dispensa Lab. Didattica disabilita sensoriali
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cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con
eventuale correzione.[...]
L’ambiente, la famiglia, la società
Scrive Pontiggia: “I bambini disabili nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la
seconda è una rinascita affidata all’amore e all’intelligenza degli altri. Ma questa rinascita esige
anche negli altri un cambiamento integrale nei confronti dell’handicap: un limite fisico o mentale
che, direttamente o indirettamente, prima o poi, ci coinvolge tutti. E che in un’epoca dove si esalta
la sfida fine a se stessa come superamento del limite, impone la sfida più importante, che è la
consapevolezza e l’accettazione del limite”.
Molti genitori, di fronte alla disabilità del figlio non riescono a proporre (accanto a modalità di
protezione, di soddisfazione del bisogno, di dipendenza) anche norme, limiti, rinunce e spinte
emancipative, limitandosi a offrire un illusorio e contraffatto rifugio domestico piuttosto che
l’emozionante, complessa e talvolta amara realtà sociale.
Per agire sulla persona con disabilità e sul suo contesto di vita diventa indispensabile la prospettiva
di un lavoro di rete, secondo la visione ecologica dello sviluppo umano, teorizzata da Urie
Bronferbrenner; tale azione educativa si può edificare su un progetto di vita della persona con
disabilità che parta dai seguenti presupposti:
1. la famiglia è il punto di partenza e di arrivo di ogni situazione educativa;
2. la scuola è uno dei luoghi privilegiati in cui l’integrazione si avvia e si compie;
3. la riduzione dell’handicap diventa possibile e sostenibile se genitori e operatori sanno
lavorare in rete;
4. la partecipazione alle scelte è un diritto della famiglia.
I bisogni di una persona disabile e dei suoi familiari sono numerosi ed è importante sviluppare una
risposta comprensiva, che tenga in considerazione sia l’individuo, sia i vari aspetti della sua vita.
Coinvolgere e valorizzare le risorse interne alle famiglie, tuttavia, non è impresa facile, né
automatica, perché in certi casi le barriere culturali sono più forti di quelle architettoniche: operare
per la riduzione dell’handicap significa essere orientati al possibile, senza illudersi e senza
illudere. La non conoscenza crea paura, disorientamento, pregiudizio, mentre l’informazione
graduale, adeguata, aggiornata, aiuta a prevenire e facilita la comunicazione, aprendo utili piste di
integrazione e quindi di individuazione di risorse umane ed economiche.
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