dispensa Lab. Didattica disabilita sensoriali
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e padre sviluppano processi emozionali differenti e spesso evidenziano scarse capacità di
comprensione reciproca, di sostegno e di solidarietà all’interno della coppia (Winnicott, 1974).
Nel caso di bambini nati a termine apparentemente sani, la diagnosi di cecità congenita,
intervenendo qualche mese dopo la nascita e modificando l’immagine del bambino, rischia di
distorcere il rapporto che i genitori hanno iniziato con lui. La reazione più frequente che si rileva
nella letteratura clinica, nella fase diagnostica è costituita dal bisogno di negare la minorazione,
con la conseguente ricerca, a volte maniacale, di elementi che lo disconfermino, divenedo spesso
in alcuni casi la modalità prevalente in cui i genitori reagiscono alla minorazione del figlio. Questo
comportamento favorito dall’intervallo particolarmente ampio che intercorre quasi sempre tra la
formulazione dell’ipotesi e la successiva conferma della diagnosi di cecità, fa sì che il genitore
possa coltivare la speranza che la diagnosi ipotizzata venga smentita anche ricorrendo alla
consultazione di specialisti diversi in campo medico. Ciò persiste nella maggioranza dei casi anche
dopo l’accertamento diagnostico concretizzandosi nella ricerca di superspecialisti o di interventi
miracolosi (pranoterapisti o guaritori) e diviene il veicolo principale attraverso il quale si esprime la
non accettazione da parte dei genitori della cecità del figlio. Si tratta di un meccanismo difensivo
che si instaura quando il problema suscita una angoscia tale che l’individuo è incapace di tollerarla:
il genitore cerca percorsi attraverso i quali impegnarsi attivamente nel continuo tentativo di opporsi
al dato negato alla coscienza.
Questi atteggiamenti, che inizialmente sono inevitabili, risultano nel tempo, molto negativi per il
bambino minorato in quanto il genitore completamente orientato alla ricerca di soluzioni che
eliminino l’handicap non si misura concretamente con la realtà del figlio, non ne rileva i bisogni e
non si impegna a sufficienza nel trovare delle soluzioni adattive che assicurino un adeguato
sviluppo del figlio.
Questi atteggiamenti dei genitori spesso finiscono per provocare nei figli sentimenti e vissuti di
esclusione e rifiuto da parte della famiglia. Il bambino, continuamente in movimento tra cliniche,
specialisti, medici e guaritori si sente trattato come un portatore di problemi da risolvere e, nel
contempo, vede negata la sua vita affettiva ed emotiva.
In altri casi i genitori possono sviluppare una particolare relazione con il bambino caratterizzata da
atteggiamento eccessivamente ansioso, iper-protettivo e soffocante con tendenza a limitarlo
nel conseguimento dell’autonomia; questi genitori tendono a mantenere il bambino in uno stato di
immaturità trattandolo in modo inadeguato alle sue esigenze di crescita e facendogli richieste
inferiori alle sue potenzialità.
Questo atteggiamento può, in alcuni casi, provocare un ritardo nello sviluppo delle capacità
cognitive, nell’acquisizione dell’autonomia personale e forte senso di dipendenza dalle figure
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