.
Con la successiva riforma avviata da Mussolini, dal 1926
vennero abolite le elezioni amministrative, introducendo
la figura del podestà nominato con Regio Decreto, a cui
vennero trasferite tutte le funzioni in precedenza svolte
dal sindaco, dalla giunta e dal consiglio comunale.
A Vallo della Lucania fino al 1927, quando nel mese di
aprile venne nominato il podestà con la contemporanea
abrogazione della sede di Sottoprefettura, si susseguirono
il sindaco Gaetano Passarelli, che rassegnò le dimissioni
alla scadenza del mandato a novembre 1925, e due commissari,
segnando un periodo fiorente di idee con un
elevato numero di iniziative realizzate e di progetti avviati.
Il 24 febbraio 1926, il Commissario di Vallo inviava al
Sottoprefetto una relazione descrittiva del lavoro fino ad
allora svolto dagli uffici comunali e dell'impegno sostenuto
per la realizzazione di opere pubbliche.
1 Benito Mussolini, 1923
213
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Vallo della Lucania, 1927
Fu programmata la ripavimentazione di nuove strade e
piazze della città, la sistemazione delle fognature, il completamento
dell'acquedotto consortile Vallo - Novi Velia, il
miglioramento del servizio postale, dell'istruzione pubblica,
della sanità e dell'illuminazione elettrica. Venne ripreso
altresì il progetto per la realizzazione della tramvia
Vallo città - Scalo ferroviario, sollecitata anche da
Tommaso Cobellis che se ne occupò pubblicando un
articolo sul suo giornale La Voce del Cilento.
Ad agosto 1925 il comune aveva stanziato per la tramvia
un sussidio di 8.000 lire, ma nonostante la promessa
dell'onorevole napoletano avvocato Roberto Cantalupo,
Sottosegretario di Stato del Ministero delle Colonie nel
Governo Mussolini, di seguire il progetto presso il
Ministero dei Lavori Pubblici, anche questa volta non si
ottenne l'atteso decreto di concessione con il relativo
sussidio governativo.
A quella data era stata da poco realizzata, e per alcuni tratti
in corso di completamento, la rete elettrica di distribuzione
e della pubblica illuminazione nei paesi del Circondario
con l'esecuzione degli allacci alle singole utenze, di illuminazione
e forza motrice, la cui potenza richiesta, nonostante
la vendita di parte dell'energia alla SALIE, risultava al
momento soddisfatta con la produzione dell'unico gruppo
di generazione installato nell'impianto di Felitto.
214
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
Nel 1927 l'Unione Nazionale Industrie Elettriche, UNEL,
pubblica l'Annuario statistico delle imprese elettriche in Italia,
dove sono elencati i dati tecnici per tutti gli impianti
esistenti all'anno 1926, divisi per Regioni e Province. Nei
dati elencati nell'annuario, per la centrale idroelettrica di
Felitto, riporta una potenza installata di 200 kW corrispondente
alla potenza del singolo gruppo presente in centrale.
Inizialmente la quantità di energia richiesta era inferiore a
quella potenzialmente producibile, difatti le attività che si
dotarono di un motore elettrico furono poche, ed i consumi
domestici in molte abitazioni erano limitati
all'accensione di una sola lampadina mobile, che collegata
ad un lungo filo poteva essere spostata facilmente da un
vano all'altro a seconda delle necessità.
In quel periodo per la società la maggiore potenza ottenuta
con l'installazione di altri gruppi generatori, era vista
esclusivamente in funzione dell'elettrificazione della
tramvia da realizzare, non potendo assolutamente immaginare
quello che realmente sarebbe accaduto alcuni anni
dopo, con le continue richieste di energia e di allacciamento
alla rete. Nell'assemblea ordinaria di marzo 1928,
all'ordine del giorno compariva la relazione del presidente
Rubino con l'approvazione del bilancio dell'anno precedente
e l'emissione di ulteriori obbligazioni per un capitale
di 100.000 lire. Con il diretto controllo di quattro imprese
concessionarie, la società deteneva il ruolo di azienda
leader nel settore della produzione e distribuzione
dell'energia elettrica sul territorio.
Con la direzione tecnica di Giudice, in consiglio di amministrazione
si discuteva da tempo sulla possibilità di
consolidare l'attività con l'acquisizione della SALIE, così
da assumere il monopolio del servizio elettrico in gran
parte del Circondario e soprattutto del suo Capoluogo, che
per numero di utenze rappresentava il centro più appetibile
per la vendita dell'energia. Sfruttando il particolare
momento negativo attraversato dalla SALIE, in seguito ad
intercorse trattative con la società, il consiglio di amministrazione
decise di rilevare le singole azioni e di assumere
in proprio la gestione degli impianti elettrici di Vallo della
Lucania. D'altra parte molti dei soci della SALIE avevano
perso oramai ogni interesse per l'attività societaria.
Domenico Maida era scomparso da molti anni, e l'impresa
elettrica di Pasquale Rizzo pochi anni dopo cedeva
l'attività di distribuzione alla ditta del cav. Ettore Carchio
3 Annuario statistico UNIEL
delle imprese elettriche in Italia
al 1926
4 Giovanni Giudice
215
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Bolletta dell’impresa di
distribuzione elettrica Ettore
Carchio & C. di Laviano con sede
a Capaccio
6 Certificato azionario della
Società Idro-Elettrica Lucana da
200 azioni da 40 lire ognuna,
emesso a novembre del 1927
di Laviano, con la quale il comune di Agropoli stipulò il
contratto nel 1932. Il Cav. Falcone per la poca convenienza
economica e la scarsa produzione della piccola centralina
di Castel San Lorenzo stava per chiudere definitivamente
l'attività, lasciando il passo alla Società Salernitana di
Elettricità, a cui rivolsero l'attenzione l'ingegnere Martino
e il cavaliere Campione; l'ingegnere Carpinelli era invece
impegnato a Giffoni dove costituì la Società idroelettrica del
Picentino.
Dopo il fallimento della ditta Migliacci, a seguito di una
prima comunicazione di assemblea straordinaria della
SALIE per fine luglio, agli inizi di settembre 1928, si tenne
presso lo studio del ragioniere Pasquale Naddeo, in piazza
Amedeo a Salerno, l'ultima seduta del consiglio di amministrazione.
Il presidente Migliacci, dopo le comunicazioni
di rito, rassegnò le proprie dimissioni, seguito
dall'ingegnere Vincenzo Carpinelli, in qualità di amministratore
delegato della società, dai consiglieri e dal comitato
dei sindaci. La seduta proseguiva con l'elezione e la
relazione dei nuovi amministratori, in sostituzione dei
dimissionari, con il dott. Armido Rubino che assunse la
carica di presidente, e Giovanni Giudice a cui venne
affidata la direzione tecnica. Si deliberò sull'approvazione
del rendiconto finanziario fino al 31 luglio, e sulla modifica
dell'articolo uno dello statuto sociale per il trasferimento
della sede da Salerno a Vallo della Lucania. A questo punto
la Società Idro-Elettrica Lucana, con il controllo della quote
azionarie della Società Lucana d'Industrie Elettriche, ottenne
il definitivo controllo commerciale della distribuzione di
energia elettrica nel Circondario.
216
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
L'anno successivo, a fine marzo 1929, nell'assemblea
ordinaria della SIEL e della SALIE, con sede unica a Vallo
in Corso Garibaldi, veniva discusso sull'andamento
finanziario delle due società, con il conteggio dei relativi
profitti e perdite e l'approvazione dei bilanci.
Per la SALIE, con un capitale sottoscritto e versato di
161.000 lire, venne aperto un nuovo registro di contabilità
con la chiusura del precedente per un totale fino a marzo di
327.954,90 lire.
Durante gli anni Venti, la crisi dell'ultima guerra aveva
portato in primo piano le utilizzazioni idriche per forza
motrice, soprattutto idroelettriche, considerate una sorgente
di ricchezza per il paese, tanto che il Servizio
75
Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici avviò un
programma di lavoro per uno studio sulle risorse idrauliche
per forza motrice utilizzate e ancora disponibili.
In generale il programma era mirato al raggiungimento
della politica di Governo incentrata sull'autosufficienza
economica, produttiva ed energetica del paese, in cui non
dovevano essere presenti relazioni commerciali con
l'estero. Il lavoro si concluse a dicembre del 1933 con
l'emanazione del R.D. n. 1775, concernente il Testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici.
Il Governo fascista fin dall'inizio era stato determinante
per lo sviluppo delle imprese elettriche in Italia, incentivando
la produzione con la realizzazione di nuovi impianti
idroelettrici e considerando con molta indulgenza le
richieste delle grandi industrie, non solo in materia di
tariffe, ma di concessioni e sovvenzioni per la costruzione
degli stessi.
Lo studio preparatorio svolto dal Ministero sulle risorse
idrauliche disponibili nel Sud Italia, portò nel 1932 alla
pubblicazione di un fascicolo riguardante i Bacini con foce al
litorale della Campania, curato dalla Sezione Idrografica di
Napoli. Nel fascicolo, diviso in varie unità idrografiche,
sono illustrati gli schemi di utilizzazione possibili, suddivisi
in impianti che in quel momento erano in funzione, in
costruzione, concessi, in istruttoria e proposti dalla stessa
Sezione. Le caratteristiche degli impianti funzionati ed in
costruzione sono quelli censiti dal Servizio Idrografico alla
data del 31 dicembre 1929.
75
Il Servizio Idrografico e Mareografico Italiano è stato costituito nel 1917 dal
Ministero dei Lavori Pubblici con lo scopo di uniformare, organizzare e
rendere disponibili le misurazioni pluviometriche, idrometriche e mareografiche
in Italia
7 Situazione contabile al 31
luglio 1928 dal registo della
Società Anonima Lucana
d’Industrie Eletttriche
8 Pubblicazione del Servizio
Idrografico del Ministero dei
Lavori Pubblici: Bacini con foce
al litorale della Campania, 1932
217
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
9 Gola del fiume Calore vista dal
centro abitato di Magliano
Nuovo
10 Centrale idroelettrica Auso
della Società Idroelettrica del
Fasanella
Per il Calore Lucano, rientrante nella zona del Sele, sono
proposti cinque schemi di utilizzazione, ed elencata come
unica centrale in funzione quella di Felitto della Società
Idro-Elettrica Lucana che doveva essere assorbita da uno
degli impianti proposti per la valle del Calore.
L'utilizzazione in questione, variata secondo lo schema
suggerito dalla Sezione di Napoli, era stata richiesta dalla
SME con il progetto Granafei e successivamente integrato
dal progetto Omodeo del 1914, consistente in una derivazione
sul Calore da Laurino a Felitto la cui domanda era
ancora in corso di istruttoria.
Si trattava della costruzione di un serbatoio in località
Scaraviello sotto Magliano, dal nome di un omonimo
vallone a circa un chilometro a monte del vecchio ponte in
pietra, in prossimità di un mulino ad acqua detto Molino
Calore, dove sulla sponda destra del fiume si estendeva un
grosso bosco di cerri attraversato dalla rotabile provinciale
per Laurino. Nel serbatoio oltre alla regolazione dei
deflussi del bacino del fiume Calore era prevista
l'adduzione con un opportuno canale derivatore di parte
dei deflussi dei bacini del Ripiti, del Sammaro e delle loro
ricche sorgenti. La costruzione della centrale era prevista
alla quota di massimo invaso di un altro serbatoio da
realizzarsi a Bellosguardo, basato sulla ripresa dello
scarico dell'utilizzazione proposta, dei deflussi del bacino
del Fasanella e di quella porzione del Calore intercedente
76
tra la diga Scaraviello e quest'ultimo serbatoio.
Il serbatoio di Magliano con una capacità utile di circa 37
milioni di metri cubi, alla quota di massimo invaso di metri
311,75 s.l.m., doveva essere realizzato con la costruzione di
una diga alta 71,75 metri.
Tra le utilizzazioni ancora disponibili era prevista la
costruzione di altre due centrali, a Piaggine e Laurino,
sfruttando le alte sorgenti del fiume Calore ed i deflussi dei
bacini imbriferi di dominio delle rispettive prese, e di un
ultimo serbatoio, sempre sul fiume Calore, in località Le
Coste sotto Controne, destinato a regolare i deflussi della
rimanente porzione di bacino a valle della derivazione di
Bellosguardo, con il ricco contributo delle sorgenti di
Controne.
76
Nell'area del bacino del Fasanella esistevano all'epoca due piccole centrali,
una detta Pianarelle alimentata dal corso d'acqua del Ripiti della ditta
Resciniti e C., con una potenza di 45 kW, e l'altra detta Auso realizzata dalla
Società Idroelettrica del Fasanella.
218
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
La costruzione dei serbatoi artificiali permetteva dunque
di ovviare alle irregolarità della portata dei corsi d'acqua
mantenendola costante, in quanto nella situazione naturale
essa variava in modo consistente durante l'anno.
In questo modo il bacino diventava non solo l'occasione
per lo sfruttamento idroelettrico costante delle risorse
idriche, ma un regolatore delle portate del fiume, ovviamente
a valle del serbatoio.
Con l'emanazione del R.D. n. 1775, che tenne in debito
conto l'importanza della crescita industriale nell'economia
del Paese, e del progresso nel campo della produzione e
trasmissione dell'energia elettrica, si delineò con maggiore
attenzione lo scenario dello sfruttamento delle acque a
scopo idroelettrico, rappresentando tuttora la solida base
della vigente legislazione in materia.
Per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali, la legge
prevedeva dei provvedimenti speciali destinati a chi ne
otteneva la relativa concessione, consistenti in contributi
governativi a fondo perduto variabili dal 30 al 60 per cento
della spesa per la realizzazione delle opere, e con l'esonero
del canone di derivazione e la facoltà di sottoporre a
77
contributo i fondi irrigabili.
Il disegno di legge del Testo Unico risale a qualche anno
prima con l'avvio da parte del Ministero dei LL.PP. dello
studio sulle risorse idrauliche per forza motrice, quando
era Ministro delle Finanze, dal 1925 al 1928, il senatore
Giuseppe Volpi, Conte di Misurata, fondatore nel 1905
della Società Adriatica di Elettricità, SADE, che nel frattempo
acquisì una posizione di rilievo nel settore della produzione
e della fornitura di energia elettrica.
Il Conte era pertanto direttamente interessato alla possibilità
di finanziamenti pubblici per la realizzazione di
impianti idroelettrici, e la sua azione nel governo
11 Giuseppe Volpi
77
In base al Testo Unico del 1933, Il Ministero dei Lavori Pubblici, in concerto
con quello delle Finanze, per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali,
poteva concedere un contributo fino al trenta per cento dell'importo dei lavori,
risultati dal progetto esecutivo approvato dal Consiglio superiore dei LL.PP.,
con la possibilità di essere aumentato di un ulteriore dieci per cento per le
spese di studi o redazione di progetti, spese generali e di amministrazione, con
l'aggiunta di un premio del venti per cento qualora il costo effettivo dell'opera
fosse risultato inferiore a quello previsto in progetto.
Lo stesso contributo poteva inoltre essere elevato al sessanta per cento, se la
costruzione del serbatoio o del lago rendeva del tutto o in parte inutile
l'esecuzione di opere idraulico forestali o di bonifica da parte dello Stato, o
risultava utile per l'irrigazione o l'azionamento di impianti idrovori per la
bonificazione di vasti territori. Il contributo poteva essere liquidato per intero,
in seguito al collaudo, o ad importi periodici in percentuale dei lavori eseguiti.
219
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
12 Operai della Società Edison a
Roma, visita al duce 1929
13 Il Duce osserva un nuovo tipo
di autocarro elettrico della
S o c i e t à M e r i d i o n a l e d i
Elettricità, presentatogli dal sen.
Beneduce a Villa Torlonia
14 Depliant pubblicitario
dell'automotrice Ansaldo
modello AL n 56, 1930
Mussolini fu tesa soprattutto ad avvicinare i capitalisti al
fascismo. Nelle vesti di presidente della Confindustria,
Confederazione Generale dell'Industria Italiana, rimasto in
carica fino al 1943, si fece promotore degli interessi del
capitalismo italiano presso il regime, assicurando in
cambio il sostegno e la collaborazione del mondo industriale
al fascismo e al progetto della politica autarchica del
governo, considerato ai vertici del mondo produttivo,
come modernizzatore e funzionale ai propri interessi.
Durante il Ventennio fascista l'Italia subì un notevole e
rapido sviluppo del settore industriale, con il fiorire delle
industrie automobilistiche e la realizzazione di un'estesa
rete autostradale; del settore agricolo, con la realizzazione
di notevoli opere di bonifica di consistenti aree paludose; e
del settore dell'industria elettrica, con l'elettrificazione del
78
Paese e delle Ferrovie.
Per sostenere l'economia della Nazione gravata dalla crisi
economica mondiale iniziata qualche anno prima, nel 1933
il Governo istituì l'Istituto per la Ricostruzione Industriale,
IRI, che assunse partecipazioni nelle principali banche
italiane in crisi, finanziandole affinché non fallissero, e che
fino ad allora avevano sostenuto i vari gruppi industriali.
79
Di fatto con il trasferimento delle partecipazioni all'IRI lo
Stato divenne contemporaneamente proprietario di oltre il
20% dell'intero capitale azionario italiano, con
l'assunzione di grandi aziende come l'Ansaldo, l'Ilva, i
Cantieri Riuniti dell'Adriatico, la Edison e la stessa SME,
che già da molti anni erano vicine al settore pubblico.
Tuttavia, nonostante l'intervento economico dello Stato, la
costruzione dei grandi impianti a serbatoio poteva essere
realizzata solo con grossi capitali privati, attirando per la
realizzazione del grande bacino sul Calore, da Laurino a
Felitto, l'attenzione del solo maggiore gruppo industriale
dell'epoca, la SME, che da tempo ne aveva richiesto la
concessione. Da qualche anno la società era guidata
dall'ingegnere Giuseppe Cenzato, eletto amministratore
delegato nella seduta del consiglio di amministrazione di
78
Nel 1927 venne inaugurata la direttissima Roma-Napoli, la prima tra le linee
ferroviarie pensate per consentire velocità di marcia più elevate, ed elettrificata
nel 1934 con la collaborazione della Società Meridionale di Elettricità.
79
L'IRI si strutturò con singole società finanziarie divise per settori merceologici
come la Finmare, che operava nel settore dei servizi marittimi, la Finsider
nel settore siderurgico, la STET nel settore delle telecomunicazioni, e nel
dopoguerra, la Fincantieri per la cantieristica navale, la Finmeccanica per il
settore meccanico, e la Finelettrica per il settore della produzione e della
distribuzione di energia elettrica.
220
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
luglio 1928, già direttore generale dal 1925, dopo la tragica
scomparsa ad agosto di Capuano.
Negli anni Trenta, con la direzione dell'ingegnere, la
società raggiunse il completo controllo della produzione e
distribuzione dell'energia in tutto il Mezzogiorno, ed era
impegnata nel vasto programma di elettrificazione del
Sud, con la previsione del completamento degli impianti
del Tanagro a Pertosa, dell'Aventino in Abruzzo, del
Matese, della Sila in Calabria e la realizzazione delle
lunghe linee di trasporto e distribuzione. Nel 1934 accanto
alla centrale del Tusciano completò i lavori di costruzione
di una stazione elettrica e di un quadro all'aperto di 150 kV
come centro di arrivo delle linee provenienti dalla Sila.
Nonostante il supporto di risorse statali, in considerazione
dell'ingente sforzo finanziario sostenuto, aggravato
inoltre dagli interventi di potenziamento dei vecchi
impianti del Tusciano e del Lete, affluente del Volturno, la
società allontanò definitivamente l'attenzione per la
realizzazione del bacino e dell'impianto nella valle del
Calore. Oramai segnata da quanto accaduto a Muro
Lucano, la decisione si basava anche sulla presenza dei
grossi problemi di permeabilità del bacino, come evidenziato
dalle successive indagini geologiche.
Altrettanto disinteresse era presente ai vertici della SIEL
nei riguardi dell'iniziale progetto per la costruzione della
tramvia elettrica, che rappresentava negli anni
dell'esordio un'importante alternativa produttiva, fino a
quando la società, distolta da nuovi e più sicuri interessi,
giunse a un completo smobilizzo del progetto.
Proprio in questi anni, tra l'altro, si vide la prima chiusura
delle linee tramviarie, quando i conflitti dei convogli con il
traffico stradale, che nella fase iniziale si mostrarono
ovviamente irrilevanti, invece verso la fine degli anni
Venti si fecero sempre più evidenti.
Il notevole sviluppo senza regole della motorizzazione
stradale condusse alla chiusura di molte tramvie per le
ingestibili interferenze di circolazione, contribuendo alla
nascita dell'opinione prevalente che il tram fosse soltanto
d'intralcio al traffico automobilistico.
Spesso le linee furono sostituite dai filobus, oppure dagli
autobus con motori a combustione interna, ottenendo in
maggior misura una notevole riduzione dei costi di esercizio,
evitando la costruzione di onerose opere infrastrutturali
connesse ad una linea tramviaria.
15 Impianto del Matese,
Centrale primo salto, Gruppo
Meridionale di Elettricità
221
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
16 Centrale Timpa Grande,
Impianti Silani del Gruppo
Meridionale di Elettricità
17-18 Innalzamento tralicci linea
Sila-Puglie, 1925
19 Padiglione SME, prima
edizione Fiera del Levante, 1930
222
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
20 Filobus in prova della società
Turrinelli a Milano, 1934
A Reggio Calabria la tramvia fu soppressa già nel 1928, a
Salerno invece è dal 1937 che vengono convertiti tutti i
tratti urbani della tramvia con linea filoviaria, fino a
sostituire completamente tutte le linee extraurbane del
vecchio tram.
Con la diffusione dei primi mezzi di trasporto stradali,
Vallo della Lucania vide come protagonista di questo
nuovo settore lo stesso eclettico Gaetano Passarelli, cheche
già da qualche anno aveva costituito una ditta automobilistica
di trasporti per il collegamento della città con lo scalo
ferroviario. Pertinente è il rafforzamento nella provincia di
Salerno della centralità commerciale del capoluogo, dove
dai circondari limitrofi ci si recava con maggiore frequenza,
con il conseguente incremento dell'attività di autonoleggio
e dei trasporti, come accadeva in quel decennio a
Vallo della Lucania.
Tuttavia è in questo periodo, che per volontà del direttore
Giudice, risale l'installazione del secondo gruppo di
generazione nella centrale di Felitto, che dal 1933 raggiunse
la potenza complessiva di 500 cavalli vapore (375 kW).
Le aziende interessate per la fornitura del macchinario
sono state la ditta Riva per la turbina Francis, e il
Tecnomasio Italiano Brown Boveri per l'alternatore a sei poli
di 1000 giri al minuto.
Il potenziamento dell'impianto, con un sostanziale incremento
di produzione, si rese necessario per soddisfare la
crescente richiesta di energia nei vari paesi del
Circondario, sopratutto dopo l'acquisizione della SALIE
con la gestione diretta della rete di distribuzione a Vallo
della Lucania. Il direttore Giudice vicino alle contemporanee
ideologie politiche, che fin dall'inizio avevano soste-
223
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
21 Piazza Vittorio Emanuele,
Vallo della Lucania, anni Trenta
del Novecento
nuto lo sviluppo delle industrie elettriche in Italia, per
coadiuvare il Governo Fascista nella sua politica demografica,
decise di donare ad ogni coppia di nuovi sposi, tre
mesi di consumo gratuito di luce elettrica, incentivando
nel contempo la sottoscrizione di nuovi contratti di fornitura.
A fine marzo 1934 si tennero le assemblee ordinarie degli
azionisti delle due società nella nuova sede di Piazza
Vittorio Emanuele III, con l'approvazione del bilancio
annuale e l'analisi dei profitti e delle perdite di esercizio,
registrando un aumento sulla vendita dell'energia.
Per il maggiore azionista, il cavaliere Passarelli, questi
anni rappresentarono un periodo di particolare vivacità
economica e familiare. A gennaio del 1936 vide la luce il
piccolo Gaetano, nato dal matrimonio di suo figlio Raffaele
con Francesca, figlia della Baronessa Gaetana Cestari,
vedova del Barone Gerbasio di Montesano sulla
Marcellana. Il dott. Raffaele Passarelli, che ereditò dal
padre sia l'omonima impresa elettrica per la distribuzione
dell'energia a Novi Velia sia le quote azionarie da lui
possedute nella SIEL e in altre imprese concessionarie, nel
1937, in pieno regime fascista, venne nominato podestà a
Vallo della Lucania, conservando la carica fino al 1941.
Tra gli illustri simpatizzanti al partito, appare anche il
figlio del socio fondatore Francesco Ebner, il giovane
Pietro, che conseguita la laurea in medicina all'Università
224
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
di Napoli nel 1928, iniziò la professione di medico in un
piccolo paese in provincia di Sondrio, dove frequentava
nel contempo l'Università di Milano, specializzandosi in
Pediatria nel 1933.
Nel suo soggiorno lombardo partecipava spesso alle
adunanze sciistiche dei Giovani fascisti valtellinesi a
Sondrio, per ritornare definitivamente nel Cilento nel
1936, dove esercitò la professione di medico condotto
prima a Casalvelino e poi stabilmente a Ceraso, nel suo
paese di origine.
Il dottore veniva ricordato da un anonimo giornalista, in
un articolo del 26 luglio 1937 pubblicato sulle pagine della
Cronaca milanese del Corriere della Sera. Raccontava di
averlo conosciuto alle adunanze dei giovani fascisti, dove
gli riferì della sua passione per gli studi storici e della ricca
biblioteca di oltre 5000 volumi posseduta a Vallo della
Lucania.
L'articolo dello storico quotidiano milanese, commentava
l'incontro avuto con i veterani di guerra giunti da Vallo, in
occasione di una cerimonia in memoria dei martiri caduti
in battaglia durante il primo conflitto mondiale.
La manifestazione venne organizzata nella sfavillante e
luminosa centrale piazza Duomo dove echeggiava la
Fanfara del Reggimento dell'ottava Fanteria di Monza, che
aveva i suoi fanti proprio tra quelle balze della Lucania,
dalla cui vetta si ammirava il Vesuvio e si distingueva
l'Etna. Quella grande piazza, chiusa dalle navate e dalle
guglie del Duomo, dalla lontana Lucania “appariva a quella
gente ancora più fragorosa di traffici, maggiormente ansiosa di
progressi tecnici e ancora più splendente di luce elettrica e
spirituale”.
22 Piazza Duomo, Milano, anni
Trenta del Novecento
23 Porticato illuminato di Piazza
Vittorio Emanuele, Vallo della
Lucania, anni Trenta del
Nocevento
225
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Durante la cerimonia qualche anziano veterano, osservando
i giovani sottotenenti, rievocava con nostalgia i suoi
venti anni, quando accorso da quella lontana città della
Lucania al distretto militare di Monza, prima di partire per
il fronte sull'Altopiano di Asiago, ci si sentiva tutti fratelli,
e questo grazie all'ingegnosa attività di un milanese che in
quella terra aveva procurato il miracolo dell'energia
elettrica.
L'articolo con eccessiva prosa e indecente campanilismo,
riferiva di quanto raccontato al giornalista da questi fratelli
italiani, che desideravano far conoscere l'operato del
milanese Giovanni Giudice, descrivendolo come un saldo,
placido e forte lombardo, ideatore di una Società per le industrie
elettriche a Vallo della Lucania.
Continuava commentando che il dottore Ebner fu perfino
richiamato a gran voce dagli ardenti fratelli per fare onore
all'ospite milanese, il fratello ambrosiano che da oltre venti anni
era tra loro, ritornando così all'arte medica nella sua
Lucania dove portò l'esperienza acquisita nelle cliniche
milanesi.
Proseguiva asserendo, che venti anni prima fu proprio il
concittadino milanese ad incanalare il fiume Calore e a
costruire la diga, il lago artificiale e la centrale, portando per la
prima volta l'energia elettrica a Vallo e nei quaranta comuni che
dipendevano dal suo Circondario. Sostenuto dalla intelligente
comprensione delle autorità regionali, con la serietà dei suoi
propositi e con la bontà delle opere realizzate seppe persuadere il
capitale locale a partecipare all'impresa del secolo.
Certo è, senza nulla togliere alla grande competenza
tecnica di Giudice e al suo necessario e notevole impegno
per la realizzazione della rete elettrica di gran parte dei
paesi del Circondario, il giornalista commise con leggerezza
l'errore di attribuirgli meriti che non gli appartenevano,
oltre a dare prova di non avere alcuna cognizione delle
notizie che stava divulgando. In realtà nessuna diga e
nessun lago artificiale furono costruiti, e non per difformità
al progetto; confondendo ambiguamente l'impianto del
Calore, costruito venti anni prima nel periodo pionieristico
e di sperimentazione, con i grandi bacini idroelettrici
dei fiumi alpini, da poco realizzati o in corso di realizzazione,
forse da una grande società lombarda con le cospicue
sovvenzioni del governo.
Difatti fu proprio negli anni che seguono il Regio Decreto
del 1933 sulle acque e impianti elettrici, che tutte le valli
226
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
dell'arco alpino furono percorse dagli ingegneri, per
cercare il posto giusto dove costruire gli impianti, ma
invece di spostarsi a bordo di un carretto come fecero
trenta anni prima i nostri ingegneri Manzi e Pinto, questa
volta a bordo di un più veloce sidecar con motore Guzzi a
quattro tempi; rumoroso, equipaggiato di blocco notes e
piccoli strumenti appoggiati sul parabrezza, ed ora anche
un teodolite con le solite paline di rilevazione bianche e
rosse, sistemate nel bagaglio posteriore, e semmai questa
volta con la compagnia di un geologo.
Giovanni consapevole di quello che realmente di vero ci
fosse in quell'articolo, di sicuro orgoglioso di quanto letto,
come d'altra parte è naturale che sia, ma allo stesso tempo
decisamente imbarazzato, ripiegò il giornale conservandolo
nascosto sotto il piano della sua scrivania. Solo molti
anni dopo, quella copia del Corriere fu ritrovata casualmente
da un nipote, durante alcuni lavori di sistemazione
del vecchio ufficio del nonno.
Il dottor Ebner nell'incontro con il giornalista evidentemente
fu molto preso a raccontare le antiche vicende della
sua terra, tralasciando al contrario la storia a lui contemporanea,
dimenticando che l'elettricità era giunta da molti
anni finanche nelle terre del sud, ed in particolare nella
terra di Lucania anche grazie all'impegno di suo padre
Francesco, promotore e socio azionista della Società idroelettrica
Lucana.
Viator, lo pseudonimo con cui il giornalista firmava i suoi
articoli, l'uomo viaggiatore che conosceva i luoghi e gli
eventi della Nazione tanto da poterli raccontare sul giornale
più venduto e letto dell'epoca, forse di viaggi nell'antica
terra di Lucania non ne aveva mai fatti, e la sua storia la
conosceva davvero poco.
Proprio per l'assenza di una diga e di un lago artificiale,
durante il periodo estivo, per il rilevante calo della portata
d'acqua del fiume, la produzione dell'impianto idroelettrico
di Felitto era molto scarsa e non riusciva a soddisfare in
maniera costante la quantità di energia richiesta. Il Calore
in effetti non è un fiume ma un torrente, un corso d'acqua
caratterizzato sia da una scarsissima alimentazione da
nevai o altre sorgenti regolari e costanti, sia da una alternanza
fra le magre estive e le piene autunnali e primaverili.
La portata del fiume dall'autunno alla primavera pur se
variabile, era sufficiente per il funzionamento
dell'impianto, ma in estate era del tutto carente.
24 Pietro Ebner (2° da sinistra) a
Elea nel 1966
227
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
25 Comunicazione di acquisto
del motore ausiliario, Società
Idro-Elettrica Lucana, 1938
26 Ricevuta di pagamento dei
canoni per l’anno 1937, Vallo
della Lucania, 1939
In questo periodo l'unico apporto idrico è rappresentato
dalle sorgenti di Gorgonero sotto Laurino, lasciando
pressoché in secca tutto il tratto a monte fino a Piaggine. La
presenza di un bacino artificiale avrebbe invece assicurato
una portata costante di derivazione durante tutto l'anno.
Per questo motivo, non potendo assicurare agli utenti la
fornitura di energia solo nei mesi da ottobre a maggio, in
consiglio di amministrazione si discuteva sulla possibilità
di realizzare un impianto a bacino più potente, con la
costruzione di una diga e di un lago artificiale, prendendo
la decisione di affidare l'incarico di redazione del progetto
all'ingegnere Pietro Manzi. La località scelta per la realizzazione
dell'invaso, corrispondente ad una vasta area
sotto l'abitato di Laurino, assicurava una capacità di
decine di milioni di metri cubi d'acqua, in grado di rendere
una produzione di circa 40.000 kW. Ma per le particolarità
geologiche dell'area, caratterizzata da un elevato grado di
permeabilità, era necessario eseguire dei complessi lavori
di impermeabilizzazione.
Per risolvere il problema in tempi brevi, al fine di sopperire
alla limitata produzione dei periodi di magra, il consiglio
decise di installare un gruppo elettrogeno con motore a
scoppio. Con una lettera del 9 dicembre 1938, il direttore
tecnico Giudice portava a conoscenza le varie imprese
concessionarie della decisione presa in assemblea per
l'acquisto del motore ausiliario. Poiché per il giorno venti
di quel mese si era fissato un appuntamento a Milano per
definire le trattative con la ditta fornitrice, le informava,
che al fine di raccogliere la somma necessaria per
l'acquisto, avrebbero dovuto sacrificarsi nel pagare entro il
18 tutti i canoni arretrati dovuti dal 1937.
L'impianto ausiliario di generazione, installato al posto del
terzo gruppo idroelettrico previsto dal progetto iniziale,
era composto da un motore diesel della Cattaneo
80
Applicazione Brevetti Industriali da 250 HP a 2000 giri al
minuto con doppio tubo di scarico innalzato sul tetto, per
una potenza aggiuntiva di 186 kW. Il generatore avviato
durante le ore serali fino a mezzanotte, produceva un
rumore così intenso da essere sentito addirittura fino in
3
La C.A.B.I., acronimo di Cattaneo Applicazioni Brevetti Industriali, era una
giovane azienda fondata nel 1936 dall'ingegnere Giustino Cattaneo e dal figlio
ing. Guido, che nel tempo si specializzò in prodotti destinati prevalentemente
al settore navale. L'ingegnere, pioniere dell'Aeronautica e
dell'Automobilismo, fu l'artefice di tutte le realizzazioni tecniche nel campo
automobilistico, marino ed aeronautico della Ditta Isotta Fraschini.
228
La direzione tecnica di Giovanni Giudice
paese, arrecando un grande disagio alla famiglia Piumelli
che risiedeva in centrale.
Giovanni Piumelli, originario di Laurino, ci abitava insieme
al padre Stefano e alla moglie Giuseppina Peduto dal
1929, quando venne assunto dalla SIEL con la qualifica di
operario per la conduzione e la sorveglianza delle macchine
in centrale, prendendo il posto del napoletano Don
Peppino Esposito.
La pratica di affiancare all'impianto idroelettrico un
impianto ausiliario con motore a scoppio era una prassi
abbastanza diffusa fra i piccoli produttori, che permetteva
di affrontare soprattutto il problema della scarsa o nulla
produzione nei periodi di magra stagionale.
Stefano Piumelli, il figlio di Giovanni, che visse in centrale
fin dall'infanzia, di quegli anni non conserva un buon
ricordo proprio per l'assordante rumore del motore,
rendendo spesso insopportabile la permanenza
nell'abitazione.
Un buon ricordo invece lo conserva Ivana Giudice,
l'ultima figlia di Giovanni, che durante gli anni Quaranta,
prima di ritornare definitivamente a Milano e intraprendere
con successo la carriera di avvocato, era felice di accompagnare
il padre Giovanni per l'ispezione alla centrale,
insieme alle due sorelle maggiori, Maria Grazia e Iolanda.
Ogni volta rimaneva sorpresa dalle grandi macchine
elettriche e dalla lucida e brillante scritta Brown-Boveri che
risaltava con caratteri a rilievo sulla carcassa dello statore.
Per le piccole ragazzine, la visita in centrale, era
un'occasione per fare un divertente e tonificante bagno
nelle fredde acque del fiume e di gustare le ottime pizze, le
bianche focacce e i favolosi fusilli di Peppinella.
Giuseppina Peduto, la moglie di Piumelli originaria di
Felitto, fu assunta dalla SIEL a gennaio 1941 all'età di 26
anni, con la stessa qualifica del marito per la sorveglianza
delle macchine in centrale. In seguito ottenne il primato di
essere stata l'unica donna a lavorare in un impianto idroelettrico
a gestione completamente manuale.
27 Giovanni Piumelli (a destra) e
il padre Stefano (a sinistra)
28 Stefano Piumelli, figlio del
sorvegliante Giovanni, in posa
sul collettore principale di
alimentazione delle turbine
idrauliche
29 (foto pagina successiva)
Il volantino di chiusura della
turbina Francis, produzione
ditta Riva di Milano
229
2.Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra
Nel 1938 a Castelnuovo, nei pressi della stazione di Vallo
Scalo, sorse una prima importante realtà imprenditoriale
con la costituzione della società I.E.O.V. Industrie
Estrazione Oli Vegetali, da parte dei fratelli Emilio ed Enrico
Ambrosio, mercanti di pelli originari di Caggiano, che
avviarono l'attività di estrazione di olio dalle sanse di
oliva. La produzione fino ad allora era monopolizzata
dall'industriale Gerolamo Gaslini, presente in provincia di
Salerno con uno stabilimento a Battipaglia, l'unico punto
di riferimento per tutti i produttori di olio della zona dove
vendere la sansa prodotta nei loro oleifici.
Basti pensare che Raffaele Marotta e Francesco Pesce nella
campagna olearia 1934-1935, vendevano allo stabilimento
di Battipaglia della ditta Gaslini ben 500 quintali di sansa
prodotti nei loro oleifici a Laurino.
La I.E.O.V., che riuscì ben presto ad assicurarsi una buona
parte dei produttori e soprattutto degli oleifici dislocati a
sud della provincia di Salerno, appariva interessante
anche per la società elettrica di Vallo, in quanto poteva
fornire l'energia elettrica a scopo industriale per il funzionamento
dell'impianto di estrazione della sansa. Tuttavia
nei primi anni di attività lo stabilimento era dotato di un
piccolo impianto di autoproduzione dell'energia, costitui-
81
to da un generatore di vapore fisso della ditta Franco Tosi
(costruzione 1896) occorrente sia per l'estrazione dell'olio
1 Contratto di compravendita
della sansa tra la Società Gaslini
e gli oleifici di Marotta e Pesce a
Laurino
81
La ditta, produttrice di macchine a vapore e caldaie per l'industria tessile e
per la generazione di energia, è stata fondata a Legnano nel 1881
dall'imprenditore Franco Tosi, pioniere dell'industria meccanica italiana, noto
per il suo contributo alla tecnologia dei motori a vapore. Nel 1904 sviluppò il
primo motore a vapore da 6 MW, e nel 1907 diventò la prima azienda italiana a
produrre i motori diesel.
231
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Lo stabilimento della I.E.O.V. a
Castelnuovo, fine anni Trenta
del Novecento
3 Paolo Giudice
vegetale a mezzo di solventi, sia per l'azionamento di una
vecchia motrice a vapore proveniente da un piroscafo
inglese, di costruzione della ditta Brown & May Limited,
accoppiata ad un generatore per la produzione di energia
elettrica.
A luglio del 1939, in prossimità della data di scadenza della
concessione trentennale di derivazione della SIEL, fissata
come da disciplinare fino a settembre del 1941, il presidente
Rubino provvedeva a inoltrare al Ministero dei Lavori
Pubblici, Direzione Generale delle Acque Pubbliche, la
domanda di proroga ai sensi dell'art. 22 del R.D. del 1933.
L'articolo del Testo Unico determinava che la durata delle
concessioni temporanee accordate o rinnovate in base alla
legge n. 2644 del 1884, ove gli interessati lo richiedevano
almeno due anni prima della scadenza, e ove non vi fossero
stati impedimenti per motivi di decadenza o di pubblico
interesse, poteva essere prorogata, sentito il Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici, fino al 31 gennaio 1977, se si
trattava di grande derivazione per forza motrice, e fino al
31 gennaio 1987, se si trattava di grande derivazione per
ogni altro uso.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale a settembre
1939, i giovani fratelli Giudice, Paolo, Gianfranco, Angelo
e Antonio, furono tutti chiamati alle armi.
Paolo, che l'anno precedente aveva iniziato il servizio
militare, fu inviato con il Corpo di spedizione italiano alla
Campagna in Russia del 1943, dove per il grande freddo si
provocò un congelamento al piede, venendo poi congeda-
232
Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra
to come invalido di guerra con il grado di Tenente
dell'Esercito. Gianfranco si arruolò in Marina, congedandosi
alla fine della guerra, con il grado di Sottocapo motorista
navale della Marina Militare. Antonio che frequentava
l'accademia si arruolò in aereonautica, congedandosi
da Ufficiale pilota, e insieme al fratello Angelo si diplomò
in ingegneria al politecnico di Milano.
Partì per il fronte anche il sorvegliante delle macchine in
centrale, Giovanni Piumelli, congedandosi ad aprile del
1946 con il grado di Caporale maggiore dell'Esercito.
Poiché impegnato in battaglia, nel periodo della sua
assenza la SIEL assunse definitivamente la signora
Giuseppina che condusse l'impianto con l'aiuto del fratello
Donato Peduto.
Nel 1939 a partire per il servizio militare, subito dopo il
diploma di laurea, fu anche il maggiore dei figli maschi del
cavaliere Vito Morra, eletto podestà nel comune di
Magliano Vetere.
Giovanni Morra spedito per la leva a Sassari presso il 152°
Reggimento di Fanteria, venne richiamato alle armi partecipando
alla Campagna italiana di Grecia con la 47°
Divisione di Fanteria di Bari imbarcata per l'Albania
nell'ottobre 1940, congedandosi poi con il grado di
Sottotenente dell'Esercito.
Fino all'inizio della guerra l'Italia vide la realizzazione dei
più importanti impianti di produzione elettrica ed il
massiccio processo di elettrificazione, grazie anche al
contributo dell'ing. Giuseppe Cenzato, uno dei maggiori
protagonisti delle vicende economiche del Paese, tanto da
essere nominato il 16 novembre del 1939 Cavaliere del
Lavoro, per il suo notevole apporto alla crescita
dell'industria elettrotecnica. In quell'anno venne completata
l'elettrificazione della linea ferroviaria Salerno -
Reggio Calabria con la fornitura di energia elettrica iniziata
nel 1936 dalla SME, dopo un contratto ottenuto dalle
Ferrovie dello Stato; in tal modo era possibile coprire
l'intero percorso Milano - Reggio in trazione elettrica.
Nello stesso anno la SEDAC incorpora una serie di imprese
elettriche minori come la Società Salernitana di Elettricità,
la Società Elettrica del Sannio e la Anonima Imprese Elettriche
Meridionali; la SME assorbe direttamente la UNES, e la sua
controllata Società Lucana per Imprese Idroelettriche, estendendo
la sua area di penetrazione in una vasta regione
centro meridionale.
4 Vito Morra
5 Giuseppe Cenzato
233
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
6 Genieri dell’esercito americano
sulla spiaggia lungo il litorale
del golfo di Salerno, 1943
7 I n c o n t r o d e l l e t r u p p e
americane e inglesi a Vallo della
Lucania, 1943
Prima che finisse la guerra, il 19 gennaio 1944, la SIEL subì
una grave perdita con la morte del presidente Rubino, che
si spense all'età di 83 anni nella sua casa di Angellara. La
città si strinse intorno al dolore dei familiari che videro la
partecipazione solenne dell'intera popolazione affranta
dalla scomparsa dell'amato dottore. Il gremito corteo
funebre creò grande stupore fra le truppe anglo-americane
del comando alleato in servizio a Vallo della Lucania, così
come ricorda con brillante lucidità la nonagenaria governante
Michela Taddeo nata a Novi Velia nel 1920.
Erano passati solo quattro mesi dal 16 settembre 1943,
quando a seguito dello sbarco in Sicilia e del successivo
sbarco a Paestum e in tutto il Golfo di Salerno, dopo i primi
giorni di bombardamenti, si ricongiunsero a Vallo le
pattuglie della quinta armata americana e dell'ottava
armata inglese, ed il gen. tedesco Kesselring, comandante
del Gruppo di armate Sud, inizia una cauta ritirata verso
nord. Dopo l'amministrazione podestarile del dott.
Raffaele Passarelli, viene nominato podestà a luglio 1942
l'avvocato Pasquale Pinto, fratello dell'ingegnere, sostituito
dalle autorità militari alleate con un commissario prefettizio
fino alla nomina di Luigi Cobellis a gennaio del 1944,
divenuto sindaco a maggio successivo su investitura del
Comitato di liberazione nazionale di Salerno, e rieletto alle
elezioni comunali del 1946. Il dottore Rubino solo per
pochi mesi non riuscì ad assistere al ripristino della giunta
municipale e al ritorno del sindaco, ma alla fine ci ha
lasciato comunque con l'animo quieto, rassicurato dal
piacere di assistere alla liberazione dell'Italia meridionale
234
Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra
e alla caduta del governo fascista a cui si oppose con
fermezza fin dall'inizio, senza mai condividere l'ideologia
politica del partito salito al potere dagli ultimi venti anni.
Dopo le assemblee ordinarie della SIEL di marzo 1941 e
1942, è nell'assemblea generale del 31 marzo 1943, tenuta
nella sede della società in Piazza Vittorio Veneto, che si
sentì per l'ultima volta la sua relazione. In quella seduta
all'ordine del giorno ci fu l'approvazione del bilancio di
esercizio dell'anno precedente e il rinnovo dei contratti di
fornitura di energia alle imprese concessionarie. Nella
contemporanea seduta della SALIE, si provvedeva alla
votazione per l'estensione della durata della società a
norma dello statuto di costituzione del 1913, che prevedeva
una durata di anni trenta con la possibilità di essere
prorogata per voto dell'assemblea.
Nel circondario di Vallo fino alla seconda guerra, così
come per l'intera provincia a sud di Salerno, dove le attività
produttive di tipo industriale erano del tutto marginali,
la popolazione rimase legata ad un'organizzazione sociale
tradizionale, refrattaria a qualsiasi stimolo per la modernizzazione.
Con la fine del conflitto l'Italia si avvia verso un lento
processo di ripresa economica, per giungere negli anni
Cinquanta in un periodo contraddistinto da notevoli e
profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche.
Questi anni vengono comunemente definiti “gli anni della
ricostruzione postbellica e della transizione”, intendendo
con ciò il passaggio da una società prevalentemente rurale
e tradizionale a una società industrializzata e moderna,
con un nascente mercato di consumi di massa e un notevole
sviluppo delle attività produttive che facevano uso di
apparecchiature e macchine elettriche.
Nel dopo guerra, le maggiori società di produzione attraversarono
l'impegnativa fase di ricostruzione degli
impianti, gravemente danneggiati e distrutti dai bombardamenti
e di quelli fatti saltare dai genieri tedeschi durante
la ritirata, come avvenne per l'impianto di Muro Lucano
quando nel 1943 fecero saltare le saracinesche degli scarichi.
Disastrosi danni vennero subiti soprattutto dalle
ferrovie, con la perdita di gran parte del materiale rotabile
ed oltre il 40% della rete ferroviaria, colpita sia dalle forze
alleate, ritenendola fra i punti strategici da colpire, sia
dall'esercito tedesco per coprire la sua ritirata impedendo
l'avanzare del nemico.
8 Armido Rubino
9 Comunicazione della SALIE
all’impresa elettrica Morra, 1939
235
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
10 Stazione ferroviaria di
Salerno distrutta dai bombardamenti
11 Piano dinamo eccitatrice della
centrale Bussento
Il 16 e 17 settembre durante i bombardamenti in provincia
di Salerno, quando fu colpita anche Vallo della Lucania,
venne distrutta la linea di comunicazione ferroviaria
Napoli-Salerno. Le maggiori linee furono immediatamente
riattivate, e con la ricostruzione agli inizi degli anni
Cinquanta il patrimonio ferroviario e rotabile fu completamente
ripristinato.
In quel periodo anche la SME, che aveva esteso il suo
controllo definitivo anche in Calabria con l'assorbimento
nel 1942 della Società Forze Idrauliche della Sila, si vide
impegnata nel ripristino degli impianti danneggiati e
distrutti, come la centrale del Matese e quella di Muro
Lucano, dove venne installata anche una griglia di protezione
all'imbocco dello scarico di fondo. Diede inizio alla
realizzazione di nuovi impianti nel Mezzogiorno, con la
ripresa del vecchio progetto di Omodeo per la derivazione
82
e la costruzione di un serbatoio sul fiume Bussento.
82
L'impianto a bacino che utilizza le acque del fiume Bussento proveniente dal
monte Cervati, venne completato alle fine degli anni Cinquanta con la
realizzazione della Diga Sabetta e della centrale di produzione ubicata nel
comune di Morigerati. Lo sbarramento del fiume è stato realizzato a quota 290
m. poco a monte della grotta di Caselle in Pittari, dando luogo ad un ampio
serbatoio di raccolta delle acque. L'opera di presa ubicata sulla sponda sinistra
del fiume ad una quota di 296,20 m. è costituita da una bocca a sezione
rettangolare da cui ha inizio la galleria di derivazione lunga circa 7,5 km,
attraversando dopo 2 km il fiume Bussento con un tubo appoggiato su una
struttura portante ad arco. Dopo circa 4 km la galleria riceve le acque del Rio
Casaletto, avente una portata di 1,5 mc/s, terminando nel pozzo piezometrico
costituito da una struttura cilindrica con diametro di 13 metri e altezza
complessiva di 40, la cui funzione è quella di proteggere la condotta forzata dai
colpi di ariete dovuti alle possibili onde di deflusso. La condotta è lunga circa
1.260 m. su di un salto di circa 250 m. con un diametro variabile 3,40-2,50 m. La
centrale con una portata massima derivabile di 26 mc/s. raggiunge una
produzione di 265.500 kW.
236
Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra
Le incursioni aeree nella città di Vallo della Lucania arrecarono
gravi danni ad edifici pubblici e privati, ma per
fortuna la SIEL non subì danni al proprio impianto idroelettrico
sul Calore, vedendosi impegnata, dopo la rimozione
delle macerie in città e l'abbattimento dei fabbricati
pericolanti, soltanto nella riparazione di alcuni tratti della
rete di distribuzione elettrica cittadina.
Per far fronte alle passività dell'azienda contratte negli
anni del conflitto, soprattutto per i mancati pagamenti
delle imprese concessionarie e alla notevole spesa sostenuta
per il potenziamento dell'impianto, il consiglio di
amministrazione della società, con una delibera del 26
maggio 1946, decise di prendere in prestito la somma di
200.000 lire data in mutuo dalla signora Carmela Melzi.
La società assunse l'obbligo di restituire la somma entro il
1949, corrispondendo gli interessi del 5% annuo fino
all'estinzione del debito. Ad aprile di quell'anno, il consiglio
di amministrazione, con la presidenza del cav. Vito
Morra, deliberò di mutuare un'ulteriore somma per
risanare i bilanci dell'azienda, corrispondente a 1.500.000
lire data in mutuo dalla sig.ra Melzi, e di un milione di lire,
versato in due rate, dal figlio, l'ingegnere Angelo Giudice.
Le somme dovevano essere restituite entro il 1952, riconoscendo
gli interessi del 10% corrisposti a semestri posticipati,
con decorrenza da quella data.
Con le somme ricevute, per la SIEL e la sua diretta controllata
SALIE, inizia una nuova gestione aziendale con
l'apertura di un nuovo registro delle deliberazioni societarie,
bollato regolarmente all'Ufficio del Registro di Vallo il
27 maggio 1949, e l'inizio di una nuova contabilità con un
conguaglio delle concessioni dal 1938.
Nell'assemblea della SALIE del 16 novembre, per atto del
notaio Gaetano Pignatti di Lodi, il consiglio di amministrazione
decise di rivalutare il capitale iniziale della società da
160.000 a 1.025.600 lire.
Intanto a Felitto era in scadenza il contratto trentennale del
1920 con il quale il comune aveva affidato alla ditta Marino
& Gnazzo la gestione del servizio di distribuzione di energia
e del mulino elettrico.
Già da novembre il consiglio comunale discuteva sulla
convenienza di prendere in gestione il servizio, decidendo,
con una delibera del 15 agosto dell'anno successivo, di
non rinnovare il contratto alla ditta concessionaria e di
assumere in proprio la gestione, municipalizzando il
237
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
12 Vito Di Stasi e signora
servizio al fine di contenere i prezzi entro i limiti dei costi e
utilizzare gli eventuali utili di esercizio per incrementare
l'attività e la rete di distribuzione comunale.
Così con verbale del primo settembre 1950 si perveniva
alla consegna dell'impianto dalla ditta concessionaria al
comune di Felitto, con la costituzione dell'Azienda
Municipale Molino Distribuzione Energia, AMMDE, con lo
scopo principale di acquistare, vendere e distribuire
l'energia elettrica, attuando il servizio in economia su tutto
il territorio comunale, e di gestire in proprio il mulino.
L'attività tecnico-contabile della nuova azienda veniva
svolta da un applicato di segreteria comunale incaricato
dall'amministrazione.
L'energia veniva acquistata dalla SIEL al prezzo di 700 lire
per la potenza di 11 kW come stabilito negli iniziali accordi
con la società, e al prezzo di 16,80 lire al kWh per la potenza
eccedente.
Per la gestione tecnica dell'azienda venne assunto in
qualità di elettricista Giovanni Carbone di Felitto, che fin
da piccolo aiutava il padre Paride, che svolgeva da tempo
la stessa professione per conto della precedente ditta,
maturando in questo modo una notevole esperienza nel
settore, tanto che divenne l'elettricista di riferimento nel
paese con l'avvio di una bottega per la vendita di materiale
elettrico.
Tuttavia nonostante la buona gestione tecnica dell'azienda
municipale, con l'ampliamento della rete di distribuzione
e il conseguente acquisto dell'energia eccedente in quantità
sempre maggiore, presto contrasse un notevole debito
nei confronti della società produttrice.
Intanto Gianfranco Giudice, che si era diplomato come
perito elettrotecnico al Regio Istituto Tecnico Feltrinelli di
Milano, il 5 novembre 1951 fu assunto alla SIEL con la
qualifica di operaio elettromeccanico per la riparazione e
la verifica delle macchine in centrale e delle linee di trasmissione.
Per la sorveglianza alle opere idrauliche vennero assunti
nel 1953 con la qualifica di manovale, due operai di Felitto,
Piero Migliaccio, addetto alla pulizia della griglia e alla
saracinesca della condotta forzata in località Casale nei
pressi della sua casa di residenza e Vito Di Stasi, addetto
alle opere di presa in località Remolino, dove risiedeva
nella casa di guardia insieme alla moglie Anna Riviello e
alla piccola Rita.
238
Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra
In quegli anni vennero sostituiti la vite e il volantino della
paratoia di scarico del canale moderatore, con un meccanismo
di manovra munito di riduttore a coppia conica della
83
OMTIT di Torino.
In quello stesso periodo la SME, con l'incremento della
produzione e la costruzione dei grandi elettrodotti meridionali,
stava espandendo il suo dominio anche in queste
zone del territorio, ma considerate inizialmente poco
appetibili tanto da non ritenere conveniente l'assunzione
diretta della fornitura di energia, lasciò spazio alle numerose
piccole imprese elettriche locali di produzione e
distribuzione. Venne inquadrata come caposettore della
Finelettrica, società finanziaria statale nata ad aprile del
1952 come ramo settoriale dell'IRI per il settore della
produzione e distribuzione di energia elettrica, con lo
scopo di raggruppare le aziende italiane che operavano
nel settore, ereditando partecipazioni nella stessa SME.
13 Biglietto da visita Officina
Meccanica Turbine Idrauliche di
Torino
14 Il canale derivatore in località
Remolino, fine anni Cinquanta
del Novecento
83
La società OMTIT, Officina Meccanica Turbine Idrauliche Torino, costituita a
maggio del 1949 con capitale sottoscritto di 60.000 lire, operava nel settore
delle lavorazioni meccaniche in genere, trasformazione e riparazione di
turbine idrauliche e regolatori a pressione d'olio.
15 (foto pagina successiva) La
paratoia a vite e volantino
prodotta dalla OMTIT per lo
scarico di fondo del canale
moderatore
239
Capitolo XVI
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
Con la rinascita economica del Paese e il notevole aumento
dei consumi di energia elettrica, la Società Lucana per
Imprese Idroelettriche, SLII, dagli inizi degli anni Cinquanta
era impegnata nella messa in opera dei tralicci e dello
stendimento dei cavi per la realizzazione dell'elettrodotto
a 30.000 Volt per il trasporto dell'energia da Battipaglia a
Omignano, la cui messa in esercizio avvenne nel 1954. Alla
presidenza della società era stato nominato l'ingegnere
Stefano Brun nativo di Salerno, ma che da tempo risiedeva
a Napoli dove iniziò a lavorare per la Società Generale di
84
Elettricità, assumendo poi la direzione della SEDAC , e dal
1954 la presidenza dell'Istituto per lo sviluppo economico
dell'Italia meridionale, ISVEIMER. La Società Lucana rappresentava
per il gruppo manageriale della SME la testa di
ponte per la penetrazione commerciale a sud di Salerno.
Già da tempo aveva acquisito una posizione di predominio
nella regione con la distribuzione dell'energia prodotta
dagli impianti della Meridionale del Tanagro e della
centralina Grotta dell'Angelo a Pertosa, alimentando la
pubblica illuminazione di molti comuni nelle province di
Salerno, Potenza e Matera.
In provincia di Salerno aveva già incorporato nel 1929 la
Società Idroelettrica del Fasanella con l'impianto alimentato
dall'Auso, ed acquisito, con atto di marzo 1931 dalla Società
Anonima Idro-Elettrica Bussentina, SIEB, l'impianto di Ponte
Sottano a Casaletto Spartano alimentato dal Rio Casaletto
della potenza di 400 CV, la cui concessione di derivazione
fu autorizzata con la cessione di antichi diritti del Barone
Giuseppe Gallotti. La Società Bussentina forniva energia ai
paesi di Casaletto, Battaglia, Tortorella, Torraca e Sapri.
84
Nel 1964 la società venne fusa e incorporata nell'Italsider insieme alla Società
Lucana per Imprese Idroelettriche.
1 Comunicazione della SLII per
la costruzione dell’elettrodotto a
30 kV Omignano-Agropoli, 1953
2 Stefano Brun
241
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Comunicazione SLII per
rinnovo concessione impianto
Ponte Calore ad Aquara, 1959
4 Pubblicità lavatrice automatica
Candy, 1954
Nel 1952 divenne proprietaria anche dell'impianto di
Aquara, acquisito dal fallimento dell'Impresa Salernitana di
Elettricità dell'ingegnere Vittorio Cozzi di Montecorvino
Rovella, che a sua volta l'aveva ottenuto dalla ditta
Capozzoli, Andreola e Vitale all'inizio degli anni Quaranta,
quando presentò una domanda di concessione in sanatoria
ottenuta con D.M. n. 4169 del 28 novembre 1946.
Gli anni Cinquanta, rappresentati dalla ripresa economica
e la modernizzazione della nazione, grazie soprattutto al
rilevante contributo dell'IRI, videro alla ribalta una nuova
categoria sociale di consumatori con l'introduzione sul
mercato di una vasta gamma di elettrodomestici.
L'avvenimento indusse ad una mutazione radicale e
permanente della vita quotidiana dell'italiani, che finalmente
potevano comperare i nuovi apparecchi elettrici,
frigoriferi, lavatrici, radio, televisori, mangiadischi, stufe,
scaldacqua, ecc., aumentando a dismisura i consumi
domestici.
Sul territorio iniziarono a sorgere un numero maggiore di
piccole attività industriali, come il pastificio allestito a
Vallo della Lucania dal socio Angelo De Vita di Moio, e
numerose attività artigianali dotate di moderne macchine
elettriche, quali falegnamerie, mulini, frantoi e officine
meccaniche, come l'Officina Pandolfi a Omignano Scalo, la
prima officina artigianale della zona capace di eseguire
lavorazioni di tornitura, e che più volte ha eseguito la
rettifica agli alberi motore delle turbine dell'impianto di
Felitto.
Nel 1951 anche il cav. Morra volle nuovamente rinnovare
il frantoio di Capizzo, sostituendo l'impianto con un
modello da poco presentato alla Fiera del Levante di Bari,
dotato di un separatore centrifugo della ditta De Laval, di
un dispositivo per il lavaggio e il carico delle olive nella
molazza, e di una dosatrice per la distribuzione della pasta
sui dischi di fibra (fiscoli), impilati uno sopra l'altro su di
un carrello da portare sotto la pressa per la spremitura.
Dopo la seconda guerra mondiale, durante il periodo della
ricostruzione, la costante crescita della domanda di energia,
unita alla necessità di effettuare rapidamente ingenti
investimenti, portarono alla definizione di uno scenario in
cui il monopolio, rispetto alla presenza delle numerose
piccole imprese operanti nel settore, sembrava essere la
soluzione più opportuna, sia dal punto di vista economico
che organizzativo. Così quel processo di concentrazione
242
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
della produzione, distribuzione e vendita dell'energia,
iniziato con l'acquisizione delle imprese minori da parte
dei grandi gruppi industriali, si delineò presto nell'ipotesi
della nazionalizzazione.
Con la morte in giovane età di Domenico Maida junior, la
Società Lucana per Imprese Idroelettriche nel 1954 acquisì
anche la centralina dell'omonima impresa, con
l'assunzione della distribuzione dell'energia elettrica ad
Agropoli. In seguito continuò ad estendere la sua presenza
sul territorio con l'acquisizione dell'impianto idroelettrico
di Novi Velia con atto del 28 dicembre 1956 stipulato con la
Società Idroelettrica del Cilento, ed entrambi connessi
all'elettrodotto principale Omignano-Battipaglia.
Un'impresa moderna, con una robusta capacità finanziaria
e una forte consapevolezza del proprio ruolo
nell'economia e nella società, iniziò ben presto ad utilizzare
le potenzialità espressive e comunicative del nuovo
mezzo audiovisivo, con la produzione di materiali filmati
per documentare la propria attività, testimoniare la capacità
di trasformazione e crescita dei territori
d'insediamento e promuovere gli usi “moderni” consentiti
dalla disponibilità dell'energia elettrica.
Per il lancio di una campagna promozionale nel dicembre
del 1958 la Società Lucana commissionò alla Sipra due
“spot”. Il primo, “Un paese rinasce”, è rivolto a promuovere
gli usi industriali dell'energia elettrica. L'arrivo
dell'elettricità smuove l'immobilismo di secoli: “ogni
giorno lo stesso sforzo, ogni giorno la stessa fatica, ogni giorno gli
stessi gesti”. Ma l'avvento della nuova “formidabile energia”
è stato in grado di procurare “benessere e felicità” al “piccolo
paese”: “un gesto bastò a rimpiazzare mille fatiche”, “l'acqua
sgorgava da sola più fresca, più chiara”, “il suono delle macchine
sembrava una canzone”.
Il secondo, “Una vita migliore”, è rivolto invece agli usi
elettrodomestici, “moderni apparecchi che vi potranno dare
una vita migliore”. Per facilitare l'uso dell'energia nelle case,
offriva dal primo gennaio 1958 al 31 dicembre 1959
l'allacciamento gratuito fino a 50 metri di derivazione a
tutti coloro che chiedessero la fornitura per usi elettrodomestici.
I nuovi utenti inoltre ricevevano gratuitamente un
ferro da stiro e partecipavano al sorteggio di numerosi
premi, tra cui televisori, cucine con forno e scaldabagni.
Eccezionali facilitazioni per lo stesso periodo erano riservate
anche ai nuovi utenti di forza motrice.
5 Spot televisivo Società Lucana
per Imprese Idroelettriche, 1958
243
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
6 Bolletta e busta intestata della
Società Elettrica Giovanni
Giudice & C., impianti di Moio
della Civitella, Pellare, Cardile,
Angellara e Cannalonga
7 Filippo Gagliardi
Nonostante il grande sviluppo economico del dopoguerra
e la notevole estensione delle rete elettriche sul territorio,
oltre quarant'anni dopo l'accensione della prima lampadina
a Vallo della Lucania, alcuni piccoli paesi e centri abitati
restarono sprovvisti di energia elettrica fino ed oltre la
metà degli anni Cinquanta.
A Morigerati era il 24 ottobre 1955, quando alla presenza
delle autorità e del Vescovo, venne inaugurato l'impianto
di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica, che portò
la luce per la prima volta per le strade e nelle case del
85
paese.
Questi anni si mostrarono tragici per la SIEL che subì
un'altra prematura scomparsa, quella dell'amministratore
delegato e direttore tecnico Giovanni Giudice, che si
spense a Vallo il 16 agosto 1954 all’età di 63 anni. Con la sua
morte lasciò in eredità, alla moglie Carmela e ai suoi sette
figli, tutto quello che era riuscito a realizzare in questa
amata terra di Lucania che da più di quarant'anni lo considerava
uno stimato figlio adottivo. Un saldo, placido e
forte uomo ricordato dalla gente per la sua grande generosità.
Agli inizi di ottobre, il figlio Paolo, che nel frattempo si
era laureato in economia e commercio, venne assunto alla
SIEL con mansioni amministrative e tecniche, e in qualità
di speciale procuratore degli eredi, sostituì Giovanni nella
direzione delle imprese elettriche Giovanni Giudice & Co e
Passarelli & Giudice. A settembre dell'anno successivo
assunse anche la carica di amministratore delegato e
direttore tecnico della SALIE.
La sua amministrazione portò ad un consolidamento
finanziario delle imprese con l'introito delle somme
spettanti dalle concessioni elettriche, iniziando una nuova
contabilità con un conguaglio dal precedente saldo del
1949. Ad aprile 1957 inoltrava al Ministro dei LL.PP. una
richiesta di sollecito per l'istruttoria dell'istanza di proroga
della concessione, che inoltrata nel 1939 a firma del mancato
presidente, a causa degli eventi bellici dell'ultima guerra
non fece seguito nessuna risposta da parte del Ministero.
85
La somma per la realizzazione dell'impianto elettrico a Morigerati venne
generosamente offerta dal magnate Filippo Gagliardi, originario di
Montesano sulla Marcellana, che, emigrato in Venezuela, divenne in pochi
anni un grosso e ricco costruttore edile. Tornato al suo paese di origine usò il
suo ingente patrimonio per la costruzione di numerose abitazioni ai senza
tetto e di varie opere pubbliche, tra cui l'acquedotto, l'asilo d'infanzia, la
caserma dei carabinieri e l'imponente chiesa di Sant'Anna eretta al centro del
paese in stile gotico. Fece donazioni alle chiese e ai paesi limitrofi e beneficenza
alle persone bisognose.
244
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
Nella richiesta dichiarava che la società nel frattempo
aveva continuato l'uso della derivazione idroelettrica,
pagando regolarmente il relativo canone annuo presso
l'Ufficio del Registro di Roccadaspide.
In allegato alla richiesta, insieme al duplicato del Decreto
di concessione del 1912, c'era una copia del progetto
originale delle opere per l'utilizzazione idroelettrica delle
acque del fiume Calore e della relazione tecnica a firma
dell'ingegnere Francesco De Vita di Pellare. L'ingegnere,
specializzato in ingegneria meccanica, era il figlio di
Angelo De Vita che insieme a Giovanni Giudice furono i
soci fondatori dell'impresa elettrica concessionaria a Moio
della Civitella.
Da una ricerca presso l'Archivio storico dell'Enel di
Napoli, ho recuperato i disegni dell'impianto idroelettrico
allegati alla domanda di proroga, in cui sono documentati,
pur se con qualche incongruenza con lo stato dei luoghi, la
planimetria generale, il profilo longitudinale, la traversa di
presa a Remolino, l'edificio della centrale rappresentato in
pianta ed in sezione, un particolare del gruppo turbogeneratore
raffigurato con una sezione trasversale e i particolari
del canale di derivazione.
8 Panorama Moio della Civitella,
anni Cinquanta del Novecento
9 Comunicazione della SIEL per
r i n n o v o c o n c e s s i o n e d i
derivazione da fiume Calore,
1957
245
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
10 Relazione e grafici di progetto
per il rinnovo della derivazione
di acqua dal fiume Calore a
Felitto della Società Idro-
Elettrica Lucana a firma dell’ing.
Francesco De Vita, 1957
246
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
Il 16 gennaio 1958 alla richiesta faceva seguito la nota del
Genio Civile con la quale richiedeva alla società di effettuare
il versamento del deposito cauzionale del canone e delle
spese di istruttoria per un importo totale di 57.817 lire
presso la Tesoreria provinciale, come veniva stabilito
all'art. 7 del Testo Unico, così da poter procedere alla
stesura del nuovo disciplinare da allegare alla concessione.
Nel frattempo il 31 maggio 1957 il Sindaco del comune di
Felitto inviava una nota all'Ufficio del Genio Civile di
Salerno con la quale richiedeva una copia del decreto di
concessione rilasciato alla SIEL nel 1912, al fine di allegarla
all'istanza che intendeva inoltrare al Ministero delle
Finanze per usufruire dei sovracanoni elettrici dovuti dai
gestori di impianti idroelettrici a favore dei comuni rivieraschi,
posizionati lungo il corso d'acqua tra l'opera di
presa e di restituzione, di cui alla legge n. 1377 del 4 dicem-
86
bre 1956.
86
Le prime disposizioni di legge sui sovracanoni sono contenute nel
Decreto n. 1664 del 1916. L'art. 28, in particolare, prevedeva la
possibilità di riservare ad uso esclusivo di servizi pubblici a favore dei
comuni rivieraschi, cioè quelli compresi lungo il corso d'acqua tra il
termine del rigurgito a monte della presa e il punto di restituzione, fino
ad un decimo dell'energia ricavabile dalla portata minima.
Successivamente la questione dei sovracanoni è stata disciplinata dal
Testo Unico sulle acque ed impianti elettrici del 1933 che confermava
la possibilità di riserva di energia ai comuni rivieraschi, stabilendo la
possibilità dell'ulteriore sovracanone a favore degli stessi nel caso di
trasporto dell'energia prodotta e trasportata oltre il raggio di 15 km;
l'art. 53 inoltre precisò che, per l'energia trasportata fuori della
Provincia, il sovracanone ad essa attribuito era la quarta parte, rimanendo
i tre quarti dei sovracanoni da ripartire tra i comuni.
La legge n. 959 del 1953 abolì la possibilità di riserva di energia a
favore dei comuni rivieraschi di cui all'art. 52 del T.U. e al suo posto
rese obbligatorio un sovracanone fisso a carico del concessionario
rapportato alla potenza nominale media ed a favore dei comuni
compresi nel bacino imbrifero montano (B.I.M.) nel cui ambito
esistevano o sarebbero state realizzate derivazioni idroelettriche di
potenza superiore a 220 kW. Il BIM doveva essere delimitato con
decreto del Ministro dei LL.PP., sentito quello per l'Agricoltura e
Foreste, ed i relativi comuni potevano costituirsi in Consorzio
obbligatorio a condizione che ne facessero domanda tre quinti di essi
(60%). Nel caso si fosse costituito il Consorzio i sovracanoni venivano
attribuiti ad un fondo comune da impiegare per il progresso economico
e sociale delle popolazioni, nonché ad opere di sistemazione montana
non di competenza dello Stato. Sostanziali modifiche all'art. 53 del
T.U. furono apportate dalla legge n. 1377 del 1956 che, pur
mantenendo la facoltà di attribuzione del sovracanone, eliminò la
condizione del trasporto dell'energia e stabilì un tetto massimo della
247
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Comunicazione del comune
di Felitto dei dati richiesti dal
Genio Civile, marzo 1960
Passati due anni senza ottenere la copia del decreto, in
quanto ne avrebbe dovuto fare direttamente richiesta alla
prefettura di Salerno, a febbraio 1960 il sindaco geom.
Francesco Gatto inviava direttamente una richiesta al
Ministero delle Finanze a Roma per la liquidazione del
sovracanone dovuto per legge al comune di Felitto.
Pochi giorni dopo comunicava prontamente alcuni dati
necessari ai fini del calcolo richiesti dal Genio Civile,
riguardanti: il numero della popolazione, che ammontava
in quell'anno a 2101 abitanti; la misura della lunghezza del
corso d'acqua utilizzato corrispondente a 2,7 km e la
potenza media annua consumata entro il raggio di 15 km
che era pari a 18 kW.
Intanto lentamente proseguiva anche l'istruttoria
dell'istanza di proroga della concessione alla SIEL. Il
Ministero dei LL.PP. esaminati gli atti riteneva che la
concessione era riferita ad una grande derivazione per
produzione di forza motrice, in quanto superiore alla
potenza nominale media annua di 220 kW, per tanto
richiedeva al Genio Civile di integrare il disciplinare con le
relative clausole previste dalla legge, e in particolare: il
passaggio in proprietà dello Stato di tutte le opere di
raccolta, di regolazione, le condotte forzate e i canali di
scarico alla decadenza o rinuncia della concessione;
all'imposizione del sovracanone a favore dei comuni
rivieraschi e alla determinazione della quantità di energia
da riservare a favore degli stessi.
A seguito di una riunione tenuta in Prefettura, al comune
rivierasco di Felitto venne riservata una quantità di energia
di 15 kW, che doveva utilizzare entro tre anni
dall'accordo con la società concessionaria.
Ottenuti tutti i dati richiesti, il Genio Civile a febbraio 1960
provvide alla stesura finale del disciplinare con tutte le
correzioni suggerite dal Ministero, riconoscendo la proroga
della concessione al 31 gennaio 1977 per effetto dell'art.
22 del Testo Unico, con l'aggiornamento del canone annuo
a 312.689 lire, corrispondenti a 656 lire a kW, che comportava
una somma di 3.322.188 lire di canoni arretrati a
partire da settembre 1941. La somma doveva essere pagata
entro la data della firma del disciplinare, insieme a mezza
misura del sovracanone per unità di potenza nominale. Inoltre vennero
estesi anche per l'"ulteriore sovracanone" i criteri della ripartizione
concernenti le condizioni economiche degli enti e l'entità dei danni
subiti in dipendenza della derivazione.
248
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
annualità del canone a titolo di cauzione a garanzia degli
obblighi assunti dalla società.
Inoltre la società avrebbe dovuto installare a sue spese
degli strumenti di misura secondo le indicazioni della
Sezione Idrografica di Napoli per accertare l'effettiva
quantità d'acqua derivata, con l'obbligo di trasmettere,
almeno ogni sei mesi, i risultati delle misurazioni
all'autorità concedente e all'ufficio compartimentale del
Servizio idrografico e mareografico nazionale interessato,
così come disponeva l'art. 42 del T.U.
Negli anni Cinquanta, molti dei soci iniziali che costituirono
la SIEL nel lontano 1910, oramai erano scomparsi da
tempo, e alcuni di loro, fra quelli ancora in vita, avevano
raggiunto la veneranda età di ottanta e più anni. A febbraio
1961 la società sfortunatamente sopportò un altro doloroso
lutto con il decesso del cavaliere Vito Morra all'età di 79
anni, e a suo nome l'amministrazione del comune di
Magliano Vetere volle intitolare una piazza della frazione
di Capizzo per ricordare l'impegno e l'opera dell'illustre
concittadino.
Il cavaliere in quel periodo non stava molto bene fisicamente,
e per cautela fece chiamare il suo cardiologo personale,
il dottor Eligio Rubino, che prontamente accorso da
Vallo all'abitazione di Capizzo, dopo un'accurata visita e
di un elettrocardiogramma eseguito dal fratello cardiologo,
il dott. Angelo, lo assicurò per le condizioni non gravi,
ma purtroppo per un inaspettato peggioramento dopo
qualche giorno si spense. Con la sua scomparsa fu proprio
il dottor Eligio, erede del cav. Armido Rubino, a sostituirlo
87
accettando la presidenza delle due società.
Con atto di testamento del 14 febbraio 1958, pubblicato a
seguito della sua morte con un atto notarile registrato a
Salerno, l'omonima impresa elettrica venne trasferita agli
eredi, Giovanni, Alfonso ed Alberto Morra, che detenevano
partecipazioni societarie nella SIEL.
Alfonso e Giovanni ereditarono il Palazzo di famiglia a
Magliano Vetere, nella frazione di Capizzo, mentre
Alberto il Palazzo Albini ad Albanella.
87
Il cav. Armido Rubino ebbe cinque figli, il primogenito Eligio, che lo sostituì
nella presidenza della società, Enrico, Antonio e Giuseppe che negli anni
Trenta emigrarono a Rio de Janeiro, e l'ultimo Angelo, cardiologo, docente
universitario e primario ospedaliero di malattie respiratorie operante a
Napoli. Eletto nella circoscrizione Salerno-Avellino-Benevento, fu deputato al
Parlamento nella legislatura 1953-58, e alla sua azione si deve la costruzione
della strada intitolata a suo nome che attraversa Vallo della Lucania.
249
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
12 Via Roma a Vallo della
Lucania illuminata con le
lampade della Società Lucana
Industrie Elettriche, 1951
Giovanni, il fratello maggiore, iscritto al Collegio notarile
dei distretti riuniti di Salerno e Vallo, svolgeva la professione
di Notaio nella città di Vallo della Lucania, e per i
suoi impegni lavorativi non si interessò mai personalmente
all'impresa elettrica di famiglia.
Nella costituita società, continuarono l'attività gli elettricisti
in precedenza assunti, Giovanni D'Alessandro e
Domenico Galasso entrambi di Magliano, con la mansione
di eseguire la manutenzione degli impianti e gli allacciamenti
dei nuovi utenti. Alfonso curava il servizio di lettura
dei contatori e di riscossione delle bollette, e Alberto, il
fratello minore laureato in giurisprudenza, venne designato
amministratore della società, assumendo inoltre la
carica di consigliere nella SALIE, che mantenne fino alla
nazionalizzazione.
All'epoca il consiglio di amministrazione della SALIE era
costituito dai seguenti componenti: dal neopresidente
dott. Eligio Rubino, dai consiglieri l'avv. Alberto Morra,
l'ing. Antonio Feola, originario di Campora e domiciliato a
Cardile nel comune di Gioi Cilento, e l'ing. Antonio De
Luca di Vallo della Lucania, e dal consigliere delegato dott.
Paolo Giudice in qualità di direttore tecnico.
Tra i dipendenti della società, oltre al direttore, comparivano
per le mansioni amministrative Angela Palladino,
250
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
Dante Del Forno e Giuseppe Di Sevo, e per le mansioni
tecniche, gli operai Beniamino Passannante, Paolo
Pellegrino, Michele Ruocco, Umberto Ruocco, Luigi
Correale, Gianfranco Giudice, Sabato Mainenti e Nicola
Ebner. Venne assunto invece dalla SIEL, il 2 febbraio 1961
con qualifica di manuale, l'operaio Vito Antonio Peduto di
Felitto, fratello di Giuseppina, la cui mansione era la
sorveglianza al gruppo elettrogeno.
Agli inizi degli anni Sessanta, la IV Sezione del Ministero
dei LL.PP. Servizio Elettricità, per disposizione ministeriale,
doveva elaborare mensilmente un bollettino statistico
sull'andamento della produzione elettrica in Italia, e a tale
scopo tutte le aziende produttrici erano state inviate a
trasmettere i dati relativi alla produzione di energia
elettrica dei propri impianti, entro la prima decade del
mese successivo a quello a cui le notizie statistiche si
riferivano.
La Sezione Ministeriale affermava che la quasi totalità
delle aziende corrispondeva con la dovuta sollecitudine
alla suddetta richiesta, al contrario invece di alcune ditte
che si astenevano sistematicamente nell'invio dei relativi
dati, intralciando l'elaborazione statistica degli stessi.
Con una nota del 13 ottobre 1962, la Sezione informava il
Genio Civile di Salerno che fra le aziende inadempienti
andava compresa anche la Società Idro-Elettrica Lucana
ricadente nel territorio di sua competenza, la quale non
prestava la dovuta collaborazione malgrado i ripetuti
solleciti e richiami. Pertanto invitava formalmente la ditta
ad attenersi scrupolosamente a quanto disposto e a trasmettere
nei termini stabiliti i rapporti sulla produzione di
energia elettrica.
Già da qualche tempo in quegli anni si parlava della
nazionalizzazione dei servizi elettrici, portando all'interno
dell'amministrazione della SIEL una certa insofferenza ed
un minore interesse per l'azienda, gestita oramai senza
quella particolare attenzione e passione che la contraddistinse
invece fin dal primo momento, tanto da trascurare
eventuali compiti da svolgere come l'elaborazione dei
rapporti sulla produzione di energia e, cosa peggiore, la
contabilità annuale aziendale, pagandone care le conseguenze.
Il 26 settembre di quell'anno fu nominata una commissione
speciale per l'esame del disegno di legge per
l'istituzione dell'ENEL, Ente Nazionale Energia Elettrica.
251
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
13 Basilio Focaccia
14 La nascita di Enel, Jader
Jacobelli, dal TG del 6 dicembre
1962
15 Legge costitutiva ENEL
numero 1643 del 6 Dicembre
1962
Tra i componenti della commissione merita una menzione
di rilievo il conterraneo ingegnere Basilio Focaccia, originario
di Montecorice, professore di elettrotecnica eletto
senatore nel 1948 nel collegio di Sala Consilina - Vallo della
Lucania, e poi riconfermato nelle successive tre legislatu-
88
re.
A seguito del lavoro della commissione, il 6 dicembre 1962,
con il Governo Fanfani, nasceva l'Ente Nazionale per
l'Energia Elettrica, al quale la legge riservava il compito di
esercitare le attività di produzione, importazione ed
esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e
vendita dell'energia elettrica.
La creazione dell'ente pubblico fu il prodotto della politica
italiana di quegli anni con la formazione dei primi governi
di centro-sinistra, e a una rivalutazione dell'intervento
dello Stato in economia, seguendo la parola chiave della
programmazione economica. Questa nuova tendenza
politica sfociò di conseguenza nella nazionalizzazione
dell'industria elettrica.
Il Paese era nel pieno di un'espansione quale non aveva
mai conosciuto prima, ma era anche alle prese con i problemi
suscitati da uno sviluppo tanto veloce quanto disomogeneo.
Ciononostante, nel 1962 i consumi elettrici pro
capite italiani erano ancora notevolmente inferiori a quelli
dei principali Paesi europei. Il divario nei consumi elettrici
era particolarmente accentuato tra nord e sud, segno del
grande malessere che affliggeva il Meridione.
88
Basilio Focaccia, nato a Montecorice il 14 dicembre 1889, si laureò in ingegneria
industriale, sezione elettromeccanica, presso la Scuola Superiore
Politecnica di Napoli, portando a compimento numerosi studi teorici e
sperimentali riguardanti le tecniche delle linee elettriche.
Dal 1938 divenne il titolare della cattedra di Elettrotecnica presso l'Università
di Roma, assumendo anche la direzione dell'Istituto. Fu consulente della SME
e componente in vari consigli di amministrazione, tra cui le Officine per
Costruzioni e Riparazioni Elettromeccanica Napoletana OCREN, presieduta
dall'ing. Stefano Brun, la Società tramvie elettriche e ferrovie di Roma STEFER e le
Ferrovie dello Stato. Si spense a Montecorice il 20 luglio 1968 all'età di 79 anni.
252
Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel
16-17 Padiglione Enel, XXVII
Fiera del Levantea a Bari,
settembre 1963
18 Il primo logo Enel
253
19 Traliccio Enel a Laurino
Capitolo XVII
Il trasferimento degli impianti all’Enel
Nel comune di Ceraso erano stati da poco ultimati i lavori
di ammodernamento e potenziamento degli impianti
della rete di distribuzione elettrica dell'impresa Passarelli
& Giudice, quando, con la legge n. 1643 del 1962, venne
istituito l'Enel, al quale dovevano essere trasferite tutte le
imprese esercenti le industrie elettriche riguardanti la
produzione, distribuzione e vendita di energia.
Con D.P.R. n. 36 del 4 febbraio 1963 furono fissate tutte le
norme relative a questi trasferimenti, e con il successivo
decreto n. 138 del 25 febbraio, tutte le norme relative agli
indennizzi da corrispondere alle imprese soggette al
trasferimento.
L'Enel in quel periodo iniziò il consistente censimento di
tutte le grandi e piccole imprese elettriche che dovevano
essere acquisite con successivi decreti di trasferimento,
provvedendo con i propri tecnici al rilievo di tutti gli
impianti esistenti sul territorio e alla valutazione della
consistenza e delle condizioni dei beni al fine di stabilirne
il relativo indennizzo.
Nel censimento la SIEL dichiarò di aver prodotto 1.419.440
kWh di energia nel 1961 e di averla ceduta interamente alle
imprese elettriche di distribuzione.
Con il D.P.R. n. 1288 del 29 agosto 1963 che fissava il trasferimento
della Società Anonima Lucana Imprese Elettriche
all'Enel, il consiglio di amministrazione del nuovo Ente
nominò in qualità di amministratore provvisorio della
società per le operazioni di trasferimento, l'avvocato
Nicola Macedonio di Roma.
1 Avv. Vito Antonio Di Cagno,
presidente dell’Enel nominato
i n s i e m e a l C o n s i g l i o d i
Amministrazione con decreto
pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 16 febbraio 1963, già
presidente della SME e della
Finelettrica
255
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
2 Piazza Mazzini, Caraso, fine
anni Cinquanta del Novecento
3 Elenco dei beni immobili della
SALIE, allegato ai documenti di
trasferimento
Il 22 dicembre recatosi presso la sede della società a Vallo
della Lucania, dove fu ricevuto dal dirigente Paolo
Giudice, acquisì le notizie preliminari e le informazioni
utili per la presa in consegna dell'impresa, da eseguire nel
mese di gennaio, previa comunicazione della Prefettura.
In quell'incontro fu redatto un verbale di constatazione a
cui veniva allegato in copia l'atto di costituzione del 1913,
la licenza di esercizio rilasciata dall'Ufficio Tecnico
Imposte di Fabbricazione di Salerno e i bilanci della società.
Vennero esibiti in visione i libri matricola degli operai e
delle paghe mensili. Il verbale si concludeva con la raccomandazione
che la società avrebbe dovuto redigere il
bilancio d'azienda al 31 dicembre, necessariamente entro
la data di consegna.
Il dirigente Giudice faceva verbalizzare che dal 1955, come
risultava dal libro di matricola dei dipendenti, esercitava
le mansioni di direttore tecnico della società, e non svolgendo
nessun altro tipo di attività, richiedeva, in virtù
dell'art. 13 della legge, di essere trattenuto in servizio.
L'articolo prevedeva che il personale dipendente delle
imprese, da trasferire ed in servizio alla data del primo
gennaio 1962, era mantenuto in occupazione conservando
le stesse mansioni, purché addetti esclusivamente
all'esercizio delle attività istituzionali riservate per legge al
nuovo Ente.
Per questa norma Paolo Giudice ed il fratello Gianfranco,
insieme alla maggior parte del personale operaio e tecnico
della SALIE, della SIEL e delle altre imprese elettriche
concessionarie, furono assunti all'Enel.
Il 10 giugno 1964 presso la sede dell'Intendenza di Finanza
256
Il trasferimento degli impianti all’Enel
di Salerno, a seguito della relazione di stima dell'Ufficio
Tecnico Erariale che aveva determinato l'indennizzo
spettante alla SALIE, furono presi in consegna i beni della
società da trasferire all'Enel. Tra questi compariva la
cabina elettrica di proprietà dell'avvocato Giovanni Pinto
data in fitto alla società per 15.000 lire mensili.
Fino a quella data, il servizio di distribuzione pubblica nel
comune di Vallo e nelle frazioni di Massa e Pattano da
parte della SALIE, era regolato dallo specifico capitolato
d'appalto stipulato a maggio 1914, che scaduto era stato
automaticamente rinnovato.
Nello stesso anno e con le medesime procedure adottate
per la SALIE vennero trasferite all'Enel: l'Impresa elettrica
89 90
cav. Vito Morra , l'Impresa elettrica Giovanni Giudice & C.
con verbale del 18 agosto, l'Impresa elettrica Passarelli
91 92
Gaetano , l'Impresa elettrica Passarelli & Giudice , l'Impresa
93
elettrica Casuccio & Calabria , l'Impresa Elettrica Eredi
94 95
Errico , l'Impresa elettrica dott. Alberto Santoro , e con verba-
96
le del 5 novembre l'Impresa elettrica Nicoletti & C.
Fino a quell'anno il contratto dell'impresa Morra con il
comune di Magliano per la pubblica amministrazione
prevedeva un costo di 24 lire a kW, mentre con il comune
di Monteforte Cilento un canone annuo di 60.000 lire. Per
le forniture private la fatturazione era bimestrale con
l'applicazione delle tariffe unificate ministeriali, applicate
anche dalle altre imprese elettriche concessionarie.
Il canone annuo pagato dal comune di Novi Velia
all'impresa concessionaria di Passarelli era di 220.000 lire,
quello di Stio alla ditta di Nicoletti era di 300.000 lire, e
quello del comune di Ceraso all'impresa di Passarelli e
Giudice era di 509.000 lire.
Nel periodo dei vari trasferimenti all'Enel sorsero molte
lamentele da parte delle utenze private e pubbliche per le
numerose disfunzioni agli impianti, provocati dalle stesse
imprese elettriche che, in attesa di essere definitivamente
trasferite, non svolgevano più con regolarità le operazioni
di manutenzione.
89
Trasferita con D.P.R. n. 599 del 7 agosto 1963
90
Trasferita con D.P.R. n. 2289 del 12 dicembre 1963
91
Trasferita con D.P.R. n. 1890 del 11 gennaio 1964
92
Trasferita con D.P.R. n. 1688 del 20 ottobre 1963
93
Trasferita con D.P.R. n. 1930 del 31 ottobre 1963
94
Trasferita con D.P.R. n. 1702 del 20 ottobre 1963
95
Trasferita con D.P.R. n. 1686 del 20 ottobre 1963
96
Trasferita con D.P.R. n. 1970 del 14 novembre 1964
257
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
4 Comunicazione del sindaco di
C i c e r a l e a l l ’ E n e l p e r
l’inadempienza dell’Impresa
Elettrica Santoro, 1964
È un esempio la nota dell'amministrazione comunale di
Cicerale del novembre 1964, con la quale sollecitava il
passaggio dell'impresa del dott. Santoro all'Enel per i
notevoli disservizi alla rete elettrica procurati in quel
periodo dalla stessa società.
Lamentale ci furono anche tra gli impiegati delle imprese
per i mancati pagamenti degli stipendi. La SIEL dopo il
trasferimento all'Enel delle varie imprese elettriche concessionarie,
e in attesa della consegna definitiva degli
impianti, aveva interrotto le paghe ai dipendenti.
A seguito di ciò, alcuni di essi si resero promotori di un
ricorso al tribunale, per il riconoscimento delle retribuzioni
arretrate di alcuni mesi e degli straordinari, nonché la
regolarizzazione delle relative posizioni INPS per
l'assicurazione obbligatoria con il versamento dei contributi.
Per il giudizio in corso gli impianti furono sottoposti a
sequestro conservativo per un valore di 32 milioni di lire, e
con verbale dell'Ufficiale giudiziario della Pretura di
Roccadaspide, il 29 dicembre fu nominato custode dei beni
sequestrati l'addetto alle macchine Giovanni Piumelli.
In merito alla vicenda la società era dell'avviso che tra i
compiti gravanti il nuovo Ente vi era anche quello di
provvedere al saldo di tutte le passività maturate al
momento della nazionalizzazione, compreso le eventuali
retribuzioni spettanti ai dipendenti, le imposte e i contributi
dovuti alla Previdenza sociale ed Inam per gli operai e
i funzionari, oltre alla riscossione dei vantati crediti verso i
concessionari per la fornitura di energia.
Tra le imprese concessionarie, l'ultima ad essere trasferita
fu l'Azienda municipale di Felitto con il decreto del 5
giugno 1965, che a seguito della nazionalizzazione, così
come per tutte le altre imprese elettriche, si era vista applicare
le nuove tariffe previste dal provvedimento di unifi-
97
cazione del 1961. Il canone per l'acquisto di energia alla
SIEL era di mille lire per la quota fissa mensile e 11,30 lire a
kWh per la potenza eccedente.
97
Il provvedimento emanato dal Comitato Interministeriale dei Prezzi (CIP), a
completamento del processo di unificazione delle tariffe sul territorio
nazionale, avviato nel 1953, introdusse un meccanismo di integrazione
tariffaria per compensare le imprese di distribuzione delle perdite derivanti
dall'applicazione delle tariffe unificate.
La successiva nazionalizzazione del settore elettrico, con il conseguente
massiccio trasferimento delle imprese elettriche all'Enel, è del tutto
accidentale rispetto al problema delle integrazioni tariffarie che vennero
erogate per un certo periodo sia alle imprese trasferite, sia a quelle non
trasferite.
258
Il trasferimento degli impianti all’Enel
5 Felitto, via Francesco Alario,
anni Sessanta del Novecento
Con la cessione all'Enel dell'impresa elettrica municipale,
il comune di Felitto conservò la proprietà e la gestione del
mulino elettrico, che in quegli anni volle rinnovarlo con
l'investimento della liquidazione ricevuta. Furono sostituiti
i vecchi palmenti con un moderno mulino a cilindri
della ditta Frat.lli Varotto di Padova, che continuò a macinare
fino agli inizi degli anni Novanta.
Con D.P.R. n. 539 del 18 marzo 1965, pubblicato sul supplemento
ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 136 del 3
giugno, senza eccezione veniva trasferita all'Enel la Società
Idro-Elettrica Lucana. Per le consuete operazioni di trasferimento
il consiglio di amministrazione dell'Ente nominava
come amministratore provvisorio l'avvocato Pietro Errico
di San Pietro al Tanagro, e in accordo con l'Intendenza di
Finanza vennero fissate le operazioni finali di consegna
per il 24 febbraio 1966.
La SIEL per l'occasione convocò un'assemblea del consiglio
di amministrazione per discutere sia del rendiconto
dell'azienda fino a giugno 1965 sia del trasferimento
all'Enel dell'impresa, delegando all'unanimità il presidente
Rubino e il consigliere Troncone a rappresentare la
società per la firma del verbale
Il consiglio a quella data era composto dagli stessi soci
della SALIE, con la presidenza del dott. Eligio Rubino, e la
presenza di Gaetano Di Vietri di Vallo, come presidente
del collegio sindacale, e dei consiglieri Bartolomeo
Troncone di Pellare, e Antonio Valletta, socio fondatore
nel 1918 dell'impresa elettrica di Moio della Civitella, che
con i suoi 78 anni rappresentava la memoria storica della
6 Interno del mulino elettrico a
cilindri in piazza Mercato a
Felitto, fornito dalla ditta
Varotto
7 Telegramma per la consegna
della Società Idro-Elettrica
Lucana, febbario 1966
259
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
8 Attestazione del Tribunale di
Vallo della Lucania sulla
composizione del Consiglio di
Amministrazione della SALIE,
1964
9 Fascicolo dell’Enel contenente i
documenti per il trasferimento
della SIEL
Società Idro-Elettrica Lucana, avendola vista crescere e
superare le varie difficoltà fin dalla data della sua costituzione.
Tra i soci azionisti comparivano il dott. Paolo
Giudice, presente anche nella qualità di dirigente della
società, e Gaetano Passarelli con il maggior numero di
azioni, che da poco aveva ereditato l'omonima impresa del
padre Raffaele, a lui trasferita per atto del notaio Morra
dell'agosto 1964. Per la fornitura di energia alla concessione
di Novi Velia, l'impresa Passarelli per un accordo
stipulato con la società, provvedeva al pagamento del
relativo canone con i proventi ricavati dalla gestione
dell'impianto di Ceraso, operazione resa possibile dalla
comune amministrazione finanziaria.
Pertanto giunti al 24 febbraio, presso la sede
dell'Intendenza di Finanza di Salerno venne consegnato
all'Enel l'impianto idroelettrico e i beni della società, con la
redazione del verbale a firma dei delegati.
All'atto di consegna venne rilevato che per trascuratezza
l'impresa non aveva fornito i bilanci per gli anni 1963-64, e
quelli degli anni 1960-62 non risultavano approvati
dall'assemblea e non depositati alla competente
Cancelleria del Tribunale. Inoltre non aveva redatto la
situazione contabile alla data di trasferimento e di consegna
e il rendiconto del periodo di custodia.
L'amministratore provvisorio ritenne che per la scarsa
documentazione presentata non era possibile determinare
il valore di indennizzo, se non dopo la nomina da parte del
Tribunale di un amministratore giudiziario, il quale
doveva provvedere alla compilazione dei bilanci.
Per la stima dell'indennizzo mancava dunque tutta la
documentazione riferita ai bilanci della società, che approvata
in sede di assemblea l'avrebbe dovuta trasmettere
entro la data di consegna, con l'apertura di una nuova
contabilità fino al trasferimento definitivo.
Tuttavia per una gestione poco attenta dell'impresa nel
periodo prima della nazionalizzazione, la società non si
preoccupò di redigere nessun atto contabile.
A fine novembre il consiglio di amministrazione dell'Enel
deliberò la fine dell'amministrazione provvisoria
dell'avvocato Errico, e a gennaio 1967 prese definitivamente
in consegna gli impianti, inserendoli
nell'organizzazione del Compartimento di Napoli.
Tenuto conto dell'impossibilità di determinare
l'indennizzo per la carenza di documentazione, la direzio-
260
Il trasferimento degli impianti all’Enel
ne dispose la nomina di un amministratore giudiziario con
l'incarico di compilare i bilanci non presentati, e allo scopo
venne nominato dal Tribunale di Vallo l'avvocato
Francesco Marrocco di Agropoli.
A questo punto, a maggio 1969, fece seguito l'assemblea
straordinaria della SIEL, riunita nello studio del Notaio
Giovanni Morra a Vallo della Lucania con la presenza del
presidente, dei soci e dell'amministratore giudiziario, per
l'approvazione dei bilanci fino alla data di consegna del
patrimonio sociale all'Enel.
L'assemblea validamente costituita approvò all'unanimità
tutti i bilanci della società presentati dal dott. Giudice, che
per l'ultimo anno riportava un utile netto di esercizio di
1.103.482 lire, e per i due anni precedenti, un passivo
dovuto al debito per l'esecuzione dei lavori di ammodernamento
all'impianto del comune di Ceraso.
Nei bilanci approvati furono riconosciuti i debiti nei
confronti della signora Carmela Melzi, vedova Giudice, e
del figlio Angelo, relativi ai prestiti contratti dalla società
nel 1947 e 1949.
Nonostante la presentazione dei registri contabili, e le
trattative che la SIEL già da tempo aveva intrapreso con
L'Enel, l'anno seguente ancora non aveva ricevuto
10 Vallo della Lucania, Il
porticato di Piazza Vittorio
Emanuele, anni Sessanta del
11 Verbale del Consiglio di
Amministrazione SIEL del 20
febbraio 1966, Certificazione del
notaio Morra
261
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
12 Nota del comune di Felitto
all’Ufficio del Genio Civile sui
sovracanoni elettrici, marzo
1967
l'indennizzo, e al fine di risolvere la questione diede
l'incarico di seguire la vicenda al suo consulente legale,
l'avvocato Luigi Di Vietri di Vallo.
All'epoca nemmeno il comune di Felitto aveva ricevuto
notizie sui sovracanoni elettrici, e a seguito di una richiesta
da parte del sindaco sullo stato di avanzamento della
pratica, la Prefettura, al fine di tentare un accordo circa la
definizione del sovracanone, invitava per una riunione
presso i propri uffici di Salerno, il sindaco, l'ingegnere
capo del Genio Civile, il presidente dell'Amministrazione
provinciale, il Ministero delle Finanze, il Compartimento
di Napoli dell'Enel e la SIEL.
In quell'incontro l'Enel scartava la possibilità di eventuali
danni arrecati al comune per la presenza della derivazione,
mentre il rappresentante dell'Amministrazione provinciale,
pur non conoscendo i luoghi, nel ritenere invece
di non poterli escludere a priori, richiese un sopralluogo
da parte del Genio Civile per l'acquisizione di ulteriori
elementi tecnici. Inoltre il rappresentante dell'Enel, insieme
al dott. Rubino e all'avv. Di Vietri, chiedeva
dell'esistenza di eventuali concessioni assentite a monte
della presa, in modo da poter stabilire correttamente la
portata d'acqua residua utilizzata dall'impianto, e invitava
la SIEL a fornire i dati sulla quantità di energia eventualmente
trasportata oltre il perimetro dei 15 km.
Come stabilito in quella riunione, ad aprile 1969 fu effettuato
il sopralluogo da parte del Genio Civile per la visita
alle opere di presa, derivazione e restituzione
dell'impianto idroelettrico, recandosi in località Remolino,
Ponte sul Calore e Casale.
In quella sede l'avvocato Di Vietri faceva notare che lungo
tutto il canale di derivazione non vi era nessuna possibilità
di attingere acqua per usi agricoli o industriali; al contrario,
il vice sindaco di Felitto, faceva rilevare oltre
all'esistenza di tale possibilità, pur se limitata a qualche
ettaro di terreno, che il canale comprometteva il libero
passaggio dei cittadini e degli animali nella parte di bosco
sulla sponda sinistra. Inoltre evidenziava sia l'esistenza di
un mulino comunale a valle della presa sia la diminuzione
della pesca nel fiume in conseguenza della costruzione
delle opere di derivazione. Il rappresentante dell'Enel
metteva invece in evidenza che la particolare ubicazione
del canale lungo la gola, e la natura selvaggia dei luoghi,
escludevano ogni possibilità di danno prodotto sul territo-
262
Il trasferimento degli impianti all’Enel
rio comunale. Infine si dava atto che la centrale idroelettrica,
nella quale venne stilato il verbale di visita, appariva
ordinata ed in buono stato di conservazione, ma non era in
esercizio da circa tre anni, da quando una frana ostruì il
canale adduttore all'interno della gola.
Intanto dal trasferimento dell'impianto all'Enel erano
trascorsi già molti anni, e la SIEL, nonostante le innumerevoli
richieste scritte e verbali e le diffide giudiziarie, non
aveva ricevuto alcuna indennità.
Pertinente è una lettera dell'avvocato Ivana Giudice da
Milano, inviata a novembre 1971 alla Direzione generale
dell'Enel a Roma, con la quale richiedeva specifiche notizie
sull'indennizzo, in quanto era sua intenzione procedere ad
un'azione legale di recupero crediti nei confronti della
società, che risultava ancora debitrice degli interessi sui
prestiti effettuati da sua madre, la signora Melzi, e suo
fratello, l'ingegnere Angelo Giudice.
Dopo lunghe trattative con l'Enel, che ancora non aveva
definito la questione dell'indennizzo con la SIEL, a giugno
1973 il Consiglio di amministrazione dell'Ente deliberò di
accogliere la proposta della sig.ra Melzi e dell'ing. Giudice
per definire la controversia sul rimborso dei mutui e dei
relativi interessi, dichiarandosi disposti ad accettare in
accordo, rispettivamente le somme di lire 1.250.000 e
750.000, ridotte di oltre la metà rispetto alle originarie
richieste.
Il primo aprile di quell'anno, il presidente Rubino inviava
un ennesimo sollecito per la liquidazione delle dovute
indennità, lamentando che gli otto anni trascorsi dalla
nazionalizzazione non erano stati sufficienti per liquidare
la relativa somma. Sottolineava con amarezza che la
Società Idro-Elettrica Lucana, sorta nel lontano 1912, rappresentava
una delle prime società elettriche dell'intero
Meridione e aveva portato un soffio di vita nuova in
almeno cinquanta centri abitati tra comuni e borgate.
L'Enel intanto gestiva l'esercizio elettrico nelle zone che
erano state da sempre di esclusiva competenza della
società, incassandone i proventi, ma rimaneva sorda alle
richieste di chi aveva invece il diritto di indennizzo. E
poiché stavano per compiersi dieci anni dalla nazionalizzazione,
necessari per la prescrizione del diritto di liquidazione,
invitava l'Ente a voler far conoscere in brevissimo
tempo le decisioni prese per il pagamento dello spettante
risarcimento.
13 Paolo Giudice, in una foto del
1996
263
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Passati altri tre mesi senza ricevere alcuna risposta, la
società notificava un atto di diffida all'Enel, affinché
provvedesse con estrema urgenza alla liquidazione delle
dovute somme, protestandola per gli enormi danni causati
dalla svalutazione della lira. Si riservava inoltre la facoltà
di recuperare gli interessi dalla data della nazionalizzazione
o da quella che fosse stata stabilita dal Tribunale.
A seguito della diffida, il consiglio di amministrazione
dell'Enel, con delibera del 14 settembre, finalmente determinava
l'indennizzo spettante alla SIEL per un importo di
25.660.944 lire, accettato dalla società a condizione che la
somma fosse stata immediatamente liquidata.
Tuttavia l'Enel non effettuò il pagamento in quanto era
ancora in corso la causa promossa dagli ex dipendenti
della SIEL, che venne definita l'anno seguente con una
conciliazione dinanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale
di Salerno, per un importo di otto milioni, minore rispetto
alla maggiore somma accantonata dall'Enel, la cui differenza
fu liberata a favore della società. Di conseguenza,
l'importo corrispondente alla passività di gestione, come
riportato sui bilanci approvati dalla società, venne completamente
annullato, trovandosi ora creditrice della
somma di 9.355.259 lire, corrispondente alla differenza tra
l'importo d'indennizzo e il ridotto risultato passivo.
A tal punto il 27 giugno 1974, la Direzione amministrativa
dell'Enel di Roma delegava la Banca Commerciale
Italiana, sede di Salerno, al pagamento del risarcimento di
esproprio alla SIEL, pari alla somma rielaborata. Oramai
erano passati molti anni, e la ragguardevole età del presidente
Rubino non gli permetteva di recarsi con facilità a
14 Nota del presidente della SIEl
alla Direzione Amministrativa
dell’Enel a Roma, luglio 1974
264
Il trasferimento degli impianti all’Enel
Salerno, pertanto con una nota pregava l'Ente di delegare
per il pagamento l'agenzia del Banco di Napoli di Vallo
della Lucania, e se ciò non fosse stato possibile, di poter
ricevere direttamente la somma tramite un assegno intestato
alla società.
Credendo per un momento che il calvario iniziato dieci
anni prima fosse finalmente terminato, dopo qualche mese
si vide costretto ad inviare un ennesimo sollecito per il
pagamento dell'indennizzo, fino a quando il consiglio di
amministrazione della SIEL, con delibera del 15 gennaio
1975, autorizzava il presidente a citare in giudizio l'Enel,
nominando come procuratore legale l'avvocato Giuseppe
Di Vietri.
L'Ente si costituì in giudizio contestando il fondamento
delle pretese della società, che richiedeva il pagamento
della somma di 43.832.068 lire oltre agli interessi maturati
dalla data di consegna. A febbraio 1978 il Tribunale di
Vallo rigetta la domanda della SIEL intesa ad ottenere un
incremento d'indennizzo, e pose a carico dell'Enel solo
l'obbligo di corrispondere gli interessi per il ritardato
pagamento, calcolati nella misura di 3.009.407 lire.
A questo punto il consiglio di amministrazione dell'Ente
deliberò di accettare la sentenza espressa dal tribunale con
il pagamento degli interessi, ponendo fine a tal punto alla
lunga ed estenuante vicenda iniziata tredici anni prima.
15 Vallo della Lucania, 1973
265
16 Lo sbarramento in località
Remolino a Felitto
Capitolo XVIII
La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico
L'impianto idroelettrico nei primi anni di gestione
dell'Enel, prima che fosse chiuso definitivamente, alimentava
soltanto i comuni di Felitto, Monteforte Cilento e
Magliano Vetere con le frazioni di Capizzo e Magliano
Nuovo, mentre la rete di distribuzione negli altri paesi del
circondario veniva alimentata dalle linee di trasmissione
acquisite dal nuovo Ente, con l'utilizzo degli elettrodotti e
della rete in M.T. e A.T. realizzate dalla SME.
Al momento della nazionalizzazione la Finelettrica venne
fusa per incorporazione nell'Enel, e come tutte le altre
imprese e società elettriche, anche la Società Meridionale di
Elettricità fu espropriata, impegnando gran parte
dell'indennizzo ricevuto nel settore agricolo ed alimentare,
trasformandosi dal 30 maggio 1963 in Società
98
Meridionale Finanziaria. La sede storica della SME, nel
palazzo in via P. E. Imbriani vicino Piazza Municipio a
Napoli, venne acquisita dal Compartimento di Napoli di
Enel, che lo utilizzò per la propria sede istituzionale e
amministrativa.
Il palazzo ospitava oltre la società capogruppo anche
quella delle varie società controllate, come la Società
Applicazioni Energia Elettrica, la Società Elettrica della
Campania e la Società Forze Idrauliche della Sila.
In seguito all'acquisizione delle imprese elettriche, l'Enel,
dopo qualche anno optò per la chiusura definitiva dei
piccoli impianti di produzione idroelettrica con il successivo
abbandono. Il motivo principale che portò a questa
drastica decisione fu il ritenerli, a ragione, eccessivamente
98
Con l'acquisizione dei Supermercati GS, la Cirio, la Surgela, la Star, le
aziende dolciarie Motta ed Alemagna, e del ramo aziendale Autogrill, divenne
negli anni Settanta il maggiore gruppo alimentare italiano.
267
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
1-2 Condizioni degli impianti di
distribuzione delle imprese
elettriche minori trasferite
all'ENEL nel Mezzogiorno
3 Diga del Vajont, 1960
costosi da mantenere a fronte della loro limitatissima
produttività. Le situazioni erano molto diversificate fra di
loro, in qualche caso all'impianto mancavano perfino i
macchinari e le apparecchiature, ritrovando sul luogo
soltanto i canali e i fabbricati per di più in pessime condizioni.
Inoltre negli anni Sessanta, vista la grande economicità
della produzione termoelettrica, dovuta ai bassi costi degli
idrocarburi, la tecnologia dell'idroelettrico era diventata
poco conveniente. Fino al 1962 il 70 per cento dell'energia
elettrica veniva prodotta dagli impianti idroelettrici, ma la
crescita del fabbisogno energetico degli anni Sessanta
spinse l'Enel ad ampliare la capacità produttiva investendo
prevalentemente nel settore termoelettrico. Questa
scelta che penalizzò l'idroelettrico fu favorita quindi dal
basso costo del petrolio, ma sicuramente per opportunismo,
dalle conseguenze legate al tragico episodio del
99
Vajont.
Il vecchio impianto idroelettrico di Felitto, che all'epoca
aveva lavorato ininterrottamente per più di mezzo secolo,
pur se perfettamente funzionante si mostrava oramai
obsoleto e poco produttivo, tanto che l'Enel, dopo gli
ultimi anni di esercizio, malgrado i lavori di ammodernamento
degli impianti elettrici e della messa in sicurezza,
decise di chiuderlo interrompendo definitivamente la
produzione di energia.
I lavori eseguiti in centrale furono necessari per adeguare
gli impianti alla normativa sulla sicurezza per la preven-
100
zione contro il rischio elettrico , provvedendo prima di
tutto alla sistemazione di pedane isolanti in prossimità dei
quadri di manovra e delle macchine elettriche.
99
Il 9 ottobre 1963, circa 270 milioni di mc di roccia scivolarono, alla velocità di
30 m/s, nel bacino idroelettrico sottostante creato dalla diga del Vajont, che al
momento del disastro conteneva circa 115 milioni di metri cubi d'acqua,
provocando un'onda di piena alta 100 metri rispetto il coronamento della diga.
In parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde
del lago, nel comune di Erto e Casso, e la rimante parte (circa 25-30 milioni di
mc) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo
quasi completamente il paese di Longarone e i centri limitrofi, provocando
1917 vittime. L'impianto acquisito dall'Enel con la nazionalizzazione,
comprendeva il bacino artificiale realizzato dalla SADE, Società Adriatica di
Elettricità di Venezia, con la costruzione di un diga ad arco a doppia curvatura
in calcestruzzo alta 264,6 metri. I lavori iniziati nel 1957 si conclusero due anni
dopo.
100
La normativa prescritta dal D.P.R. 547 del 27 aprile 1955, contiene le
principali disposizioni riguardanti la gestione delle cabine ed officine
elettriche.
268
La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico
Il quadro di comando venne rinnovato con la sostituzione
dei vecchi amperometri e voltometri con nuovi strumenti
prodotti dalla IME di Milano, nel rispetto delle norme
101
CEI , ed aggiunto uno zerovoltmetro ad ago oscillante al
posto delle lampade sincroniche.
Tuttavia, tra i motivi principali che indussero l'Enel a
chiudere l'impianto, fu decisamente il crollo di un lungo
tratto del canale di derivazione in muratura all'interno
della gola del fiume Calore, avvenuto nell'autunno del
1966 a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo.
Con la definitiva interruzione dell'impianto, il sorvegliante
Giovanni Piumelli, assunto dall'Enel, fu trasferito
all'impianto idroelettrico di Novi Velia che in quel periodo
era ancora in attività, fino a quando per gli eccessivi costi
di gestione e la limitata produzione venne allo stesso
102
modo chiuso definitivamente.
Il 1966 segna la svolta decisiva nella storia dell'energia
elettrica in Italia: era il primo anno in cui la produzione
idroelettrica copriva meno del 50 per cento della produzione
complessiva. L'avvenimento è stato la conseguenza sia
del progressivo esaurimento delle risorse idroelettriche,
sia del continuo e sostenuto aumento della richiesta di
energia elettrica, che resero sempre più necessario il
ricorso alla produzione termoelettrica.
Il settore in cui l'Enel operò maggiormente, oltre al potenziamento
della produzione elettrica dal petrolio, riguardava
la trasmissione e la distribuzione di energia, infatti
secondo le indagini del 1960, il 30% di coloro che abitavano
in case isolate erano ancora privi di elettricità.
Le imprese elettro-commerciali non avevano mai avuto
interesse ad elettrificare le zone che prevedevano uno
scarso numero di utenti, e poche possibilità di assorbimento
di potenza.
4 Secondo un'indagine svolta
dall'ENEL sui propri utenti per
usi domestici, il 72% possiede il
frigorifero, il 64% il televisore, il
42% la lavabiancheria, il 28% lo
scalda acqua elettrico e il 2% la
lavastoviglie
101
Queste norme, stabilite dal Comitato Elettrotecnico Italiano, sono dei documenti
che definiscono le specifiche di buona tecnica per prodotti, processi e
impianti, costituendo il riferimento per la presunzione di conformità alla
“regola dell'arte”. Con la legge n. 186 del primo marzo 1968, è avvenuto il
riconoscimento legislativo della normativa, stabilendo che “tutti i materiali, le
apparecchiature, macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici
devono essere realizzati e costruiti a regola d'arte” e che gli stessi “realizzati secondo
le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano si considerano costruiti a regola d'arte”.
102
Il vecchio impianto idroelettrico acquistato a giugno 2005 dal Comune di
Novi Velia, a seguito di un progetto di recupero funzionale e di restauro della
centrale, è stato riattivato a maggio 2009 iniziando di nuovo la produzione di
energia da fonte rinnovabile. Uno dei due vecchi gruppi turbogeneratore è
stato sostituto con una nuova turbina tipo Pelton accoppiata ad un generatore
della ditta Marelli.
269
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
5 Elettrificazione delle zone
rurali, Enel, anni sessanta del
Novecento
6 Lavori di ammodernamento di
un elettrodotto
La maggior parte di questi impianti di distribuzione fu
possibile realizzarli per conto degli enti locali con il contributo
dello Stato e dei finanziamenti della cassa del
Mezzoggiorno.
Con l'Enel iniziò un enorme programma di elettrificazione
delle zone rurali, popolate da un numero considerevole di
abitanti, residenti in case sparse sprovviste di servizio
elettrico, ed abituati come da secoli ad andare a letto molto
presto e alzarsi la mattina all'alba. Come tutti avevano il
diritto di avere una lampadina, la radio, la televisione e gli
altri apparecchi elettrodomestici.
Oltre al progresso sul piano della distribuzione, con
l'allacciamento alla rete di molte abitazioni, l'Enel proseguì
il suo lavoro con l'unificazione delle tensioni, diverse
soprattutto nelle reti a bassa tensione e con specifiche
tecniche spesso fuori norma, realizzando una più ampia
magliatura delle reti elettriche, con un incremento del
grado di ri-alimentabilità delle stesse.
Iniziò la realizzazione dei collegamenti elettrici con le isole
e le dorsali a 380 kV che dovevano trasportare l'energia
lungo tutta la penisola e connetterla con l'estero, Francia e
Svizzera. Tra le prime unità operative costituite dall'Enel è
stato il Centro Nazionale di Dispacciamento di Roma, con
il compito di gestire gli impianti di produzione, la rete di
trasmissione e l'interconnessione con l'estero: in pratica, il
“cervello” dell'intero sistema elettrico italiano.
270
La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico
7 Pilone dell’elettrodotto
Calabro-Siculo, Torre Faro,
Messina
La notte del 21 luglio 1969, il Centro Nazionale rileva una
richiesta di energia elettrica molto maggiore di quella
usuale. Sono gli italiani che, in diretta televisiva, non
vogliono mancare un appuntamento con la storia: la
discesa degli astronauti americani Neil Armstrong e
Edwin Aldrin sulla Luna.
All'inizio degli anni Settanta i giornali, la televisione e la
radio, diffondevano notizie sull'impegno dell'Enel nello
studio per la realizzazione di potenti centrali termiche al
fine di garantire il notevole aumento dei consumi di
energia elettrica.
Ma con la “Crisi energetica del 1973”, a seguito della
guerra tra Egitto e Siria contro Israele, appoggiato dagli
Stati Uniti e dai Paesi europei, i Paesi Arabi appartenenti
all'OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio)
bloccarono le proprie esportazioni fino a gennaio 1975,
portando all'innalzamento vertiginoso del prezzo del
petrolio, e al varo di provvedimenti per diminuire il
consumo ed evitare sprechi. In Italia il governo adottò una
politica di “austerity” con l'approvazione di un piano
nazionale per il risparmio energetico che prevedeva sia
cambiamenti immediati, come il divieto di circolare in
auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi,
la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale,
sia la costruzione di centrali nucleari.
In Europa la crisi portò alla ricerca di nuove fonti di
approvvigionamento e un forte interesse verso nuove
fonti di energia alternative al petrolio, come l'eolico, il gas
naturale e l'energia atomica.
8 N a v e p o s a c a v i p e r
l'elettrodotto sottomarino a 200
kV in corrente continua di
collegamento tra la Sardegna e
l'Italia continentale
9 Centrale termoelettrica San
Filippo del Mela, Sicilia, 1975
271
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
10 Istanza di rinuncia dell’Enel
alla derivazione d’acqua per
produzione di energia elettrica
dal fiume Calore, Centrale di
Felitto, luglio 1972
Da allora cominciarono ad entrare nel vocabolario comune
nuove parole come “ecologia” e “risparmio energetico”,
simboli di un cambiamento della mentalità della società
europea, divenuta consapevole della fragilità e precarietà
del sistema produttivo occidentale.
A settembre 1973 il segretario della SIEL, Gaetano Di
Vietri, con una nota inviata all'Enel, senza alcuna presunzione
di dare suggerimenti per ovviare la crisi energetica
in atto, avanzava l'ipotesi del potenziamento della produzione
idroelettrica, con la proposta di cessione del progetto
riguardante la costruzione di una centrale idroelettrica di
maggiore potenza sul fiume Calore. Il progetto era stato
redatto dall'ingegnere Manzi molti anni prima, quando la
società, per potenziare la produzione di energia, decise di
realizzare sul territorio di Felitto un nuovo impianto a
bacino con la realizzazione di un lago artificiale. Ma per la
particolarità geologica dell'area ai tempi del progetto si
discuteva della permeabilità del terreno e della necessità
di eseguire dei lavori per renderlo impermeabile.
Nel frattempo, a seguito dell'inattività dell'impianto,
fermo oramai da sei anni non derivando acqua dal fiume
Calore ai fini elettrici, l'Enel per valutazioni tecnicoeconomiche
aveva escluso la convenienza del suo ripristino.
Per questo motivo, a luglio 1972, inviava un'istanza alla
Direzione generale delle acque ed impianti elettrici del
Ministero dei Lavori Pubblici, e al Provveditorato delle
Opere Pubbliche della Campania, con la quale rinunciava
alle richieste di proroga della concessione del 1939 e 1957,
chiedendo l'annullamento del relativo decreto.
Inoltre chiedeva di conoscere le indicazioni del Ministero
su quanto disposto dall'art. 25 del Testo Unico, che per le
grandi derivazioni per forza motrice, prevedeva il passaggio
delle opere allo Stato al termine dell'utenza o nei casi di
decadenza o rinuncia. Tra l'altro, come previsto, a febbraio
1960, dall'integrazione voluta dal Ministero nel disciplinare
da allegare alla proroga della concessione fino al 31
gennaio 1977 richiesta dalla SIEL, ma ancora non rilasciata.
L'anno successivo, contrariamente alle suddette disposizioni,
il Genio Civile sollecitava l'Enel al ripristino del
corso d'acqua e all'avvio dei lavori di smantellamento
dell'impianto come previsto dall'art. 30 del T.U. Al termine
delle piccole derivazioni prescriveva il diritto dello Stato
di trattenere senza compenso le opere costruite nell'alveo,
sulle sponde e sulle arginature del corso d'acqua, o di
272
La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico
obbligare il concessionario a rimuoverle, e ad eseguire a
proprie spese, per pubblico interesse, i lavori necessari al
ripristino dello stato dei luoghi.
L'Enel in risposta faceva notare che nel caso specifico si
trattava di grande derivazione, per cui era operativo l'art.
25 del T.U., confermato anche da una circolare del
Ministero delle Finanze del 5 agosto 1972, la quale prevedeva
il trasferimento allo Stato delle opere di derivazione,
e quello facoltativo, ma a titolo oneroso, di ogni altro
edificio o manufatto relativo alla concessione.
Indubbiamente all'Ente conveniva cedere allo Stato tutte le
opere di derivazione, piuttosto che di accollarsi le spese
per i lavori di ripristino dei luoghi e smantellamento
dell'impianto.
Con la stessa nota chiedeva se a monte delle opere di presa
esistessero altre concessioni legittimamente assentite a
terzi, per derivazioni a scopo irriguo o potabile, che avrebbero
potuto subire danni dall'esecuzione dei lavori di
ripristino, e che in ogni caso, prima del loro inizio, gradiva
un sopralluogo congiunto per concordare tempi e modalità
di esecuzione.
Sia per inerzia del Genio Civile, che intanto aveva ordinato
l'esecuzione dei lavori di ripristino, sia per quella
dell'Ente, evidentemente non propenso ad eseguire i
prescritti lavori, ma interessato soltanto all'ottenimento
del decreto finale di rinuncia, passarono altri mesi di
reciproco silenzio, restando ancora in attesa delle determinazioni
che l'Ufficio voleva adottare sull'applicazione
della normativa sulle grandi derivazioni.
A febbraio 1973 inviava un'istanza al Ministero dei Lavori
Pubblici, e al Provveditorato delle Opere Pubbliche della
Campania, con la quale rinunciava anche alla derivazione
del Torna a Novi velia, chiedendo l'annullamento del
relativo decreto di concessione.
A marzo 1974, in seguito all'ispezione svolta a Felitto
dall'Ufficio Idrografico di Napoli, veniva informato
l'Ufficio del Genio Civile di Salerno che, sia da parte dei
privati sia da parte dell'Ente, non era stata rilevata nessuna
derivazione per alimentare la centrale idroelettrica. In
quella visita di sopralluogo veniva inoltre evidenziato che
a quella data la centrale si mostrava oramai abbandonata
ed in parte addirittura diruta.
A questo punto per il completamento dell'iter burocratico,
lo stesso Ufficio, al fine di recuperare eventuali canoni non
273
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
11 Comunicazione al Genio
Civile del Comandante della
Stazione dei Carabinieri di
Castel San Lorenzo
corrisposti, chiedeva informazioni al Comando Stazione
dei Carabinieri di zona per sapere se l'utilizzo
dell'impianto fosse stato interrotto alla data del 23 settembre
1964, in altre parole fino a quando risultava coperto il
pagamento dei canoni, o invece si fosse continuata la
produzione, e fino a quale data. Il comandante della
Stazione di Castel San Lorenzo, a giugno 1975, informava
l'Ufficio del Genio Civile che l'utilizzo dell'impianto
idroelettrico era cessato a fine anno 1966, come dalle
notizie apprese direttamente dal personale dipendente
che vi lavorava.
Fino a quella data l'Enel era in debito nei confronti
dell'Erario della somma di 1.660.910 lire per il canone
relativo agli anni 1963-1964, a cui si oppose in quanto
riteneva che per quel periodo avrebbe dovuto provvedere
la SIEL, e della somma di 625.377 lire per il periodo 1965-
1966. Tenendo in conto che la concessione di proroga non
risultava assentita, l'Intendenza di Finanza di Salerno non
aveva mai provveduto alla riscossione dei canoni arretrati,
pertanto chiedeva al Ministero la possibilità di definire i
rapporti con l'Enel al 1966, al fine di non ritardare il buon
esito della pratica.
Intanto dalla definizione dei pagamenti per i canoni
arretrati passarono altri due anni, fino a quando, il 24
gennaio 1977, il Parlamento approvò la legge contente le
Norme per l'aumento del limite tra grandi e piccole derivazioni
di acque pubbliche per forza motrice, elevando il limite di 220
kW di potenza nominale media annua a 3.000 kW.
Le norme prevedevano per le derivazioni di potenza
superiore a 220 kW e fino a 3.000 kW, già attuate a quella
data, l'applicazione delle prescrizioni concernenti le
piccole derivazioni, che al loro termine o in caso di mancato
rinnovo erano regolate dall'art. 30 del T.U.
Per la derivazione idroelettrica sul fiume Calore a Felitto,
rientrante a questo punto fra le piccole derivazioni, dopo
un incontro tenuto presso il comune, fra le due opzioni
previste dall'articolo per ovvi motivi non venne scelto lo
smantellamento dell'impianto, con la rimozione della
traversa e delle opere di presa, ma di trattenere, senza
alcun compenso da parte dello Stato, tutte le opere realizzate
nell'alveo e sulle sponde del corso d'acqua, rimanendo
soltanto il fabbricato della centrale di proprietà
dell'Enel.
IL 24 luglio di quell'anno viene emanato il D.P.R. 616, sul
274
La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico
Trasferimento e deleghe delle
funzioni amministrative dello
Stato, che delegava alle Regioni
tutte le funzioni relative alla
tutela, disciplina e utilizzazione
delle risorse idriche, e con la
successiva Legge Regionale 47
del 27 ottobre 1978, le autorizzazioni,
le concessioni e tutti gli
altri atti relativi all'attribuzione
delle funzioni trasferite o
d e l e g a t e a l l a R e g i o n e
Campania, erano assunti con
provvedimenti del Presidente
della Giunta Regionale o di un
Assessore da lui delegato.
Ogni passaggio di competenza tecnica ed amministrativa
comporta nei vari uffici pubblici enormi ritardi fisiologici
fino a quando non si assimila e collauda la nuova normativa.
Quindi per velocizzare le procedure, con un Decreto
della Giunta Regionale del 6 ottobre 1979, l'adempimento
delle funzioni riguardanti le concessioni di piccole derivazioni
d'acqua, venne delegato all'Assessore del Servizio
Lavori Pubblici. A questo punto, dopo sette anni dalla
richiesta dell'Enel per l'annullamento del decreto, si
giunse al 13 novembre 1979, quando la Giunta Regionale
della Campania con il decreto n. 7562 revocava, a tutti gli
effetti di legge, la concessione a suo tempo accordata alla
Società Idro-Elettrica Lucana con decreto prefettizio del 24
settembre 1912. Con decreto del 18 gennaio 1980 revocava
la concessione di Novi Velia.
Il 23 novembre 1980 un terremoto di estrema violenza
colpisce Campania e Basilicata, provocando circa 3.000
morti e danni disastrosi alle abitazioni e alle infrastrutture,
con 95 comuni, fra quelli colpiti dal sisma, privi di energia
elettrica. Per ripristinare in tempi brevi la fornitura di
energia, l'Enel mobilita oltre 1.200 addetti tra tecnici e
operai. Dopo il terremoto, a seguito di nuove fessurazioni
comparse sulla sponda calcarea dall'invaso artificiale di
Muro Lucano, l'Ente abbandonò l'impianto con la dismissione
della centrale e la demolizione di parte della torre
piezometrica in cemento armato, caratterizzata da una
scala a sbalzo che percorre la parete esterna fino alla
sommità.
12 Vallo della Lucania, inizi anni
Ottanta del Novecento
13 Giunta Regionale della
Campania, Servizio ai Lavori
P u b b l i c i , R e v o c a d e l l a
concessione di derivazione dal
fiume Calore a Felitto, gennaio
1980
275
14 Interno della sala trasformatori
nella centrale idroelettrica di
Felitto
Capitolo XIX
La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel
Circondario di Vallo della Lucania
Lo scopo della rete di trasmissione è quello di portare
l'energia dalla centrale idroelettrica di produzione fino alle
cabine di trasformazione nei vari luoghi di utilizzo, centri
urbani e attività produttive che possono essere distanti
decine di chilometri, da dove poi si dipartono le reti di
distribuzione per fornire l'energia agli utenti finali a una
103
tensione variabile a seconda del tipo di utilizzo.
La rete di trasmissione principale utilizzava un elettrodotto
lungo 27 chilometri sostenuto da pali in legno, e costituito
da una terna di linee formata da tre conduttori in rame di
4 millimetri di spessore, che dalla stazione di trasformazione
in centrale raggiungeva Vallo della Lucania alimentando
una cabina ponte di smistamento.
Mediante i trasformatori in centrale la corrente veniva
innalzata in Media Tensione (M.T.) a 15.000 Volt (15 kV),
alimentando le singole cabine di trasformazione localizzate
lungo la linea, dove con analoghi trasformatori veniva
ridotta a seconda delle zone a 220 o 160 Volt monofase per
le utenze domestiche e per la pubblica illuminazione, e a
104
260, 380 Volt per usi industriali.
103
La descrizione delle rete di trasmissione e distribuzione nel Circondario di
Vallo della Lucania si riferisce allo stato in cui si trovava agli inizi degli anni
Sessanta al momento della nazionalizzazione dei servizi elettrici con
l'istituzione dell'Enel.
104
La flessibilità e l'efficienza di un sistema trifase è proprio la facilità di
ottenere tre forniture monofase con tensione diversa in base al tipo di collegamento
utilizzato. Per esempio se la tensione nominale dichiarata dal fornitore
di energia trifase è di 400 Volt, con un tipo di collegamento si ottengono tre
tensioni di linea di 400 Volt, con un altro tipo tre tensioni di fase di circa 230
Volt. Le forniture domestiche sono monofase in quanto questo tipo di utenze
sono prevalentemente destinate all'illuminazione e ad altri utilizzi in cui una
277
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
1 Lettera di presentazione della
nuova lampada Osram con
filamento a doppia spirale, 1934
(Archivio Comune di Agropoli)
Dalle cabine veniva poi immessa nelle varie reti di distribuzione
locale in Bassa Tensione (B.T.), gestite dalle
singole imprese elettriche concessionarie di zona, con
derivazioni ai singoli utenti realizzate in massima parte
con fili isolati su mensoline in ferro. Queste reti comprendevano
un quarto conduttore per il neutro, utilizzato sia
nei sistemi monofase per il ritorno della corrente che arriva
al carico tramite il conduttore di fase sia da ritorno per
l'eventuale corrente di squilibrio nel sistema trifase. Dalla
stazione di trasformazione in centrale partiva anche una
linea in B.T. di due Km per la fornitura di energia a nove
case coloniche sparse nelle campagne limitrofe, e una linea
in M.T. per l'alimentazione del comune di Felitto.
Tutte le linee elettriche di distribuzione in B.T. per
l'illuminazione privata e pubblica con lampade a incande-
105
scenza e fluorescenti , erano del tipo aereo, costituite da
conduttori in rame sostenuti da pali in legno semplici o
abbinati a formare dei cavalletti, e nei centri urbani da
mensole in ferro infisse sulle pareti esterne dei fabbricati,
entrambi muniti di isolatori ad alette o a campana, in vetro
o ceramica, montati su appositi porta isolatori a gancio a
forma di U direttamente avvitati al palo di legno, o da
semplici supporti verticali bullonati alle mensole in ferro.
La linea a 15 kV diretta a Felitto della lunghezza di circa
600 metri, alimentava la cabina di trasformazione ubicata
nel centro abitato del paese in via Francesco Alario, da cui
singola fase è sufficiente. La potenza installata è modesta, limitata a pochi kW,
e non è utilizzata per l'alimentazione di grosse macchine rotanti come avviene
invece nelle industrie. La fornitura trifase, caratterizzata dalle tre tensioni
sfasate, permette invece di creare facilmente un campo magnetico rotante, che
è alla base del funzionamento del motore elettrico.
105
I primi impianti elettrici di illuminazione pubblica utilizzavano come
sorgente luminosa le lampade ad incandescenza, che sono caratterizzate da
un'ottima resa dei colori, una bassa efficienza luminosa, ossia i lumen emessi
per ogni Watt di potenza, (circa 15 lumen/Watt) ed una vita media di funzionamento
breve (1000 ore). Negli anni Cinquanta si diffusero le lampade
fluorescenti tubolari, che aumentavano sensibilmente la resa luminosa (circa
60 lumen/Watt) e la vita media di funzionamento (circa 4000 ore), ma la resa
dei colori diminuiva rispetto alle lampade ad incandescenza. Negli anni
Sessanta comparvero invece le lampade a vapori di mercurio ad alta pressione,
più compatte rispetto a quelle fluorescenti, caratterizzate da resa luminosa
pressoché uguale, non risentono delle variazioni di temperatura esterna ed
hanno un buon valore di vita media di funzionamento (circa 8000 ore). Negli
anni '70 si installarono le lampade a vapore di sodio a bassa ed alta pressione.
Le prime sono caratterizzate da elevata efficienza luminosa (circa 110
lumen/Watt), resa cromatica pressoché nulla e, quindi, il loro impiego è
limitato alle aree industriali e nelle gallerie; le seconde presentano una buona
resa dei colori, vita media di funzionamento elevata (circa 12.000 ore) ed
efficienza luminosa di circa 100 lumen/Watt.
278
La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania
partiva la rete di distribuzione in B.T. alla tensione di 380-
220 Volt per un'estensione di circa 3 km.
La cabina con sezionatore a fioretto era munita di un
trasformatore della potenza di 100 kVA, con rapporto
15000/380-220, di un quadro B.T. con valvole, interruttori,
tre amperometri ed un voltometro. L'impianto della
pubblica illuminazione era composto da 135 lampade sia
del tipo su palo che a mensola.
Negli anni Sessanta la rete di distribuzione fu ampliata e
ammodernata con un contributo dello Stato e con un
progetto finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno venne
realizzato un ulteriore impianto per l'elettrificazione dei
centri rurali comprendente una cabina di smistamento in
muratura e tre cabine su palo.
Lungo l'elettrodotto principale della SIEL per Vallo della
Lucania c'era una prima derivazione in località Le Destre,
con un sezionamento all'aperto munito di valvole, per
l'alimentazione dei comuni di Magliano Vetere e
Monteforte Cilento. Da questo punto si diramava un
primo tronco in M.T. a 15 kV di circa 4,2 km, alimentando
una cabina in muratura costruita agli inizi degli anni
Sessanta ubicata in via Uliva a Magliano Vetere, in prossimità
del Palazzo Lombardi, equipaggiata con due trasformatori
uno da 25 kVA, rapporto 15000/380-220, e l'altro da
50 kVA con rapporto 15000/1100.
Questa cabina alimentava a sua volta, con un secondo
tratto M.T. a 1,1 kV di circa 4,5 km, altre due cabine di
trasformazione ricavate in locali di palazzi privati.
2 Isolatori in ceramica
279
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
La prima nella frazione di Capizzo in via delle Rose, con un
trasformatore da 15 kVA, rapporto 1100/260-150, sistemato
nella soffitta del palazzo dei titolari dell'impresa elettrica
locale, dove in una sala dell'abitazione era installato il
quadro di distribuzione nascosto in un apposito armadio.
La seconda, a Monteforte Cilento ubicata in un vano di una
casa privata, era dotata di un trasformatore da 20 kVA
dello stesso rapporto.
La linea di diramazione dall'elettrodotto della SIEL, prima
di giungere alla cabina di Magliano Vetere, transitava su di
un altro sezionamento all'aperto in corrispondenza della
cabina su pali nella frazione di Magliano Nuovo, munita di
un trasformatore da 25 kVA di uguale rapporto.
Dalle diverse cabine si diramava la rete di distribuzione in
B.T. per l'alimentazione delle utenze private e la pubblica
illuminazione, raggiungendo un'estensione complessiva
di circa 18 km. L'illuminazione pubblica nel comune di
Magliano, comprese le frazioni, era costituita da 125
lampade a incandescenza per circa 3125 Watt, e nel comune
di Monteforte da 61 lampade per circa 2500 Watt.
Dopo il comune di Magliano, continuando lungo la linea
di trasmissione principale, da un punto di presa con
sezionatore in località Chiuse San Pietro, a valle del torrente
Trenico nel territorio del comune di Stio, si diramava
un'altra linea in M.T. per l'alimentazione del comune di
Campora, dove un'altra impresa locale concessionaria
gestiva il servizio di distribuzione dell'energia elettrica
pubblica e privata. La linea alimentava una cabina in
muratura equipaggiata con un trasformatore da 40 kVA,
rapporto 15000/380-220 Volt, e munita di un quadro B.T.
con sezionatori da cui partiva la rete di distribuzione per
un'estensione di circa 3 km.
L'impianto di pubblica illuminazione era formato da 62
lampade a incandescenza per una potenza complessiva
installata di 1750 Watt.
Dallo stesso punto di presa, con sezionatore in località
Chiuse, partiva un secondo tronco della lunghezza di circa
2,8 km, munito di qualche sostegno a traliccio metallico,
che alimentava la cabina di Stio, posizionata in un vano
dell'abitazione privata del titolare dell'impresa elettrica
concessionaria di zona, munita di un quadro B.T. e di un
sezionatore a valvole. Da questa cabina partiva un altro
tronco di circa 700 metri che ne alimentava un'altra su pali
nella frazione Gorga con un trasformatore da 25 kVA.
280
La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania
Da entrambe si diramava una linea in B.T. con tensione di
esercizio 260/150 Volt, per un'estensione complessiva di
circa 5 km, per le utenze private e la pubblica illuminazione,
ed una seconda linea di circa 1,5 km per l'alimentazione
di case sparse. La pubblica illuminazione era composta da
170 lampade a incandescenza per una potenza complessiva
di 3800 Watt.
In località Santa Croce di Stio, con un sezionatore aereo su
palo lungo la linea M.T. di distribuzione della concessionaria
locale veniva derivata un'altra linea aerea a 15 kV della
lunghezza di circa 3,5 km, formata da una palificazione in
legno di castagno con due tralicci in ferro, per alimentare
una cabina in muratura nel centro abitato di Gioi Cilento,
munita con un trasformatore da 50 kVA rapporto
15000/260-150 Volt, gestita dall'impresa concessionaria
locale. La linea di distribuzione in B.T. aveva una lunghezza
di circa 5 km, con un impianto per la pubblica illuminazione
costituito da 92 lampade a incandescenza per una
potenza complessiva installata di 3330 Watt.
Proseguendo poi verso Vallo della Lucania, lungo
l'elettrodotto principale, in località Retara, veniva derivata
con un sezionamento aereo una linea di circa 2,5 km per
l'alimentazione di una cabina su pali nella frazione Cardile
di Gioi Cilento, munita di un trasformatore da 40 kVA,
rapporto 15000/380-220 Volt. Questa linea era gestita
dall'impressa concessionaria che distribuiva l'energia
elettrica nei comuni di Moio della Civitella, Cannalonga e
nella frazione di Angellara di Vallo. Un secondo tronco in
M.T., derivato con un altro sezionamento aereo dalla linea
SIEL, alimentava le cabine su pali di Angellara e
Cannalonga entrambe con trasformatore da 40 kV di
rapporto 15000/380-220 Volt, di cui la prima era dotata di
un quadro in B.T. situato in un ripostiglio della vicina
chiesa.
La linea SIEL alimentava poi la cabina in muratura di
Pellare equipaggiata con due trasformatori, uno da 35
kVA, dello stesso rapporto dei precedenti, e l'altro da 80
kVA rapporto 15000/560 Volt, per l'alimentazione in B.T.
della cabina su pali in legno ubicata a Moio della Civitella,
equipaggiata con un trasformatore da 15 kVA, rapporto
500/260-150 Volt.
Le singole linee della rete di distribuzione uscenti dalle
cinque cabine avevano una lunghezza complessiva di 14
km, ed alimentavano sia le utenze private sia la pubblica
281
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Volantino pubblicitario dei
pali in cemento centrifugato per
elettrodotti della SCAC (Società
Cementi Armati Centrigugati) di
Trento, 1935
illuminazione composta complessivamente da 368 lampade
a incandescenza.
A questo punto dopo un percorso di 27 chilometri la linea
principale raggiungeva il centro abitato di Vallo della
Lucania, dove il servizio di distribuzione dell'energia era
gestito dalla Società Anonima Lucana Imprese Elettriche
SALIE, proprietaria della cabina in muratura ubicata in via
Santa Maria di Loreto.
La linea della SIEL a 15 kV alimentava una cabina ponte
ubicata in un locale di proprietà di un socio azionista,
titolare dell'impresa elettrica concessionaria per la distribuzione
dell'energia nel comune di Novi Velia con una
linea B.T. a 380 Volt. Questa cabina a sua volta alimentava
alla stessa tensione la cabina Loreto ed un'altra cabina
ubicata a pochi metri verso valle.
Dalla cabina ponte, equipaggiata con un trasformatore da
25 kVA, rapporto 15000/380-220, partiva la linea per Novi
Velia della lunghezza di circa 2 km, che passando per la
cabina Loreto raggiungeva un quadro di distribuzione in
B.T. all'aperto, da cui si diramava la rete privata e pubblica
composta da 82 lampade a incandescenza.
Sulla palificazione di questa linea, per un tratto di circa 500
metri, era presente una linea dell'impianto pubblico del
comune di Vallo gestito dalla SALIE.
La cabina di trasformazione Loreto era alimentata anche
da un'altra linea M.T. a 30 kV di circa 120 metri con pali in
cemento di produzione SCAC, dotata di un sezionamento
aereo installato in prossimità della stessa. Tale linea era
derivata da un elettrodotto che partiva dall'impianto
idroelettrico sul torrente Torna a Novi Velia, acquisito
dalla Società Lucana per Imprese Idroelettriche controllata
dalla SME.
L'energia distribuita a Novi Velia poteva pertanto essere
fornita dalla SIEL e indirettamente dalla Meridionale e
successivamente dall'Enel, così come per l'intera rete
dell'impianto di distribuzione di Vallo e degli altri centri
abitati del Circondario.
Dalle diverse cabine dell'impianto di Vallo della Lucania
venivano derivate varie linee della lunghezza complessiva
di 9,5 km, per alimentare sia alcune case sparse sia la rete
urbana di pubblica illuminazione, costituita da 235 lampade
a incandescenza, e la rete privata di circa 23 km che
alimentava le utenze del centro cittadino e le frazioni di
Pattano e Massa. Dalla cabina ponte di Vallo partiva
282
La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania
un'ulteriore linea a M.T. di circa 7 km per alimentare la
cabina di Ceraso, il cui territorio comunale era servito da
un'altra impresa elettrica concessionaria.
La cabina era equipaggiata con un trasformatore da 40
kVA, rapporto 5000/380-220 Volt, delle stesse caratteristiche
di quello installato nelle cabina di muratura di S.
Barbara, alimentato dalla stessa linea M.T. da cui si diramava
una linea diretta alla cabina di Massascusa, munita
di un trasformatore da 15 kVA dello stesso rapporto,
giungendo poi a S. Biase in Bassa Tensione. La linea in B.T.
si svolgeva per circa 11 km alimentando la pubblica illuminazione
con una potenza totale di 8000 Watt di lampade
installate.
Un'altra linea derivata dalla rete della Meridionale, era
quella che partiva dalla cabina di Omignano Scalo per
l'alimentazione dei comuni di Orria, Perito e Cicerale con
le rispettive frazioni di Piano Vetrale, Ostigliano e Monte
Cicerale. La linea M.T. aveva un'estensione complessiva di
18 km, che da Omignano saliva fino al centro abitato di
Perito, dove una biforcazione alimentava con un ramo la
cabina in muratura del paese ubicata in Piazza Municipio,
equipaggiata con un trasformatore da 30 kVA rapporto
15000/260-150, quella di Orria, in via Marchesano, con un
trasformatore da 40 kVA rapporto 15000/320-220 e quella
di Piano Vetrale, ubicata in via Ponte Scuro, con un trasformatore
da 30 kVA rapporto 15000/260-150. L'altro ramo
della linea alimentava altre tre cabine, quella di Ostigliano,
ubicata sulla via Provinciale, con un trasformatore da 20
kVA dello stesso rapporto del precedente, la cabina di
Cicerale in via Comunale, con un trasformatore da 40 kVA
rapporto 15000/380-220, ed infine la cabina di Monte
Cicerale in via Provinciale con un trasformatore da 15 kVA
rapporto 15000/260-150 Volt.
Un caso a parte era la rete di distribuzione di Laurino
gestita dall'impresa elettrica locale, alimentata inizialmente
in isola da una piccola centralina sul Calore a valle del
paese, e negli anni Quaranta connessa ad un elettrodotto
della Società Lucana per Imprese Idroelettriche proveniente da
Novi Velia. La rete, ampliata negli anni Cinquanta, in
origine era estesa nei comuni di Valle dell'Angelo,
Piaggine e Sacco per limitarsi successivamente solo al
centro abitato di Laurino. I diversi centri erano provvisti di
cabine di trasformazione equipaggiate con trasformatori
della Brown Boveri & Co, tranne quella di Sacco, dotata di
283
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
un trasformatore da 15 kVA della Società anonima Officine
Elettro-Ferroviarie di Milano.
La linea M.T. a 5 kV con conduttori in rame di 12 mmq,
sostenuta da due pali in legno con uno sviluppo di circa
100 metri, raggiungeva una cabina in muratura ubicata in
via San Giovanni, equipaggiata con due trasformatori
della Siemens, uno da 50 kVA rapporto 5-10 kV/400 Volt, e
l'altro di riserva da 100 kVA dello stesso rapporto, in
sostituzione di quelli precedenti della Brown Boveri. Dal
quadro in B.T. uscivano tre linee di distribuzione. La rete
sostenuta da pali in legno e mensole in ferro raggiungeva
uno sviluppo complessivo di circa 5 km, con il filo del
neutro delle linee private in comune con l'impianto di
pubblica illuminazione composto da 69 lampade fluorescenti
e 143 lampade a incandescenza di diversa potenza,
per complessivi 11.644 kW.
L'intera rete di trasmissione e distribuzione del
Circondario era del tipo aereo, con i cavi in rame connessi
mediante isolatori a pali in legno di castagno e a mensole in
ferro a parete. Questo sistema oltre ad avere
l'inconveniente della breve durata dei pali, che logorandosi
cadevano provocando improvvise interruzioni di linea,
era costantemente esposta alle intemperie, fulmini, tempeste,
nevicate, compromettendo il corretto funzionamento
degli impianti di trasmissione con il pericolo di un brusco
distacco di carico sui gruppi di generazione.
Inoltre, nei periodi di elevata domanda di energia, le linee
tendevano a surriscaldarsi e quindi a dilatarsi abbassandosi,
arrivando ad una condizione limite che provocava la
rottura termica degli stessi cavi.
Dai primi anni di attività della SIEL fino agli anni
Cinquanta, con l'arrivo sul territorio degli elettrodotti
delle società maggiori e poi dell'Enel, il servizio di illuminazione
e di consegna dell'energia si dimostrava abbastanza
precaria, a volte imprevedibile, e in sostanza possiamo
dire senz'altro in balia della sorte, nonostante il notevole
sforzo dei tecnici per assicurare in qualsiasi situazione il
servizio elettrico. Il servizio di distribuzione, che prevedeva
il trasporto e la consegna dell'energia alle singole
utenze mediante la rete delle linee elettriche, era avvertito
dalle imprese concessionarie come un servizio di pubblica
utilità a tutti gli effetti, con la responsabilità e il notevole
impegno che ne conseguiva per mantenere sempre in
efficienza i diversi impianti.
284
La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania
4 Elettricisti della SEDAC,
S o c i e t à E l e t t r i c a d e l l a
Campania, 1960
Per lo scopo tutte le reti di trasmissione venivano controllate
periodicamente dagli elettricisti delle singole imprese
di distribuzione. L'ispezione consisteva nel controllo
visivo dei conduttori e dei pali, percorrendo le linee a piedi
o in bicicletta, a seconda della loro ubicazione, in aperta
campagna o lungo le strade, operazione conosciuta dagli
addetti ai lavori come il “camminamento delle linee”.
Tra gli strumenti di lavoro utilizzati, che non dovevano
mai mancare all'elettricista, c'erano i guanti, gli stivali, gli
attrezzi isolanti e il fioretto di manovra per i sezionatori
aerei.
In nessun caso potevano essere manovrati sotto carico, a
eccezione degli interruttori di manovra appositamente
previsti per tale scopo, di cui qualcuno munito di un
organo fisso di manovra rinviato ad altezza d'uomo.
Per intervenire su di una linea della rete in tensione, al fine
di effettuare i lavori di riparazione o manutenzione,
bisognava prima di tutto metterla fuori servizio, e poi
isolarla tramite l'apertura del relativo sezionatore eseguendo
la messa a terra in corto circuito delle installazioni
interessate dall'intervento. Il sezionatore è destinato ad
interrompere la continuità elettrica per le sole linee a
vuoto, e i contatti del tipo a coltello, generalmente visibili,
285
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
forniscono una sorta di assicurazione visiva sullo stato di
apertura della linea.
Nel caso di interventi più laboriosi e lunghi, come la
sostituzione di un trasformatore in cabina, di un sezionatore
o riparazioni lungo l'elettrodotto principale in Media
Tensione, dove il semplice sezionamento della rete non
risultava sufficiente, bisognava interrompere la produzione
per il tempo necessario all'esecuzione del lavoro,
comunicando precise disposizioni all'operatore di macchina
in centrale, affinché potesse provvedere all'esecuzione
di tutte le sequenze operative necessarie per fermare
l'impianto.
La comunicazione avveniva tramite degli apparecchi
telefonici, del tipo a parete, con cassa in legno e manovella
per la chiamata, con l'utilizzo di due fili della stessa linea
elettrica. L'alimentazione era ottenuta con una batteria
posta all'interno di ciascun telefono.
Questa operazione veniva gestita dall'ufficio centrale di
Vallo, dove con il sezionamento della linea dalla cabina
principale di trasformazione, veniva intenzionalmente
provocata un'interruzione del carico sulla rete, in modo
che scattassero le protezioni dei gruppi generatori, tali da
far azionare automaticamente la tromba elettrica
d'allarme.
Il macchinista, avvisato dal segnale sonoro, provvedeva a
fermare i gruppi di generazione e collegare il telefono alla
linea affinché potesse rispondere alla chiamata dell'ufficio,
con l'assunzione dei relativi ordini operativi, fino a quando,
a lavoro finito, con un successivo ordine poteva ripristinare
l'impianto e far partire di nuovo le macchine, con il
completamento della procedura e la messa in parallelo
degli alternatori.
5 (foto a lato) Traliccio in ferro
della linea di distribuzione in
uscita dalla centrale idroelettrica
Tanagro 1° salto a Pertosa
286
La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania
Capitolo XX
Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto
Oggi un impianto idroelettrico è inserito nella grande rete
di distribuzione nazionale, dove molti generatori operano
in parallelo, realizzando quella che è definita la generazione
distribuita.
Ogni impianto è comandato, controllato e protetto da
apparecchiature elettroniche che sorvegliano il processo
produttivo e intervengono in caso di guasto e anomalie di
funzionamento, provvedendo a fermare prontamente
tutto il sistema. Negli ultimi anni, grazie al progresso della
tecnologia informatica e delle telecomunicazioni, quasi
tutti gli impianti sono comandati a distanza da centri di
telecontrollo che sovrintendono a tutte le operazioni
necessarie all'esercizio delle centrali.
In passato, l'esercizio e il controllo di un impianto idroelettrico
era invece affidato al lavoro manuale di personale
qualificato, con diverse mansioni tecniche coordinate fra
di loro, affinché tutto il sistema di produzione e distribuzione
funzionasse perfettamente entro i limiti prestabiliti
di prestazione e sicurezza.
L'impianto idroelettrico di Felitto dall'epoca della realizzazione
fino alla dismissione, nonostante il successivo
potenziamento con l'installazione del secondo gruppo
generatore, è rimasto sostanzialmente invariato, operando
unicamente con sistemi manuali gestiti dal personale
specializzato.
Le diverse professionalità che vi hanno lavorato, diedero il
loro importante contributo al funzionamento
dell'impianto e delle macchine in centrale, ma soprattutto
con il loro sacrificio, unito a un grande senso pratico tra
1 (Foto a lato) L’addetto alle
macchine Giovanni Piumelli
insieme alla moglie Giuseppina
Peduto, davanti al portone
d’ingresso della centrale
idroelettrica. Sulla rosta in ferro
è visibile l’iscrizione SIL, Società
Idro-Elettrica Lucana
289
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
ingegno ed esperienza, hanno dato la possibilità ad
un'intera comunità di vivere nel nuovo mondo: dai sorveglianti
delle macchine, all'elettromeccanico, all'elettricista
e al guardiano delle opere di presa e della vasca di carico,
ognuno con i propri strumenti e metodi di lavoro.
Fino agli inizi degli anni Trenta la centrale è equipaggiata
con un solo gruppo generatore, realizzando una cosiddetta
rete isolata, dove un solo generatore fornisce tutta la
potenza producibile alle diverse utenze distribuite dalla
rete (generatore in isola).
In questa condizione sembra abbastanza semplice avviare
un gruppo generatore, di fatto è sufficiente portarlo alla
velocità di fabbrica, strettamente legata alla frequenza di
50 Hz, senza tener conto di una rete di distribuzione già
alimentata o della frequenza di un eventuale altro generatore.
La prima operazione che deve compiere il macchinista
è l'apertura della valvola di by pass della condotta,
portando in pressione la cassa a spirale della turbina, ed
aprire il distributore tramite il volantino del regolatore.
Con l'ingresso dell'acqua la girante inizia a ruotare, trascinando
l'alternatore fino a raggiungere la velocità di sincronismo.
Quando è staccato dalla rete, quindi a circuito
aperto, genera soltanto tensione ma non circola corrente e
il suo funzionamento viene detto a vuoto. Le correnti
d'indotto sono nulle, pertanto la potenza meccanica
trasferita dalla turbina si limita a mettere in rotazione
l'intera massa rotante del gruppo e vincere la forza resistente
determinata dagli inevitabili attriti.
A questo punto si controllano i voltometri al quadro di
comando, e raggiunta la tensione voluta, si chiude il
circuito con l'interruttore generale inserendo in rete
l'alternatore, che prendendo il carico in base alle esigenze
degli utilizzatori, inizia ad erogare corrente.
Ora per la legge di Lenz, come ho spiegato nel primo
capitolo, inizia il fenomeno conosciuto con il termine
reazione d'indotto. Viene generato un campo magnetico
rotante di intensità proporzionale alla corrente erogata che
ostacola continuamente la rotazione dell'induttore, pertanto
la turbina deve erogare una potenza maggiore per
superare questa forza frenante, equivalente proprio alla
potenza elettrica generata. Ad erogazione di potenza
elettrica attiva, corrisponde dunque una potenza meccanica
assorbita dall'alternatore fornita dalla turbina che lo
trascina.
290
Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto
In base alle esigenze dell'utenza si determinano delle
variazioni di carico alterando l'equilibrio raggiunto fra la
turbina e l'alternatore che stanno girando alla velocità di
sincronismo. Queste variazioni portano il gruppo ad
accelerare o decelerare, in contrasto con la necessità di
mantenere costante la velocità di rotazione, e quindi la
frequenza.
Al variare del carico o dell'eventuale portata, entra in gioco
il regolatore automatico di velocità, che agendo sul distributore
della turbina, con la conseguente modifica della
106
portata, mantiene costante il numero dei giri. Per fermare
il gruppo il macchinista apre l'interruttore, operazione
equivalente ad un distacco del carico, a questo punto la
macchina che tende ad aumentare la velocità, aziona il
regolatore che chiude il distributore, fino ad arrestare
progressivamente l'alternatore.
È dunque la frequenza il parametro più importante in una
rete elettrica a cui va garantita la maggiore stabilità possibile,
con la necessità di garantire un costante pareggio fra
produzione e consumo di potenza elettrica: la frequenza
sale se la potenza elettrica consumata è inferiore a quella
107
prodotta, e viceversa.
In parole semplici, per comprendere meglio il fenomeno, si
può fare un paragone con il funzionamento di una bicicletta;
un ciclista su una strada pianeggiante mantiene con
facilità la stessa velocità, ma quando affronta una salita
deve compiere uno sforzo maggiore per continuare a
mantenerla costante e non ridurla, mentre in discesa per
mantenerla invariata è costretto a frenare.
Con l'installazione nell'impianto idroelettrico del secondo
2 Regolatore di velocità della
turbina Riva
106
Il regolatore è composto da un misuratore di velocità, il cosiddetto pendolo
di watt, costituito da due sfere metalliche collegate con dei bracci articolati ad
un asse rotante, messo in movimento con una cinghia dall'albero motore
dell'alternatore. I bracci trasformano lo spostamento radiale delle masse nello
scorrimento assiale di un collare, dove una leva rileva quest'ultimo spostamento
per trasferirlo all'organo da controllare. Quando la velocità aumenta le
masse rotanti tendono ad allontanarsi per effetto della forza centrifuga, o ad
avvicinarsi in caso di rallentamento, rispetto ad una posizione fissata per la
condizione di regime. Questa variazione determina lo spostamento verticale
del collare, rispettivamente verso l'alto o verso il basso, determinando la
chiusura o l'apertura di uno stantuffo scorrevole in un cilindro mediante una
pompa ad olio, e conseguentemente la chiusura e l'apertura del distributore.
107
Tra le varie ragioni che impongono la stabilità della frequenza, sono ad
esempio: le misurazioni cronometriche, infatti molti orologi si basano ancora
sulla frequenza della rete e accelerano o rallentano rispettivamente in caso di
aumento o calo della frequenza; le macchine elettriche, che superate alcune
dimensioni possono subire danni se la frequenza è troppo alta o bassa o
qualora vi fossero repentine variazioni.
291
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
gruppo generatore, e successivamente con l'impianto
termico ausiliario, la centrale non si configura più come
una rete isolata ma come una cosiddetta rete distribuita,
dove più generatori operano in parallelo (generazione
distribuita).
In questa condizione tutta la potenza a disposizione è
divisa tra i vari generatori collegati tra loro, allo scopo di
utilizzare solo quelli necessari a soddisfare la potenza
richiesta dall'esterno. I generatori da collegare in parallelo,
devono avere la stessa frequenza e la stessa tensione in
uscita, in questo modo possono essere connessi anche se
sono posizionati in centrali diverse distanti fra di loro.
Operazione quindi particolarmente importante per
garantire la fornitura di energia anche quando una di esse
andasse fuori servizio per qualsiasi motivo.
Oggi nell'intera rete elettrica europea, i generatori, collegati
in parallelo a formare una grande rete distribuita, sono
impostati in modo che reagiscono subito e automaticamente
a una variazione della frequenza di rete. Essi
aumentano o riducono la loro potenza in funzione del
consumo, garantendo così la stabilità della frequenza.
L'inserimento in parallelo di un alternatore in una rete già
alimentata, da un altro o più generatori, è molto delicato e
richiede particolari accorgimenti. L'operazione può essere
eseguita soltanto quando l'alternatore da inserire, oltre ad
avere gli stessi valori di tensione e frequenza, è in opposizione
di fase rispetto alla tensione di rete, cioè nella condizione
in cui le due tensioni si annullano.
Questa condizione è spiegabile tenendo conto che il sistema
può essere distinto in due diversi circuiti. Uno è riferito
al circuito utilizzatore, composto dagli alternatori in
parallelo e la rete esterna, e l'altro coincidente con il circuito
interno degli alternatori collegati fra di loro.
Considerando quindi due alternatori collegati in parallelo,
in una qualsiasi sezione del circuito di collegamento, non
si avrà passaggio di un'inutile e dannosa corrente di
circolazione interna solo quando fra i corrispondenti punti
di una sezione del circuito vi sia un identico valore di
tensione. Questa condizione è verificata quando i due
alternatori forniscono lo stesso valore di tensione e frequenza
ma sono in opposizione di fase, in modo che la loro
risultante, istante per istante, è nulla, pertanto risulta
impossibile la circolazione di corrente nelle macchine
stesse. Questa condizione si ha quando, ad esempio, tre
292
Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto
voltometri in parallelo ai generatori segnano tensione
nulla.
Se la tensione a vuoto anticipa la tensione di rete, la macchina
funziona come generatore immettendo potenza
nella rete, se ritarda funziona come motore.
Nelle moderne centrali elettriche esistono degli apparecchi
elettronici automatici che permettono l'allacciamento
al momento più opportuno, eseguendo il cosiddetto
parallelo, e successivamente la ripartizione del carico
utilizzatore tra i vari alternatori in modo da evitare che
vengano gravati da un carico maggiore di quanto possano
sopportare. Inoltre esistono delle singole protezioni che
intervengono automaticamente nel caso di sovraccarico
per staccare le macchine dalla rete.
Nel caso in cui un alternatore per qualsiasi motivo tenda a
rallentare rispetto all'altro, nel circuito di collegamento tra
i due alternatori circolerà una corrente detta sincronizzante.
Questa corrente trasferisce potenza dall'alternatore che
funziona regolarmente a quello che ha rallentato rispetto
alla velocità di regime, e lo riporta a quella dovuta.
A questo punto le tensioni torneranno ad essere uguali e
non si avrà più alcun passaggio di corrente sincronizzante
e di potenza da una macchina all'altra.
Le varie regolazioni sugli alternatori vengono effettuate
sia operando sulla potenza della turbina con la regolazione
del distributore sia sul valore della tensione in uscita,
variando il campo magnetico dell'induttore. Quando un
alternatore funziona a vuoto, senza carico, la sua tensione
in uscita è costante, subisce però delle variazioni, a parità
di corrente eccitatrice, al variare del carico collegato.
A questa variazione si fa fronte variando opportunamente
il flusso dell'induttore con reostati manuali o, per automazione
dell'impianto, con regolatori automatici di tensione
che mantengono costante la tensione in uscita
dell'alternatore al variare del carico.
Come ho detto in precedenza, oggi tutte queste operazioni
sono automatizzate, basta un click del mouse e le stesse
vengono eseguite in maniera completamente automatica,
senza provare però la stessa grande emozione di chi aveva
imparato a fare queste operazioni in modo completamente
manuale con l'utilizzo di vecchie strumentazioni: il variagiri
per la frequenza, i reostati per correggere la tensione,
le lampade sincroniche o lo zerovoltmetro e gli interruttori
di macchina.
293
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
3 Schema elettrico messa in
parallelo degli alternatori
Quella di mettere in parallelo un alternatore con la rete è
un'operazione che soltanto chi sta dentro una centrale
elettrica nel momento giusto riesce a vederla, e solo conoscendo
bene la materia, a viverla fino in fondo, un po' come
condurre da vecchio macchinista una locomotiva a vapore,
entrando in sintonia con i tempi e le necessità della
macchina.
Nella centrale di Felitto per avviare il secondo gruppo,
mentre l'altro è già in funzione ed eroga potenza, c'è
bisogno della presenza di due operatori di macchina. Il
primo, dopo l'apertura della valvola principale con la
messa in pressione della turbina, apre il distributore
tramite il volantino del regolatore di giri e mette in moto il
gruppo, fino a raggiungere una velocità prossima a quella
di sincronismo, corrispondente alla frequenza
dell'impianto; il secondo operatore al quadro comandi
può invece regolare l'eccitazione dell'alternatore con il
volantino del reostato, in modo che l'indicazione del
relativo voltometro risulta uguale all'indicazione del
voltometro di rete. Cioè fino a quando la tensione a vuoto
dell'alternatore da inserire è uguale alla tensione di rete,
corrispondente in questo caso a quella del gruppo sotto
carico.
A questo punto si è pronti a iniziare la manovra di messa in
parallelo della macchina. Tutto ha inizio osservando
l'accensione ad intermittenza delle lampade sincroniche
108
sul quadro comandi , provocando un fenomeno che per i
non addetti ai lavori potrebbe apparire perfino divertente.
Invece quelle pulsazioni luminose, in gergo chiamate
battimenti, indicano un importante momento che non si
vive in nessun altro tipo di impianto: la sincronizzazione
tra due macchine che stanno ruotando a velocità diverse e
che devono invece accoppiarsi; come due auto in corsa, che
procedendo velocemente sulla stessa corsia stradale,
devono rimanere rigorosamente una accanto all'altra
mantenendo la stessa velocità.
Per i moderni elettrotecnici questo momento sarebbe
visualizzabile con un oscilloscopio a doppia traccia, nel
quale il primo canale visualizza la sinusoide della rete,
mentre il secondo visualizza quella prodotta dal generatore.
Per gli operatori della centrale è invece controllato dai
battimenti delle lampade sincroniche, un semplice stru-
108
In alcuni casi le lampade sincroniche sono sostituite da uno strumento di
misura elettromeccanico con una freccia oscillante, detto zerovoltmetro.
294
Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto
mento costituito da tre lampade, una per ogni fase, collegate
in parallelo ai morsetti dell'interruttore di macchina.
Essendo uguali le tensioni, ma ancora non in fase a causa
del divario anche lieve di velocità, si nota una successione
di spegnimenti ed accensioni, ogni secondo, tanto più
lente quanto minore è la differenza fra le frequenze dei due
alternatori.
In funzione del numero dei battimenti di luce si può quindi
regolare per piccoli gradi la velocità dell'alternatore per
rendere gli stessi sempre più lenti, fino a quando le tre
lampade restano spente, a indicare il perfetto sincronismo,
cosicché l'operatore al quadro comandi può chiudere
l'interruttore di macchina e mettere in parallelo il gruppo.
A questo punto se è ancora presente un piccolo scarto di
velocità, con l'intervento delle coppie sincronizzanti si
annulla completamente, cessando ogni scambio di corrente,
e il parallelo è stabilmente eseguito.
La manovra è riuscita, tutto è andato per il verso giusto, gli
amperometri non si sono neppure mossi, il sincronismo è
risultato perfetto, e ora il gruppo può iniziare la presa di
carico e gradualmente raggiungere tutta la sua potenza.
All'atto di chiusura dell'interruttore di parallelo,
l'alternatore che si è messo in servizio è regolato in modo
da generare una tensione a vuoto esattamente uguale a
quella esistente in rete, conseguentemente non può erogare
e ricevere alcuna corrente proprio per la condizione di
equilibrio raggiunta con la tensione preesistente;
l'alternatore, dunque, pur essendo stabilmente allacciato,
funziona ancora a vuoto, assorbendo dalla turbina che lo
aziona soltanto la potenza meccanica necessaria per
superare la forza delle masse rotanti e degli attriti.
A questo punto bisogna far assumere un certo carico attivo
e reattivo al nuovo alternatore, scaricando eventualmente
l'altro gruppo.
Aumentando l'apertura del distributore della turbina,
facendo entrare una maggiore quantità di acqua in confronto
a quella richiesta nel funzionamento a vuoto, la
macchina tende ad accelerare ed inizia ad erogare corrente,
che aumenta gradualmente fino a quando la forza
resistente prodotta per il fenomeno dell'autoinduzione,
non arriva ad equilibrarsi alla maggiore forza motrice
applicata, riprendendo nuovamente la marcia sincrona,
corrispondente alla nuova condizione di equilibrio raggiunta.
295
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Se nel frattempo la potenza attiva richiesta dalla rete
rimane invariata, è chiaro che nello stesso momento in cui,
si apre il distributore del gruppo messo in esercizio, affidando
a questo una parte del carico attivo, bisogna scaricare
di altrettanto l'altro gruppo, chiudendo in proporzione
il distributore della relativa turbina.
La manovra di apertura e chiusura sui due gruppi, con
l'intervento sul variagiri del regolatore di velocità che
stabilisce il carico voluto alla frequenza di regime, deve
essere fatta contemporaneamente, quindi impiegando
entrambi gli operatori della sala macchine. Diversamente
l'equilibrio dinamico non può ricostituirsi se non attraverso
una variazione di velocità e quindi della frequenza.
La centrale a questo punto è totalmente operativa con i due
gruppi funzionanti, mantenuti a regime dai sistemi meccanici
di regolazione automatica in caso di variazioni sul
carico della rete o di perturbazioni nel sistema idraulico,
con alterazioni della portata.
Fino a quando è tutto regolare, la conduzione
dell'impianto idroelettrico risulta abbastanza agevole.
Diviene complicata invece durante i temporali invernali,
quando con qualche palo della rete elettrica che cade, o i fili
che si spezzano per un fulmine che colpisce la linea o la
sovraccarica facendo saltare le protezioni in qualche
cabina elettrica, si determina un distacco improvviso di
carico sui gruppi, portandoli a velocità elevate. Con il
superamento dei giri nominali prestabiliti, detta in gergo
velocità di fuga, bisogna ricorrere subito ai ripari con la
chiusura a mano delle valvole di alimentazione, cercando
contemporaneamente di evitare il colpo d'ariete nelle
condotte per la repentina chiusura. Quando un gruppo è
andato in fuga se non lo si arresta subito si rischia uno
sfasciamento meccanico per le elevate vibrazioni e per la
notevole forza centrifuga, oltre al conseguente surriscaldamento
e alla bruciatura dei circuiti.
A parte il pericolo di improvvise interruzioni del carico
con la conseguente fuga delle macchine, durante le condizioni
di cattivo tempo, al fine di mantenere il servizio
attivo, l'operario addetto deve pulire costantemente la
griglia all'imbocco della vasca di carico, occlusa dai materiali
trasportati dall'acqua, per lo meno fino a quando le
condizioni lo permettono.
In caso di peggioramento dovuto ai forti temporali, con
piene del fiume troppo turbolente e trasporto eccessivo di
296
Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto
materiale in sospensione nell'acqua, limo e sabbie, si
preferisce fermare i gruppi per non danneggiare l'interno
delle turbine (distributore e pale della girante), chiudendo
la paratoia di alimentazione della condotta forzata e del
canale di alimentazione, con la contemporanea apertura
degli scarichi di fondo della traversa per lasciare defluire
l'acqua lungo il corso del fiume. Alla fine del temporale,
scampato il pericolo, si può ripristinare il funzionamento
dell'impianto, con la messa in servizio dei gruppi e
dell'intera rete di distribuzione.
L'interruzione dell'energia elettrica alle utenze nel caso di
una rete isolata è abbastanza frequente, non solo per
eventuali problemi tecnici che in generale si possono
verificare, come nel caso di forti piogge, ma anche ai fuori
servizio della centrale per le ricorrenti operazioni di
pulizia del lungo canale di alimentazione e per la manutenzione
delle macchine.
L'elettromeccanico addetto alla verifica dei gruppi in
centrale può eseguire le operazioni di manutenzione e di
riparazione avvalendosi dell'officina attrezzata all'interno
della centrale, sempre se il lavoro da effettuare non è di
grande entità.
Le operazioni ricorrenti sono soprattutto il cambio delle
spazzole e degli anelli del collettore del gruppo di eccitazione,
la lubrificazione delle parti meccaniche in movimento,
la messa a punto dei regolatori di velocità, il controllo
dei circuiti e delle apparecchiature elettriche e la
pulizia delle parti interne delle turbine con la rettifica
dell'albero motore della girante, soggetto a considerevole
usura per le forti pressioni e l'elevato numero di giri.
Quest'ultima operazione, per la precisione richiesta, deve
essere eseguita da un'officina specializzata, dove l'asse da
rettificare può essere lavorato con una particolare macchina
utensile a rotazione detta tornio, smontando quindi il
pezzo da riparare per portarlo in un'officina dove si eseguono
lavorazioni di tornitura.
4-5-6-7 Nelle pagine successive:
progetto di ricostruzione sala
m a c c h i n e d e l l a c e n t r a l e
idroelettrica di Felitto come si
presentava negli anni Quaranta
del Novecento
297
Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
4
5
298
Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto
6
7
299
8 Quadro elettrico in marmo
nella centrale idroelettrica a
Felitto, Voltometri IME 400 Volt
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- Archivio Famiglia Morra, Magliano Vetere;
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- Archivio Famiglia Pesce, Laurino;
- Archivio Famiglia Piumelli, Felitto;
- Archivio Famiglia Scuccimarra, Salerno;
- Archivio Museo della civiltà contadina di Felitto;
- Archivio Storico Enel “Giuseppe Cenzato” Napoli;
- Archivio Ufficio Gestione delle acque, Settore ambiente,
Provincia di Salerno;
- Emeroteca Biblioteca Tucci, Palazzo delle Poste, Napoli;
- Archivio Costabile Cerone.
307
1 Isolatore in vetro marcato con
la sigla CEI-UNEL nel rispetto
nelle norme elettriche, ritrovato
nella centrale idroelettrica di
Felitto
Finito di stampare nel mese di dicembre 2013
Il 1913 è l'anno che sul territorio del salernitano appaiono le
prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica,
e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della
Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a
incandescenza per l'illuminazione pubblica. È il punto di svolta
verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico.
Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e
ricerca svolto per celebrare il centenario dell'arrivo dell'energia
elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un'importante
società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società
Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di
realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume
Calore nel territorio comunale di Felitto, con la distribuzione di
energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo
della Lucania, attraversando i comuni di Campora,
Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella,
Novi Velia, Stio e tanti altri.
Il 1913 è anche l'anno di costituzione di un'altra società concorrente,
la Società Anonima Lucana d'Industrie Elettriche, che
raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione
sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San
Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta
l'elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di
produzione termoelettrica a carbone.
Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione
di energia elettrica a partire dalla fine dell'Ottocento, illustra
le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate
a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di
Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante,
descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.
€ 70,00