la vita cronica - Odin Teatret

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Gli attori dell’Odin Teatret utilizzano in continuazione la lingua nonostante
i suoi limiti. Durante le prove aperte in Polonia, ho appreso qualcosa sul ruolo
della lingua nello spettacolo teatrale. Parte del testo detto dagli attori nella Vita
cronica sono frammenti di poemi di Ursula Andkjær Olsen, il cui poetico danese
era incomprensibile a ciascuno dei 37 partecipanti alla Masterclass di Wroclaw.
Eppure abbiamo capito dalle domande e dalle risposte che il tono ironico dei versi
era stato percepito da una buona parte di loro.
L’unica spiegazione possibile è che il testo parla all’attore in modo tale che
questi è capace di tradurre il discorso dei versi in una lingua corporale e sonora
captata da spettatori attenti. È come assistere a un’opera senza la proiezione del
testo su uno schermo. Anche qui non si comprende quello che i cantanti dicono,
eppure usano le parole per intuire il significato che debbono cantare e agire.
L’Odin Teatret è un teatro senza una lingua unica, però è profondamente
collegato con quella che viene parlata nello spettacolo, e che gli attori, con
l’aiuto del regista, sono in grado di evidenziare o contrastare.
Ci sono, però, alcune frasi che tutti gli spettatori comprenderanno: le parole
consegnate per iscritto nelle loro mani prima di entrare a vedere lo spettacolo.
Nella loro lingua materna leggeranno: "L’azione si svolge in diversi paesi d’Europa
nel 2031 dopo la terza guerra civile". In altre parole, è tardi nella nostra giornata
e nella nostra vita. Se uno non l’ha scoperto pensando all’età dell’Odin Teatret e
dei suoi attori, adesso questa consapevolezza gli viene somministrata con il
cucchiaio. Qual è il declino in attesa?
Ogni spettatore dovrà cercare la risposta con i suoi occhi e le sue orecchie
nella rappresentazione che inizierà tra poco. Posso solo testimoniare questo: la
risposta non è data in anticipo.
La risposta che ha germogliato nel vivaio costituito dai quattro anni della
Vita cronica, e che prese forma nel momento in cui lo spettacolo scovò il finale,
ha le sue radici nello stesso luogo della domanda da cui tutto ebbe inizio: nella
biologia. La vita continua, si dice. Ma questo non dice tutto. Va avanti in un modo
molto particolare che divenne chiaro solo durante il cammino. Il teatro scompare,
ma il teatro dura. Il teatro è cronico, imprevedibile e invincibile come la vita.
Se i partecipanti alla Masterclasss di Barba a Wroclaw, che videro il lavoro
fatto solo a metà, assisteranno allo spettacolo concluso, rimarranno tanto
sorpresi quanto lo rimasi io scoprendo la direzione in cui è cresciuto. Il canto
dell’Odin Teatret, come ho detto, sarà alle sue ultime note, ma è ancora forte e
luminoso.
(Trad. a cura di Nando Taviani)