la vita cronica - Odin Teatret
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divertire gli altri. Ero stanca di sentirmi dire che non bisogna par<strong>la</strong>re in sa<strong>la</strong><br />
mentre al tempo stesso ogni decisione del regista era spiegata e giustificata con<br />
lunghi discorsi che insistevano su una scelta che cambiava il giorno successivo.<br />
Quel venerdì riuscii ad addormentarmi solo all’alba quando decisi, non so<br />
perché, che mi sarei presentata al<strong>la</strong> prossima prova come un uomo con i baffi. Era<br />
il massimo del<strong>la</strong> protesta che riuscivo a concepire e al tempo stesso una proposta<br />
concreta. All’improvviso mi sentii leggera.<br />
Il mattino del sabato, giorno libero, <strong>la</strong>sciai <strong>la</strong> mia casa in campagna e andai<br />
in città, a Holstebro. Ero emozionata, come il topo che bal<strong>la</strong> quando non c’è il<br />
gatto. Entrai in un negozio di vestiti usati in cui non ero mai stata prima. Mi<br />
avvicinai all’angolo che esponeva completi da uomo e ne provai uno. Era <strong>la</strong> misura<br />
perfetta. Questo deve essere un segno, pensai, visto che i pantaloni maschili non<br />
mi vanno mai bene. Anche <strong>la</strong> camicia bianca che accompagnava il vestito era del<strong>la</strong><br />
misura giusta. In un altro negozio dell’usato comprai un cappello nero a falde<br />
<strong>la</strong>rghe. Avevo tutto ciò che mi serviva per una trasformazione perfetta.<br />
Soprattutto non volevo più essere triste e scura. Desideravo smettere di essere un<br />
peso per il regista e gli altri attori.<br />
A casa mi armai di col<strong>la</strong> e nastro adesivo per confezionare un paio di baffi<br />
e una parrucca che spuntasse dal cappello come se avessi i capelli corti. Avevo<br />
tenuto un ciuffo dei miei capelli da molti anni e lo usai. La consistenza e anche il<br />
colore erano cambiati, ma il mio entusiasmo non si soffermava su questi dettagli.<br />
Sono i momenti del processo che amo di più: creo oggetti e costumi che so che<br />
non potranno mai essere usati perché troppo primitivi, ma che mi danno idee.<br />
Quando entrai in sa<strong>la</strong>, i baffi tremavano un poco: cercavo di restare seria e<br />
di non ridere. La compostezza era importante per non far cadere i baffi, tenuti a<br />
ma<strong>la</strong>pena dal nastro adesivo. Soprattutto dovevo e<strong>vita</strong>re di sudare. Ricordo il<br />
sorriso dissimu<strong>la</strong>to dei miei compagni, degli osservatori e degli assistenti al<strong>la</strong><br />
regia raccolti in sa<strong>la</strong> blu mentre aspettavamo Eugenio. Quando lui entrò, esc<strong>la</strong>mò:<br />
"Come assomigli a tuo padre!" E continuò le prove come se niente fosse cambiato.<br />
Per me invece era cambiato tutto.<br />
Avevo deciso che il mio uomo avrebbe camminato sempre con le braccia<br />
parallele e un passo leggermente balzel<strong>la</strong>nte come suo fratello, il personaggio del<br />
<strong>la</strong>voratore norvegese di Geddy Aniksdal, attrice del Gren<strong>la</strong>nd Friteater. Calmo o<br />
veloce, avanzava sempre con le braccia all’unisono. Non ero più Julia, triste,<br />
scura e pesante, ma un personaggio che si poteva permettere ogni tipo di<br />
commento. Ero libera di comportarmi male e protestare attraverso un comportamento<br />
esagerato, accentuato, non naturalista, di cui curavo con premura <strong>la</strong><br />
composizione teatrale.<br />
La mia proposta rischiava di non piacere, ma non poteva essere immedia-<br />
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