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dispensa Lab. Didattica disabilita sensoriali

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riducendo di fatto le aspettative nei loro confronti, col risultato di demotivarli nella scoperta delle

loro potenzialità e della conoscenza del loro sé.

Quanto alla sfera delle emozioni, è opinione, purtroppo diffusa, che il deficit visivo ne impoverisca

la spontaneità e l’immediatezza, dal momento che i normovedenti assegnano allo sguardo un ruolo

importantissimo nella comunicazione non verbale; ma non è raro, d’altro canto, imbattersi in

persone convinte dell’eccessiva sensibilità dei non vedenti, che li condurrebbe a manifestazioni

plateali delle emozioni.

In realtà l’effetto più manifesto e condizionante che la cecità produce interessa la sfera della

comunicazione, obbligando chi ne è colpito a ricorrere all’impiego di canali sensoriali, che i

normovedenti utilizzano come complementari a quello visivo. Tuttavia porsi in relazione con le

persone cieche attribuendo a udito, tatto e olfatto un ruolo compensativo a quello della vista è errato

e fuorviante, perché conduce ad adottare nei loro riguardi comportamenti inadeguati e ad alimentare

attese reciproche immancabilmente destinate a dimostrarsi infondate.

I sensi, infatti, hanno caratteristiche proprie, diverse tra loro, veicolando le informazioni specifiche;

ad essi i ciechi ricorrono non già per compensare il senso mancante, bensì al fine di ottenere da un

lato tutti i dati che si riferiscono all’ambiente, dall’altro di interagire con esso mediante

l’organizzazione funzionale delle percezioni facenti capo a ogni singolo senso.

Possiamo dunque affermare che mentre la cecità congenita o comunque insorta in tenera età, pur

non inibendo per sé lo sviluppo dei processi cognitivi, ne modifica in parte i meccanismi, quella

sopraggiunta in età successiva alla prima infanzia è in grado di alterare la percezione del sé e del

mondo circostante, inteso quale insieme di fenomeni fisici e di relazioni sociali; nondimeno, quanto

più precoce e sollecito sarà l’intervento riabilitativo sui soggetti interessati e formativo sui nuclei

familiari di appartenenza, tanto maggiori saranno le probabilità di giungere al superamento dei

condizionamenti che dalla cecità derivano.

Al contrario del termine “cecità”, la voce “ipovisione”, insieme a termini come subvisione, deficit

visivo, subefficienza visiva, ecc., si presta a svariate interpretazioni, dato che non fornisce alcuna

indicazione precisa circa l’entità della visione residua.

L’ipovisione, a seguito delle cause che l’hanno determinata e del grado di limitazione della capacità

visiva ad essa collegato, genera condizioni percettive e psico- fisiche diversificate da caso a caso e

talora contrastanti, impedendo di ipotizzare dei percorsi educativi e riabilitativi standard.

Per ciò che riguarda i possibili condizionamenti provocati dalla comparsa di gravi disfunzioni visive

dopo la nascita, all’inizio essi non differiscono da quelli causati dall’insorgere tardivo della cecità i

quali, come si è detto, interessano principalmente le sfere dell’autonomia personale e della

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