NELLE VALLI BOLOGNESI N°56
Il numero dell'inverno 2023 della rivista dedicata a storia, natura e cultura locale edita da Emil Banca
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Bologna<br />
Sante Bentivoglio<br />
preso parte, a prescindere dalle<br />
loro mise più o meno eccentriche.<br />
L’unica a scampare agli anatemi del<br />
Cardinale, in quell’occasione, fu<br />
proprio Nicolosa, che non partecipò<br />
al matrimonio del secolo per il<br />
semplice dettaglio che era, da anni,<br />
l’amante di Sante Bentivoglio e quel<br />
giorno era impegnata a ingoiare un<br />
grosso boccone amaro. Per altro,<br />
come ci aggiornano i gossippari<br />
dell’epoca, se la fece passare in fretta<br />
perché, anche dopo il matrimonio,<br />
Sante continuò a frequentarla con<br />
assiduità e passione.<br />
Ma chi era Nicolosa? Entrata a<br />
buon diritto nei libri di storia della<br />
moda per il suo amore per gli<br />
abiti lussuosi, le stoffe intessute di<br />
oro e d’argento e i gioielli vistosi,<br />
Nicolosa Castellani, figlia di un<br />
notaio e già benestante di famiglia,<br />
andò in sposa nel 1446 al primo<br />
conte della Porretta Nicolò Sanuti,<br />
possidente ricchissimo ma già avanti<br />
con l’età. Il buongusto della giovane<br />
sposa si manifestò nei suggerimenti<br />
al cantiere del maestoso palazzo di<br />
famiglia, nell’attuale via D’Azeglio,<br />
senza porticato come le magioni<br />
nobiliari e con la facciata in bugnato<br />
che precorre addirittura quella di<br />
Palazzo dei Diamanti a Ferrara.<br />
Quasi una sfida, una competizione in<br />
chiave più sobria con il meraviglioso<br />
palazzo dei Bentivoglio di cui<br />
il suo amante stava avviando la<br />
costruzione. Nel frattempo, il conte<br />
Sanuti andava erigendo anche il<br />
bel palazzo da utilizzare come<br />
magione di campagna e centro<br />
dei suoi affari in località Fontana<br />
di Sasso Marconi, dove la volitiva<br />
Nicolosa viene omaggiata in una<br />
rievocazione storica che si svolge<br />
ogni anno nel mese di luglio. Che la<br />
giovane Nicolosa fosse bellissima e<br />
d’intelligenza brillante è lo scrittore<br />
di corte suo contemporaneo<br />
Giovanni Sabadino degli Arienti ad<br />
attestarlo. Lo stesso che, tra una lode<br />
ai Bentivoglio e agli Estensi signori<br />
di Ferrara, scrisse la raccolta di<br />
novelle “Le Porretane”, un’opera sul<br />
modello esplicito del “Decamerone”<br />
di Boccaccio. Nicolosa è addirittura<br />
la narratrice di una novella, la<br />
XXII, e viene descritta dall’autore<br />
come “magnifica contessa, donna<br />
bellissima, morale, graziosa e<br />
venusta quanto altra bolognese<br />
donna a questi tempi se trovi”.<br />
Se sulla moralità possono sorgere<br />
dei dubbi, sulla bellezza e la cultura<br />
tutte le fonti sono concordi. Così<br />
come sulla grinta e il carattere<br />
volitivo, che la spinsero ad armarsi<br />
di carta, inchiostro e penna d’oca<br />
per dirne quattro al legato del Papa<br />
in terra bolognese, che aveva osato<br />
prendere di mira l’abbigliamento<br />
troppo sfarzoso e l’ostentazione<br />
di beni di lusso e gioielli con un<br />
bando emesso nel 1453 contro “la<br />
soverchia ambizione delle donne”.<br />
Inaccettabile, per Nicolosa, che<br />
il cardinale Bessarione volesse<br />
dettare legge anche su temi,<br />
apparentemente tanto frivoli, come<br />
l’abbigliamento e le sue fogge. Il<br />
bando del cardinale vietava, ad<br />
esempio, le stoffe intessute d’oro<br />
e d’argento, gli abiti in materiali<br />
preziosi come il broccato, il velluto<br />
cremisi e l’ermellino. E poi gli<br />
strascichi dovevano misurare in base<br />
al ceto sociale: più corti per mogli e<br />
figlie di contadini e popolani, un po’<br />
più lunghi per quelle dei nobili e dei<br />
dottori, ancora maggiori solo per le<br />
donne dei militi.<br />
Ma la contessa Sanuti non era<br />
disposta a permettere a nessuno di<br />
ficcare il naso nei suoi armadi e di<br />
dare ordini alle sue sarte. Pertanto,<br />
scrisse una lettera in latino - giusto<br />
per ricordare che l’essere frivole non<br />
significa essere incolte - nella quale<br />
sottolineava la disparità di costumi<br />
delle donne bolognesi rispetto a tutte<br />
le altre. Perché tarpare ulteriormente<br />
le ali alle donne, togliendo loro<br />
pure i simboli della femminilità,<br />
quando a loro è già impedito di<br />
indossare gli abiti dei magistrati, dei<br />
militi e dei sacerdoti? Già le donne<br />
non potevano intraprendere alcun<br />
tipo di carriera, perché limitarne<br />
ulteriormente la libertà? Insomma,<br />
la lettera di una femminista ante<br />
litteram che rivendicava il diritto a<br />
manifestare sé stesse anche con gli<br />
abiti, senza alcuna limitazione.<br />
Ma l’animo battagliero e lo<br />
spirito rivendicativo di Nicolosa<br />
vennero meno appena un anno<br />
dopo, quando Sante Bentivoglio<br />
fu costretto a prendere in sposa<br />
l’appena quattordicenne Ginevra<br />
Sforza per ragioni dinastiche. In<br />
quell’occasione, disperata all’idea<br />
di perdere l’amato, scrisse una<br />
lettera pubblica, questa volta in<br />
italiano, in cui si diceva pentita di<br />
aver dato tanto peso agli ornamenti<br />
femminili, che così vani si erano<br />
rivelati per trattenere a sé l’amante.<br />
Una disperazione tale, la sua, che<br />
la portò sull’orlo del suicidio, se<br />
non fosse stato per l’intervento di<br />
Sante che le spiegò come i suoi<br />
sentimenti non fossero cambiati<br />
e che il matrimonio non avrebbe<br />
mai impedito loro di continuare<br />
a incontrarsi in quell’alloggio in<br />
contrada San Donato dove avevano<br />
coltivato il loro amore. Cosa che<br />
probabilmente avvenne, anche se le<br />
cronache smisero di parlarne, fino<br />
alla morte prematura dell’amante<br />
che, di fatto, lasciò due vedove.<br />
Lo stemma dei Bentivoglio