Archeomatica 1 2021
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ivista trimestrale, Anno XIII - Numero 1 marzo 2021
ArcheomaticA
Tecnologie per i Beni Culturali
Digitalizzazione 3D
Sczzzzzz
Archeologia Forense
WebGIS Culturale e Paesaggistico
Augmented Heritage
Multimedialità alle Terme di Diocleziano
www.archeomatica.it
EDITORIALE
Tecniche di Riconoscimento Fotografico
In questo numero di Archeomatica scopriamo o ricordiamo, attraverso i suoi autori nelle diverse
applicazioni, alcune abilità e facilitazioni che la georeferenziazione, la modellazione 3D, il rendering,
la realtà aumentata e infine l’intelligenza artificiale consentono di svolgere in parziale automazione,
ma che in tempi ancora recenti erano considerate una prerogativa della mente umana, anche
geniale, enimigmistica, su base neuronale, abbastanza rara e parte consistente di una formazione
professionale. Ritrovare le persone, ricostruire un oggetto prezioso disperso, identificare un territorio
attraverso i suoi mutamenti, ripristinare in anastilosi virtuale un sito storico o archeologico perfino
invisibile all’occhio umano e anche isolare un virus sono tutti traguardi raggiungibili con la rapidità
di un test dalla potenza d’immagazzinamento di una banca dati computerizzata in uno smartphone.
Per una rivista che si addentra nella studio e nella ricerca tecnologica di beni culturali è immediato
chiedersi a che punto sia il riconoscimento fotografico. Una tecnica fondamentale nel recupero degli
oggetti d’arte dispersi, distrutti, smarriti, rubati o anche solo esportati o ritrovati nel tentativo
di andare incontro ad un mercato e ad un’offerta migliore per chi voglia valorizzare una risorsa
economica peculiare al paese, turisticamente forse il più sviluppato al mondo, se si eccettua lo
sforzo di valorizzazione compiuto dagli Stati Uniti, sul piano degli acquisti di opere d’arte: proteggere
un pezzo della storia e l’interesse di beni che ancora possono essere privati. Debbano cioé poter
appartenere ad un individuo e ad ogni individuo in una comunità quanto estesa, che possa e voglia
mantenerlo proprio perché intrinsecamente, per definizione, non solo superfluo e sregolato, quanto
utile e fruibile. A questo scopo esiste dal 1968 in Italia, come tutti sanno, il Nucleo di Tutela delle
opere d’arte, che si avvale, nei ritrovamenti, di una banca dati di centinaia di migliaia di oggetti
d’arte spariti che consente di identificarli nell’eventualità di una loro destinazione fortuita, con
tecnologie di documentazione del bene analoghe a quelle delle banche dati amministrative regionali
e del Ministero della Cultura, che devono intervenire conservativamente in ogni casualità di rischio
e misconoscenza del suo stato di degrado relativo, non solo in caso di calamità, come avvenuto nel
territorio delle Marche, e illustrato in questo numero fino alla realtà di crollo totale degli edifici di un
quartiere, ma nello svolgersi di eventi e nella routine dell’alta frequentazione. Non è detto, infatti,
che un museo che non apra al pubblico conservi al meglio le sue opere: fra i casi di dispersione di
oggetti artistici ci sono anche quelle di abbandono della memoria. A questo proposito, è esemplare
il lavoro svolto dal Museo delle Terme di Diocleziano, un museo a giardino non solo affollato dai
visitatori, ma sempre bersagliato dalle mire di turisti in caccia di souvenirs su commissione. In questo
numero, con il rifacimento della banca dati del Louvre, che ora si presenta on line autonomamente
dalle banche dati nazionali Atlas e Joconde in una veste nuova, più virtuale, più dedicata alla fruizione
in dettaglio, anche competitiva con i musei statunitensi, è importante accennare qui che l’ICCD,
ha a sua volta sviluppato on line un nuovo interfaccia del Catalogo Generale dei Beni Culturali che
consente l’identificazione, per un pubblico non necessariamente colto o introdotto alle dinamiche
computerizzate con App su smartphone implementate, di oltre un milione di schede di opere d’arte
che costituiscono il patrimonio protetto dallo stato italiano, un sistema che a partire dagli anni
Settanta ha conosciuto innumerevoli rivoluzioni di tecnologie di archiviazione, sempre fondate sugli
stessi principi costituzionali di fruibilità pubblica, ma anche di smart working per ricercatori, DAD,
disabili e turisti. Tutti sanno che l’Intelligenza Artificiale riconosce una fotografia marcata ed è in
grado di intercettarla in qualsiasi banca dati connessa, molto pochi ancora sono addentrati, viceversa,
nella simulazione ottenibile da una fotografia, perfino da una stampante 3D, di colori e di valori tattili
o uditivi, percettivi, nel senso più ampio, dell’oggetto artistico fino alla sua sofisticazione materiale,
prima di tutto dell’immagine in rete: la tentazione di Instagram è forse il campione di questa presa
di realtà della vita artistica della fotografia con sue regole di riconoscimento estetico. Nel saggio
L’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica (1935) Walter Benjamin consolidava la fotografia in
bianco e nero, esaltatane la valenza simultanea di cronaca ed arte, come strumento di studio nella
sua pretesa di obbiettività, una volta giunta alla stampa tipografica. Naturale che un dipinto, come
accaduto all’Ecce homo tolto di recente all’Asta di Ansorena a Madrid, per entrare nell’attualità,
non venga immediatamente riconosciuto nella fotografia in bianco e nero pubblicatane da Roberto
Longhi su Paragone nel 1954, dicendolo derivazione dall’Ecce homo di Palazzo Bianco a Genova, che
per primo attribuiva a Caravaggio; inaspettato invece che il valore irrisorio di base d’asta del quadro
seicentesco, si dice 1500 euro, sia massificato al punto tale da raggiungere appena la quotazione
che avrebbe la sua fotografia originale, pubblicata da Longhi, fra i collezionisti e gli amatori. Forse
solo questo dovrebbe far riflettere, attraverso la linea, su quanti e quali fossero i grandi artisti del
Seicento, anche italiani, che gli storici successivi riconobbero pari a Caravaggio, tanto da ingannare
l’alta risoluzione.
Buona lettura,
Francesca Salvemini
IN QUESTO NUMERO
DOCUMENTAZIONE
6 Il Tesoro di Sant’Eufemia
rinasce in 3D - Esempio di
digitalizzazione di reperti
non direttamente fruibili
di Francesco La Trofa, Gabriele
Simonetta, Felicia Villella
L'immagine di copertina di questo numero
è composta da un insieme di figure estratte
dell'articolo "Il Tesoro di Sant'Eufemia rinasce
in 3D", che raffigurano il processo di digitalizzazione
del diadema. Si tratta della vista
assonometrica del risultato della mappatura
unwrap, dell'incremento di dettaglio sulla geometria
di base e della selezione dei dettagli
aggiuntivi del diadema.
16 Multimedialità alle
Terme di Diocleziano
2010-2020: 10 anni di
esperienze al Museo
Nazionale Romano
di Carlotta Caruso
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ArcheomaticA
Tecnologie per i Beni Culturali
Anno XIII, N° 1 - MARZO 2021
Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista
italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione
e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,
la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio
culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su
tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la
diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,
in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei
parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione
avanzata del web con il suo social networking e le periferiche
"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani
che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,
enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.
Direttore
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dir@archeomatica.it
Direttore Responsabile
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michele.fasolo@archeomatica.it
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luca.papi@archeomatica.it
22 Un sistema Web-GIS dei
Beni di Interesse Culturale e
Paesaggistico nelle Marche
di Annalisa Conforti, Giovanni
Issini, Camilla Tassi, Sara Trotta,
Luigi Federico D’Amico, Eva Savina
Malinverni
RUBRICHE
32 AZIENDE E
PRODOTTI
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35 RECENSIONE
36 AGORÀ
Notizie dal mondo delle
Tecnologie dei Beni
Culturali
28 L'Archeologia
Forense e
la Ricerca
di Persone
Scomparse
di P. M. Barone
42 EVENTI
INSERZIONISTI
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ESRI 44
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Gter 35
HUBSTRACT 27
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Teorema 42
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Data chiusura in redazione: 20 aprile 2021
DOCUMENTAZIONE
Il Tesoro di Sant’Eufemia rinasce in 3D
Esempio di digitalizzazione di reperti non direttamente fruibili
di Francesco La Trofa, Gabriele Simonetta, Felicia Villella
Fig. 1 – Il tesoro di Sant’Eufemia, immagine d’archivio.
Gli strumenti digitali consentono di ripensare
radicalmente i modelli di fruizione museali, grazie alla
possibilità di arricchire le collezioni degli istituti della
cultura e generare nuove esperienze per il pubblico.
Facendo riferimento al caso studio del Tesoro di
Sant’Eufemia, un gruppo di gioielli in oro di epoca
ellenistica rinvenuti fortuitamente in Calabria verso la
fine dell’Ottocento, oggi conservato presso il British
Museum di Londra, si è sperimentato un processo di
ricostruzione tridimensionale del reperto principale, il
diadema, attraverso l’elaborazione delle sole immagini
disponibili in archivio.
I
risultati ottenuti dalla ricerca
proposta mirano ad ampliare
l’offerta culturale dei tradizionali
istituti della cultura.
Nell’ottica di un continuo aggiornamento
dei contenuti e in
relazione anche alle recenti restrizioni
imposte dall’emergenza
sanitaria, è apparso indispensabile
dotare i piccoli e grandi
musei italiani di ogni strumento
che possa favorire la fruizione
dei beni al di là della chiusura
fisica dei suddetti luoghi, oltre
che considerare quei casi in cui
i reperti non possano essere direttamente
fruibili a causa di innumerevoli
variabili.
Il lavoro nasce da una esigenza
iniziale che ben si sposa con la
recente situazione imposta al sistema
museale nazionale: il caso
studio del Tesoro di Sant’Eufemia.
Scoperto alla fine del XIX secolo
in circostanze non del tutto
chiare, rappresenta un unicum
sia per la tipologia dei reperti
inclusi nella collezione sia per la
vicenda legata alla vendita del
Tesoro per il British Museum di
Londra che ha privato, in tempi
non sospetti, di un gruppo di reperti
unici nel loro genere il Museo
archeologico Lametino, sito
a Lamezia Terme in provincia di
Catanzaro.
Il gruppo di gioielli in oro del
periodo magnogreco rappresenta
un ritrovamento eccezionale,
testimone delle maestranze orafe
del tempo e della ricchezza
del popolo che ha abitato questi
luoghi: la possibilità di visionare
in situ una simile testimonianza
andrebbe non solo a beneficio
del sistema museale ma di tutto
il turismo culturale e accademico
che si genererebbe di riflesso.
6 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 7
Secondo le premesse è apparso, quindi, chiaro come puntare
l’attenzione a reperti del genere prospetterebbe un ottimo
risultato sia dal punto di vista scientifico, permettendo
di riprodurre la collezione potendone studiare le fattezze
e la lavorazione, sia da un punto di vista della fruizione,
allargando la possibilità al museo stesso di dedicare parte
di una delle sale alla sezione didattico-tattile, allineandosi
con il processo di inclusione totale a cui il sistema museale
nazionale sta via via implementandosi, oltre che di un reparto
dedito alla realtà aumentata.
Per queste ragioni, lo studio ha usato una serie di immagini
di archivio gratuitamente accessibili sul sito ufficiale del
British Museum per produrre una ricostruzione del diadema
del Tesoro, il pezzo maggiormente evocativo dell’intera collezione;
riservandosi in futuro l’ampliamento della ricostruzione
all’intera collezione di ori.
LA COLLEZIONE: ANAMNESI
Il Tesoro di Sant’Eufemia è costituito da un gruppo di gioielli
in oro: un diadema, una lunga collana con protomi leonine e
un pendente in oro a castone ovale, un terminale di collana,
sei catenelle con tre pendenti probabilmente montate in
origine con il pendente ovale, un frammento di catenina,
un pendente a protome femminile bifronte, tre terminali
di orecchini con protomi femminili, un anello scarabeo, un
anello ovale con busto di Atena, sei lamine probabilmente
con funzione di cintura, sei pendenti per collana insettiformi,
due dischi e una moneta in bronzo con Persefone che, a
causa della sua datazione, potrebbe non essere direttamente
collegata al Tesoro.
Le circostanze sul ritrovamento risentono fortemente sia
delle modalità attraverso cui le testimonianze ci arrivano
sia perché in più punti le dicerie si fondono con i fatti real-
Fig. 2 – Il tesoro di Sant’Eufemia: il diadema.
mente accaduti: i documenti tramandano che un gruppo di
gioielli sarebbe stato rinvenuto nei primi giorni di aprile del
1865 in seguito ad una pioggia di notevole entità in un uliveto
nei pressi del quartiere odierno di Sant’Eufemia Vetere,
ai piedi di un fondo detto Elemosina, raccolti da Giovanni
Giudice mentre era alla ricerca di legna. Lo stesso si sarebbe
fatto abbindolare da una coppia di compaesani convincendolo
a portarli sul luogo del ritrovamento, perpetuando
la ricerca tanto da rinvenire anche ceramiche e resti di ossa
umane, il cui valore non è stato assolutamente compreso.
Questi ultimi vennero consegnati al custode del fondo di
proprietà di Pasquale Francica, il quale continuò la ricerca,
portando alla luce ulteriori monili in oro che spezzettò per
rivendere ad un orefice locale.
Fig. 3 - Photo gallery d'archivio: immagini selezionate per la ricostruzione 3D.
Solo alcuni mesi dopo il proprietario del fondo venne a conoscenza
dei fatti e cercò di recuperare il tesoro o quello
che ne rimaneva: parte in realtà era già stato fuso.
Vent’anni più tardi un erede della famiglia Francica, Antonio,
fece pubblicare un catalogo per la vendita del tesoro
sorbendo il successo desiderato, tanto che un antiquario
romano, Vincenzo Vitalini, lo acquistò per rivenderlo poi al
British Museum nel 1896; anche se solo nel 1985 l’anello
scarabeo entrò nell’entourage londinese dopo aver soggiornato
in tre collezioni private.
I documenti che giungono fino ai giorni nostri sono stati sottoscritti
dal sindaco di Gizzeria, di Sambiase e di Nicastro,
oltre che da Antonio Francica; si tratta di versioni che presentano
sfumature differenti e che consentono di quantificare
da un punto di vista materiale a quanto ammontasse
l’intero tesoro ritrovato, oltre che alludere alla possibilità
che il sito indagato coincidesse con il sepolcro del tiranno
Agatocle, ivi sepolto con la sua armatura, come testimoniato
da una moneta bronzea che riportava l’incisione Agatocle
Basileo, oggi non pervenuta.
GLI STUDI ARCHEOLOGICI E LO STATO DELL’ARTE
Lo studio ha volto la sua attenzione sul pezzo più rappresentativo
della collezione: il diadema aureo. Si tratta di una
lunga fascia in lamina d’oro saldata ad un frontone triangolare;
la fascia presenta una scanalatura tripartita, ciascuna
delle scanalature presenta una ulteriore tripartizione e tre
gruppi di cerchi punzonati; le estremità, infine, presentano
due ganci a spirale. Sia il frontone che la lamina sono riccamente
decorati da volute floreali simmetriche composte
sia da spirali perlinate che steli lisci: è possibile individuare
anche la tipologia floreale proposta, piccole rose e fiori a
calice. La parte apicale del frontone presenta una figura
antropomorfa, forse il titano Elio, oppure una figura apotropaica,
una testa di Gorgone.
La presenza di diversi decori che riconducono alla spirale
ha permesso di identificare questa decorazione come tratto
distintivo di più pezzi della collezione, portando gli studiosi
del settore a ipotizzare un unico maestro orafo che avrebbe
realizzato tutti i monili, denominato nei cataloghi Maestro
di Sant’Eufemia, il quale li avrebbe realizzati tra il 330 e il
300 a. C.; ipotesi sostenuta anche dal ritrovamento nelle
vicinanze dell’hydria in località Cerzeto, una ceramica riccamente
decorata che riporta tra le sue figure decorazioni
riconducibili agli ori, oggi conservata tra le sale del Museo
archeologico Lametino.
È curioso notare, inoltre, che il diadema presenta una riparazione
antica, quindi si tratta di un gioiello usato realmente
in vita dal suo possessore.
Gli studi degli ori della Magna Grecia aprono un settore particolarmente
battuto e rimandano senza ombra di dubbio
agli Ori di Taranto esposti nel Museo archeologico della città.
Il design dei gioielli, così come lo definiremmo oggi, è ampiamente
omogeneo tra i ritrovamenti delle colonie della
Magna Grecia, questo lascia intendere la presenza di pochi
centri di produzione orafa, uno tra questi potrebbe proprio
essere quello del Maestro di Sant’Eufemia attivo sul finire
del IV secolo a. C. e che si va ad affiancare ai grandi centri
produttivi come quello di Ginosa, di Crispiano e di Canosa.
Un’altra teoria vuole che l’intera collezione, riconducibile
sì ad un unico artigiano, provenga, invece, proprio dai
maggiori centri di produzione pugliese.
LA FRUIZIONE DEI REPERTI MUSEALI TRA ESPERIENZA
FISICA, VIRTUALE ED IBRIDA
La digitalizzazione delle collezioni museali apre allo sviluppo
di nuove esperienze multisensoriali per allestimenti multimediali
ed interattivi in presenza in grado di coinvolgere il
pubblico: dalle gallerie interattive delle opere digitali fino alle
applicazioni in realtà aumentata per aggiungere informazioni
contestuali all’allestimento fisico.
Allo stesso modo, i tour virtuali consentono di raggiungere
online un pubblico altrimenti impossibile da coinvolgere, sia
come alternativa ad una visita tradizionale il cui accesso è interdetto,
sia quale efficace strumento di marketing, in grado
di aumentare la popolarità dell’istituzione e dell’offerta museale.
Il lockdown ha segnato un crollo drammatico degli ingressi,
quantificabili oltre il 70% per la maggior parte dei principali
musei, a partire dal Louvre, che secondo alcune stime avrebbe
perso circa 90 milioni di euro soltanto nel corso del 2020,
Fig. 4 - Creazione della geometria di base. Vista planimetrica e laterale del cilindro di proiezione.
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Tecnologie per i Beni Culturali 9
Fig. 5 - Vista assonometrica. Risultato della proiezione della foto sulla geometria di base.
bilanciati soltanto in parte da 46 milioni di ristori previsti dal
governo francese.
Tuttavia, i lockdown hanno indubbiamente accelerato il percorso
di digitalizzazione in ambito museale, sino a quel momento
esplorato soltanto in via marginale. Particolarmente significativi
i risultati fatti registrare dal Museo Egizio di Torino.
Pur a fronte di un calo di visitatori del 72%, dovuto al periodo
limitato di apertura (solo 185 giorni su 365) e del limitato afflusso
turistico verso il capoluogo piemontese: il museo torinese
ha registrato oltre un milione di visite virtuali attraverso la
produzione di nuove esperienze. In particolare, le “Passeggiate
con il direttore”, hanno consentito agli spettatori virtuali
di visitare le sale del Museo Egizio con la guida autorevole di
Christian Greco. La particolarità del format, costituito da due
ore di visita e trenta minuti di interazione diretta tra il pubblico
e l’egittologo ha riscosso un grande successo anche dal
punto di vista commerciale. Tra le numerose iniziative digitali,
il Museo Egizio ha prodotto una visita virtuale della mostra
“Archeologia Invisibile”, che vede il contributo di numerose
tecnologie 3D, che vanno dalla scansione del reperto alle TAC
per analizzare in maniera non distruttiva il materiale archeologico.
L’allestimento prevede sia ricostruzioni virtuali in 3D che
la riproduzione in scala 1:1 dei gioielli e dei monili perfettamente
conservati all’interno di una coppia di sarcofagi.
Gli strumenti digitali, quindi, consentono di creare nuovi format
per valorizzare gli asset museali in moltissimi modi. La
digitalizzazione delle collezioni costituisce inoltre una notevole
opportunità per rendere finalmente accessibili al pubblico
l’intero patrimonio artistico e culturale che giace nei depositi,
non trovando spazio nelle sale espositive.
Fig. 6 - Vista assonometrica. Selezione dell’area di interesse geometrico e creazione dei vincoli geometrici.
Se gli effetti e le limitazioni della pandemia Covid-19 hanno
proposto il modello di fruizione virtuale quale unico realmente
disponibile durante le fasi più dure dei lockdown,
l’attesissimo new normal dovrebbe fare tesoro delle esperienze
digitali per riprogrammare i modelli di business nella
direzione di sfruttare le tecnologie digitali per valorizzare
nel modo migliore tutte le collezioni e le risorse di cui i musei
dispongono, sia in presenza, con allestimenti innovativi,
che online, grazie alle potenzialità dei tour virtuali e alla
generazione di nuovi contenuti multimediali, capaci di raccontare
storie di straordinario valore ed interesse.
LA DIGITALIZZAZIONE DELLE FONTI INDIRETTE
La disponibilità fisica del reperto consente vari approcci
strumentali per creare il suo equivalente digitale, che nel
caso della scansione 3D consente di ricostruire un modello
3D metrologicamente fedele all’originale. Una collezione
virtuale o una collezione ibrida, costituita in parte da reperti
fisici e in parte digitali costituisce una base di offerta potenzialmente
molto efficace per sviluppare nuove esperienze
museali. In questo contesto rientrano anche quelle opere
che non sono fisicamente disponibili per un’operazione di
rilievo diretto. Si pensi a reperti conservati altrove o andati
irrimediabilmente perduti.
Dal punto di vista tecnologico, l’obiettivo della presente
ricerca è incentrato nella sperimentazione di un metodo
capace di ricreare un modello 3D il più fedele possibile
ad un elemento non disponibile, attraverso l’impiego delle
sole fonti indirette: le immagini del diadema del Tesoro di
Sant’Eufemia.
Lo spunto per questo approccio è derivato dal progetto
Rekrei, dove il crowdsourcing delle immagini disponibili in
rete ha consentito ad un team di ricostruire, grazie alla fotogrammetria
3D, una serie di modelli digitali dei reperti
compromessi dalla furia iconoclasta dell’ISIS durante la sua
occupazione in Siria e nei luoghi settentrionali dell’Iraq.
In particolare, la sperimentazione sul diadema ha consentito
di provare delle alternative di metodo per riprodurre digitalmente
un modello che, pur limitato nelle sue dimensioni, risulta
particolarmente complesso per via della sua morfologia
e della varietà materica da cui è composto.
In questo caso, le immagini disponibili non erano certamente
sufficienti per completare con successo un processo ricostruttivo
basato sulla fotogrammetria 3D, per cui si è preferito
procedere nella costruzione delle reference su cui impostare
una modellazione from scratch, basata sul ricalco delle
varie proiezioni ortogonali ricavate a partire dalle immagini.
Se affrontato da un modellatore 3D dotato di competenze
ed esperienza, oltre al supporto di uno studioso in grado di
identificare con certezza, o con la maggior precisione possibile
le caratteristiche delle varie parti del reperto originale,
questo metodo può costituire un’ottima opportunità
per creare delle collezioni digitali utili a tutte le circostanze
in cui non è fondamentale una precisione metrologica ma è
sufficiente un’elevata identità visiva.
Il modello 3D full color texturizzato può essere utilizzato per
la generazione di immagini, video, contenuti multimediali
interattivi ed esperienze immersive (AR, VR). Allo stesso
modo è possibile realizzare copie fisiche ad alta risoluzione
grazie alla combinazione di varie tecnologie di stampa 3D
con sistemi di produzione tradizionale, in grado di riprodurre
le forme e i materiali previsti, reinterpretando con l’artigianato
digitale lo stesso approccio che avrebbe avuto l’artigiano
orafo del tempo per ottenere, anche in questo caso, un’identità
visiva soddisfacente rispetto al reperto originale.
Una ulteriore opportunità che la ricostruzione digitale basata
sulle fonti indirette può consentire è la creazione dei
modelli tattili. In questo caso l’identità visiva non costituisce,
per ovvie ragioni, il requisito principale, mentre risulta
auspicabile reinterpretare il modello originale per garantire
al pubblico ipovedente un modello digitale dove sia semplice
riconoscere in modo corretto le differenze tra le varie parti
dell’oggetto, oltre alla percezione del suo insieme.
Fig. 7 - Vista frontale dell’editor di mappatura Unwrap. La foto viene deformata fino a farla coincidere con la geometria.
10 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 11
Fig. 8 - Vista assonometrica del risultato della mappatura Unwrap.
Fig. 9 - Vista assonometria dell’incremento di dettaglio sulla geometria di base.
Fig. 10 - Selezione dei dettagli aggiuntivi.
Fig. 11 – (a) Foto originale da archivio, (b) Foto convertita in bianco e nero, (c) Incremento del contrasto per la definizione dei dettagli.
RICREARE UNA COLLEZIONE DIGITALE IN 3D:
IL DIADEMA DEL TESORO DI SANT’EUFEMIA
La ricostruzione di un qualsiasi bene parte sempre da una
solida base di reference, necessarie per definire tutte le
caratteristiche geometriche e/o materiche dell’oggetto. Da
questa fase dipende la fedeltà di ricostruzione e il grado di
approssimazione con il quale l’oggetto viene restituito nella
sua versione virtuale.
La ricostruzione from scratch è una ricostruzione geometrica
manuale basata sul posizionamento ad hoc di reference
fotografiche sul piano di lavoro digitale. Questo metodo si
basa sul principio delle proiezioni ortogonali, per cui avendo
almeno due foto dell’ oggetto, una frontale e una laterale, è
possibile definirne l’ingombro generale e le sue proporzioni
di massima.
Nel caso del diadema, non è stato possibile ottenere questo
tipo di informazioni, per cui è stato necessario definire un
metodo alternativo per la ricostruzione. Oltre all’impiego
delle fonti fotografiche d’archivio, le altre informazioni utilizzate
per la ricostruzione sono le misurazioni effettuate da
studi precedenti: l*p*h e geometria sottesa di base. Per la ricostruzione
è stato utilizzato il software Autodesk 3DS MAX,
dotato di strumenti che consentono di ricostruire oggetti tridimensionali
partendo, appunto, da photo reference.
Definiti gli ingombri, lo step successivo è stato quello di proiettare
la foto reference sulla geometria appena creata, tramite
mappatura Unwrap.
Questa operazione, che consente di deformare la foto sulla
geometria stessa, ci permette di dettagliare e “bloccare”
per step successivi alcuni punti cardine del diadema.
Una volta originata la geometria di base è possibile concentrarsi
sulla ricostruzione dei dettagli del reperto. Analizzando
e studiando approfonditamente il diadema sono stati
riscontrati due livelli di dettaglio: uno di tipo geometrico e
uno di tipo ornamentale.
Per la ricostruzione dei dettagli geometrici si è proceduto,
in primis, alla ricostruzione tramite gli strumenti “taglio ed
estrusione” della geometria.
12 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 13
Fig. 12 – (a) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della mappa di displace con intensità pari a zero; (b) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della
mappa di displace con intensità pari 0,001 cm; (c) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della mappa di displace con intensità pari 0,1 cm. Effetto sovradimensionato
per dimostrazione; (d) Mesh di base definitiva. Esempio di proiezione della mappa di displace con intensità pari 0,04. Valore corretto di applicazione.
Data la grande ricchezza dei dettagli, in relazione alla documentazione
disponibile, è sin da subito emersa la complessità
nel riuscire a definire tutti i decori tramite un processo
di ricostruzione geometrica. Per questo motivo si è scelto
di provare un primo passaggio, con l’estrusione dei dettagli
tramite mappa, con una tecnica nota col nome di displace.
Il metodo consiste nel generare un’estrusione della geometria
attraverso un gradiente bianco e nero di una generica
mappa: il nero per il software rappresenta informazione 0,
mentre il bianco informazione 1. Partendo da questo principio
il lavoro è stato quello di convertire la foto di riferimento
in B/N e successivamente, tramite strumenti di editing
foto, è stato possibile contrastare l’immagine fino ad ottenere
una buona visibilità dei dettagli.
In seguito all’ottenimento della mappa di riferimento, è
stata aumentata la definizione della geometria e, in displace,
definito il grado di intensità dei dettagli presenti sul
diadema.
Gli ultimi elementi mancanti per completare il modello
sono i decori floreali presenti sui lati e l’effige antropomorfa
posizionata sull’asse di simmetria. Per la ricostruzione di
questi elementi è stata sufficiente una semplice ricostruzione
geometrica da reference fotografica.
Il risultato ottenuto consente di avere un modello digitale
del reperto utile per un approfondimento degli studi. Dal
punto di vista della modellazione 3D, il soddisfacente esito
della ricostruzione geometrica consente di procedere e
definire ulteriormente il livello di dettaglio dell’apparato
decorativo, con una serie di ipotesi alternative, utili a valutare,
caso per caso, quale sia la soluzione più idonea per le
varie situazioni che si prospettano.
CONCLUSIONI
Scopo dello studio è quello di dimostrare come sia possibile
arricchire le collezioni museali degli istituti della cultura
usufruendo delle più recenti tecniche di ricostruzione 3D.
Il caso studio in esame si riferisce al Tesoro di Sant’Eufemia,
un gruppo di gioielli in oro di epoca magnogreca rinvenuti in
Calabria, conservati nel British Museum di Londra. Il lavoro,
nello specifico, si è incentrato sulla ricostruzione tridimensionale
del diadema della collezione attraverso l’elaborazione
delle sue immagini di archivio.
Per la ricostruzione tridimensionale è stato utilizzato il software
Autodesk 3DS MAX. Tale software è dotato di strumenti
che consentono di ricostruire oggetti tridimensionali
da photo reference. La procedura, nel caso di ricostruzione
da foto di archivio, è totalmente manuale. Non si tratta,
infatti, di ricostruzione da rilevazione diretta (che consente
di ricorrere a tecniche tramite fotogrammetria o rilevazione
grafica 3D), ma di ricostruzione manuale tramite deformazione
delle immagini e conseguente ricostruzione della
mesh.
Definita la geometria di base, si è proceduto successivamente
alla proiezione dei dettagli sulla mesh per la ricostruzione
degli stessi tramite deformazione della geometria da
foto.
Il risultato ottenuto ha carattere del tutto preliminare e
dimostrativo: le immagini prodotte sono il principio di una
serie di declinazioni che permetterebbero di ampliare le
applicazioni di fruizione di un bene: dalla possibilità di realizzare
materialmente il diadema attraverso l’ausilio della
stampa 3D e di aprirsi al mondo del tattile secondo il principio
dell’inclusione totale, all’uso della realtà virtuale immersiva
e della realtà aumentata per una esperienza diretta
e di interazione con i contenuti, al passo con le aspettative
dei visitatori attuali.
Il fine ultimo è quello di permettere di inserire all’interno
delle collezioni museali reperti non fruibili direttamente,
sia perché esposti in luoghi differenti rispetto a quello del
ritrovamento, sia perché di particolare pregio e soggetti a
maggiori restrizioni.
Fig. 13 - Mesh di base definitiva. Aggiunta dei dettagli mancanti.
Fig. 14. - Foto (Render 3D) della ricostruzione virtuale del Diadema in modalità Clay.
Fig. 15 - Foto (Render 3D) della ricostruzione virtuale del Diadema.
14 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 15
Bibliografia
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https://3dstories.protocube.it/project-mosul-3d/
https://knowledge.autodesk.com/it/download
https://knowledge.autodesk.com/it/support/3ds-max?sort=score https://museoegizio.it/esplora/mostre/archeologia-invisibile/
https://www.artribune.com/arti-visive/2021/01/annata-orribile-musei-parigi-louvre/
https://www.treddi.com/cms/making-of/making-of-a-day-at-the-sleepy-village/4832/
Photo credit: le immagini del Tesoro di Sant’Eufemia appartengono al British
Museum e sono liberamente consultabili al link https://www.britishmuseum.
org/collection/object/G_1896-0616-1
Abstract
Digital tools can bring to rethink radically the models of museum use, thanks
to the possibility of enriching the collections that can generate new experiences
for the public. The case study of the Treasury of Sant Eufemia, a group
of vintage gold hellenistic jewels, found fortuitously in Calabria towards the
late nineteenth century and now preserved in the British Museum in London,
has experienced a process of three-dimensional reconstruction through the
processing of images usually available only in the storage area of the museum.
Parole chiave
Archeologia; musei; digitale; ricostruzione 3D; documentazione; tecnologie beni
culturali
Autore
Francesco La Trofa
Gabriele Simonetta
Felicia Villella
licia.villella@tiscali.it
DOCUMENTAZIONE
Multimedialità alle Terme di Diocleziano
2010-2020: 10 anni di esperienze al Museo Nazionale Romano
di Carlotta Caruso
Dal 2010 a oggi il Museo Nazionale
Romano alle Terme di Diocleziano
ha rinnovato l’allestimento
dei propri spazi e dei propri
musei implementando il ricorso
a nuove e diverse tecnologie. Si
passano in rassegna i principi,
le metodologie messe in atto e
le scelte operate, mettendo in
evidenza i benefici offerti dai
diversi apparati impiegati.
Fig. 1 - 2010: nuovo allestimento per il Museo (al centro l’allestimento della mappa da via Anicia).
Le Terme di Diocleziano sono la sede storica del Museo
Nazionale Romano fin dal momento della sua istituzione
nel 1889. Il complesso monumentale comprende
non solo le strutture dell’antico stabilimento termale, il più
esteso dell’antichità, ma anche parte degli ambienti della
Certosa annessa a Santa Maria degli Angeli che, per volere
di Papa Pio IV, fu costruita riutilizzando e trasformando le
strutture antiche. Oggi la visita comprende, quindi, non solo
parte degli spazi delle Terme e della Certosa ma anche due
musei: il Museo di Protostoria dei Popoli Latini e il Museo
della Comunicazione Scritta dei Romani.
Negli scorsi anni, a partire dal 2010, è stato dato il via a
una serie di interventi che hanno permesso, da una parte il
restauro e la riapertura di alcuni degli ambienti monumentali,
dall’altra il rinnovamento dell’allestimento del Museo
della Comunicazione Scritta dei Romani. In entrambi i casi,
nell’elaborazione dei diversi progetti allestitivi, è stato dato
notevole incremento al ricorso di strumenti di tipo tecnologico,
impiegati per facilitare l’aspetto della comunicazione.
La tecnologia non ha sostituito i mezzi tradizionali (didascalie
e pannelli di sala) ma a questi si è aggiunta integrandoli e
divenendo, essa stessa, parte dell’allestimento. Allo stesso
tempo, la condizione ideale di progettare contemporaneamente
l’allestimento museografico e la comunicazione di
tipo multimediale ha permesso di identificare, di volta in
volta, gli apparati e le metodologie più adeguate al singolo
caso, tenendo anche conto del progressivo sviluppo delle
tecnologie che si è avuto nel corso di quest’ultimo decennio.
In tutti gli interventi realizzati, le scelte del Museo sono
state indirizzate verso apparecchiature semplici e resistenti,
capaci di lavorare per un elevato numero di ore al giorno
(almeno 11), 6 giorni su 7 (escluso quindi il solo giorno di
chiusura); si è inoltre cercato di individuare strumenti che
non richiedessero aggiornamenti di sistemi e/o frequenti
interventi di manutenzione, cercando di ridurre al minimo
la possibilità di trovarsi di fronte al desolante spettacolo
di un elemento spento o mal funzionante. Un altro requisito
considerato come indispensabile, soprattutto nei primi
interventi che, come si è detto, risalgono a più di 10 anni
fa, è stata la facilità di utilizzo, sia da parte del visitatore,
sia da parte del personale di vigilanza; nella maggior parte
dei casi, infatti, è questo personale, non specializzato,
che deve confrontarsi con le domande del pubblico e con
gli eventuali problemi di malfunzionamento. E’ stata data
dunque la preferenza ad apparati che richiedessero un’in-
16 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 17
terazione minima e che presentassero un funzionamento
semplice e immediato; non è da trascurare, infatti, che
l’attuale familiarità verso apparati digitali, anche di media
complessità, è il risultato del rapido sviluppo tecnologico di
questi ultimi anni.
Il rinnovamento del “Museo Epigrafico” ha privilegiato, in
particolare l’aspetto della comunicazione; la ridenominazione
“Museo della Comunicazione Scritta dei Romani” aveva
l’obiettivo di rendere immediatamente comprensibile
l’oggetto dell’esposizione, ritenendo il termine “epigrafico”
non di uso comune nel linguaggio corrente. L’idea di
fondo di questo processo era comunicare in modo più semplice
e diretto una categoria di reperti che, proprio nella
comunicazione, ha la sua ragion d’essere, ossia le iscrizioni.
Questo rinnovamento ha preso le mosse proprio dalla prima
sala, dove si è scelto non solo di presentare in modo più agile
la varietà dei reperti ma anche di fornire, fin dall’ingresso
nel Museo, una chiave di lettura con cui affrontare tutti i
documenti esposti. I reperti spiegano al visitatore “chi scrive”,
“cosa si scrive” e “come si scrive” mediante brevissime
didascalie, scritte a grandi lettere. Per due documenti,
tuttavia, le informazioni richiedevano un approfondimento:
la cosiddetta mappa di via Anicia e un’iscrizione sepolcrale
caratterizzata dalla minuta graffita in scrittura corsiva sul
retro della lastra (fig. 1).
Entrambi i documenti potevano offrire ulteriori spunti che,
con metodi tradizionali, avrebbero richiesto lunghi pannelli
esplicativi: si è dunque scelto di affidare questi contenuti
a due brevi filmati senza audio. Il primo mostra il rapporto
tra la mappa e la più nota Forma Urbis di età severiana, una
ricostruzione 3D del tempio raffigurato in pianta e il relativo
contesto topografico, mentre il secondo rivela l’immagine
della minuta (quasi invisibile data la sottigliezza del tratto)
e tutto il processo di preparazione e realizzazione di un’iscrizione
attraverso le riprese video di una scalpellina che,
ancora oggi, lavora secondo le tecniche antiche.
Per questi video, la scelta del device è ricaduta su una
semplice cornice digitale, di quelle comunemente in commercio;
nello specifico, il modello scelto aveva la massima
dimensione all’epoca disponibile sul mercato, 15 pollici, e
una risoluzione di 1024 x 768 Pixel. I video sono caricati su
una Memory Card che, una volta inserita, attiva la modalità
“Auto Slideshow”, scorrendo quindi in loop, senza che sia
necessario alcun intervento; anche l’accensione e lo spegnimento
delle cornici si effettuano contestualmente all’illuminazione
del Museo. Dal momento che le cornici dovevano
accompagnare dei reperti chiusi in teca, sono state fatte
delle prove preliminari per valutare eventuali problemi di
surriscaldamento che, tuttavia, non si sono verificati. La
semplicità del device è stata però “compensata” dall’alto
livello dei filmati, per realizzare i quali sono state utilizzate
raffinate tecnologie: modellazione tridimensionale con
camera virtuale, grafica 2D e 3D, e vere e proprie riprese
cinematografiche. I video sono molto brevi (al di sotto del
minuto) per non costringere l’utente a fermarsi per un tempo
troppo lungo e sono strutturati in modo da catturare l’attenzione
e trattenerla per il breve tempo necessario; è noto
infatti che i visitatori siano spesso infastiditi dalla “forzata”
lunga permanenza di fronte a un singolo reperto, anche se
il video esplicativo è finalizzato a facilitare la fruizione del
reperto stessa.
La felice esperienza con questo tipo di apparecchiatura ha
portato a servirsi nuovamente di questi strumenti in un successivo
intervento del 2013, la sala 5 del Museo, dove sono
esposti reperti provenienti dall’area in antico identificata
dal toponimo Curiae Veteres, a breve distanza dal luogo
in cui sorgerà il Colosseo. Le complesse vicende dell’area,
Fig. 2 - Sala 5 del Museo: la cornice digitale inserita nella struttura allestitiva.
dove sorgeva un tempio restaurato a seguito di un incendio
dall’imperatore Claudio e poi definitivamente distrutto dal
grande incendio neroniano, e, a breve distanza, un piccolo
monumento dedicato dai musicisti dell’esercito alla famiglia
imperiale, sono narrate al pubblico da due filmati in
modalità esclusivamente visiva. In questo caso, le cornici
digitali sono state inserite non in teca ma all’esterno, direttamente
nella struttura espositiva in lamiera che sostiene
i frammenti epigrafici e architettonici rinvenuti nell’area
(fig. 2).
Ricostruzioni 3D e sequenze filmiche permettono non solo
di riconoscere e ricollocare i frammenti in strutture non più
esistenti ma anche di riconoscere un luogo noto da monumenti
costruiti successivamente e, al contempo, di identificare
i personaggi menzionati dalle iscrizioni.
Tra il 2010 e il 2013 si conta un ulteriore intervento che si
è servito di differenti tipi di tecnologie: nel 2012, infatti,
è stata rinnovata la sala 7 del Museo, dedicata all’illustrazione
delle carriere di senatori e cavalieri. Per facilitare la
comprensione dell’argomento, che può risultare complesso
Fig. 3 - Sala 7: video e story-telling.
Fig. 4 - Sala del plastic con proiezione.
a visitatori privi di competenze specialistiche, si è scelto
questa volta di ricorrere al mezzo dello story-telling. Sono
stati individuati quattro documenti particolarmente rappresentativi
e su questi sono stati costruiti dei veri e propri brevi
film, della durata media di 5 minuti: sono dunque gli stessi
protagonisti delle iscrizioni a raccontare le loro carriere e
a farne capire le diverse tappe. Le ricostruzioni, realizzate
attraverso riprese cinematografiche, con attori reali e voci
recitanti sono state affidate, questa volta a computer touch
screen che permettono al visitatore la scelta della lingua
dell’audio, italiano o inglese. E’ interessante notare come
nel 2012 la tecnologia touchscreen fosse ancora talmente
poco diffusa che molti visitatori non riuscivano ad avviare
i video; l’attivazione, infatti, era conseguente alla scelta
della lingua, segnalata da una semplice bandierina. E’ stato
dunque necessario aggiungere un ulteriore simbolo e la
scritta “avvio” e “start” al di sotto delle bandierine stesse.
Una tecnologia che si è rivelata di grande interesse è quella
impiegata per l’audio: si è infatti fatto ricorso alle cosiddette
“docce sonore”, degli speaker direzionali montati sul
soffitto che, proprio come le docce con l’acqua, proiettano
il suono dall’alto. Ciò che caratterizza questi apparati è la
capacità di diffondere il suono in un raggio estremamente
circoscritto, non oltre un paio di metri. In questo modo è
possibile permettere a più visitatori contemporaneamente
di fruire dei filmati senza disturbi o interferenze (fig. 3).
Nel 2014, grazie alla celebrazione del bimillenario Augusteo,
il complesso monumentale delle Terme di Diocleziano
ha arricchito la sua offerta culturale restituendo alla pubblica
fruizione oltre 3200 metri quadrati di spazi espositivi.
Anche in questo caso sono stati numerosi gli apporti in chiave
tecnologica.
All’interno del Museo, è stata rinnovata la sala dedicata alla
magia e alla fonte sacra di Anna Perenna, un sito in cui si
svolgevano riti di magia nera: anche in questo caso gli apparati
di comunicazione tradizionali sono stati affiancati da
due diversi filmati, uno con audio e uno solo visivo. Il primo
propone un’accurata ricostruzione 3D della fonte sacra e
un’animazione cinematografica, con audio, delle testimonianze
letterarie relative alle celebrazioni in onore di Anna
Perenna; il secondo video mostra invece la fabbricazione
delle cosiddette “bamboline magiche” (figurine in materia-
Fig. 5 - Le Terme con gli occhi di Diocleziano.
18 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 19
le organico la cui funzione è stata più volte accostata alle
bamboline voodoo) e dei loro contenitori magici. I due video
sono trasmessi da due pc all in one che permettono la trasmissione
dei video in loop.
Il nuovo percorso espositivo del monumento, invece, si apre
con una significativa proiezione che si affianca a un plastico
ricostruttivo delle Terme di Diocleziano realizzato in gesso
agli inizi del Novecento. Attraverso due videoproiettori e un
computer con software e hardware Watchout, per gestione
a sincrono di immagini video, le singole zone del plastico
vengono evidenziate da un fascio di luce proiettato dall’alto
mentre, sulla parete antistante, scorre una ricostruzione 3D
dei corrispondenti spazi del monumento, con particolare attenzione
agli apparati decorativi della piscina monumentale,
e la collocazione rispetto alla città moderna; il complesso
delle Terme è infatti talmente esteso da comprendere
anche zone al di fuori degli spazi del Museo (basti pensare
alla grande esedra di Piazza della Repubblica o alla Basilica
di Santa Maria degli Angeli) (fig. 4).
Nel piccolo chiostro della Certosa, costruito occupando un
terzo dell’invaso della monumentale piscina, un sistema
a quattro led wall outdoor permette ai visitatori di comprendere
il rapporto tra le strutture romane e quelle rinascimentali,
mostrando una ricostruzione 3D delle diverse
fasi di vita del monumento. Il chiostro piccolo, che ospita
alcuni tra i più importanti documenti della religione romana,
contiene altre cinque installazioni a corredo di questi
documenti; tre filmati, di cui uno solo con audio, e due installazioni
solo audio. I filmati presentano rispettivamente
la situazione del santuario degli Arvali alla Magliana, da cui
provengono le iscrizioni esposte in tre bracci del chiostro,
il complesso rito praticato da questo collegio sacerdotale
e un breve film in cui l’imperatore Augusto “in persona”
racconta la sua politica religiosa di recupero degli antichi
culti, come quello, appunto, degli arvali. Gli apparecchi utilizzati
sono, ancora una volta dei pc all in one. Le installazioni
audio, invece, danno voce, nel vero senso della parola,
alle iscrizioni esposte: attraverso casse nascoste all’interno
delle strutture espositive, si diffonde nel chiostro il carme
rituale degli arvali, una delle più antiche testimonianze in
lingua latina incisa proprio su una delle iscrizioni del collegio
sacerdotale, declamata da un coro di voci maschili
(i Cantori di San Carlo); il Laboratorio di Voci Bianche di
Santa Cecilia, invece, ha prestato la voce ai bambini che
nel 17 a.C. intonarono il carmen saeculare, il carme rituale
composto dal poeta Orazio in onore delle cerimonie dei Ludi
Saeculares, i cui rendiconti sono incisi su un grande pilastro
esposto nel chiostro.
Nel 2018 è stata finalmente resa disponibile al pubblico la
“audio-video-guida” Le Terme con gli occhi di Diocleziano,
un’applicazione di realtà immersiva con ricostruzione 3D a
360 gradi che permette un’immediata comprensione delle
architetture del complesso data la perfetta sovrapponibilità
tra la visione reale del monumento e quella virtuale (fig. 5).
I device impiegati sono stati, in origine, dei visori View Master,
visori VR con uno smartphone inserito all’interno di
essi, corrispondenti agli standard dei Cardboard Virtual Reality;
si è scelto di acquistare un modello progettato per
bambini, puntando sempre alla facilità di utilizzo e, allo
stesso tempo alla resistenza agli urti. Il progetto originario
prevedeva la possibilità per i visitatori di scaricare l’app di
realtà immersiva sul proprio telefono e di fruirne munendosi
di un Cardboard Virtual Reality fai da te in cartoncino
da acquistare nel bookshop del Museo; la mancanza di una
rete wifi interna al Museo e le grandi dimensioni dell’app,
difficilmente scaricabili su cellulari spesso già pieni di dati,
hanno tuttavia reso preferibile fornire ai visitatori visori già
predisposti che possono essere noleggiati in biglietteria e
restituiti alla fine della visita. Già nel 2019 i visori sono stati
sostituiti con un modello di qualità superiore.
Fig. 6 - Terme di Diocleziano in 5G: la palestra nord orientale.
Nel 2018 le Terme di Diocleziano hanno inoltre preso parte
al progetto “Roma 5G”, rappresentando il primo use case
a Roma nell’ambito della sperimentazione di questa tecnologia
applicata al patrimonio culturale. Con il sostegno
di Fastweb, Ericsson e il Consiglio Nazionale delle Ricerche
- IBAM (Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali), a
complemento dell’app Le Terme con gli occhi di Diocleziano,
è stata realizzata una ricostruzione dell’area della palestra
nord-occidentale con panorami a 360°, visione stereoscopica
e scene animate; la connessione ad alta velocità
offerta dalla rete 5G permette di fruire di visualizzazioni di
realtà virtuale e immersiva di qualità estremamente raffinata
(fig. 6).
Da ultimo, nel 2019, le Terme di Diocleziano hanno preso
parte al progetto Castro Pretorio, l’evoluzione di un rione,
realizzato dall’Hotel The St. Regis Rome, un’installazione
immersiva che racconta la storia dell’area intorno all’Hotel
partendo proprio dalle Terme di Diocleziano e, in particolare,
dall’Aula Ottagona. Nell’Aula, dove sono state predisposte
delle sedute, il pubblico può fruire dell’esperienza
immersiva tramite visori da noleggiare sul posto.
Questa sintetica rassegna delle tecnologie impiegate nel
Museo permette anche di effettuare un bilancio in termini
di resa e benefici: in primo luogo si deve constatare che si
è certamente rivelato vincente l’approccio iniziale, ossia
la scelta di tecnologie semplici e resistenti che hanno permesso
di investire più sui contenuti e la relativa realizzazione,
che sui device. In particolare, i filmati senza audio si
sono rivelati ottimi strumenti per comunicare con semplicità
contenuti anche complessi, superando brillantemente
il problema delle barriere linguistiche; la loro efficacia è
stata apprezzata anche dal pubblico delle persone sorde
(si noti che, per il pubblico con disabilità visiva, invece, il
Museo mette in atto una serie di strategie specifiche, prima
tra tutti la possibilità di esplorare tattilmente tutti gli
originali conservati fuori teca, una possibilità certamente
più efficace di molte delle iniziative, anche in chiave tecnologica,
proposte dai Musei in questi anni). Nonostante la
loro semplicità, le cornici digitali hanno dimostrato di essere
assolutamente rispondenti alle aspettative in termini di
resistenza e durata: nel corso di questi 11 anni è stato necessario
sostituirle una sola volta per raggiunti limiti di fine
vita. Computer e tecnologie più sofisticate offrono indubbiamente
livelli di coinvolgimento maggiori che richiedono
tuttavia, non solo una maggiore spesa iniziale ma anche la
necessità di una costante verifica e attività di manutenzione
che i fondi dei musei statali non sempre sono in grado di sostenere.
Un approccio semplice, che investa con la dovuta
attenzione sull’alta qualità dei contenuti, rimane a nostro
avviso, sempre la scelta migliore.
Bibliografia
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museo, in Forma Urbis, XXI, maggio 2016, pp. 43-35.
C. Borgognoni-C. Caruso, Ridare voce alle parole: il Museo della
Comunicazione Scritta dei Romani presso le Terme di Diocleziano,
in MUSEUM.DIÀ, II° CONVEGNO INTERNAZIONALE DI MUSEOLOGIA,
Chronos, Kairòs e Aion. Il tempo dei musei, Atti dell’incontro
internAzionAle di Studi, Roma 26-28 maggio 2016, pp. 221-239.
Note di chiusura
Il contributo sintetizza la relazione presentata in occasione del forum Technology
for all, nella sezione "Multimedialità e fruizione: efficacia dei sistemi AR, VR
e MR" (dicembre 2019).
Abstract
Between 2010 and 2020 the National Roman Museum - Baths of Diocletian
renewed the layout of the Museum of Written Communication of the Romans
and the spaces of the monumental complex. In this general revision of its
equipment, the use of technologies had a great importance at the service
of museum communication to the public. Together with traditional systems
(captions and room panels), the technological devices themselves became part
of the set-up by integrating and completing the information in order to obtain
engaging and effective methodologies.
Parole chiave
Multimedialità; tecnologia; apparati; musei; comunicazione.
Autore
Carlotta Caruso
carlotta.caruso@beniculturali.it
20 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 21
DOCUMENTAZIONE
Un sistema Web-GIS dei Beni di Interesse
Culturale e Paesaggistico nelle Marche
di Annalisa Conforti, Giovanni Issini, Camilla Tassi, Sara Trotta, Luigi Federico D’Amico, Eva Savina Malinverni
Il Segretariato del MiBACT
per le Marche sta sviluppando
un sistema Web-GIS
del patrimonio culturale
della Regione, in particolare
riferito ai beni architettonici
e paesaggistici, basato
sulle banche dati storiche
Fig. 1 - Distribuzione beni immobili di interesse culturale – Database VIC.
dei vincoli e sul database
dei siti coinvolti dagli
eventi sismici del 2016. La
fusione delle banche dati,
insieme alla complessità ed
eterogeneità degli stessi
hanno costituito la sfida più
significativa che ha richiesto
in primis una comprensione
critica dei parametri e
successivamente, nell’ambito
di una collaborazione
di ricerca, la definizione
e sperimentazione di un
protocollo di correzione dei
mismatch tra beni e riferimenti
catastali.
Il sisma che ha colpito il Centro-
Italia nel 2016, oltre alla perdita
di numerose vite umane, ha severamente
danneggiato il ricco e diffuso
patrimonio culturale della Regione
Marche, sia nel perimetro del cratere
che nel resto del territorio. Tra l’Agosto
2016 e il Dicembre 2018 l’Unità di
Crisi-Coordinamento Regionale del Segretariato
regionale del MiBACT Marche
(UCCR-Marche) ha organizzato ed
espletato le attività emergenziali tra
cui: la ricognizione dei danni di tutti
i beni culturali per i quali erano state
effettuate segnalazioni; l’esecuzione
diretta o il monitoraggio delle opere
di messa in sicurezza dei beni esposti
a rischio di crolli; la selezione, schedatura
e conservazione delle macerie
prodotte dagli smontaggi dei beni; lo
spostamento dei beni culturali mobili
presso depositi d’emergenza. Al fine
di mettere a disposizione degli attori
coinvolti nel processo di ricostruzione
i dati acquisiti e di attuare un’efficace
azione di tutela del patrimonio
danneggiato, nel 2019 il Segretariato
Regionale del MIBACT per le Marche
ha avviato l’implementazione di un
sistema Web-GIS del patrimonio culturale
delle Marche. L’obiettivo del
sistema informativo è consentire la
gestione, l’aggiornamento e la consultazione
dei molteplici dati acquisiti
tramite letture multilivello delle
informazioni associate al dato geografico-territoriale.
In termini di input,
il sistema Web-GIS dei beni culturali
delle Marche è costituito dall’unione
di due banche dati di diversa natura e
provenienza.
Il portale, una volta ultimato, sarà in
grado di mostrare agli enti pubblici e
privati, coinvolti nel processo di ricostruzione
ed ai professionisti, due
principali informazioni riguardanti gli
edifici che hanno subìto danni dopo il
sisma del 2016: una territoriale, che
posiziona geograficamente il bene, ed
una informativa, che descrive l’oggetto
in ogni sua parte con l’ausilio
di foto (pre e post terremoto) e mostrando
anche tutta la documentazione
disponibile accedendo al relativo
database.
Nell’ambito di una convenzione di
ricerca tra MiBACT Marche e dipartimento
DICEA dell’Università Politecnica
delle Marche, è stato sviluppato
un protocollo di verifica e correzione
dei mancati match tra i dati importati
e quelli reali, applicato su un campio-
22 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 23
ne di Comuni del cratere sismico, i cui risultati sono illustrati
nel paragrafo 3.
Le banche dati del MiBACT Marche. Banca dati degli immobili
oggetto di un procedimento di verifica di interesse
culturale.
L’art. 17 del D.Lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e
del paesaggio”, da qui in poi denominato Codice, pone
l’attenzione sull’importanza della catalogazione dei beni
culturali, ossia le cose immobili e mobili come definite
e individuate negli artt. 10 e 11 e oggetto della parte II
dello stesso testo normativo.
Oltre ad essere una rilevante mole di beni di carattere
assai vario (architettonici, archeologici, storico - artistici,
archivistici e bibliografici), altrettanto varia è la
modalità del riconoscimento del loro interesse culturale,
perché avvenuta in tempi, storici e legislativi, modalità
e da parte di soggetti diversi, pur se nell’ambito dello
stesso Ministero: i cosiddetti vincoli sono costituiti sia da
dichiarazioni di culturalità ai sensi delle differenti leggi
di tutela emanate dal 1900 in poi (piuttosto generiche
soprattutto nella localizzazione del bene), sia da provvedimenti
espressi emanati da parte di svariati uffici del
Ministero, sia quelli validi per tutti quei beni non dotati
di uno specifico provvedimento espresso ma per i quali,
aventi determinate caratteristiche ai sensi dell’art. 10
comma 1 del Codice, l’interesse culturale è ritenuto sussistere
ex se, fino all’espletamento del procedimento amministrativo
della verifica dell’interesse ai sensi dell’art.
12 (i cosiddetti vincoli “ope legis”).
Vanno inoltre considerati i beni paesaggistici, come definiti
e tutelati nella parte III del Codice, anch’essi dichiarati
di notevole interesse pubblico tramite provvedimento
espresso o tutelati per legge. L’art. 143 evidenzia
infatti l’importanza della ricognizione, delimitazione e
individuazione di tali beni come atto imprescindibile alla
pianificazione paesaggistica.
L’attività di catalogazione di tutto ciò che a vario titolo,
come sopra evidenziato, attesta la culturalità di un bene,
si è più facilmente concentrata sulle dichiarazioni di interesse,
quindi sui provvedimenti espressi (compresi quelle
derivanti da verifica dell’interesse positiva, che consolida
definitivamente la natura di bene culturale prima presunta
quale misura cautelare a carattere provvisorio, e
negativa, che opera da condizione risolutiva), anche se
gli elenchi descrittivi dei beni culturali di proprietà predisposti
dagli enti pubblici (e assimilati) ai sensi dell’art.
4, comma 3, L. 1089/1939 e dall’art. 5, D.Lgs. 29 ottobre
1999, n. 490 costituiscono una fonte di informazioni da
sempre tenuta in debita considerazione.
Proprio perché la natura dei dati presenti in tali atti è
molto varia, dalla massima genericità delle prime dichiarazioni
di interesse degli inizi del ‘900 ad una sempre
maggior precisione, soprattutto in merito alla localizzazione
e alla presenza di un corredo fotografico significativo,
le banche dati realizzate, prima cartacee e poi
digitali (per lo più in formato excel corredate a volte da
scansioni in .pdf degli atti), si sono man mano arricchite
di una serie di informazioni relative al bene sottoposto
a tutela e da ulteriori informazioni di carattere amministrativo
relative al procedimento, anch’esso in evoluzione,
connesso alla dichiarazione. Ne conseguono due
ordini di problematiche: come reperire le informazioni
mancanti, nei casi di dichiarazioni spesso datate e molto
sintetiche e, come tenere aggiornati i dati, che naturalmente
mutano negli anni successivi alla dichiarazione,
che possono riguardare indirizzo del bene, riferimenti
catastali, proprietà, collocazione di eventuali beni mobili
Fig. 2 - Distribuzione beni oggetto di rilievo danni su intero territorio
regionale– Database UCCR.
ivi conservati, per arrivare anche a mutamento di Comune
di appartenenza (si pensi alle unioni dei Comuni che
comportano un cambio di denominazione). D’altra parte,
le necessità di interrogazione possono essere dettate da
esigenze molteplici e in continua evoluzione, anche inseguendo
il variare delle procedure amministrative e delle
relative attività di monitoraggio, sia della pubblica amministrazione
che delle specifiche attività di tutela.
La geolocalizzazione dei beni immobili, anche nel caso si
tratti di contenitori di beni mobili, collegata ad uno o più
database delle informazioni sopra descritte, costituisce
un ulteriore passo in avanti nell’attività di catalogazione,
la cui utilità è facilmente comprensibile sia per l’attività
ordinaria del MIBACT, che, ancor più, in situazione emergenziale,
quando ci si trova ad operare in contesti in cui
i danni sono tali da non aver più punti di riferimento utili
perfino all’individuazione del bene stesso (Fig. 1).
BANCA DATI UCCR: IL PATRIMONIO DANNEGGIATO E IL SISTE-
MA GESTIONALE DEL SISMA 2016: IL MODELLO MARCHE
In considerazione dello sciame sismico che ha interessato
il Centro-Italia e dei gravissimi danni riportati dal patrimonio
culturale delle Marche, è evidente che la mole dei
Fig. 3 - Ubicazione dei Comuni campioni con riferimento al territorio regionale.
Fig. 4 - Particolare del centro storico di Visso (MC). I poligoni arancio provengono dai db dell’UCCR, mentre quelli viola provengono dal db Vincolo di
interesse culturale.
dati da gestire è stata di portata inaspettatamente considerevole
e che i database inizialmente impostati in formato
excel e cartacei non fossero adeguati al complesso
lavoro di coordinamento richiesto all’UCCR-Marche: per
questo motivo, quest’ultima ha attivato subito una collaborazione
con le UCCR Lombardia ed Emilia-Romagna,
in virtù della loro esperienza nell’ambito dell’emergenza
sismica del 2012. Il risultato di questa attività di confronto
e lavoro congiunto, è stata la realizzazione di un
software gestionale denominato ES_Mibac, realizzato con
Microsoft Access, collegato ad un database centralizzato
su una risorsa server per consentirne l’implementazione
simultanea dei beni censiti. Il software è stato impostato
sulla base dell’anagrafica di ciascun immobile affiancata
via via ad una banca dati ben più ampia. Successivamente
il sistema di catalogazione è stato costruito e rimodulato
a seconda dell’evolversi degli eventi calamitosi e dunque
adattandolo ai dati relativi a danni sempre più consistenti
a carico del patrimonio culturale, spesso di diversa natura,
da monitorare anche ad intervalli temporali differenziati.
Il software, quindi, ha inglobato i dati prodotti da tutte
le attività svolte su ciascun bene, dietro il coordinamento
dell’UCCR – Marche. Ci si riferisce in particolare a: sopralluoghi,
rilievo dei danni, attività di messa in sicurezza,
GTS, spostamento dei beni mobili. Successivamente, procedendo
con la digitalizzazione dell’archivio cartaceo, la
scheda di ogni bene monumentale colpito dal sisma nel
territorio regionale è diventata associabile agli atti relativi
a ciascuna attività svolta e alle relative, importantissime,
immagini (Fig. 2).
LO SVILUPPO DEL WEB
GIS MiBACT Marche:
i sistemi Web-GIS per il patrimonio culturale
La rapida evoluzione delle tecnologie digitali per il processamento
dei dati a connotazione spaziale, associate
all’utilizzo di informazioni di diversa natura (BigData) ha
fatto maturare l’esigenza di creare appositi strumenti per
la gestione dei dati geografici in sperimentazioni interdisciplinari.
Un sistema GIS dedicato al patrimonio culturale,
definito come un modello spaziale di archiviazione, elaborazione
e gestione delle informazioni, ha, oggigiorno,
enormi potenzialità per la creazione di modelli predittivi
e simulazioni dinamiche o per la riproducibilità dei dati
che consentono di rappresentare, ripercorrendo a ritroso,
le varie fasi della ricerca, integrandole in un’ottica interdisciplinare
con altri ambiti di gestione e analisi spaziale,
quali la pianificazione territoriale, la protezione civile, il
monitoraggio ambientale, la cartografia del rischio (Letellier
et al., 2007). Ma ormai da decenni la possibilità di
condividere e allargare la consultazione del dato ad un
panorama di esperti a vario titolo ha introdotto la soluzione
Web-GIS (talvolta sostituito da Web-based GIS, Online
GIS, Distributed GIS). Termine utilizzato per indicare
l’impiego via Internet/Intranet di funzionalità proprie dei
GIS, in grado di rendere disponibile l’informazione georeferita
ad utenti in remoto e di poter impiegare in soluzioni
WMS la cartografia di base su cui georeferite le aree
indagate. La possibilità di effettuare azioni da remoto e
l’accessibilità ai dati da parte di una utenza “allargata”
ha così influenzato il mondo dei Sistemi Informativi Geografici,
determinando lo sviluppo di software dedicato per
le relative applicazioni in rete (Oliviero et al., 2006). Inizialmente
si parlava di visualizzazione di pagine internet
di tipo statico, a cui si sono poi aggiunte operazioni di
analisi spaziale, indicando nei Web-GIS un sistema complesso
in grado di svolgere le stesse operazioni di un GIS
ma con accesso da remoto (Painho et al., 2001). Si possono
così segnalare formati e standard utilizzabili per la
pubblicazione in rete della cartografia: HTML, SVG, GML
(Generalized Markup Language) e fare così riferimento agli
standard dell’OCG, con formati sempre più caratterizzati
dalla capacità di includere in ogni entità sia le informazioni
di tipo spaziale che i relativi attributi (tradizionalmente
inseriti nei database alfanumerici collegati). In relazione
ai livelli di complessità caratterizzanti le applicazioni che
prevedono l’utilizzo di cartografie in rete (Internet Mapping
Applications), è possibile individuare differenti servizi
erogabili e diverse tipologie di azioni (Data Management,
Visualisation, Retrieval, GIS Analysis), tali da operare una
distinzione tra Geodata Server, Map Server, Online Retrieval
System, Online GIS, GIS Function Server (Rinner, 1998).
24 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 25
IMPLEMENTAZIONE DEL WEB-GIS
Campione di Comuni del cratere sisma 2016
Nell’ambito della convenzione di ricerca richiamata nel
paragrafo 1, il Web-GIS è stato implementato tramite l’importazione
delle relative banche dati su un campione di
Comuni del cratere sismico delle Marche: Visso, Castelsantangelo
sul Nera, Ussita, Arquata del Tronto, Acquasanta
Terme e Montemonaco (Fig. 3). Questo campione
rappresenta circa il 10% della totalità dei beni presenti
nei due database principali. La sperimentazione ha avuto
quindi lo scopo di definire un protocollo di implementazione,
verificare quali tipo di errori questa implementazione
avrebbe prodotto, ed avere dati utili alla quantificazione
dell’entità del lavoro richiesto per l’implementazione dei
dati dell’intera Regione. Il sistema Web-GIS di riferimento,
ovvero quello sviluppato per il Segretariato Regionale Mi-
BACT per l’Emilia-Romagna, è classificabile come Map Server
in quanto permette semplici funzioni, come zooming
e planning, seppure sia stato integrato da una funzione di
ricerca e posizionamento insieme a un sistema di segnalazioni
(Shaig, 2001).
CRITICITÀ E PROTOCOLLO DI CORREZIONE DATI
Dopo le fasi di rilievo dei danni e la rispettiva catalogazione
sono seguite le fasi di importazione dei dati e gestione
degli stessi. Alla fase di importazione spesso seguono errori
tra i dati e la base scelta. In questo caso la base che
è stata utilizzata proviene dal Catasto Nazionale. Per cui i
beni corrisponderanno alle Particelle di cui sono composti.
I casi di mancato match dopo l’importazione hanno riguardato:
4 Beni non georeferenziati, in cui nessuna particella corrispondeva
a quelle realmente esistenti. Solitamente
questi errori sono legati a refusi di battitura durante
l’inserimento dei dati dalle schede di rilievo agli elenchi
digitali.
4 Beni con “buchi”, che indicavano la mancanza di Particelle,
per cui è stato necessario aggiungere manualmente
le Particelle mancanti.
4 Beni “sparsi”, cioè molto estesi, dove è stato fissato
come parametro l’estensione della diagonale tra il centro
di una Particella e dell’altra.
4 Beni multi-poligono, si è trattato di beni formati da più
parti di poligono. In alcuni casi si ritrovano errori macroscopici,
cioè beni formati da Particelle anche molto
distanti tra di loro.
4 Casi in cui due (o più) beni insistevano sulla stessa particella
del catasto.
4 Casi in cui le coordinate catastali erano riferite ad un
Comune che aveva subito la fusione con altre amministrazioni
comunali adiacenti.
È stata riscontrata un’incidenza media degli errori pari al
25% dei beni per Comune.
Le cause di questi errori possono essere attribuite alla
base catastale, riferita al 2013, ad errori di scrittura nel
database e, infine, alla non chiarezza dei dati inseriti nelle
schede di rilievo durante i sopralluoghi nei siti danneggiati
dal sisma.
Il protocollo di correzione ha previsto innanzitutto la verifica
dei dati mancanti, cioè quelli per cui non è stata
trovata automaticamente la Particella corrispondente. Per
rendere la ricerca più agibile è stato creato un plug-in, dal
Dott. Francesco Marucci di Cooperativa Alveo di Bologna,
nominato “Ricerca catastale” il quale, dopo aver inserito
i dati catastali, cioè Provincia (non la Regione in quanto
tutti i dati fanno sempre parte della Regione Marche),
Comune, Foglio e Particella, procede alla selezione della
particella cercata.
I casi di mancato match precedentemente elencati non potevano
essere corretti automaticamente per cui sono stati
individuati singolarmente gli elementi, utilizzando il plugin
di ricerca e verificata l’esistenza o meno della Particella.
Nel caso in cui i dati non risultassero corretti il bene è
stato cercato utilizzando la maschera del database UCCR
o tramite verifica dei dati trascritti nelle schede di rilievo.
UNIONE DELLE BANCHE DATI
Lo scopo finale delle operazioni di correzione è stato quello
di unire il database dell’UCCR, composto sia da beni
culturali tutelati in quanto oggetto di provvedimento di
verifica di interesse, sia da beni oggetto di tutela cosiddetta
“ope legis”, cioè i beni culturali dichiarati tali in forza
dell’art.12 c.1 del Dlg.s 42/2004 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio), e il database VIC (Verifiche di Interesse
Culturale), ovvero la totalità dei beni già sottoposti a decreto
di vincolo prima del terremoto (fig. 4).
Per completare quest’ultima fase è stato creato un nuovo
tool “Unione UCCR-VIC”, che mostra la denominazione del
bene nei due database e permette l’unione delle informazioni.
Una volta che questo legame è stato creato, si è proceduto
alla fusione dei due database, mantenendo tutte le
informazioni di entrambi (oppure facendo delle scelte che
li completino). Inoltre, nell’ambito dei Comuni campione,
sono stati riscontrati diversi casi di beni presenti solo in
uno dei due database, che sono stati quindi integrati in un
database unico finale.
Un caso specifico di corrispondenza tra beni appartenenti
alle due banche dati è stato quello in cui, per lo stesso
bene, veniva indicato un nome differente. Questa situazione
si può spesso riscontrare nell’utilizzo diverso delle
abbreviazioni (ad esempio Chiesa di Santa Maria Assunta /
Chiesa di S.M. Assunta), oppure perché alcuni beni storicoartistici
vengono denominati in modo diverso in base agli
usi locali (ad es. Palazzo dei Priori / Palazzo del Comune).
In questo caso il protocollo ha previsto il mantenimento di
entrambe le denominazioni, essendo la corrispondenza tra
beni determinata in termini di consistenza catastale.
CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI
L’esperienza illustrata nel presente articolo evidenzia
come l’implementazione di un Web-GIS a partire da dati
acquisiti e classificati con criteri “tradizionali” e tramite
metodi differenziati risente di molteplici criticità che
spesso sono risolvibili solo tramite laboriosi processi di correzione
manuale dato per dato. Al fine di allineare la filiera
acquisizione-elaborazione-archiviazione alla gestione e
fruizione finale delle informazioni nel Web-GIS, il Segretariato
Regionale del MiBACT per le Marche intende riprogettare
anche la fase di creazione dei dati in modo tale che le
informazioni siano immediatamente inserite nel Web-GIS.
Sia nell’attività ordinaria che in quella emergenziale i dati
vengono prodotti sempre nell’ambito di procedimenti tecnico-amministrativi
che dovranno essere quindi integrati
nel sistema Web-GIS sin dalla fase iniziale rappresentata
dall’avvio d’ufficio o su istanza di parte. Su questo aspetto
si concentreranno gli sviluppi del sistema nel corso del
2021 al fine di strutturare un sistema informativo integrato
che porterà benefici sia a livello “interno” all’Ente, sia a
livello di fruizione esterna da parte degli operatori e della
cittadinanza.
Bibliografia
Rinner, C. (1998). Online maps in Geomed. In Proceeding of the GIS
PlaNET 98 Workshop.
Painho, M., Peixoto, M., Cabral, P., & Sena, R. (2001). WebGIS as a
teaching tool. Proceedings of the ESRI UC, 9-13.
Shaig, A. (2001, December). An Overview of Web based Geographic
Information Systems. In The 13th Annual Colloquium of the Spatial
Information Research Centre. Dunedin: University of Otago.
Oliviero, C., Parente, C., & Santamaria, R. (2006) La Cartografia In Rete
E Nelle Applicazioni WebGIS.” ·
Letellier, R., Schmid, W., & LeBlanc, F. (2007). Guiding Principles,
Recording Documentation and Information Management for the
Conservation of Heritage Places. Paul Getty Trust, Getty Conservation
Institute: Los Angeles, USA, 36-38.
Circolare n. 24/2012 in cui si rende noto il Decreto n. 7/2012 del MiBAC
Direttiva MiBACT - 23 Aprile 2015
Parole Chiave
Web-GIS; valorizzazione; patrimonio culturale; visualizzazione dati; GIS
Autore
Annalisa Conforti
annalisa.conforti@beniculturali.it
Segretariato Regionale del MiBACT per le Marche
Luigi Federico D’Amico
S1102056@studenti.univpm.it
DICEA – Università Politecnica delle Marche
Giovanni Issini
giovanni.issini@beniculturali.it
Segretariato Regionale del MiBACT per le Marche
Abstract
The Italian Ministry of Culture regional branch in Marche region is developing
a Web-GIS system dedicated to the local cultural heritage, focused to architectural
and landscape sites. The informative system is based on two main
datasets: the regional listed architectural heritage sites and the architectural
heritage sites affected by 2016 earthquake events. The data processing and
the following datasets merging arose challenging issues linked to the complexity
of the information associated to each architectural site. Through a
research partnership the project team firstly defined a method based on the
critical understanding of the cultural features of the sites. Subsequently the
data processing procedure was codified through a mismatch control protocol,
tested over a sample of the sites.
Eva Savina Malinverni
e.s.malinverni@staff.univpm.it
DICEA – Università Politecnica delle Marche
Camilla Tassi
camilla.tassi@beniculturali.it
Segretariato Regionale del MiBACT per le Marche
Sara Trotta
sara.trotta@beniculturali.it
Segretariato Regionale del MiBACT per le Marche
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Tecnologie per i Beni Culturali 27
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ARCHEOLOGIA FORENSE
L'Archeologia Forense e la
Ricerca di Persone Scomparse
Non solo ricostruzioni sulla scena del crimine ma anche
sostanziale aiuto per ritrovare persone scomparse
di P. M. Barone
Fig. 1 - Schema riassuntivo della XXIV Relazione del Commissario Straordinario per le persone scomparse (Commissario Straordinario 2021:
https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2021-02/xxiv_relazione_annuale_2020_compressed.pdf).
Come già trattato in questa rivista (Barone 2020), l’archeologia forense non si occupa solo della
ricostruzione di dinamiche criminali all’interno di una scena del crimine (Groen et al. 2015; Barone
e Groen 2018), ma anche di aiutare le forze dell’ordine nella ricerca di persone scomparse
(Barone et al., 2021a; Barone et al. 2021b).
Questo sembrerebbe un argomento completamente avulso dall’archeologia tradizionale ed in parte lo
è. Per questo è importante sottolineare l’aggettivo “forense” ogniqualvolta ci addentriamo nei meandri
della criminalistica all’interno di un contesto legale. L’Archeologia tradizionale ovviamente è ben
lungi da occuparsi di questi aspetti, ma la sua attitudine intrinsecamente olistica di approcciarsi allo
studio del territorio, la rende una perfetta candidata per chi voglia declinare questa disciplina in ambito
giuridico. È importante sottolineare, però, che è necessaria una specifica formazione ed esperienza
in entrambi i settori (quello delle scienze archeologiche e quello delle scienze giuridiche). Improvvisarsi
in tale settore o millantare crediti porta solo nocumento a se stessi, in primis, e alla comunità.
L’ambito della ricerca delle persone scomparse risponde proprio alla necessità di avere un approccio
eticamente e professionalmente probo e corretto per non incorrere non solo in atteggiamenti lesivi
dell’integrità e dell’emotività degli attori coinvolti, ma anche in eventuali sanzioni legali (Barone e Di
Maggio 2019).
28 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 29
La scomparsa delle persone è un fenomeno
complesso, dinamico e multidimensionale
che mette in evidenza
una questione sociale e, per poterne
monitorare l’evoluzione, necessita di
un’analisi costante. Questo lavoro è
svolto dal Commissario Straordinario
per le Persone Scomparse presso il
Ministero dell’Interno, che ogni anno
pubblica sul sito del Ministero un report
aggiornato con i dati aggregati e
disaggregati delle persone scomparse
in Italia. In particolare, i dati complessivi
sul fenomeno - a partire dal
1° gennaio 1974 e fino al 31 dicembre
2020 - sono distinti per macroaree
di riferimento, ovvero per fasce
di età, per genere, per nazionalità e
per motivazione della scomparsa. Le
denunce di scomparsa registrate dalle
Forze dell’ordine, dal 1° gennaio
1974 fino al 31 dicembre 2020, sono
258552. Di queste, 195710 riguardano
soggetti che sono stati ritrovati, mentre risultano ancora
da ritrovare 62842 scomparsi (Commissario Straordinario
2021) (Figura 1).
La geolocalizzazione è di primaria importanza in questo
ambito. Geolocalizzazione, in generale, significa poter
trovare persone, animali, mezzi e cose in tempo reale e
con un’ottima precisione. Sinonimo di RTLS (Real Time Location
Systems – Sistemi di Localizzazione in Tempo Reale),
la geolocalizzazione permette non solo di innescare una
tracciabilità e una rintracciabilità che offre informazioni
preziose e strategiche a supporto della gestione, ma anche
di creare nuovi servizi con valore aggiunto nell'ambito della
ricerca persone scomparse (Barone et al., 2020; Barone
et al., 2021b).
Fig. 2 - Domande "geografiche" da porre per ricostruire un corretto locus operandi.
Telefonini, social network, persino le chiavi della macchina
con transponder sono tutti sistemi che permettono una
geolocalizzazione precisa di una persona. Esistono poi applicazioni
che rintracciano telefonini spenti o senza campo
utilizzando solo tre parole (https://what3words.com/) oppure
mediante quella che si chiama profilazione geografica
(locus operandi) o ancora attraverso l'analisi delle immagini
satellitari. Vediamoli nel dettaglio di seguito.
Per lavorare con la geolocalizzazione bisogna avere conoscenze
di telerilevamento, geofisica, GIS e geoarcheologia
oltre a conoscere bene il territorio e gli strumenti informatici
e digitali relativi. Più nel dettaglio, se una persona
è scomparsa in un fiume, per esempio, per prima cosa si
dovrebbe capire la velocità media del corso d’acqua e ve-
Fig. 3 - Un esempio reale di locus operandi. Il punto bianco risulta essere il punto di ritrovamento della persona scomparsa che rientra nell’area individuata
dalla profilazione geografica.
dere se sfocia in un mare o in un lago e magari posizionare
delle grate a mo’ di chiusa per permettere di “filtrare”
qualsiasi cosa che non sia acqua. Contestualmente, attraverso
l’analisi delle immagini satellitari temporali, usando
specifici filtri, si possono individuare anomalie relative a
corpi che si muovono giornalmente lungo il corso d’acqua
e quindi avere la possibilità di dirottare le ricerche in un
punto preciso (Barone 2021b). L’approccio che potrebbe
essere più promettente è quello che viene definito con il
termine an glosassone Geographic Profiling. Se questa tecnica
è nota negli ambienti forensi come metodica per la
pre venzione del crimine seriale (Rossmo, 2000), non è stato
mai applicato finora alla ricerca di persone scomparse
con il termine di locus operandi.
Per comprendere meglio il potenziale della profilazione
geografica o locus operandi come “agente intelligente”
nella ricerca delle persone scomparse, biso gna prima capire
la sua storia e di cosa si tratta. La profilazione geografica
è un metodo criminologico utilizzato per individuare
approssimativamente l’area in cui risiede un criminale seriale.
Sebbene sia uno strumento di organizzazione utile e
un campo sempre più popolare, questo metodo è costantemente
aggiornato poi ché le basi matematiche sono costantemente
perfezionate. Tra gli altri calcoli matematici
avanzati, i calcoli di base implicano l’applicazione della
formula della distanza e la ricerca del centroide (Barone
et al., 2020). Oggi questa tecnica è spesso utilizzata in ambito
criminologico e la maggior parte dei proventi destinati
alla ricerca, sono dedicati all’in dividuazione di software
computazionali più potenti con lo scopo di realizzare aree
sempre più precise (Barone et al., 2020).
Come visto, il locus operandi risulta un’arma molto utile
per le forze dell’ordine per la predizione di crimini futuri.
È evidente come questo approccio abbia il potenziale
di ridurre drasti camente le zone di ricerca a pochi
km2, quando normalmente vengono ricoperti molti ettari,
molto spesso con esiti negativi. Il principio è similare al
tradizionale Geographic Profiling, ma inve ce di concentrare
l’attenzione sul criminale e la sua zona di interesse o
hot zone, ci si sof ferma ad analizzare le zone frequentate
dalla persona scomparsa prima della sparizione. Le
informazioni della polizia devono essere molto accurate e
per questo sarebbe bene, al momento della denuncia della
persona scomparsa, porre le domande in Figura 2 (Barone
et al., 2021). Per ottenere, conseguentemente, una profilazione
geografica efficace, è necessario ela borare i dati
geografici utilizzando la geometria computazionale (Barone
et al., 2021a; Barone et al. 2021b). In tutto il mondo i
sistemi di ricerca si stanno sempre più perfezio nando, anche
con l’utilizzo di nuove tecnologie (Barone e Di Maggio,
2019a; Barone e Di Maggio, 2019b; Pensieri et al., 2020),
ma l’impiego dell’intelligenza artificiale in questo settore
spe cifico è ancora sottostimato anche se potrebbe essere
fondamentale per la cosiddetta spatial analysis e la creazione
di modelli predittivi riducendo l’areale di ricerca
con una buona approssimazione (Barone et al., 2021a; Barone
et al. 2021b) (Figura 3).
In casi in cui i risvolti delle indagini portano a pensare alla
morte e possibile occultamento del cadavere della persona
scomparsa, tali metodi prevedono un’analisi territoriale
mediante telerilevamento, ovvero utilizzando immagini
satellitari, da aereo o drone per poter non solo analizzare
il territorio della scomparsa da remoto ma anche poter evidenziare
tramite immagini a cronologia differente (ovvero
prima e dopo la scomparsa) eventuali cambiamenti del
territorio mediante una serie di filtri multispettrali come
il vicino-infrarosso, l’NDVI (l’indice di crescita della vegetazione),
l’NDWI (l’indice di variazione dei bacini idrici)
o il LiDAR in aree boschive (Barone et al., 2021b). Queste
preliminari analisi eseguite al computer sono necessarie
per prepararsi a recarsi in loco e permettono un notevole
restringimento del campo di ricerca favorendo un’investi-
Fig. 4 - Questa figura mostra la copertura mediatica internazionale del caso italiano (a), la regione italiana dove è avvenuta la scomparsa (b), un'immagine
NIR della zona della scomparsa con i dettagli dell'anomalia relativa al corpo senza vita della madre (c).
30 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 31
gazione autoptica dei luoghi più precisa e focalizzata. Tale
ricognizione può aiutare nella creazione di un’ulteriore
mappa che aiuta a ridurre ancora di più la ricerca sul campo.
Tale mappa è la cosiddetta RAG map (Red Amber Green
map) o mappa a semaforo in cui si evidenziano i settori in
cui è molto, mediamente e poco probabile la presenza di
un occultamento di un eventuale cadavere. Nelle ristrette
zone dedotte dalle suddette analisi, è possibile effettuare
un ulteriore controllo mediante indagini geofisiche (nella
fattispecie mediante georadar) che in maniera del tutto
non invasiva e ripetibile permette di avere un’interpretazione
abbastanza accurata del sottosuolo (Barone et al.,
2021a; Barone et al. 2021b).
Successivamente a tutte le metodologie impiegate ed illustrate
finora, in maniera assolutamente non distruttiva/
invasiva, si può avere un’area molto circoscritta di ricerca
con un’alta probabilità di individuare il target investigativo.
A questo punto solo uno scavo stratigrafico/scientifico
(che segue le procedure archeologiche) e non arbitrario (a
ruspa o con mezzi impropri) permette di collezionare tutte
le evidenze necessarie per ricostruire propriamente la
scena del crimine ed eventualmente, avere una cronologia
relativa traendone le dovute considerazioni (Barone 2020;
Barone 2016; Barone e Di Maggio, 2019b).
Alla luce di quanto detto, è auspicabile compiere degli
sforzi per raccogliere e registrare questo tipo di informazioni
con la massima accuratezza e celerità possibili:
mai muoversi dalle centrali operative senza aver attuato i
passaggi illustrati precedentemente. L'utilizzo, quindi, di
tecniche che vanno dalla macroscala alla microscala, identificando
tutte le peculiarità e le informazioni utili alla
ricerca, riducendo l'uso delle risorse umane, la possibilità
di limitare i tempi di intervento e la capacità di operare
in condizioni difficili e / o di pericolo per le squadre di
soccorso sono alla portata economica di tutti oggigiorno.
Riassumendo, quindi: i) Google e i principali social network,
se non disattivata di proposito, hanno una localizzazione
costante. In caso di persona scomparsa, è sufficiente
entrare nel suo account (se ne ha uno, naturalmente); ii)
What3words all’estero è una app cosiddetta a due uscite,
ovvero l’utente può inviare tramite app la sua posizione
oppure la centrale operativa può collegarsi allo smartphone
della persona scomparsa anche se è spento o non raggiungibile;
in seguito, iii) il locus operandi permette, attraverso
un’analisi predittiva (tipo quella del film Minority
Report con Tom Cruise) di capire e definire, in base ai luoghi
visitati normalmente, quale può essere la zona in cui è
scomparsa la persona; infine, iv) lo studio delle immagini
satellitari può essere di fondamentale aiuto essendo acquisite
non solo ogni giorno ma anche in differenti bande o
frequenze che permettono talvolta di vedere “l’invisibile”
(Figura 4). Ovviamente questo porta a focalizzare le ricerche
per altre unità come georadar, unità cinofile e ricognitori
di terra esperti (anche detti field-walkers) (Groen et
al. 2015; Barone & Groen 2018; Barone e Di Maggio 2017;
Barone e Di Maggio 2019a; Barone et al., 2021a; Barone et
al. 2021b).
In conclusione, l’auspicio è quello che, così come avviene
all’estero, anche in Italia si riesca a diffondere in maniera
capillare l’apporto delle conoscenze prettamente archeologiche
di analisi spaziale e geolocalizzazione che risultano
di fondamentale importanza se declinate in ambito forense
con particolare riguardo al supporto per le ricerche
di persone scomparse.
Bibliografia
Barone, P.M. 2016 Understanding Buried Anomalies: A Practical
Guide to GPR; LAP LAMBERT Academic Publishing: Saarbrücken,
Germany; ISBN 978-3-659-93579-4.
Barone, P.M. 2020 Contestualizzare l’Archeologia Forense; Archeomatica
- Tecnologie per i Beni Culturali, Anno XII - Numero
2 Giugno
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. 2019 Dealing with Different Forensic
Targets: Geoscientists at Crime Scenes, Geological Society,
Special Publications: London, 492. DOI: 10.1144/SP492-2017-
274.
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. 2019 Forensic Geophysics:
Ground Penetrating Radar (GPR) Techniques and Missing
Persons Investigations. Forensic Sci. Res.,4, 337–340. doi:
10.1080/20961790.2019.1675353
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. 2019 Low-Cost CSI Using Forensic
GPR, 3D Reconstruction, and GIS. J. Geogr. Inf. Syst. 11, 493–
499, doi: 10.4236/jgis.2019.115030
Barone P.M., Di Maggio R.M. & Mesturini S. 2021 Materials
for the study of the locus operandi in the search for
missing persons in Italy, Forensic Sci. Res., 1, 1–7. doi:
10.1080/20961790.2020.1854501
Barone PM, Di Maggio RM, Mesturini S. 2021 Forensic Geoarchaeology
in the Search for Missing Persons. Forensic Sciences, 1(1),
8-15. doi: 10.3390/forensicsci1010003
Barone, P.M.; Groen, W.J.M. 2018 Multidisciplinary Approaches
to Forensic Archaeology: Topics discussed During the European
Meetings on Forensic Archaeology (EMFA); Springer, ISBN 978-3-
319-94397-8.
Barone P.M., Mesturini S., Pensieri M.G., Volpini L. 2020 L’AI nella
ricerca delle persone scomparse in A.F. Uricchio, G. Riccio,
U. Ruffolo (a cura di) Intelligenza artificiale tra etica e diritti.
Prime riflessioni a seguito del libro bianco dell’Unione europea,
Carucci Editore.
Commissario Straordinario del Governo per le persone scomparse,
XXIV Relazione annuale, (1° gennaio 2020 – 31 dicembre
2020, Ministero dell’Interno, 2021.
Di Maggio, R.M., Barone, P.M. (eds.) 2017 Geoscientists at Crime
Scenes: A Companion to Forensic Geoscience; Soil Forensics;
Springer International Publishing, ISBN 978-3-319-58047-0.
Groen, W.J.M.; Marquez-Grant, N.; Janaway, R. 2015 Forensic Archaeology:
A Global Perspective; Wiley, ISBN 978-1-118-74598-4.
Pensieri, M.G.; Garau, M.; Barone, P.M. 2020 Drones as an Integral
Part of Remote Sensing Technologies to Help Missing People.
Drones, 4, 15. doi: 10.3390/drones4020015
Rossmo, D.K. 2000 Geographic Profiling; CRC Press: Boca Raton,
FL, USA.
Abstract
Forensic archaeology and the search for missing persons, not only reconstructions on the crime
scene but also substantial help to find missing persons.
Parole chiave
Archeologia forense; geolocalizzazione; RTLS; persone scomparse
Autore
P. M. Barone
p.barone@aur.edu
AZIENDE E PRODOTTI
• Vulcanologia e Monitoraggio sismico
• Geofisica Marina e Rappresentazione dei fondali e
delle coste
• 3D Imaging e Telerilevamento
• Navigazione e posizionamento di precisione
• Qualificato laboratorio di assistenza tecnica
www.codevintec.it
PROGETTO AMOR - ADVANCED MULTIMEDIA AND OBSER-
VATION SERVICES FOR THE ROME CULTURAL HERITAGE
CHI CI PENSA AGLI INESPLOSI IN MARE?
Interessante sessione di Archeologia Marina al 4° Convegno
dei Geologi Marini. Affezionata all’evento, Codevintec
ha partecipato con un paper dal titolo “L’importanza
di indagini OBI-UXO accurate in mare" presentato
da Nicola Catalano. Il fatto che un ordigno sia rimasto
sul fondale o nascosto sotto, inesploso per anche 100
anni, non lo rende meno pericoloso. È importante elaborare
uno studio del rischio - specifico per il sito di
indagine – prima di qualsiasi indagine intrusiva. Cos’è il
rischio mitigato, e rischio residuo? Cosa può, cosa non
può essere individuato, e qual è lo strumento adatto?
Pianificare e condurre un’indagine magnetometrica
mirata è uno dei mezzi più efficienti per mitigare il
rischio di incorrere in un ordigno bellico inesploso (OBI,
anche detto UXO).
Il magnetometro marino di casa Geometrics G-882, è
l’unico che soddisfa gli standard richiesti per la bonifica
degli OBI nel Mare del Nord. Si tratta di un magnetometro
ai vapori di Cesio ad altissima risoluzione, adatto
all’utilizzo in acque profonde e superficiali e capace
di interfacciarsi con i Side Scan Sonar più diffusi per il
traino. Così da unire i due rilievi.
Un’altra componente per le indagini OBI è il software
per l’elaborazione e l’analisi dei dati magnetometrici
acquisiti. Oasis Montaj, con i suoi moduli UXO Marine
Mag e UXO Marine Grad appositamente sviluppati, ad
oggi è il software di riferimento per le indagini magnetometriche
marine.
Ma non solo: software completo, sviluppato grazie alla
conoscenza degli OBI e migliorato grazie all’attenzione
che il produttore Seequent presta ai riscontri ricevuti
dai clienti. Ottimizza e snellisce il processamento dei
dati: dall’import, al picking dei target, fino al calcolo
di dimensione e profondità degli stessi, per arrivare
alla creazione di liste di mappe e liste di target con
relative coordinate.
La sessione Geoarcheologia Marina e costiera è stata
moderata da Maria Rosaria Senatore, Pietro P. Aucelli,
Paolo Orrù, Rita Melis.
Chi è Codevintec?
Codevintec è riferimento per strumenti ad alta tecnologia
nelle Scienze della Terra e del Mare:
• Geofisica terrestre e Studio del sottosuolo
Il progetto AMOR - Advanced Multimedia and Observation
services for the Rome cultural heritage - è una iniziativa
NAIS nell'ambito del programma ARTES 20 IAP 5G
per L'ART Business Applications Programme dell'Agenzia
Spaziale Europea (ESA), cofinanziato dall'Agenzia spaziale
Italiana (ASI). Le attività del progetto sono iniziate a
novembre 2020 e avranno una durata di 24 mesi.
AMOR si propone di supportare sia le Istituzioni responsabili
dei Beni Culturali (Soprintendenza speciale Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio di Roma; Sovrintendenza
capitolina ai Beni Culturali di Roma) sia i visitatori, in
termini di:
• Salvaguardia, tramite ispezione / monitoraggio multimodale
del sito;
• Fruizione, attraverso soluzioni avanzate di fruizione;
Le tecnologie abilitanti AMOR comprendono:
• Osservazione della Terra da satellite, utilizzata per:
- identificazione e mappatura delle criticità,
- valutazione dello stato di conservazione;
• Navigazione satellitare utilizzata per il tracciamento
dei visitatori (anonimizzato) e la derivazione dell'analisi
dei dati;
• Piattaforme aeree (sistemi UAV), dotate di sensori
scelti sulla base di:
- specificità della missione,
- risoluzione spaziale più elevata;
• Tecnologia GPR (Ground Penetrating Radar) utilizzata
per:
- prospezioni del sottosuolo;
32 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 33
- indagini sotto la superficie di strutture verticali (muri,
colonne, ecc.);
• Tecnologia 5G, che consente soluzioni di fruizione AR.
Le aree pilota, comprese nel centro storico di Roma (sito
Unesco dal 1980), sono:
• Terme di Caracalla;
• Mura Aureliane (parte di);
Il team proponente è composto da:
- NAIS (Nextant Applications and Innovative Solutions)
(Prime Contractor)
- ICR (Istituto per la conservazione e il restauro)
- CNR - IREA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto
per Il Rilevamento Elettromagnetico dell'Ambiente)
- CoopCulture
- ESRI
- NITEL
L’ARCHEOLOGIA VISTA DAL DRONE...
Con DJI Mini sono state fatte 3 missioni a 25 metri, di 10
minuti ciascuna.
Con le prime 2 missioni nadirali, andando ad incrociare i
2 voli precedenti, la terza missione invece è stata effettuata
con un volo circolare e la camera inclinata di 45°.
Si è cercato di effettuare scatti fotografici con una sovrapposizione
almeno del 70%.
Sono stati posizionati N°10 caposaldi rilevati con strumentazione
GNSS, operazione necessaria sia per riferire
il rilievo alle altre campagne di misura sia per migliorare
le accuratezze del rilievo fotogrammetrico.
Sono state eseguite ben 862 foto, un numero elevato di
fotogrammi indispensabili per ottenere i risultati in fotografia
qui sotto.
Il tutto è stato elaborato con software 3DF-Zephyr.
3DF-Zephyr si è dimostrato vincente per l’elaborazione
di questo rilievo grazie ai suoi algoritmi brevettati.
Infatti l’algoritmo SASHA è dedicato all’estrazione delle
mesh e permette di ottenere un modello 3D con bordi
nitidi e margini netti!
Dal modello generato, sempre nell’ambiente 3DF Zephyr,
è stato possibile estrarre le curve di livello e sezioni in
punti strategici dell’area del cantiere.
Per saperne di più sulla fotogrammetria e sull’elaborazione
con il software 3DF-Zephyr chiama lo 055 8954766
Oggi vogliamo parlare di un caso studio avvenuto in un
cantiere sito a Verona. Verona ha attraversato da protagonista
le epoche storiche, la sua posizione strategica
l’ha spesso salvata da devastazioni. I conquistatori avevano
interesse a conservare una città fortificata integra,
di cui servirsi per il dominio sul territorio. Il centro storico
di questa fantastica città è caratterizzato da molte
testimonianze, resti, monumenti ed edifici di ogni epoca
e stile.
Per numero di reperti è seconda solo a Roma. Come
spesso accade nei centri storici italiani, buona parte dei
reperti sono sottoterra, dai due ai tre metri al di sotto
dell’attuale piano stradale.
E’ quello che è successo nell’ennesimo cantiere della città
Scaligera nei pressi di Borgo Venezia.
Durante la fase di scavo per la predisposizione al cantiere
di un nuovo fabbricato, i lavori si sono improvvisamente
bloccati per il ritrovamento di uno scheletro umano di
circa 2000 anni fa….
Ovviamente sono intervenuti tempestivamente una squadra
di archeologi, progettisti, architetti e topografi rilevatori.
La scelta è stata quella di fare immediatamente un volo
con il drone per sorvolare tutta l’area del cantiere e riferire
tutto il rilievo con le precedenti campagne di misura.
NUOVO DRONE DJI MAVIC 2 ENTERPRISE CON CAMERA
TERMICA PER OPERAZIONI CRITICHE
La DJI, azienda cinese leader nel mercato dei droni per
scopi ludici, oramai affermata anche nel campo dei droni
per operazioni più complesse, molto utili anche nel campo
del Patrimonio Culturale, ha il suo nuovo prodotto: DJI
Mavic Enterprise Advanced. Le novità rispetto ai precedenti
droni enterprise sono molteplici tra cui la camera,
il sistema di posizionamento e vari accessori. La camera
con un sensore da 1/2'' 48 MP, zoom digitale fino a 32x e
una camera termica con risoluzione 640x512, frame rate
di 30 Hz e zoom digitale fino a 16x può tornare molto utile
nell'analisi termografica con notevoli applicazioni nello
studio dei manufatti architettonici, specie se storici,
perché consente di vedere al di là della superficie opaca
scoprendo, ad esempio, discontinuità materiali e strutturali
e quindi la presenza di cavità, vuoti, tamponature,
occlusioni o anche antiche aperture. Un'altra utilità può
AZIENDE E PRODOTTI
essere anche una ripresa termografica di pareti e soffitti
di ampia estensione per il rilievo del grado di umidità,
dovuto ad infiltrazioni non definibili dalla colorazione degli
intonaci, con indubbio vantaggio per stabilire ampiezza
e profondità d’intervento su affreschi, tinteggiature
e crescita spontanea di vegetazione a macchia sui tratti
murari di rovine ed edifici storici e le relative variazioni
subite nel corso del tempo.
Di seguito il commento di uno dei responsabili della DJI:
“Abbiamo notato che i nostri consumatori Enterprise
hanno utilizzato Mavic 2 Enterprise per condurre ispezioni
industriali dove una migliore precisione e risoluzione
maggiore per sensori termici e di visualizzazione
rappresentavano funzioni essenziali per operare in modo
preciso. Grazie ai nuovi aggiornamenti, Mavic 2 Enterprise
Advanced si trasforma nel drone must-have ideale
per questo tipo di ispezioni complesse,” dice Christina
Zhang, responsabile DJI per le strategie aziendali. “I professionisti
dell'ispezione saranno in grado di individuare
difetti e anomalie con maggiore dettaglio ed eseguire
operazioni e manutenzione in modo più efficace. Infine,
i primi soccorritori e i vigili del fuoco saranno in grado di
localizzare rapidamente le vittime, identificare i punti
caldi e schermare i rischi di incendio per redigere piani
di salvataggio mirati, mantenendo il personale al sicuro ".
Specifiche della camera termica
Grazie ai suoi doppi sensori avanzati con una telecamera
con risoluzione termica HD 640×512 px e una telecamera
visiva da 48 MP con un sensore CMOS da 1/2 ", i professionisti
saranno in grado di prendere decisioni informate
identificando rapidamente gli oggetti sul posto. La termocamera
presenta un frame rate di 30 Hz e consente
una precisione di misurazione della temperatura di ± 2
° C. I piloti possono passare da feed visivi, termici o con
vista divisa per diverse esigenze di progetto. Mavic 2 Enterprise
Advanced può acquisire immagini HD e video 4K
da una distanza di sicurezza. I suoi sensori della telecamera
ad alta risoluzione supportano uno zoom digitale
32x e uno zoom termico 16x, consentendo agli operatori
di concentrarsi sui dettagli che contano sulle missioni di
ispezione aerea.
Altre caratteristiche
Spot Meter – Visualizza la temperatura media di un oggetto,
aiutando i piloti a mantenere una distanza di sicurezza
durante il monitoraggio di oggetti critici o pericolosi.
Area Measurement – Individua i punti con valori di temperatura
minima, media e massima, così come le corrispondenti
posizioni di ciascuna area, permettendo agli
ispettori il rilevamento rapido di soggetti e determinare
eventuali aree surriscaldate.
Sistema di posizionamento centimetrico
Il nuovo DJI Mavic 2 Enterprise Advanced può essere dotato
di un modulo DJI RTK (disponibile separatamente) che
raggiunge una precisione al centimetro e supporta NTRIP,
che consente al drone di resistere alle interferenze elettromagnetiche
rendendolo ideale per le ispezioni powerline.
Gli operatori possono creare fino a 240 waypoint per
condurre missioni di ispezione automatizzate e dettagliate
in ambienti complessi. Il formato leggero e portatile di
Mavic 2 Enterprise Advanced offre la massima agilità in
quanto può decollare in meno di un minuto e sfrecciare
attraverso ambienti operativi complessi grazie a velocità
di salita e discesa più elevate.
Accessori utili
Faro – Il faretto con una luminosità di 2.400 lumen aiuta
le operazioni di notte e in condizioni di luce scarsa o
diurne complesse come nebbia e fumo.
Speaker – Un altoparlante con una proiezione massima di
100 decibel (1 m di distanza) è in grado di memorizzare
più registrazioni vocali e riprodurre clip in loop consentendo
la comunicazione con le squadre di terra durante
le situazioni di emergenza per operazioni efficienti.
Lampeggiante – Conforme agli standard di certificazione
FAA (Federal Aviation Administration) per la segnalazione
notturna, il lampeggiante M2E è dotato di una potente
luce stroboscopica visibile fino a 4,8 km di distanza. Aumenta
la sicurezza delle operazioni notturne o in condizioni
di scarsa luminosità, segnalando la presenza del
drone ai piloti di altri velivoli nelle vicinanze.
DJI Smart Controller – E’ dotato di un display ultra-luminoso
1080p da 5,5 pollici per visualizzare immagini nitide
anche sotto la luce solare diretta.
34 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
TELERILEVAMENTO
Tecnologie per i Beni Culturali
RECENSIONE
AUGMENTED HERITAGE
dall'oggetto esposto
all'oggetto narrato
a cura di Aracne Editrice
AUTORE: DONATO MANIELLO
PREFAZIONE: SANDRA LUCENTE
EDITORE: EDIZIONI LE PENSEUR
PAGINE: 304
PREZZO: € 34
ISBN: 978-88-95315-69-0
In quanti modi è possibile "aumentare" la realtà? La
tecnologia è l'unico modo in cui è possibile raggiungere
questo obiettivo? È possibile parlare di etica digitale
applicata ai beni culturali? Nella prima parte
del volume l'autore affronta queste tematiche in un
percorso sistematico analizzandone le reciproche influenze
per poi introdurre la Spatial Augmented Reality
(SAR), affrontando - in modo teorico - i metodi ad
oggi disponibili con cui è possibile far coincidere scena
reale e modello digitale attraverso l'approccio video
proiettivo. La seconda parte è dedicata all'approfondimento
della SAR sul patrimonio artistico e culturale,
analizzando la parte relativa al metodo e alla progettazione
che ha ispirato le installazioni, curate dallo
stesso autore. Il volume, sintesi dei precedenti scritti
dallo stesso autore, da cui sono eslcuse tutte le parti
manualistiche, amplia con ulteriori approfondimenti
il tema dell’Augmented Heritage, è rivolto a tutti gli
studiosi che desiderano avere un approfondimento
sistematico, teorico e di indirizzo su tale disciplina,
attraverso uno sguardo quanto più ampio possibile sui
metodi culturali della progettazione multimediale.
MONITORAGGIO 3D
GIS E WEBGIS
www.gter.it
info@gter.it
GNSS
FORMAZIONE
RICERCA E INNOVAZIONE
AGORÀ
Monitoraggio sismico in tempo
reale per il Tempio di Nettuno a
Paestum – Il tempio meglio conservato
della Magna Grecia da
marzo 2021 è soggetto a un monitoraggio
sismico continuo grazie
a una collaborazione tra il Parco
Archeologico di Paestum e Velia
e il dipartimento di Ingegneria
Civile dell’Università di Salerno.
Quattordici punti di misura, realizzati
con sensori di ultima tecnologia,
sviluppati nell’ambito
della ricerca sulle onde gravitazionali,
sono stati posizionati sulle
parti alte dell’edifico di V sec.
a.C. e nel sottosuolo, per misurare
in tempo reale ogni minimo
movimento della struttura millenaria.
La precisione degli accelerometri
è tale da poter registrare
non solo attività sismiche,
ma anche l’impatto del traffico e
persino del vento sul tempio. Tali
dati, dal momento che vengono
raccolti in maniera sistematica,
aiuteranno a elaborare un modello
del comportamento dinamico
dell’edifico e saranno fondamentali
per rintracciare cambiamenti
strutturali, non visibili a occhio
nudo, che potrebbero rappresentare
un rischio.
“Si tratta di un’integrazione
virtuosa tra ricerca applicata e
tutela – commenta l’Ing. Luigi
Petti dell’Ateneo salernitano -
che impiega tecnologie e sensori
altamente innovativi, sviluppati
dal Professore Fabrizio Barone
per applicazioni nei settori della
sismologia e della geofisica, integrando
le conoscenze di molti
settori scientifici, tra cui l’archeologia,
l’architettura, la geologia
e l’ingegneria strutturale. Tali
attività rientrano in un progetto
di ricerca più ampio, a cui partecipano,
tra l’altro, le Università
di Roma La Sapienza e di Kassel
in Germania. È, inoltre, iniziata
una collaborazione con l’ISPRA
per attività di monitoraggio sui
beni culturali”.
Il sistema di monitoraggio è stato
progettato dall’arch. Antonella
Manzo, già responsabile dell’ufficio
UNESCO del Parco archeologico,
in collaborazione con il
professore Luigi Petti del Dipartimento
di Ingegneria civile dell’Università
di Salerno; i lavori sono
stati diretti dall’arch. Luigi Di
Muccio della Soprintendenza
ABAP di Caserta e Benevento.
I dati sono stati immessi in rete
sul sito del Parco
Il datacenter dell’Università di
Salerno, d’intesa con il Parco archeologico,
consentirà l’accesso
ai dati a enti di ricerca da tutto il
mondo, previa stipula di una convenzione
non onerosa. Intanto,
una parte dei dati è accessibile
liberamente in tempo reale sulla
pagina del sito istituzionale del
Parco Archeologico di Paestum e
Velia:
www.museopaestum.beniculturali.it/monitoraggio-sismico-deltempio-di-nettuno/
“In questa maniera – commenta
Maria Boffa, funzionaria per la
comunicazione del Parco – ci si
può connettere da tutto il mondo
per seguire il comportamento
dinamico del tempio di Nettuno
in tempo reale. Ovviamente i dati
messi on line sono in uno stato
‘crudo’ e parziale e per accedere
ai dataset completi bisogna
effettuare un’apposita richiesta.
Per avere un’idea di cosa esattamente
stiamo parlando, si può
fare una prova e osservare in video
una oscillazione del monumento
in diretta proprio nell’orario
di transito del Frecciarossa,
oppure quando la situazione meteorologica
a Paestum non è delle
migliori. In tal modo, speriamo
di sensibilizzare il pubblico verso
un campo di ricerca che a lungo
è stato riservato agli addetti ai
lavori e far capire come la tecnologia
può aiutare nella tutela del
patrimonio”.
Novità dagli scavi lungo le fondazioni
Per il posizionamento dei sensori
nel sottosuolo sono stati effettuati
nuovi scavi lungo le fondazioni
del monumento. Le indagini, coordinate
dai funzionari archeologi
Daniele Rossetti e Francesco
Scelza, hanno riservato più di
una sorpresa agli studiosi. “Può
36 36 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali 37
sembrare strano – sottolinea il
direttore del Parco archeologico,
Gabriel Zuchtriegel – ma sono i
primi scavi stratigrafici controllati
e documentati in maniera corretta
sul tempio di Nettuno, uno
dei monumenti dorici più famosi
del mondo antico. E a volte sono
proprio i monumenti più celebri
- che sembrano stranoti anche
se in realtà non lo sono - che nascondono
ancora delle sorprese.
Nel nostro caso, è soprattutto
la cronologia che abbiamo potuto
chiarire grazie alla fortuna di
trovare una stratigrafia intatta
che ancora contiene la storia del
cantiere del tempio. In passato,
Dieter Mertens ipotizzò sulla base
di alcuni dettagli del podio che il
tempio originariamente fosse stato
progettato come un periptero
di 8 x 19 colonne, per poi essere
riprogettato in una forma più
‘moderna’ con 6 x 14 colonne. I
nostri scavi hanno dimostrato che
tutta la parte delle fondazioni
effettivamente risale al periodo
tardo-arcaico, circa mezzo
secolo prima della terminazione
del progetto intorno al 460 a.C.
Come nelle grandi cattedrali del
medioevo, anche qui dobbiamo
immaginare un cantiere che si
protraeva per più generazioni,
con ripensamenti, aggiustamenti
e cambiamenti in corso d’opera.
Inoltre, lo scavo ci ha messo nella
condizione di ricostruire come
la costruzione del tempio abbia
comportato una rimodulazione
del paesaggio circostante. Prima
di iniziare la costruzione, l’area
dove sarebbe sorto il tempio era
stata livellata, però senza abbassare
il livello molto al di sotto del
piano di campagna. Su un sottile
strato di sabbia di mare, riscontrato
in tutti e quattro i saggi
lungo le fondazioni, furono poi
messe le fondamenta che erano
dunque quasi completamente al
di sopra del piano di campagna.
Solo successivamente furono coperti
di terreno, creando così una
specie di collinetta artificiale intorno
al podio del tempio che
si può apprezzare ancora oggi.
Tutto ciò ha arricchito in maniera
straordinaria la nostra conoscenza
del tempio dorico meglio
conservato della Magna Grecia; è
un episodio che ancora una volta
fa capire come tutela e ricerca
siano due facce della stessa medaglia”.
Il progetto finanziato con Artbonus
I lavori per la messa in opera del
sistema di monitoraggio sono stati
finanziati con donazioni arrivate
attraverso il portale Artbonus
del Ministero della Cultura che
prevede sgravi fiscali a chi sostiene
la tutela e la valorizzazione
di beni culturali. Tra i maggiori
contribuenti la famiglia di Sabato
D’Amico, titolare dell’omonima
azienda di Pontecagnano, e Roberto
Savarese di Sorrento Sapori
e Tradizioni Srl.
“Donare per la realizzazione del
progetto di monitoraggio ci ha
fatto sentire custodi della storia
– dichiara Sabato D’Amico -.
Con la nostra azienda cerchiamo
di affermare il made in Italy in
tutto il mondo e di contribuire
allo sviluppo di questo territorio
della Piana del Sele, così ricco di
risorse naturali e di cultura. Essere
un mecenate significa creare
un rapporto saldo con importanti
realtà come il Parco Archeologico
di Paestum e Velia che quotidianamente
tutelano e valorizzano i
nostri beni culturali per scrivere
un progetto di crescita di più ampio
respiro che guarda al futuro”.
Come evdenzia il direttore, il
progetto, in virtù della sua polivalenza
“è un esempio concreto
di quanto si riesce a fare in
un’ottica di integrazione virtuosa
tra tutela, ricerca e coinvolgimento
del territorio grazie alle
possibilità che si sono aperte con
la riforma dei beni culturali e con
la legge Artbonus”.
Fonte: www.museopaestum.beniculturali.it/
AGORÀ
Il Louvre virtuale cambia – Il
Louvre, il grande museo parigino,
a causa della pandemia è chiuso
da mesi. Un duro colpo per la cultura,
la critica e la ricerca: ognuno
che ami l’arte e’ consapevole
che e’ creata per essere fruita.
Ancora una volta la tecnologia va
incontro all’arte, alla didattica
e al turismo, si dimostra arte,
e l’intera collezione parigina -
composta da centinaia di migliaia
di pezzi - è online, su un nuovissimo
sito web, ma questa volta
dedicato quasi esclusivamente al
Louvre.
Il database ‘Louvre Site des Collections’
contiene, infatti, oltre
alle sue opere, le sculture dei
giardini del Carrousel e delle Tuileries,
quelle del Musée National
Eugène Delacroix e le opere recuperate
dopo la seconda guerra
mondiale. Per la prima volta il
museo, forse il più visitato dai
turisti che ci sia, compare scorporato
dalle basi dei dati di Catalogo
dei musei francesi denominate
Atlas e Joconde, da decenni
accessibili alle curiosità e alla ricerca
degli appassionati di tutto
il mondo e create a partire dagli
anni Settanta.
Sul sito le schede delle opere
vengono periodicamente aggiornate
nel campo bibliografico
dagli esperti del museo e rese
disponibili all’utente con una catalogazione
abbinata a strumenti
anche intuitivi e semplici. Inoltre
è corredato da una mappa interattiva
che consente ai visitatori
di addentrarsi stanza per stanza.
Un avviso ai naviganti circoscrive
la bibliografia, che, senza
pretendere di essere selettiva o
esaustiva, e’ limitata alle attività
più strettamente museali.
Come di consueto, le collezioni
possono essere approfondite in
diversi modi: ricerca semplice o
avanzata, album a tema e voci
smistate per dipartimento curatoriale.
In aggiunta, il sito stesso
del museo è stato ottimizzato
e diviso in tre sezioni principali:
‘visiter’, ‘découvir’, ‘en ce moment’.
«L’accessibilità è il cuore della
nostra missione» ha ribadito
Jean-Luc Martinez, direttore del
museo, il quale è convinto che
questa corsa digitale possa in
qualche modo alleviare e non sostituire
la mancanza di visite allo
straordinario monumento francese.
Come spesso accade, le revisioni
parziali e gli aggiornamenti
non sempre contribuiscono ad
arricchire e ad approfondire la
schedatura storica dell’oggetto
artistico: a tutti gli esperti e’
consigliabile accedere alle più
vecchie basi dati per le vicende
collezionistiche dell’opera, che il
criterio di obiettività dei curatori
ha deontologicamente e professionalmente
mantenuto in linea,
anche per quanto attiene alla
documentazione fotografica, con
l’alta definizione adottata veramente
apprezzabile, a portata di
mano per tutti gli interpreti.
A campione, tra le opere più celebri
della collezione, per quanto
attiene in dettaglio alla Morte
della Madonna di Caravaggio,
la scheda di catalogo del Louvre
finalmente pubblica la sua provenienza
dalla collezione di Carlo
I d’Inghilterra. Dato desunto
dall’edizione del 1757, con una
nota di Horace Walpole, dei due
manoscritti di Oxford, che si
datano al 1639, del Catalogo di
Abraham van der Doort, curatore
della raccolta reale, che vi descriveva:
“Dorcas lying dead, by
Michael Angel Caravagio”, venduta
ad Everhard Jabach e da
questi poi a Luigi XIV, sancita la
prima appartenenza nel 1607 alla
raccolta Gonzaga. L’accessibilità
online del dato e’ oggi confrontabile
in parte con il manoscritto
legato di Van der Doort conservato
dal Royal Collection Trust. La
perplessità derivava dal significato
di ‘Dorcas’, nome greco di Tabita
e dall’interpretazione di Van
der Doort e, conseguentemente
di Walpole, del soggetto del Transito
della Vergine come di una
Resurrezione di Tabita, dagli Atti
degli Apostoli.
Ora, se e’ vero che artisti italiani
come Raffaello, Leonardo, Michelangelo,
Tiziano o Caravaggio
appartengono ad ogni cultura e
anche alla lingua francese, che
nei secoli li ha ‘tradotti’, appropriandosene,
e’ pur vero che l’uso
ha restituito nel secolo scorso
il nome in lingua originale di quasi
ogni artista od autore incluso
negli indici di catalogo redatti
dagli schedatori di ogni parte
del mondo, come prima voce del
nome autore identificato. Non
e’ ancora così per lo strumento
parigino che accoglie come nomi
d’autorità: Raphael, Leonard, Michelange,
Titien, Caravage, che
qualunque correttore automatico
tenderà oggi a correggere. In
fondo in fondo, automatismo per
automatismo, e’ pur vero che lo
stesso correttore non muterebbe
immediatamente in Delacroix il
pittore che per avventura scrivessimo
‘Della Croce’. Sono banche
dati storicizzate, oltre che
38 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali
39
una fonte preziosa per entrare
nella cultura che le ha formate.
Secondo una prassi corrente nei
cataloghi museali, a chi li consulta
converrà scorrere tutte le
forme del nome accettate per
avere una visione più completa
della reale consistenza delle acquisizioni.
Del resto, il catalogo
museale da sempre ha accolto il
principio storico dell’opera d’arte
come documento inventariato,
dalla quale, come dai dati della
sua esposizione o meno e in quali
raccolte, si dipanano le fonti
biografiche sull’artista. Criterio
fondamentale sotto il profilo critico,
poiché il titolo soggettivo
delle singole opere raramente e’
rimasto immutato nel corso del
tempo, anche se solo spostate
da una parte all’arte dello stesso
edificio: l’iconologia e’ la disciplina
storico-artistica che identifica
un’opera d’arte indicizzando
inoltre gli innumerevoli appellativi
che le siano stati attribuiti
nei secoli, e non soltanto, talora,
i disparati creatori.
Una piacevole scoperta per il
visitatore abituale, aneddotica
gia’ per Stendhal, a ben vedere
più di noi informato sull’origine
delle più importanti raccolte europee,
può essere quella che riguarda
più da vicino la revisione
dei dati di provenienza al Louvre
di opere incluse nel Trattato di
Tolentino: cioe’ il fatto che non
vengano più archiviate nel sistema
come ‘conquete de guerre’,
ma semplicemente come ‘achat’,
‘acquisto’. Pur sempre in cambio
della vita del pontefice Pio VII,
quando erano le opere d’arte italiana,
e non così frequentemente
i loro creatori, come accade oggi,
a fuggire all’estero. Del resto il
Ministero della Cultura italiano,
ancora oggi, non fa che spiazzare
i suoi direttori di museo, come se
la lingua italiana, anche in tema
di banche dati, non avesse saputo
parlare all’arte e dell’arte che ha
creato. Il Louvre, analogamente
alla maggior parte dei più importanti
musei italiani, e’ accessibile
quindi, e non solo, si mostra
per quello che e’: un laboratorio
di assidua ricerca inestimabile ed
inevitabilmente discutibile che
non ha mai smesso di essere un
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AGORÀ
Zamani Project: la salvaguardia di
siti in via di estinzione attraverso
tecnologie all’avanguardia. – Il patrimonio
culturale è il fondamento
di ogni società e cultura. Con
sede presso la School of Architecture
Planning and Geomatics della
Faculty of Enginerring & the Built
Enviroment, Zamani Project è un
gruppo di ricerca che ospita uno dei
database più estesi al mondo di siti
e strutture del patrimonio culturale
africano, sviluppato utilizzando
la più moderna tecnologia di documentazione.
Con il sostegno delle
Fondazioni Mellon, Saville e della
tecnologia Epic Games, il progetto
Zamani ha documentato più di
250 strutture, siti d’arte rupestre e
statue in 65 siti del patrimonio in
18 paesi: in Africa, Medio Oriente,
Sud-est asiatico ed Europa.
Nel 2001 Heinz Ruther fondò il progetto,
per sostenere i siti molto
spesso privi di documenti, scarsamente
documentati e minacciati
da danni o distruzione. Il suo fine
principale è lo sviluppo della consapevolezza
del patrimonio, il
senso di appartenenza e il rispetto
verso le altre culture. Numerosi
ricercatori e professionisti insieme
al Word Monuments Fund e al Conservation
Institute hanno collaborato
al progetto. Non sono mere
immagini, sono delle vere e proprie
rappresentazioni dei siti puntuali e
curate nei minimi dettagli. Attraverso
l’utilizzo del laser scanner,
fotogrammetria e droni, la struttura
o l’oggetto viene rilevato nei
suoi punti precisi. I dati sono utili
al fine di generare modelli 3D, sistemi
d’informazione geografica,
sezioni, piante e tour panoramici.
Inoltre con la parecipazione di industrie
tecnologiche come Zoller e
Frolich e l’utilizzo del software Reality
Capture.
In collaborazione con Word Monuments
Fund, il progetto Zamani ha
intrapreso due campagne per documentare
le undici chiese rupestri di
Lalibela in Etiopia. Le chiese furono
costruite nella città di Roha, ribattezzata
Lalibela in onore del re. Il
luogo attualmente è una città monastica,
isolata a 2.630 metri di altezza,
protetta e circondata da una
barriera naturale di montagne alte
più di 4.000 metri nel cuore degli
altipiani a nord dell’Etiopia, nella
regione degli Amhara. Dal 1968 le
chiese monolitiche furono dichiarate
patrimonio dell’UNESCO: scavate
nella roccia, costituiscono uno
dei migliori esempi di arte etiope
medievale, la cui costruzione viene
comunemente datata tra il 1181 e
il 1221. Circondate da fossati, sono
scavate a 15 metri di profondità in
una roccia molto fragile e, ricavate
dalla materia circostante, sembrano
sgorgare dalla terra. Heinz
Ruther, nella seconda campagna
sul campo intrapresa nel 2017, insieme
al team ha svolto un’indagine
dettagliata di follow-up di due
delle chiese per rilevare e quantificare
possibili deformazioni nelle
strutture rocciose. I sacerdoti di
Lalibela hanno inoltre riferito al
Word Monuments Fund che pezzi di
roccia cadevano dal soffitto durante
la celebrazione dell’Epifania di
Timkat. Il progetto Zamani è stato
incaricato di scansionare la parte
più sacra della chiesa, dove fu
sepolto il Re Lalibela. Si tratta di
una cappella scavata nel sottosuolo,
parte della quale è al di sotto
di un cortile. La morfologia della
struttura è complessa, ma l’esperto
di conservazione del patrimonio del
World Monuments Fund ha spiegato
che, collegando tutti i modelli del
sito creati da Zamani, sono stati
in grado di comprendere non solo
i singoli modelli, ma anche vedere
per la prima volta come si adattano
nel loro insieme. Sono state fornite
informazioni su un’area di circa 30
cm di roccia tra la parte superiore
dell’arco e il pavimento del cortile
soprastante che era instabile. Una
rivelazione incredibile che ha cambiato
la modalità di conservazione
in quella particolare area del sito.
Senza l'utilizzo delle tecniche di
scansione Lidar Light Detection and
Ranging che Zamani ha impiegato,
sarebbe stato molto difficile stabilirlo.
Nell’agosto del 2019 il team
del progetto Zamani ha documentato
la House of Wonders a Stone
Town, Zanzibar. Costruito nel 1883
con colonnati metallici, è uno degli
edifici più imponenti dell’antica
Stone Town ed ospita oggi il Zanzibar
National Museum of History &
Culture. La sua struttura fu molto
innovativa, il primo edificio a Zazibar
ad avere l’elettricità ed il
primo in Africa orientale ad avere
un ascensore. Friedrich Klutsch,
regista di documentari e direttore
della compagnia cinematografica
DEMAX, ha lavorato per 10 giorni
con il team del progetto Zamani sul
posto. DEMAX nel dettaglio sta producendo
una serie di film incentrati
sullo scambio avvenuto tra il Sultanato
dell’Oman e l’Africa Orientale
nel corso dei secoli e ha scelto
la House of Wonders come spazio
espositivo virtuale per gli elementi
di questo scambio. DEMAX sta importando
i dati del progetto Zamani
in programmi software per creare
immagini 3D generate dal computer
per la loro serie di film. Lo stesso
Klutsch ha affermato che è la prima
volta che viene utilizzata la scansione
LIDAR in questa misura e che
la sua speranza risiede nello stabilire
una connessione tra il pubblico
moderno, la storia e il patrimonio.
La scelta di lavorare con il progetto
Zamani non è stata casuale: l’utilizzo
di attrezzature all’avanguardia e
la loro esperienza nella tecnologia
di mappatura spaziale è ciò che
Klutsch cercava.
40 ArcheomaticA N°1 marzo 2021
Tecnologie per i Beni Culturali
41
Dal 2005 al 2009 il progetto Zamani
ha documentato spazialmente
Kilwa Kisiwani, attraverso quattro
campagne. Le strutture documentate
includono: la Gereza, la
Grande Moschea, l'Husuni Kubwa, il
Makutani Building e la Moschea Malindi.
Kilwa Kisiwani, città storica,
situata a circa 300 Km a sud di Dar
es Salaam, è il principale sito storico
nel sud della Tanzania. Tra il XIII
e il XVI secolo era una fiorente città
commerciale, porto centrale per il
commercio nell’ Oceano Indiano di
avorio, oro, legname, porcellana,
gioielli, perle e abbigliamento. Gli
edifici storici furono costruiti con
materiali calcarei mescolati con il
corallo. Nel 1981 venne dichiarata
patrimonio dell’umanità dall’UNE-
SCO e nel 2004 è stato incluso tra i
siti in pericolo. Difatti è in corso un
rapido deterioramento a causa di
diversi agenti quali la vegetazione
e l’erosione. La consapevolezza e
l’apprezzamento dei siti del patrimonio
culturale è importante anche
presso le comunità locali, poiché i
materiali vengono spesso rimossi
dalle strutture per essere utilizzati
come materiale da costruzione.
Il progetto Zamani è un valido sostegno
per la conservazione di questi
siti. Il suo team non si fermerà
e continuerà a lavorare verso la
visione di una società in cui le generazioni
attuali e future abbiano
accesso e proteggano il patrimonio
culturale africano e internazionale.
Sebbene il COVID-19 abbia impedito
al team di intraprendere gran parte
del lavoro sul campo pianificato per
il 2020, hanno lavorato duramente
per elaborare dati per la creazione
di nuovi prodotti digitali, inclusa la
documentazione per l’Iziko South
African Museum. Quando tutto ritornerà
alla normalità hanno in programma
di documentare altri siti.
L'uso delle nuove tecnologie in ambito
archeologico è particolarmente
significativo. La strumentazione
tecnologica, se adeguatamente utilizzata,
consente di ristabilire connessioni
con un tempo remoto.
Il database dei papiri del Museo
Egizio di Torino – Visitando il Museo
Egizio di Torino si ha la possibilità
di ammirare moltissimi papiri
che, tuttavia, sono solo una minima
parte dell’enorme patrimonio papiraceo
totale che ammonta a quasi
700 manoscritti interi o riassemblati
e oltre 17.000 frammenti. Numeri
così alti palesano le grandi difficoltà
nella conservazione e nello studio
di documenti antichi di millenni
e, di conseguenza, molto fragili.
Per chi non lo sapesse, ormai da più
di un anno, è possibile previa registrazione,
consultare tutti questi
antichi papiri tramite il database
online.
“Turin Papyrus Online Platform
(TPOP)“ è quindi uno strumento
fondamentale che, al momento,
mette a disposizione dei professionisti
che si registreranno al portale
230 papiri, oltre a 50 documenti
consultabili liberamente da chiunque.
In ogni caso, il progetto prevede
il continuo incremento degli
open data pubblicati.
Il catalogo virtuale comprende:
numero d’inventario; foto ad alta
definizione di entrambe le facce
dei papiri; misure; trascrizione,
traslitterazione in geroglifico e traduzione
(al momento solo in inglese)
dei testi contenuti; riferimenti
bibliografici; informazioni sulla storia
e sul contesto di ritrovamento
dell’oggetto; approfondimenti sul
restauro e sulle analisi tecnologiche
effettuate.
Come detto, l’apertura all’intera
comunità scientifica internazionale
permetterà che l’implementazione
del database usufruisca non solo
del lavoro dei curatori torinesi, in
particolar modo della responsabile
della collezione dei papiri, Susanne
Töpfer, ma di chiunque lavori nel
campo.
Oltretutto a TPOP è stato da poco
riconosciuto il prestigioso Premio
del Patrimonio/Premi Europa Nostra
2020 nella categoria ricerca.
Questa la motivazione della
giuria che ha assegnato il premio:
“L'Europa ha numerose collezioni
papirologiche e raccolte di
papiri, una ricchezza documentaria
che testimonia l'interesse europeo
per l'Orientalismo, emerso nel XVIII
secolo e presente fino al XIX secolo,
che ha permeato la sua cultura
materiale. Lo sviluppo di una tale
piattaforma online, di libero accesso
e ad alta risoluzione, è di grande
valore per i musei, soprattutto in
considerazione del suo potenziale
di essere utilizzato per la creazione
di un museo digitale europeo che
riunirebbe un patrimonio disperso,
una raccolta virtuale omogenea
che sarebbe impossibile realizzare
a livello materiale. L'applicazione
di strumenti dell’era digitale contribuisce
allo sviluppo della conoscenza,
alla conservazione della
cultura materiale e alla sua accessibilità,
sia per gli studiosi che per
il pubblico generale, promuovendone
la diffusione”.
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PAESTUM
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6 – 8 OTTOBRE 2021
Dronitaly “Working with
Drones” 2021
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