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NELLE VALLI BOLOGNESI N°56

Il numero dell'inverno 2023 della rivista dedicata a storia, natura e cultura locale edita da Emil Banca

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ALLE ORIGINI DEL VINO<br />

La storia<br />

dei vitigni<br />

dei Colli Bolognesi<br />

Nel 1937, Marescalchi e Dalmasso<br />

nelle loro “Storia della vite e del<br />

vino in Italia” convengono che il<br />

Negrettino sia il Majolo descritto da<br />

Pier de Crescenzi nel ‘300<br />

Naigärtén<br />

Il rosso dei<br />

nostri nonni<br />

Testo di Alessio Atti<br />

Tra boschi e calanchi, tra pievi e poggi, tra terra e cielo a contemplare<br />

albe e tramonti vi era sicuramente il Negrettino, uva nera, vino<br />

rustico ma soprattutto, nel bicchiere di ognuno. Insieme ad altri<br />

celeberrimi autoctoni locali come i bianchi Montuni e Alionza, il<br />

Negrettino rappresenta la memoria dei nostri nonni. Bastava un<br />

piccolo bicchiere di vino anche allungato con acqua, e un pezzo di<br />

pane con la mortadella, o due fette di salame, per consumare una<br />

meravigliosa merenda anche perché dopo le lunghe partite a pallone<br />

nelle vie impolverate, il richiamo della mamma per fare uno spuntino<br />

era un momento solenne.<br />

Tanti ricordi che a volte si fanno carico anche di importanti momenti<br />

di vita vissuta. Ricordi evocati ogni volta che il naso finisce dentro un<br />

bicchiere o che se ne avverte il gusto, pensieri che corrono lontano,<br />

celati dietro a porte che, a volte, non si vorrebbero mai aprire ma si<br />

spalancano inequivocabilmente, aperte da quelle chiavi che solo i<br />

sensi sanno risvegliare.<br />

Ragazzi d’un tempo raccontano storie legate a ricordi di gioventù, il<br />

Negrettino era un protagonista indiscusso di quei momenti spensierati<br />

e pertanto ancora vivissimo malinconico ricordo in alcune memorie.<br />

In realtà ancora un po’ di confusione di chi sia veramente questo<br />

vino c’è ancora, sarà quello bolognese o quello ravennate? Eccellente<br />

quello imolese ma il modenese non è da meno.<br />

Nel 1937, Marescalchi A. e Dalmasso G. nelle loro “Storia della<br />

vite e del vino in Italia” convengono che il Majolo descritto da Pier<br />

de Crescenzi nel ‘300 sia il Negrettino. Ancor prima, nel 1851, il<br />

Maini lo confondeva con il Terrano, una varietà autoctona friulana<br />

conosciuta anche in Romagna con cui fanno la Cagnina.<br />

Nel fascicolo XII del Bullettino Ampelografico del Ministero<br />

d’Agricoltura, Industria e Commercio del 1879, il Negrettino viene<br />

descritto come un’uva per abbondante produzione in quanto<br />

resistente all’oidio, ma non da vino buono, benché apprezzato<br />

nella zona.<br />

Era il vitigno a bacca nera predominante delle colline felsinee mentre<br />

in pianura lo erano l’Uva d’Oro e la Pomoria.<br />

Già in quegli anni, che precedevano il disastro della fillossera, si<br />

commentava altresì che la viticoltura felsinea “...ha il gravissimo difetto<br />

dell’inconsulta molteplicità dei vitigni, piantati promiscuamente ed<br />

a caso, bianchi e neri…” sappiamo anche che venivano vinificati<br />

insieme, quando si credeva che i frutti fossero maturi, con una certa<br />

fretta per evitare furti e con la beata ignoranza che non faceva loro<br />

credere nell’alto livello che si poteva raggiungere nella vinificazione<br />

per singola qualità.<br />

Confusa nei primi del ‘900 anche con il Canaiolo nero e con il<br />

Moretto di Alessandria, il nostro Negrettino non ebbe pace: vollero<br />

tutti imparentarlo con altri vitigni, addirittura si arriva sino al 2000<br />

quando un errore di sinononimia lo affianca alla romagnola Uva<br />

Longanesi. Per non dar troppo adito alle leggende, come quella del<br />

Pinus Laeto, diciamo subito che con il termine Negretto o Negrettino<br />

erano e sono tutt’oggi definite, forse per comodità, diverse uve a<br />

bacca scura, ma ora, nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, c’è il<br />

Negrettino bolognese, nome comune Negretto, in dialetto Naigärtén.<br />

Nel panorama promiscuo, sicuramente complesso e incostante del<br />

vino bolognese un punto di riferimento è stato rappresentato di certo<br />

da questa uva, dal suo vino e dalle storie che ruotavano attorno al<br />

bicchiere.<br />

Non è un vino che in purezza può raccogliere grandi favori ma<br />

sapientemente trattato in vigna e vinificato con alcune accortezze ha<br />

tutte le intenzioni di regalarci gradevoli sensazioni.<br />

Ha una buona produzione soprattutto costante, caratteristica che<br />

insieme alla resistenza all’oidio lo fece rientrare nelle grazie dei<br />

produttori; pensiamo che nel bolognese, nei primi anni del secolo<br />

scorso, era presente in più della metà degli ettari vitati.<br />

Nel calice si evidenzia il colore rosso rubino intenso, quasi<br />

impenetrabile, il naso è complesso, pervaso da aromi di amarena<br />

e frutti neri, spezie verdi come timo e rosmarino. Il sorso, ampio, è<br />

caldo ed avvolgente, i tannini sono piuttosto rustici ma non invadenti,<br />

la sapidità accennata accompagna la piacevole freschezza, non di<br />

certo importante. La chiusura, nel caso di passaggi in legno, evidenzia<br />

spezie dolci, noce moscata, cacao e una lieve pungenza agrumata.<br />

Elegante e sinuoso, poco vibrante ma piacevole.<br />

Con il suo corpo piuttosto esile lo abbinerei a salumi tipici come<br />

mortadella o salame rosa, delicati e profumati; gramigna alla salsiccia<br />

o polpette alla bolognese con piselli e per chiudere un gran bollito<br />

misto alla bolognese dove qualche salsa di accompagnamento non<br />

guasterebbe.<br />

Chissà se potremmo raccontare anche noi vicende di vita legate ad<br />

un vino in particolare, il Negrettino ne ha trascinate fino a noi. Quale<br />

altro vino potrà fare altrettanto?<br />

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