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Archeomatica 3 2022

Tecnologie per i Beni Culturali

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ivista trimestrale, Anno XIV - Numero III settembre <strong>2022</strong><br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

L'Appia Imperiale<br />

EDXRF tra Analisi e Imaging<br />

Tradizione e Innovazione nel Restauro Archeologico<br />

Restauro Digitale<br />

www.archeomatica.it


EDITORIALE<br />

Dalla Augmented Reality<br />

alla Augmented Sensoriality<br />

Cari lettori, <strong>Archeomatica</strong> ha partecipato alle celebrazioni del Centenario della nascita di Antonio<br />

Cederna, che si sono aperte il 27 settembre 2021 con la Conferenza stampa di Presentazione degli<br />

eventi organizzati da Italia Nostra nel Parco Regionale dell’Appia Antica. La Conferenza, tenuta da<br />

Simone Quilici, già Direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, Mario Tozzi ed Ebe Giacometti,<br />

si è svolta nella sede dell’Archivio Cederna a Capo di Bove e ha incluso l’avvio della prima postazione<br />

sperimentale dell’Archeoguida accessibile nel Castrum Caetani-Cecilia Metella, progettata anche da<br />

<strong>Archeomatica</strong> e prevista snodarsi con una serie di punti d’informazione lungo tutto l’asse della via<br />

Appia Antica fino a Brindisi.<br />

Il programma delle manifestazioni ha inaugurato con una Festa interassociativa in musica nel Parco<br />

di Tor Fiscale, a cura di Camilla, Giulio e Giuseppe Cederna, con Marta Bonafoni e Marco Cacciatore,<br />

cui si deve l’ampliamento del Parco archeologico in collaborazione con le due Direzioni del Parco<br />

Archeologico e del Parco Regionale. Ha proseguito l’iniziativa con il Convegno di Studi sulla Via Appia<br />

da Roma a Brindisi nelle Sale Conferenze di Via Appia Antica 42 e 22, presentato da Alma Rossi e Simone<br />

Quilici e introdotto da Annalisa Cipriani di Italia Nostra con l’intervento dedicato all’eredità di Antonio<br />

Cederna dell’Associazione lungo più di mezzo secolo, insieme alla Soprintendenza Archeologica di Roma<br />

e con Adriano La Regina e Rita Paris, Premi Nazionali Umberto Zanotti Bianco, e, insieme da trent’anni<br />

e più, con il Parco Regionale dell’Appia antica.<br />

Nell’ambito del progetto intitolato Dalla Augmented Reality alla Augmented Sensoriality <strong>Archeomatica</strong>,<br />

in collaborazione con Italia Nostra (Sezione di Roma), Una Quantum Inc., Istituto Italiano per sordi,<br />

Istituto S. Alessio, VIII Municipio di Roma e il Parco Archeologico dell’Appia Antica ha contribuito con<br />

la propria esperienza alla realizzazione di Archeoguide in Realtà Sensoriale Aumentata, con lo scopo<br />

di dare forma ad un linguaggio di segni tattili e audiovisivi tramite l’interazione con le App, rivolto<br />

in prima battuta a coloro che, per volere della sorte, abbiano limitazioni sensoriali e linguistiche,<br />

ma anche futuribile, rivolto ad occhi che osservino la terra dal firmamento. L’insieme di postazioni<br />

lungo l’Appia Antica si inserisce nel contesto dei monumenti archeologici senza interferire con il loro<br />

stile e la loro tecnica, riprendendone a tutti gli effetti le caratteristiche di manualità artigianale<br />

tipiche del periodo storico dell’arte romana, dando vita ad un unicum sia dal punto di vista estetico<br />

che dell’utilità sociale. Le Archeoguide sono una esperienza prototipale, incise come sono a rilievo<br />

su pannelli di travertino: su di esse hanno preso forma quell’insieme di simboli ed emblemi che<br />

universalmente rappresentano la Tomba di Cecilia Metella come meta turistica e monumento storico,<br />

attraverso il linguaggio Braille che, per antonomasia, è sinonimo di inclusività. Rivolgendosi a quella<br />

parte di individui limitati nei sensi, risponde anche ad una necessità di comunicazione multilinguistica<br />

e polisemantica oltre la LIS. In questi pannelli informativi, nel corso del progetto, sono stati riprodotti<br />

alcuni fregi (di epoca classica) e stemmi (di epoca medievale) della Tomba sulla Via Appia per<br />

l’esplorazione tattile e la fruizione in Realtà Aumentata tramite QR-Code Tattile, i cui contenuti sono<br />

visibili e udibili anche su Smartphone.<br />

Durante il ciclo di conferenze, dedicate al Centenario della nascita di Antonio Cederna, era nata tra<br />

i partecipanti l‘idea di raccogliere su queste pagine alcuni dei contributi esposti in quelle sedi che<br />

anticipiamo in questo numero, che avrebbe dovuto prendere la forma di uno speciale dedicato all’Appia<br />

Antica, ma che, per mancanza di risorse, vede la luce solo parzialmente. Tra i contributi raccolti nella<br />

circostanza, pubblichiamo su <strong>Archeomatica</strong> 3-<strong>2022</strong> L’Appia Imperiale di Lucrezia Spera: una escursione<br />

sui cerimoniali romani della Tarda Antichità connessi con quelli imperiali e, inoltre, l’articolo di Cesare<br />

Crova Tradizione e Innovazione nel restauro archeologico. L’esempio dei Cantieri didattici dell’Istituto<br />

Centrale per il Restauro della Villa dei Quintili: una panoramica sui progetti di conservazione, che<br />

hanno interessato la Villa dei Quintili e il ruolo futuro dei cantieri didattici.<br />

Buona lettura,<br />

Valerio Carlucci


IN QUESTO NUMERO<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

6 L’Appia imperiale<br />

di Lucrezia Spera<br />

In Copertina la Villa dei Quintili. Area S<br />

14. Vista zenitale (da Frontoni, Galli, Paris<br />

2020, p. 242.<br />

RESTAURO<br />

10 Tradizione e Innovazione<br />

nel Restauro Archeologico<br />

L’esempio dei cantieri<br />

didattici dell ’Istituto<br />

Centrale per il Restauro alla<br />

Villa dei Quintili<br />

di Cesare Crova<br />

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ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Anno XIV, N° 3 - SETTEMBRE <strong>2022</strong><br />

<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />

italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />

e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />

la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />

tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />

diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />

in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />

parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />

avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />

"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />

che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />

enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />

Direttore<br />

Renzo Carlucci<br />

dir@archeomatica.it<br />

Direttore Responsabile<br />

Michele Fasolo<br />

michele.fasolo@archeomatica.it<br />

Comitato scientifico<br />

Giuseppe Ceraudo, Annalisa Cipriani, Maurizio<br />

Forte, Bernard Frischer, Giovanni Ettore<br />

Gigante, Mario Micheli, Stefano Monti,<br />

Luca Papi, Marco Ramazzotti,<br />

Antonino Saggio, Francesca Salvemini,<br />

Rodolfo Maria Strollo<br />

Redazione<br />

Maria Chiara Spezia<br />

redazione@archeomatica.it<br />

Matteo Serpetti<br />

matteo.serpetti@archeomatica.it<br />

Valerio Carlucci<br />

valerio.carlucci@archeomatica.it


16 EDXRF tra analisi e imaging<br />

- Nuovi intriganti sviluppi nella<br />

diagnostica dei Beni Culturali<br />

Giovanni E. Gigante, Sergio A. Barcellos Lins<br />

di<br />

RUBRICHE<br />

30 AZIENDE E<br />

PRODOTTI<br />

Soluzioni allo Stato<br />

dell'Arte<br />

34 AGORÀ<br />

Notizie dal mondo delle<br />

Tecnologie dei Beni<br />

Culturali<br />

24 Ricostruzione<br />

Digitale 3D del<br />

Palazzo del<br />

Vescovado a Feltre -<br />

Ricostruzione storico -<br />

architettonica dal<br />

Medievo a giorni<br />

nostri<br />

a cura di Tre.Digital<br />

38 EVENTI<br />

INSERZIONISTI<br />

Esri 38<br />

Hubstract 39<br />

Geomax 33<br />

Nais Solutions 40<br />

Planetek 2<br />

Stonex 37<br />

Strumenti Topografici 9<br />

Virpleo 21<br />

una pubblicazione<br />

Science & Technology Communication<br />

Science & Technology Communication<br />

Diffusione e Amministrazione<br />

Tatiana Iasillo<br />

diffusione@archeomatica.it<br />

MediaGEO soc. coop.<br />

Via Palestro, 95<br />

00185 Roma<br />

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Progetto grafico e impaginazione<br />

Daniele Carlucci<br />

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<strong>Archeomatica</strong> è una testata registrata al<br />

Tribunale di Roma con il numero 395/2009<br />

del 19 novembre 2009<br />

ISSN 2037-2485<br />

Stampa<br />

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Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità<br />

dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale<br />

del contenuto di questo numero della Rivista<br />

in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento<br />

elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di<br />

archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto<br />

dell’editore.<br />

Data chiusura in redazione: 30 settembre <strong>2022</strong>


DOCUMENTAZIONE<br />

L’Appia imperiale<br />

di Lucrezia Spera<br />

Nel ricordo del grosso impegno<br />

di Cederna per la salvaguardia<br />

del territorio della via Appia,<br />

si intende proporre un aspetto<br />

poco indagato del carattere di<br />

questo comparto suburbano, che<br />

conserva, per tutti i secoli della<br />

tarda antichità, un forte legame<br />

con la frequentazione imperiale.<br />

Fig.1<br />

Un ricco repertorio di fonti scritte (panegirici, chronica,<br />

disposizioni legislative…) permetteva, nel 2001, a<br />

Andrew Gillett, in un fortunato articolo nei Papers of<br />

the British School at Rome, di ricostruire la presenza quasi<br />

ininterrotta degli imperatori a Roma dal 401: un ‘ritorno’ con<br />

il programma di rilanciare il ruolo dell’antica capitale. I legami<br />

con i regnanti si propongono, nell’Urbe, in varie forme<br />

monumentali: lavori importanti nella residenza palatina, la<br />

promozione di cantieri qualificanti, come quello, dagli ultimi<br />

anni del IV secolo, per la costruzione della nuova basilica di<br />

San Paolo sulla via Ostiense, munita di un lungo portico dalla<br />

Mura Aureliane fino al santuario.<br />

Anche il suburbio, e in particolare la via Appia, si profila, in<br />

alcune aree, con un volto ‘imperiale’, e non solo attraverso<br />

i monumenti più noti precedenti alla fase che si intende esaminare<br />

(il sepolcreto nel sopratterra della catacomba di Pretestato,<br />

con il prestigioso sarcofago dell’imperatore Balbino,<br />

il mausoleo di Gallieno al IX miglio, il complesso di Massenzio<br />

al III). Una ricerca sull’area tra la villa dei Quintili e quella<br />

dei Sette Bassi ha infatti evidenziato la possibile presenza di<br />

un vasto comparto, nel V secolo, ultimi decenni dell’Impero<br />

di Occidente, connesso al cerimoniale di arrivo degli imperatori<br />

nell’Urbe.<br />

Nell’area extra muros alcuni Chronica che annotano gli eventi<br />

relativi ai decenni finali dell’Impero d’Occidente fissano<br />

l’esistenza di luoghi connessi ai cerimoniali della nomina,<br />

del consensus e dell’adventus imperiale. L’arrivo in Italia,<br />

nel 467, di Antemio, nominato a Costantinopoli da Leone, sarebbe<br />

stato introdotto, secondo la testimonianza riferita nel<br />

Chronicon di Cassiodoro, dall’assunzione del potere (suscepit<br />

imperium) tertio ab urbe miliario in loco Brontotas (Chron.<br />

1283, in MGH, AA XI, p. 158), un riferimento topografico che<br />

si ritrova variato (octavo miliario de Roma), ma sempre suburbano,<br />

in Idazio Lemico (Hyd. 235, in MGH, AA XI, p. 34).<br />

Ambientazione romana, più probabilmente che ravennate,<br />

soprattutto sulla base delle modalità dei riferimenti alle due<br />

città negli stessi testi, si deve ammettere per la nomina imperiale<br />

di Maioriano nel 457, il quale, nella versione dei Fasti<br />

Vindobonenses, levatus est in miliario VI in campo ad columellas<br />

(Fast. Vind. 583, in MGH, AA IX, p. 305).<br />

Il richiamo ad un sito localizzato a sei miglia dalla città, senza<br />

precisazioni ulteriori, ricorre anche (e non può essere casuale)<br />

nella descrizione fornita dal biografo di papa Vitaliano<br />

dell’ultimo adventus imperiale in Occidente, quello nel 663<br />

di Costante, accolto dal vescovo cum clero suo miliario VI<br />

ab urbe Roma (Liber pontificalis I, p. 343; analoga la testimonianza<br />

di Paolo Diacono, Hist. Lang. 5, 11: Cui sexto ab<br />

urbe miliario Vitalianus papa cum sacerdotibus et Romano<br />

populo occurrit), nonché nella più completa delle numerose<br />

variate testimonianze sulla morte di Valentiniano III contenuta<br />

negli additamenta alla Prosperi Continuatio Hauniensis<br />

(MGH, AA IX, p. 303): l’imperatore, egressum extra portam<br />

principem et in Campo Martio pro tribunali in sexto ad daus<br />

lauros residentem et ludo gestationis intentum, venne appunto<br />

assassinato dai due sicari inviati da Petronio Massimo.<br />

Nel frammento di Giovanni di Antiochia dedotto da Prisco lo<br />

stesso scenario fa da sfondo alla subitanea elezione dello<br />

stesso Petronio Massimo (Excerpta de insidiis 85, ed. C. de<br />

Boor, Excerpta Historica iussu Imp. Constantini Porphyrogeneti, Berlin<br />

1905, III 125). I termini dell’ambientazione da una parte<br />

fanno intravedere l’esistenza di un comparto suburbano di<br />

pertinenza imperiale (perciò segnato dal toponimo ad duas<br />

6 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />

Fig.2<br />

lauros), dotato di un complesso residenziale, di un circo, di<br />

un campo militare, peraltro ovvio per ogni stanziamento imperiale<br />

esterno alla città, ma rivelano anche, dall’altra, una<br />

suggestiva assonanza con il sobborgo imperiale costantinopolitano<br />

al settimo miglio della via Egnatia, l’Hebdomon, segnato<br />

dalla presenza di un Campo Marzio, di un tribunàlion,<br />

di una residenza di lusso, a partire dalla nomina di Valente<br />

luogo dell’elezione imperiale da cui il corteo muoveva per<br />

la città e il palazzo. Non ci si può sottrarre al fascino dell’ipotesi<br />

che nel V secolo Costantinopoli e Roma avessero per<br />

qualche verso gemellato fin nei dettagli le procedure dei cerimoniali,<br />

esportati dall’antica capitale nelle altre sedi ed in<br />

questa rientrati con gli adattamenti e le variazioni addotti<br />

nelle formalizzazioni della corte sul Bosforo, e che a Roma<br />

una postazione imperiale suburbana, funzionale allo svolgersi,<br />

anche solo saltuario, di peculiari eventi, si sia conformata,<br />

per significati e lemmi toponomastici, all’insediamento della<br />

soror d’Oriente.<br />

D’altra parte gli spazi suburbani partecipavano tradizionalmente<br />

al cerimoniale dell’accoglienza di un imperatore, e i<br />

panegirici rievocano spesso immagini di folle festose uscire<br />

dalle mura o, come quello del 312 per l’arrivo di Costantino<br />

ad Autun, le torri protendersi quasi ad abbracciare l’imperatore.<br />

Un’ipotesi di localizzazione per il sobborgo imperiale romano<br />

si può tentare partendo intanto dal dato topografico meglio<br />

circoscrivibile dell’arrivo di Costante da sud, da Napoli, ultima<br />

tappa prima dell’Urbe ricordata dalla biografia di Vitaliano,<br />

logicamente quindi dalla via Appia o anche, per l’ultimo<br />

tratto, dalla via Latina o Asinaria. Nel suburbio sud-est, in<br />

effetti, si può preferibilmente intravedere una qualche possibilità<br />

di inquadramento, considerata la particolare estensione<br />

della proprietà imperiale, costituitasi, anche sulla base<br />

dello studio ancora fondamentale di Filippo Coarelli del 1986<br />

(«L’Urbs e il suburbio», in A. Giardina (a cura di), Società<br />

Romana e Impero Tardoantico, II, Roma. Politica, economia,<br />

paesaggio urbano, Bari 1986, pp. 1-58), soprattutto dall’età<br />

severiana - come garantisce la forte incidenza di indicatori:<br />

sepolture di schiavi e liberti imperiali, sepolcreti di militari,<br />

iscrizioni onorarie, ritrovamenti di statue imperiali -,<br />

anche con l’acquisizione di prestigiosi complessi residenziali<br />

sottratti all’aristocrazia senatoria (di origine provinciale soprattutto),<br />

le ville dei Gordiani, di Centocelle, delle Vignacce,<br />

dei Sette Bassi, dei Quintili (fig. 1). Di tale vastissima<br />

proprietà, solo in parte alienata a favore della Chiesa in età<br />

costantiniana, o anche in qualche caso ridimensionata da<br />

passaggi all’aristocrazia senatoria, si può supporre una buona<br />

conservazione nel IV e V secolo, che si deduce anche dalla<br />

continuità d’uso dei complessi dei Quintili e dei Sette Bassi e,<br />

con minori evidenze monumentali, della villa delle Vignacce,<br />

ancora poco studiata, con caratteri di frequentazione ancora<br />

di lusso, conservando in loco lo spropositato repertorio<br />

di sculture, tra cui molti ritratti imperiali, progressivamente<br />

disperso solo nei secoli dell’età moderna (storia assai complessa<br />

di ritrovamenti; 600 statue solo quelle recuperate da<br />

Pio VI tra il 1783 e il 1792).<br />

A questa ampia area, estesa tra il IV miglio e il VI miglio dalla<br />

città, possono forse riferirsi le indicazioni delle fonti citate,<br />

alcune delle quali potevano derivare incertezze locative (così,<br />

ad esempio, le diverse testimonianze sul luogo di ratifica imperiale<br />

di Antemio) proprio dall’estensione notevole della<br />

proprietà o dalla mancata conoscenza diretta del territorio.<br />

Pare fornire un qualche sostegno a tale proposta locativa la<br />

facile relazione tra il singolare toponimo Brontotas, hapax<br />

utilizzato nella versione di Cassiodoro per l’adventus di Antemio<br />

e l’accezione di Zeus portatore di fulmini, Bronton, culto<br />

originario della Frigia e diffuso in Oriente, particolarmente<br />

in Mesia e Bitinia, ma pressoché sconosciuto in Occidente. Le<br />

sole iscrizioni scoperte in Italia provengono da Roma e quattro<br />

su cinque, due latine e due greche, dal VII km della via<br />

Appia nuova (figg. 2-3; la quinta, ai Musei Capitolini, risulta<br />

di incerta provenienza), area tra la villa dei Quintili e quella<br />

dei Sette Bassi, luogo dove anche il rinvenimento di materiale<br />

scultoreo (una statua colossale di Zeus, due piccole statue<br />

Fig.3


Fig.4<br />

Fig.5<br />

di Zeus in trono, una di bue: figg. 4-6) ha garantito l’esistenza<br />

di un santuario a Zeus Bronton, logicamente correlabile con<br />

l’origine frigia dei Quintili. Di questo dovette conservarsi una<br />

prolungata memoria, se anche più tarde fonti agiografiche (V-<br />

VI/VII secolo), ambientando nell’area della via Appia alcune<br />

vicende connesse al martirio di Cecilia e i compagni e di papa<br />

Urbano, richiamano l’esistenza di un templum Iovis; nella<br />

stessa area una immaginaria domus Marmeniae, luogo della<br />

sepoltura di Urbano, era extra palatium Vespasiani, tradizionalmente<br />

il circo di Massenzio, e prope Columnas, un toponimo<br />

che viene la tentazione di ritenere significativamente<br />

assonante con quello ad columellas utilizzato per indicare il<br />

luogo di elezione di Maioriano.<br />

Abstract<br />

In the Roman Suburbs, some late antique sources attest the existence of places<br />

connected to imperial ceremonials. For example, the Antemius adventus<br />

in Rome, in 467, is introduced by the ceremony of assumption of the power<br />

tertio ab urbe miliario in loco Brontotas; ten years earlier Maioriano levatus<br />

est in miliario VI in campo ad columellas. These places were probably in the<br />

area between the fifth and sixth miles of the Via Appia, in particular in the<br />

site of the villa of the Quintilii. This hypothesis brings out the imperial character<br />

of the road, still accentuated during the late antiquity.<br />

Parole Chiave<br />

Appia; imperatori; adventus; villa dei Quintili<br />

Fig.6<br />

Autore<br />

Lucrezia Spera - lucrezia.spera@uniroma2.it, spera@piac.it<br />

Università di Roma ‘Tor Vergata’ / Pontificio Istituto di Archeologia cristiana<br />

8 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 9


DOCUMENTAZIONE<br />

Tradizione e Innovazione<br />

nel Restauro Archeologico<br />

L’esempio dei cantieri didattici dell’Istituto<br />

Centrale per il Restauro alla Villa dei Quintili<br />

di Cesare Crova<br />

Nell’ambito dei progetti di conservazione<br />

che hanno interessato la<br />

Villa dei Quintili, un ruolo importante<br />

lo hanno rivestito i cantieri<br />

didattici che nel corso degli ultimi<br />

11 anni hanno visto avvicendarsi,<br />

in un lavoro interdisciplinare tra<br />

la Soprintendenza Archeologica<br />

di Roma e il Parco Archeologico<br />

dell’Appia Antica con la Scuola<br />

di Specializzazione in Beni architettonici<br />

e del paesaggio della<br />

“Sapienza” - Università di Roma<br />

e, soprattutto, l’Istituto Centrale<br />

per il Restauro.<br />

In particolare, l’ICR ha svolto<br />

negli anni un ruolo di consulente<br />

alle attività accademiche e, in seguito,<br />

di attore principale nei cantieri<br />

di conservazione di una porzione<br />

dell’area centrale e della<br />

zona dei carceres, con particolare<br />

riferimento alla conservazione dei<br />

pavimenti in opus sectile che qui<br />

si trovano, punto di partenza per<br />

esperienze che saranno sviluppate<br />

nel prossimo futuro.<br />

Fig. 1 - Villa dei Quintili. Planimetria del complesso dell’area della villa nello stato<br />

attuale (Archivio Parco Archeologico dell’Appia Antica p.g.c.).<br />

PREMESSA<br />

Parlare di innovazione nel restauro<br />

archeologico può, in un primo<br />

momento, apparire stridente, se<br />

collegato alla conservazione di<br />

tipo tradizionale. Invece, come<br />

vedremo, l’innovazione si sposa<br />

anche con la tradizione di cantieri<br />

di questo tipo.<br />

L’innovazione può ben rappresentare<br />

un aiuto e uno stimolo per la<br />

qualificazione e la modernizzazione<br />

sostenibile delle tecniche<br />

riprese dalla tradizione: pensare<br />

di conservare integra sostanzialmente<br />

una forma di tradizione.<br />

La quale rappresenterà la vera<br />

innovazione laddove saprà fare<br />

propria l’idea derivante dall’utilizzo<br />

di un nuovo prodotto con gli<br />

strumenti propri della tradizione,<br />

impiegandolo con profitto e oculatezza<br />

nel restauro di un manufatto<br />

storicizzato.<br />

Si presenta, in questa sede, l’esperienza<br />

condotta nell’ambito<br />

della Scuola di Alta Formazione e<br />

Studio dell’Istituto Centrale per il<br />

Restauro di Roma, presso la Villa<br />

dei Quintili nel complesso del Parco<br />

archeologico dell’Appia Antica,<br />

in un’attività di gruppo di lavoro<br />

multidisciplinare ormai decennale.<br />

L’I.C.R. è nato nel 1939 per volere<br />

dell’allora Ministro dell’Educazio-<br />

10 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />

ne Nazionale, Giuseppe Bottai, per<br />

accentrare in un’unica realtà le<br />

diverse professionalità che gravitavano<br />

nell’ambito del restauro, sottraendole<br />

all’empirismo che fino ad<br />

allora lo aveva caratterizzato, definendolo<br />

come un’attività critica<br />

del testo a cui applicare le regole<br />

e il metodo che dall’Ottocento ne<br />

reggevano l’analisi filologica. Già<br />

dalla sua fondazione, l’innovazione<br />

è stato il punto di forza dell’I.C.R.<br />

Nel progetto per l’Istituto, Giulio<br />

Carlo Argan proponeva un modello<br />

di rinnovamento per centralizzare<br />

e indirizzare l’attività di tutela e<br />

conservazione del patrimonio artistico<br />

nazionale (Argan 1938-39),<br />

cercando di porre un freno alla<br />

crescita indiscriminata di scuole di<br />

restauro e centri di diagnosi, di tipo<br />

artigianale e artistico, soggettivo<br />

e arbitrario, creando un istitutoscuola.<br />

Il restauro, infatti, era prevalentemente<br />

artigianale, sia pure<br />

di ottimo artigianato, ma mancava<br />

di una metodologia e soprattutto i<br />

testi: l’unico era il vecchio manuale<br />

di Giovanni Secco Suardo (Secco<br />

Suardo 1866). Il disegno di Giuseppe<br />

Bottai cercava di portare a<br />

compimento un progetto culturale<br />

che aveva da sempre caratterizzato<br />

il suo impegno intellettuale e che<br />

aveva trovato corpo nelle ipotesi<br />

progettuali di Giulio Carlo Argan e<br />

Cesare Brandi, i grandi strateghi<br />

di questo percorso, che fu consacrato<br />

nella legge 22 luglio 1939, n.<br />

1240, “Creazione del Regio Istituto<br />

Centrale del restauro presso il ministero<br />

dell’Educazione Nazionale”<br />

(Crova 2012).<br />

Nasce così una struttura pubblica di<br />

ricerca e di riferimento per l’intera<br />

Nazione, derivata dalla necessità<br />

di ricondurre l’ambito del restauro<br />

su un terreno metodologico multidisciplinare<br />

in cui risultassero fondamentali<br />

le discipline storiche,<br />

ma anche quelle sperimentali. Tra i<br />

tanti esempi di innovazione nel restauro,<br />

l’utilizzo dei raggi X, nel gabinetto<br />

radiografico, per lo studio e<br />

l’indagine diagnostica non invasiva<br />

delle opere d’arte, o le sperimentazioni<br />

fatte in ambito fisico, di cui<br />

è esempio la sala delle esposizioni,<br />

che doveva servire anche per le<br />

esperienze termiche sulle sostanze<br />

dei quadri restaurati. Il locale<br />

era provvisto di finestre rivestite in<br />

vetri termo-lux, un tipo di illuminazione<br />

progettata appositamente<br />

per le opere d’arte, un impianto<br />

di riscaldamento, refrigerazione e<br />

ventilazione, che oltre al funziona-<br />

Fig. 2 - Villa dei Quintili. Particolare dell’area centrale, con l’individuazione delle zone interessate dai<br />

cantieri didattici (Rielaborazione grafica dell’A.).<br />

Fig. 3 - Villa dei Quintili. Ambiente R 2, Xystus (2011). Stato attuale dopo gli interventi di conservazione<br />

(Foto dell’A.).


dove i “nuovi vandali”, come li definiva, stavano tramando<br />

una realizzazione residenziale (Cederna 1953). Inizia così<br />

una campagna di informazione massiccia che produrrà come<br />

effetti la nascita di un grosso fermento del mondo culturale<br />

che porterà, forse colpevolmente essendo trascorsi<br />

trent’anni, alla nascita del Parco Regionale dell’Appia Antica.<br />

Poco, rispetto a un territorio la cui importanza ha un<br />

valore mondiale e che solo nel 2016 ha visto la nascita del<br />

Parco archeologico dell’Appia Antica come istituto autonomo,<br />

dando ora quel rilievo internazionale al giacimento nel<br />

cui perimetro rientra la Villa dei Quintili.<br />

Fig. 4 - Villa dei Quintili. Area delle Piccole Terme (2017), prima<br />

dell’intervento di restauro (Foto dell’A.).<br />

mento normale, permetteva di raggiungere temperature al<br />

disotto e al disopra dei 25° centigradi. Si era compiuta così<br />

una sala unica nel suo genere, mai realizzata al mondo presso<br />

la sede del San Francesco di Paola, progettata da Silvio<br />

Radiconcini (Crova 2012).<br />

IL PARCO ARCHEOLOGICO DELL’APPIA ANTICA<br />

In questo contesto culturale, all’inizio degli anni Cinquanta<br />

dalle pagine de “Il Mondo”, Antonio Cederna iniziava la<br />

sua battaglia contro gli speculatori che volevano lottizzare<br />

e distruggere con piani edilizi molto invasivi quel lembo di<br />

territorio che è oggi il Parco archeologico dell’Appia Antica.<br />

Egli definiva questa porzione di area romana “[…] un<br />

monumento unico da salvare religiosamente intatto, per la<br />

sua storia e per le sue leggende, per le sue rovine e per i<br />

suoi alberi, per la campagna e per il paesaggio, per la vista,<br />

la solitudine, il silenzio, per la sua luce, le sue albe e<br />

i suoi tramonti […]. Andava salvata religiosamente perché<br />

da secoli gli uomini di talento di tutto il mondo l’avevano<br />

amata, descritta, dipinta, cantata, trasformandola in realtà<br />

fantastica, in momento dello spirito, creando un’opera<br />

d’arte di un'opera d’arte: la via Appia era intoccabile, come<br />

l’Acropoli di Atene”, ricordando anche la Villa dei Quintili,<br />

Fig. 5 - Villa dei Quintili. Area R 19 (2021). Stato attuale dopo gli interventi<br />

di conservazione (Foto dell’A.).<br />

LA VILLA DEI QUINTILI<br />

Fu costruita dai fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto<br />

Quintilio Valerio Massimo, rappresentanti di una delle più<br />

illustri famiglie dell’epoca, gli Antonini, consoli nel 151<br />

d.C., la cui attribuzione deriva da alcune fistule acquarie di<br />

piombo con inciso il loro nome, ritrovate da Antonio Nibby<br />

nel corso degli scavi condotti nel 1828 (Paris, Frontoni, Galli<br />

2019). Divenne in seguito proprietà dell’imperatore Commodo,<br />

che nel 182 d.C. fece uccidere i fratelli Quintili, con<br />

il pretesto di una congiura nei suoi confronti.<br />

L’importanza storica del sito lungo la via Appia, sta nel conservare<br />

ancora uno dei più ricchi patrimoni storico monumentali<br />

del mondo antico, salvatosi miracolosamente, per<br />

l’ambito romano, all’interno della espansione edilizia della<br />

città moderna. La lunga campagna di stampa promossa da<br />

Antonio Cederna (dal 1953 al 1965) e condotta con l’aiuto di<br />

Italia Nostra, contro la speculazione edilizia nella zona archeologica<br />

dell’Appia Antica, porta l’area ad essere inserita<br />

e tutelata nel PRG del 1965 come patrimonio pubblico con<br />

vincolo di inedificabilità. Nel 1979 l’allora sindaco Giulio<br />

Carlo Argan fa propria la proposta di creare un grande Parco<br />

Archeologico nel centro di Roma, che si dovrà collegare<br />

con quello dell’Appia Antica. Cominciano così e si fanno più<br />

incisivi i provvedimenti di tutela e di esproprio, anche se<br />

bisogna aspettare il 1988 perché la Regione Lazio approvi<br />

l’istituzione del Parco Regionale dell’Appia Antica, del quale<br />

Antonio Cederna fu il primo Presidente (Crova 2018).<br />

Il complesso della Villa, ha una tipologia che dipende dallo<br />

spazio dato all’estro dell’architetto e al gusto dei committenti,<br />

mentre la scelta del sito, in un contesto residenziale<br />

come questo, ha certamente condizionato il tipo di pianta<br />

nell’esigenza di armonizzarla con il paesaggio. L’impressione<br />

che si ha della villa, allo stato attuale delle conoscenze,<br />

con i suoi ricchi apparati decorativi e l’abbondanza degli<br />

impianti per ogni genere di conforto, è che si tratti di una<br />

grande residenza di ozio, dove la piacevolezza del luogo<br />

favoriva la distensione e la distrazione dagli impegni di governo.<br />

Nel 1985 lo Stato ha acquisito al patrimonio pubblico 24<br />

ettari di un complesso archeologico molto più ampio con i<br />

fondi della legge speciale su Roma, grazie al Soprintendente<br />

Adriano La Regina (dirigente della Soprintendenza Archeologica<br />

di Roma), esercitando il diritto di prelazione nei confronti<br />

del privato. Da allora i primi interventi con la legge<br />

Roma Capitale, quindi i più importanti lavori con i fondi del<br />

Grande Giubileo 2000 che hanno permesso di aprire definitivamente<br />

al pubblico il sito, attrezzato di tutti i servizi;<br />

altri finanziamenti a seguire e un’opera di manutenzione<br />

programmata costante hanno consentito la crescita della<br />

conoscenza dell’impianto e una buona conservazione.<br />

SCAVI E CANTIERI DIDATTICI<br />

Gli scavi della villa, la più estesa del suburbio romano, hanno<br />

perciò una storia recente, che parte nel 1985, momento<br />

nel quale inizia la fase di definizione progettuale di una<br />

serie di campagne di scavo che interessano il sito con un<br />

12 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />

metodico intervento a partire dal 1998, con il grande progetto<br />

per il Giubileo del 2000. A questa prima fase, ne sono<br />

seguite altre tre, 2002-04, 2007-09 e 2017-18, che hanno<br />

permesso di portare alla luce gran parte del complesso della<br />

villa, per un’estensione di circa 22.000 mq, facendo emergere<br />

testimonianze nei settori della residenza, nel settore<br />

termale, nei giardini e presso il grande ninfeo (fig. 1).<br />

All’interno di queste fasi di scavo, l’Istituto Centrale per il<br />

Restauro è stato coinvolto in cinque diverse occasioni (fig.<br />

2), collaborando con la propria attività di consulenza e didattica<br />

alle fasi di restauro di alcune parti del complesso<br />

della Villa, con un’azione sinergica con la Soprintendenza<br />

Archeologica di Roma, coordinata da Rita Paris e Maria Grazia<br />

Filetici con Gisella Capponi, e la Scuola di Specializzazione<br />

in Beni architettonici e del paesaggio della “Sapienza”<br />

Università di Roma diretta da Giovanni Carbonara e in<br />

seguito da Daniela Esposito (Crova 2021).<br />

Tralasciamo le due esperienze presso il complesso di Santa<br />

Maria Nova, tre ettari di campagna romana costellata di ruderi<br />

che ruotano intorno a un antico casale, oggi divenuto<br />

museo multimediale, lasciata in totale abbandono per circa<br />

10 anni e occupata abusivamente da comunità di clandestini,<br />

fino all’acquisto da parte dello Stato avvenuto nel 2006,<br />

per soffermarci sui tre cantieri che, a partire dall’anno<br />

2011, hanno interessato la Villa dei Quintili (Frontoni 2012).<br />

Il primo intervento (2011), in collaborazione con la Scuola di<br />

Specializzazione in beni architettonici e del paesaggio della<br />

“Sapienza”, ha interessato l’area R2 (fig. 3) nel settore<br />

nord-orientale del nucleo centrale della Villa, lo xystus, un<br />

corridoio secondario, anticamente coperto, che collegava<br />

i settori principali della zona residenziale con il giardino<br />

e l’ippodromo. Il complesso di lavori qui condotti è stato<br />

finalizzato a realizzare opere di consolidamento della muratura,<br />

dei rivestimenti di lastre di marmo distaccate (anche<br />

di diversi cm.) lungo la parete orientale del corridoio lungo<br />

circa 15 metri. I problemi di degrado erano dettati da fenomeni<br />

legati principalmente all’azione dell’acqua, in quanto<br />

la caduta della volta di copertura aveva prodotto l’esposizione<br />

delle murature agli agenti atmosferici; in particolare,<br />

la presenza di discontinuità nelle murature favoriva lo<br />

scorrimento delle acque meteoriche. Si è così proceduto a<br />

interventi mirati e calibrati, che hanno permesso di reintegrare<br />

le murature, creando quegli scoli per le acque che ne<br />

favorissero la raccolta in punti preordinati; la riadesione al<br />

supporto degli elementi di rivestimento distaccati, avvalendosi<br />

di argilla espansa, consolidata con iniezioni di malta<br />

per far riaderire le parti riducendo i vuoti presenti nel riempimento<br />

di argilla. Il tutto completato con uno scivolo per<br />

le acque, con funzione protettiva.<br />

Il secondo intervento (2017), anche questo in collaborazione<br />

con la Scuola di Specializzazione in beni architettonici e<br />

del paesaggio della “Sapienza”, ha invece interessato un’area<br />

venuta alla luce nel corso della campagna di scavi della<br />

metà degli anni Ottanta, le Piccole Terme, costituita da una<br />

successione di ambienti, interconnessi da canali di adduzione<br />

ed espulsione delle acque, che erano ad uso e funzione<br />

delle vasche termali (Fig. 4). Il periodo piuttosto lungo<br />

di abbandono dell’area, seguente alla sua scoperta, aveva<br />

prodotto diversi fenomeni patologici di degrado, quali la disgregazione<br />

dei letti di malta, la patina biologica rinvenuta<br />

sia sulla superficie dei blocchi di peperino che sulle cortine,<br />

il deposito superficiale di varia natura, polvere, terra, detriti<br />

e altre forme di materiale organico e inorganico, che<br />

negli anni si era depositato su tutte le superfici, la perdita<br />

di elementi in laterizio e in tufo, la presenza di vegetazione<br />

di varia natura, la frattura del paramento murario dell’emiciclo<br />

con conseguente parziale rotazione di una parte del<br />

paramento stesso.<br />

Fig. 6 - Villa dei Quintili. Area R 20 (2021). Stato attuale dopo gli interventi<br />

di conservazione (Foto dell’A.).<br />

L’intervento, abbastanza complesso rispetto a quello del<br />

2011, ha interessato una serie di operazioni ampie, prevedendo<br />

la disinfestazione e la disinfezione della vegetazione,<br />

procedendo poi con la fase della pulitura effettuata<br />

tramite la rimozione manuale della vegetazione infestante<br />

dalla struttura muraria antica, orizzontale e verticale. Allo<br />

stesso tempo è stata eseguita la rimozione dei depositi incoerenti<br />

dalle creste murarie (terra, detriti, laterizi, tufi o<br />

malte distaccate, polvere). Si è poi proceduto al consolidamento<br />

delle murature, realizzato in modo mirato in funzione<br />

del problema (risarcitura delle fratture, reintegrazioni<br />

murarie, interventi di scuci e cuci, realizzazione di bauletti<br />

sommitali delle creste murarie con fini protettivi).<br />

Fig. 7 - Villa dei Quintili. Area S 14. Vista zenitale (da Frontoni, Galli,<br />

Paris 2020, p. 242 fig. 3).


le pareti tracce di affresco con larghe fasce rosse che delimitano<br />

campi bianchi, intonaco che arriva fino al pavimento<br />

senza zoccolatura, tranne che nell’angolo settentrionale.<br />

L’intervento di restauro ha interessato, infine, l’ambiente<br />

(S14), scavato nel corso nell’ultima campagna (2017-18) che<br />

ha riportato alla luce i carceres (gabbie di partenza per i<br />

cavalli) del circo e una delle due torri che ne erano parte<br />

funzionale (Figg. 7-8). Il complesso oggetto di restauri è<br />

stato costruito sopra i carceres del circo attribuito all’età<br />

di Commodo (161-192 d.C.) e datato all’età dei Gordiani (III<br />

secolo) grazie a un bollo impresso in una malta di alloggiamento<br />

di una fistula aquaria di una delle cannelle; l’area è<br />

stata trovata rasata e obliterata da un impianto per la produzione,<br />

la degustazione e la conservazione del vino (Frontoni,<br />

Galli, Paris, 2020). Si trattava di un ambiente particolarmente<br />

lussuoso, che presentava rivestimenti parietali<br />

e pavimentali in opus sectile; di questi ultimi sono ancora<br />

visibili tracce delle tarsie geometriche in marmi pregiati.<br />

L’ipotesi plausibile per la ripavimentazione dell’ambiente<br />

riferibile alla degustazione e al simposio (S14), con taglio<br />

che risparmia solo il rivestimento marmoreo lungo la parete<br />

occidentale, è ancora in corso di studio (Frontoni, Galli,<br />

Paris, 2020).<br />

Fig. 8 - Villa dei Quintili. Area S 14 (2021). Stato attuale dopo gli interventi<br />

di conservazione (Foto dell’A.).<br />

In ultimo, la pulitura di un canale di scolo ha permesso di<br />

determinare che questo servisse, come ipotizzato, da deflusso,<br />

facendo emergere l’originale pavimentazione in<br />

mattoni bipedali e cocciopesto, permettendo di fare ulteriori<br />

deduzioni sul funzionamento di questo ambiente e di<br />

quelli ad esso connessi.<br />

L’ultimo intervento (2021) fa parte di una convenzione tra<br />

il Parco archeologico dell’Appia Antica, con il Direttore,<br />

Simone Quilici, e la responsabile dell’area, Clara Spallino,<br />

e l’I.C.R., con la Direttrice Alessandra Marino, che ha<br />

interessato la revisione degli interventi già condotti negli<br />

ambienti R19 ed R20 (Figg. 5-6), venuti alla luce nel corso<br />

della campagna di scavi 2002-2004 nella zona residenziale<br />

del complesso della Villa, là dove si trova un’importante<br />

pavimentazione in opus sectile.<br />

Il primo ambiente (R19) è una sala rettangolare di m. 9,50 x<br />

6,00, con mattonelle realizzate in ardesia, palombino giallo<br />

antico, con una zoccolatura in ardesia di cm. 31 di altezza e<br />

listello in palombino di cm. 2 di altezza. Il vano è realizzato<br />

in opera mista (scaglioni di basalto e cinture laterizie) ed è<br />

dotato di intercapedine sotto al pavimento e lungo il lato<br />

breve meridionale per il sistema di riscaldamento azionato<br />

dal piccolo ambiente ipogeo a nord. Un particolare affresco<br />

dal fondo tra il nero e l’azzurro, del quale rimangono sul<br />

posto alcuni lacerti, rappresentava con molta probabilità<br />

scene di giardino, come attestato sui frammenti recuperati<br />

durante gli scavi. Un bollo laterizio ritrovato nei mattoni<br />

del piano superiore dell’ipocausto fissa al 123-125 d.C. il<br />

terminus ad/post quem per la messa in opera del pavimento<br />

(Galli, Frontoni 2015).<br />

Il secondo ambiente (R20), di transito, è caratterizzato da<br />

una pavimentazione in elementi di ardesia (quadrati grandi<br />

cm 29,7 x 29,7 e piccoli cm 7 x 7,5) e bardiglio (cm 29,7<br />

x 15,5). La piccola sala raccorda il settore termale con la<br />

stanza più appartata e riscaldata (R19), forse un oecus-diaeta<br />

invernale. Non è dotata di riscaldamento e reca lungo<br />

CONCLUSIONI. TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE<br />

L’attività condotta presso il complesso della Villa dei Quintili,<br />

fa emergere la complessità di un cantiere di restauro<br />

archeologico, dove diverse figure partecipano all’attività<br />

conservativa, ognuna con compiti precisi, importanti per il<br />

perseguimento dell’obbiettivo finale, il progetto di restauro.<br />

Se da un lato emerge nella fase preventiva l’importanza<br />

di un approccio legato ad una metodologia tradizionale di<br />

intervento, prima fra tutte l’osservazione diretta dei manufatti,<br />

la stesura di eidotipi di studio, l’indagine diretta<br />

con la restituzione digitale del rilievo metrico, cui segue<br />

in quella progettuale e di cantiere con l’impiego di malte<br />

realizzate in opera, o quello di materiale in taluni casi reperito<br />

in situ, il cantiere di restauro non è al tempo stesso<br />

scevro dalla necessità di essere accompagnato da indagini<br />

diagnostiche di laboratorio, dove l’innovazione ha un ruolo<br />

determinante per la possibilità di ottenere risultati prima<br />

solo immaginabili. Così, nei diversi campi d’azione, nelle<br />

analisi di tipo chimico, con l’utilizzo della stratigrafia al microscopio<br />

ottico, i diffrattometri a raggi X di ultima generazione,<br />

l’analisi delle sezioni sottili, sulla scorta di prelievi di<br />

campioni fatti sul posto. A queste si aggiungono le indagini<br />

fisiche, tra le quali per esempio, l’impiego della termografia,<br />

metodologia impiegata presso i laboratori dell’I.C.R. già<br />

a partire dagli anni Settanta del secolo passato, per la felice<br />

intuizione di Giovanni Urbani, che seppe cogliere l’utilità<br />

nel campo del restauro di un tipo di indagine prima ad uso<br />

e consumo del campo bellico, medicale o addirittura criminologico<br />

(Fabretti 2021).<br />

Oggi non possiamo avere la presunzione di replicare materiali<br />

antichi, perché non abbiamo più quegli elementi che<br />

ne permettevano la realizzazione. Piuttosto la ricerca e la<br />

tecnologia, hanno favorito la produzione di materiali che<br />

consentono di crearne altri con caratteristiche spesso migliori,<br />

ma sempre compatibili con quelli antichi, nell’ottica<br />

dell’adagio che il restauro debba essere minimo, reversibile,<br />

distinguibile e compatibile da un punto di vista chimico e<br />

fisico con la materia dell’opera d’arte. Perciò l’innovazione<br />

va intesa quale ricerca di nuove soluzioni, che siano alla<br />

base del lavoro che quotidianamente è sperimentato presso<br />

l’I.C.R.<br />

14 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />

Bibliografia<br />

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(Roma, 4-6 luglio 1938), in le Arti, 2, 133-137.<br />

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D., Ventura G. (2017), Villa dei Quintili, Piccole Terme,<br />

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8 settembre, 6-7.<br />

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del Restauro, in Palladio, Rivista di storia dell’architettura<br />

e restauro, (50), 105-130.<br />

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portatrici di interessi diffusi nella tutela e nella<br />

valorizzazione del patrimonio culturale, in Territori<br />

della Cultura, (32), 74-93.<br />

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dello specialista restauratore. Teoria e metodi di un’attività<br />

multidisciplinare, in Realtà dell’architettura fra<br />

materia e immagine. Per Giovanni Carbonara. Studi e<br />

ricerche, a cura di Esposito D., Montanari V., 2 voll.,<br />

l’Erma di Bretschneider: Roma, vol. II, nn. 73-74, 473-<br />

478, (Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura,<br />

nn. 73-74).<br />

Fabretti G. (2021), Le potenzialità operative dell’uso,<br />

combinato e coordinato, delle tecniche d’indagine<br />

multispettrale di Controllo non Distruttivo (C.n.D.)<br />

nell’ispezione dei diversi strati costituenti il sistema<br />

di superficie, in La diagnostica artistica e i laboratori<br />

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del XXV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio<br />

e la Conservazione del Mosaico, (Reggio Calabria,<br />

13-16 marzo 2019), a cura di Cecalupo C., Erba M.E.,<br />

XXV, Quasar: Roma, 235-245.<br />

Galli G., Frontoni R., (2015), Repertorio dei pavimenti<br />

in opus sectile dalla Villa dei Quintili, in AISCOM, Atti<br />

del XX Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio<br />

e la Conservazione del Mosaico, (Roma, 19-22 marzo),<br />

a cura di Angelelli C., Paribeni A., XX, Scripta Manent<br />

Edizioni: Roma, 149-160.<br />

Labruzzi C. (1784), Via Appia illustrata ab urbe Roma<br />

ad Capuam limite noto Appia longarum teritur regina<br />

viarum, s.l.: s.e.<br />

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dei Quintili, Santa Maria Nova, Roma: Electa.<br />

Secco Suardo G., (1866), Manuale ragionato per la parte<br />

meccanica dell’Arte del Restauratore di dipinti, Tipografia<br />

di Pietro Agnelli: Milano<br />

Sitografia<br />

https://www.facebook.com/parcoappiaantica<br />

Abstract<br />

As part of the conservation projects that have affected the Villa dei Quintili,<br />

an important role has been played by the educational sites which over the<br />

last 11 years have seen alternating, in an interdisciplinary work between the<br />

Archaeological Superintendence of Rome and the Archaeological Park of 'Appia<br />

Antica' with the School of Specialization in Architectural and Landscape Heritage<br />

of the "Sapienza" - University of Rome and, above all, the Central Institute<br />

for Restoration.<br />

In particular, over the years the ICR has played the role of consultant for academic<br />

activities and, subsequently, of main actor in the conservation sites of<br />

a portion of the central area and the area of the Carceres, with particular<br />

reference to the conservation of opus sectile that are found here, the starting<br />

point for experiences that will be developed in the near future.<br />

Parole Chiave<br />

Villa dei Quintili; Piccole Terme, Cantieri didattici; Restauro; Valorizzazione<br />

Autore<br />

Cesare Crova<br />

cesare.crova@beniculturali.it<br />

Dottore di Ricerca in Conservazione dei beni architettonici<br />

Istituto Centrale per il Restauro del MiC


RESTAURO<br />

EDXRF tra analisi e imaging<br />

Nuovi intriganti sviluppi nella<br />

diagnostica dei Beni Culturali<br />

di Giovanni E. Gigante, Sergio A. Barcellos Lins<br />

La fluorescenza dei raggi X (Energy<br />

dispersive), EDXRF, probabilmente la più<br />

utilizzata tecnica analitica per lo studio<br />

dei materiali e delle tecniche nel campo<br />

dei Beni Culturali da più di tre decenni,<br />

sembra non volersi mai fermare riservando<br />

sempre novità di notevole interesse.<br />

Dopo essere stata una tecnica analitica<br />

di laboratorio [1] ed essere successivamente<br />

una delle prime impegnate nelle<br />

analisi non distruttive, anche delle opere<br />

d’arte [2], è divenuta dagli anni Novanta<br />

dello scorso secolo la tecnica di analisi in<br />

situ per eccellenza, grazie allo sviluppo di<br />

sistemi mobili e portatili [3], che hanno<br />

seguito la progressiva miniaturizzazione<br />

dei loro componenti di base ossia: (i) i rivelatori,<br />

(ii) i tubi radiogeni ed infine (iii)<br />

l’elettronica di acquisizione e di elaborazione<br />

dei dati (vedi Figura 1) [4].<br />

Ciò che è accaduto negli ultimi anni è stato uno sviluppo<br />

sorprendente, almeno per i non addetti ai lavori,<br />

che sembra quasi aver cambiato pelle alla fluorescenza<br />

a raggi X, divenendo una tecnica di produzioni di immagini<br />

(mappe elementali – vedi Figura 2) e non più di analisi<br />

degli elementi, anche in alcuni casi quantitativa, come per<br />

i metalli. Questo cambiamento sembra essere accolto con<br />

estremo favore dalla maggioranza degli addetti ai lavori che<br />

preferiscono le immagini ai numeri.<br />

È quasi inutile presentare la Fluorescenza dei Raggi X<br />

(EDXRF) ai lettori di questa rivista che hanno un livello di<br />

conoscenza delle tecniche abbastanza elevato, comunque<br />

possiamo in breve presentarla indicando quali sono i suoi<br />

più comuni impieghi nella diagnostica per i Beni Culturali.<br />

La EDXRF è impiegata soprattutto per la diagnostica su superfici<br />

dipinte, metalli, ceramiche, e vetri; per identificare,<br />

tramite l’analisi degli elementi, i materiali (ad esempio<br />

i pigmenti) utilizzati, i processi di restauro o di degrado,<br />

le tecnologie di produzione adoperate o anche per rivelare<br />

elementi spuri che potrebbero portare a identificare il<br />

manufatto come un falso [5]. Grazie alla disponibilità di<br />

sistemi mobili e/o portatili le indagini vengono in genere<br />

effettuate in situ utilizzando opportuni sistemi di posizionamento.<br />

La EDXRF può essere utilizzata in modalità non<br />

distruttiva, anche se occorre avere qualche cautela nella<br />

16 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />

valutazione dei risultati, in quanto la superficie dei manufatti<br />

e’ fortemente disomogenea per presenza di più fasi o<br />

di stratificazione (come per le superfici dipinte).<br />

La radiazione impiegata nell’eccitazione della fluorescenza<br />

e’ a raggi X, che, alle intensità tipiche utilizzate nella<br />

gran parte degli strumenti attualmente in uso, non producono<br />

danni sull’opera (ma anche sugli operatori), se si<br />

adottano le corrette misure di protezione. L’identificazione<br />

degli elementi avviene mediante la rivelazione dei fotoni<br />

(raggi X) che vengono prodotti a seguito dell’eccitazione<br />

dei singoli atomi che emettono, a secondo dell’elemento,<br />

fotoni di una determinata energia. Tali energie, almeno<br />

per le righe caratteristiche K ed L degli elementi normalmente<br />

nel caso di Beni Culturali, non dipendono dal composto<br />

cui l’elemento è legato.<br />

Il processo con il quale avviene l’identificazione e l’eventuale<br />

quantificazione dei vari elementi (componenti), è<br />

eminentemente statistico, per cui, in genere, un po’ come<br />

accade per gli scrutini elettorali, occorre attendere tempo<br />

prima di avere indicazioni valide e un tempo più lungo per<br />

avere risultati certi. Sempre seguendo la precedente analogia<br />

questi tempi sono minori per gli elementi più abbondanti<br />

e decisamente maggiori se l’elemento è minoritario.<br />

Questo fa della EDXRF uno strumento difficile da impiegare<br />

se non si ha una buona conoscenza della tecnica. In particolare,<br />

come accade in diagnostica medica, occorre quasi<br />

sempre un esperto che legga ed interpreti i dati in quanto i<br />

risultati difficilmente si leggono da soli; un esperto scientifico<br />

abituato a leggere i risultati EDXRF su superfici dipinte<br />

vede molte più cose di un non esperto, anche se professionalmente<br />

ben qualificato come può essere un restauratore<br />

o uno storico. In qualche modo si può affermare come sia<br />

l’uso che fa la funzione, evocando così la famosa teoria<br />

evoluzionistica di Lamarck. Questo è quello che sicuramente<br />

è accaduto con la EDXRF, che, essendo stata impiegata<br />

massicciamente per lo studio dei materiali antichi, ha<br />

generato una conoscenza che ha permesso di considerarla<br />

attualmente come una tecnica diagnostica dalla quale non<br />

si possa piu’ prescindere in tali studi.<br />

Quello che bisogna capire è che molto spesso la possibilità<br />

di fare un’analisi quantitativa è fortemente limitata dalla<br />

disomogeneità del campione analizzato, piuttosto che dallo<br />

strumento di misura. Questo ha determinato la spinta a<br />

ideare tecniche di microanalisi in molti casi con la possibilità<br />

di generare immagini microscopiche: emblematico è il<br />

caso della microscopia elettronica a scansione (SEM), che<br />

può essere considerata attualmente la tecnica da cui partire<br />

per studiare materiali disomogenei e compositi anche<br />

su scala nanometrica [6]. Qualcuno sicuramente ricorderà<br />

che nello sviluppo del SEM il punto di partenza è stata la<br />

considerazione che la microscopia classica aveva dei limiti<br />

teorici per la risoluzione laterale; limiti che sarebbe stato<br />

possibile superare solo costruendo microscopi a raggi<br />

X che, avendo una minore lunghezza d’onda, avrebbero<br />

consentito di superarli fino a portarli sotto al micron. Tali<br />

microscopi sono stati costruiti con l’impiego di sorgenti X<br />

molto avanzate come la Luce di Sincrotrone [7], essi non<br />

sono però divenuti strumenti di uso comune almeno nelle<br />

analisi di routine e comunque non per la realizzazione<br />

di strumentazione portatile. Quello che è accaduto per la<br />

EDXRF è naturalmente un’altra storia, che sicuramente si<br />

è sviluppata grazie all’esempio di ciò che è stato fatto con<br />

la SEM. Le mappe elementali, e la loro grande utilità nello<br />

studio di materiali disomogenei [8], sono state create con<br />

le tecniche SEM che permettono di combinare la grande<br />

Fig. 2 - Le mappe elementali sono prodotte utilizzando un singolo picco<br />

di fluorescenza. Quindi su un dipinto che contiene diversi pigmenti ne<br />

vengono prodotte numerose in una singola scansione.<br />

capacità di fare immagini microscopiche con la capacità di<br />

crearne utilizzando la microanalisi a raggi X. Quindi il segreto<br />

è quello di abbinare immagini in alta risoluzione a mappe<br />

elementali. Con la SEM ciò è possibile con un unico strumento,<br />

mentre al momento con la macro XRF (MA-XRF) si può<br />

fare utilizzando, ad esempio, immagini in alta risoluzione o<br />

addirittura prodotte con microscopi. In ogni caso, a scanso<br />

di equivoci, con le attuali tecniche di scansione con XRF si<br />

raggiungono su scale millimetriche (ma con la possibilità di<br />

scansionare aree molto estese, anche di metri quadri).<br />

Lo sviluppo dei sistemi MA-XRF e’ avvenuta, a partire dal<br />

2011, grazie agli avanzamenti tecnologici con l’introduzione<br />

dei rivelatori Silicon Drift (SDD) e la estrema miniaturizzazione<br />

delle sorgenti radiogene [9, 10]. Anche gli sviluppi<br />

della robotica e la miniaturizzazione delle catene di conteggio<br />

hanno facilitato la realizzazione di tali scanner (Figura<br />

3).<br />

I numeri che sono alla base di questo sviluppo tecnologico<br />

sono: (i) milioni di conteggi al secondo che è possibile<br />

acquisire con uno o più rivelatori SDD, (ii) elevati flussi di<br />

Mappe<br />

elementali<br />

Fig. 3 - Miniaturizzazione<br />

di serie dei componenti.


Fig. 4 - Lo scanner è composto da diversi moduli, come mostrato in<br />

figura. Il più ingombrante è il sistema di scansione le cui dimensioni<br />

possono essere ridotte moltissimo, se si fa la scansione di un oggetto<br />

piccolo (vedi il riquadro in alto a sinistra).<br />

raggi X, eventualmente concentrabili su superfici piccole<br />

mediante opportune ottiche, che è possibile ottenere con<br />

sorgenti radiogene di dimensioni molto ridotte e di bassa<br />

potenza, che possono rimanere accese per ore senza deteriorarsi,<br />

(iii) velocità di scansione > 2 mm/s che significa<br />

fare 2 cm2 al minuto (quindi un foglio A4 in poco più di<br />

otto ore e mezzo) grazie alla completa robotizzazione dei<br />

sistemi di scansione. Questi numeri saranno sicuramente<br />

migliorati anche se è difficile pensare si possa scansionare<br />

un foglio A4 in meno di un minuto come attualmente può<br />

fare uno scanner ottico.<br />

Come si arriva a questi numeri? I singoli spettri sono acquisiti<br />

in meno di 300 ms (si può arrivare a tempi di acquisizione<br />

minori utilizzando sorgenti di più elevata intensità)<br />

e ciascuno spettro ha in media 8260 conteggi di cui circa<br />

l’80% può essere utilizzato per informazioni relative ai vari<br />

elementi. Ovviamente, il fattore che limita il sistema è la<br />

brillanza delle sorgenti X convenzionali, che non consentono<br />

di acquisire un milione di conteggi al secondo. È utile<br />

ricordare che quando furono realizzati i primi XRF scanner<br />

utilizzando come sorgente la luce di sincrotrone, venne detto<br />

che le sorgenti convenzionali non avrebbero permesso<br />

di ottenere risultati utili. Questo nodo non si è del tutto<br />

sciolto, però l’utilità delle informazioni ottenute fa sì che<br />

si aspettino ore per avere un risultato, senza spazientirsi<br />

troppo. Queste considerazioni servono solo a mettere in<br />

evidenza che ci sono margini di miglioramento. L’impiego<br />

di più rivelatori va visto come una possibilità di aumentare<br />

l’efficienza geometrica nell’acquisizione dei fotoni emessi,<br />

anche considerando la bassa statistica dei fotoni rivelati e<br />

quindi l’utilità di migliorare la statistica dei conteggi e, infine,<br />

la sensibilità della tecnica.<br />

Legato al problema delle sorgenti è quello della risoluzione.<br />

Attualmente, utilizzando opportune ottiche a raggi X<br />

(che però riducono fortemente le intensità della sorgente)<br />

si arriva a risoluzioni intorno a 35 µm, senza ottiche<br />

si può arrivare a mezzo millimetro. Nel seguito possiamo<br />

comunque prendere un millimetro come valore di riferimento.<br />

Il problema è quello di trovare un compromesso tra le<br />

dimensioni dell’area scansionata e la risoluzione, tenendo<br />

conto dei tempi necessari per l’acquisizione dell’immagine.<br />

Possiamo fotografare un dipinto con un solo scatto perché<br />

usiamo una lente, comunque la risoluzione non è eccellente<br />

se il dipinto è grande. Usando un sistema di scansione la<br />

risoluzione migliora, anche se è difficile, con uno scanner<br />

ottico [11], arrivare alle decine di micron. Prendiamo ad<br />

esempio un’immagine scansionata a 300 ppi - va notato che<br />

nel caso di un’acquisizione è meglio parlare di ppi (point<br />

per inch) piuttosto che di dpi (dot per inch) - la distanza tra<br />

i punti (pixel) è in questo caso di ~ 85 µm. Se si acquisisce<br />

un punto per ogni millimetro, si ottiene una risoluzione di<br />

25.4 ppi, che, nel caso di un foglio A4, significa un 6.237.000<br />

di punti, quindi, di spettri acquisiti. Si tratta di una quantità<br />

di dati molto grande, che non è possibile trattare senza<br />

usare/costruire un sistema di elaborazione appropriato.<br />

Questo è quello che è stato fatto nel programma di sviluppo<br />

di scanner XRF da noi portato avanti negli ultimi tre-quattro<br />

anni. Se si volesse utilizzare una risoluzione maggiore, ad<br />

esempio di 100 µm, il numero di spettri diverrebbe 6.2 107,<br />

comportando cioe’ un tempo di tre giorni e mezzo (85 ore)<br />

per scansionare un semplice foglio A4, il che è attualmente<br />

improponibile, a meno che non si scansioni il dipinto ad una<br />

velocità molto maggiore dell’attuale. Per farlo, l’unica possibilità<br />

è quella di acquisire molti più conteggi per secondo<br />

(cps), utilizzando sorgenti molto più intense delle attuali<br />

(senza però arrivare a sorgenti che non possono essere trasportate<br />

o addirittura portate in laboratorio come quelle<br />

di luce di sincrotrone). In un moderno scanner ottico da<br />

tavolo professionale (che praticamente tutti noi abbiamo in<br />

ufficio) si usano migliaia di rivelatori che scansionano una<br />

riga alla volta ed il carrello avanza con una velocità tale<br />

da digitalizzare un foglio A4 in 10-20 s, cioè scansionando<br />

milioni di pixel al secondo. Va comunque tenuto conto che<br />

uno spettro X è composto in genere di 1024 numeri interi (di<br />

almeno 12 bit) mentre un pixel di un’immagine visibile da’<br />

tre numeri da 8 bit; quindi, un pixel in una immagine XRF ha<br />

un peso notevolmente maggiore e non sarebbe comunque<br />

trasmissibile ad una velocità di milioni di pixel al secondo,<br />

come accade per un’immagine acquisita con uno scanner o<br />

una fotocamera.<br />

Quello che abbiamo realizzato con il nostro progetto è stato<br />

uno sviluppo, che riteniamo assolutamente necessario per<br />

migliorare l’impatto degli scanner nelle indagini sui Beni<br />

Culturali e cioè la completa trasportabilità del sistema. Per<br />

ottenerla, i dispositivi di scansione (Figura 4), che sono la<br />

parte più ingombrante, sono stati ottimizzati e scomposti in<br />

moduli, in modo da rispondere in maniera più efficace alle<br />

necessità di ogni singola applicazione. Per quanto riguarda<br />

la strumentazione si sono fatte scelte conservative, evitando,<br />

ad esempio, di usare ottiche capillari, che richiedano<br />

particolare attenzione nel trasporto. Sono stati così realizzati<br />

diversi moduli di scansione di dimensioni e prestazioni<br />

notevolmente diverse. La riduzione in moduli del sistema è<br />

stata possibile soprattutto con la realizzazione di un software<br />

di acquisizione, che potesse essere facilmente utilizzato<br />

18 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />

per i diversi sistemi e consentisse una configurazione flessibile<br />

di tali sistemi (figura 5). Alcuni di tali sistemi sono completamente<br />

mobili, come quello utilizzato presso lo scavo<br />

archeologico di Koumasa nell’Isola di Creta (portato in una<br />

valigia in aereo ed assemblato in situ); altri trasportabili,<br />

come quelli utilizzati per diverse misure presso Musei e Gallerie<br />

come, ad esempio, quello utilizzato a Palazzo Barberini<br />

(Galleria nazionale d’arte antica, Roma) per la scansione<br />

completa della Fornarina di Raffaello [12,] o alla Galleria<br />

Borghese su alcuni dipinti di dimensioni più ridotte (figura<br />

6). La modularità è a nostro avviso la carta vincente.<br />

Come appaiono le mappe? Esse hanno un peso decisamente<br />

inferiore della corrispondente immagine visibile, in quanto<br />

la loro risoluzione è molto minore. Utilizzando opportune<br />

tecniche di elaborazione è possibile fare una sovrapposizione<br />

o presentarle su un video affiancate. Tenendo conto<br />

che la risoluzione normalmente impiegata per un’immagine<br />

video è di 72 dpi, una mappa elementale di 30 x 30 cm2,<br />

acquisita con una risoluzione di 50 dpi, apparirebbe, quindi,<br />

sul video con una risoluzione ottimale in un frame da<br />

10 x 10 cm. Esattamente quello che si sta vedendo con le<br />

mappe acquisite attualmente, che non appaiono sgranate<br />

sul video.<br />

Cosa può rivelare una mappa elementale ad un diagnosta,<br />

ad un restauratore, ma anche ad uno storico? La stretta connessione<br />

che c’è tra elementi chimici e pigmenti è ben nota<br />

a tutti [14]: quindi una mappa di un particolare elemento<br />

mostra la distribuzione nel piano del pigmento ad esso associato<br />

(sempre se l’associazione è univoca), o anche solo<br />

la presenza di un certo pigmento in particolari aree del dipinto.<br />

Per fare degli esempi molto semplici, la presenza di<br />

alcuni elementi caratteristici di pigmenti moderni, come lo<br />

zinco, indicano e visualizzano le eventuali zone di restauro;<br />

la presenza di un elemento-pigmento, che non corrisponde<br />

al colore che è visibile in superficie, indica la presenza di<br />

strati pigmentati nascosti e il riscontro con altre tecniche<br />

può permettere di verificarne l’ipotesi. Questo può portare<br />

a diverse conclusioni come la presenza di un sottostante dipinto,<br />

un pentimento o un restauro. Il rilevamento di forme<br />

nell’area con pigmento anomalo (che può essere fatta con<br />

mappe elementali e non con singole misure XRF) può farci<br />

propendere per un’ipotesi o l’altra.<br />

Veniamo quindi a individuare il principale merito delle mappe<br />

elementali che spostano apparentemente l’indagine diagnostica<br />

dal quantitativo-analitico al qualitativo-segnico.<br />

La stessa cosa, su una superficie dipinta, può essere individuata<br />

in maniere molto diverse, in alcuni casi l’indagine<br />

analitica risulta la modalità più semplice, sempre che<br />

il risultato sia univoco. In altri casi il risultato dell’analisi<br />

è ambiguo, per cui bisogna aiutarsi con l’individuazione di<br />

forme-segni particolari con le mappe, per arrivare ad una<br />

ipotesi più complessa. Questo non significa che la XRF, producendo<br />

immagini, divenga qualitativa, più semplicemente<br />

il procedimento diagnostico, come accade in molti altri<br />

casi, ad esempio nella diagnostica medica, passa attraverso<br />

l’analisi quantitativa dell’immagine con l’individuazione<br />

oggettiva, ed in alcuni casi morfometrica, di segni. Quindi<br />

sempre in una dimensione quantitativa.<br />

Con una singola scansione XRF si producono diverse mappe<br />

elementali (Figura 2), il che è sicuramente un grande vantaggio,<br />

ma anche un grande problema per l’interpretazione<br />

dei dati. Chi è pratico di analisi del colore sa che l’immagine<br />

di un dipinto può essere scomposta in tre immagini che<br />

corrispondono alle tre componenti cromatiche. Manipolando<br />

opportunamente tali immagini, eventualmente facendo<br />

alcune trasformazioni, è possibile fare numerose utili riflessioni<br />

e deduzioni, che possono portare a ipotesi diagnostiche<br />

o critiche molto interessanti. Ovviamente, nel caso<br />

Fig. 5 - L’organizzazione dei dati nel software XISMuS [14], sviluppato<br />

per i sistemi MA XRF, è centrata sul Datacube.<br />

del colore l’esperienza ha portato a sviluppare tecniche di<br />

elaborazione molto sofisticate ed efficaci. Nel caso delle<br />

mappe elementali prodotte con la MA-XRF si sta ancora imparando.<br />

Comunque, alcune idee sono già disponibili, come<br />

quella di effettuare sovrapposizioni di più mappe elementali<br />

tra loro o con l’immagine digitale del dipinto, o quella<br />

di fare correlazioni tra mappe in modo da verificare se due<br />

elementi caratterizzano lo stesso pigmento o due pigmenti<br />

sono impiegati insieme. Per lavorare con le mappe occorre<br />

disporre di un supporto di elaborazione efficiente [14], preferibilmente<br />

integrato con il software di acquisizione e archiviazione<br />

dei dati prodotti con lo scanner. E’ il motivo per<br />

cui molto del nostro lavoro è stato dedicato a questo scopo.<br />

Le mappe sono uno strumento straordinario per la ricostruzione<br />

delle tecniche pittoriche nel caso di superfici dipinte,<br />

ma anche di ceramiche, vetri ed in genere superfici lavorate.<br />

Ovviamente alcuni elementi sono così diffusi e abbon-<br />

Fig. 6 - Lo scanner MA XRF in funzione sulla Fornarina di Raffaello.


danti sulla superficie che è possibile intravedere le forme<br />

presenti nel dipinto. Mancano però le parti che sono state<br />

dipinte con un altro o altri pigmenti. Altre mappe sono utili<br />

perché permettono di individuare le zone in cui è stato utilizzato<br />

un pigmento eterologo o anomalo, ad esempio per<br />

un restauro o per una falsificazione. In genere nel fare le<br />

operazioni come le correlazioni o i confronti è meglio individuare<br />

un’area di interesse in modo da migliorare i risultati<br />

ottenibili e la loro lettura.<br />

Una superficie dipinta è una sovrapposizione di strati, così<br />

come sono stratificate le superfici di moltissime opere con<br />

finalità o cause molto diversificate (estetica, di protezione,<br />

di degrado). La penetrazione dei raggi X nei materiali è in<br />

genere maggiore di quella della radiazione visibile (la luce);<br />

questo è un fatto ben noto a tutti che in genere attribuiscono<br />

questa proprietà ai raggi X fin dalla loro scoperta (basti<br />

pensare alla radiografia). Quello che accade nell’intervallo<br />

di energie, cui appartengono la maggior parte delle righe X<br />

di emissione dei principali elementi, utili alle indagini diagnostiche<br />

non distruttive, è che l’assorbimento varia fortemente<br />

anche per piccole variazioni di energia dei fotoni.<br />

Queste considerazioni portano a diverse conseguenze, tra<br />

cui la prima è che l’immagine della mappa elementale non<br />

è quella del solo strato superficiale, ma ha contributi anche<br />

dagli strati più interni. Occorre notare che ciò accade anche<br />

per le immagini del visibile, anche se con modalità diverse.<br />

Basti pensare al problema dei colori più o meno coprenti ed<br />

alle velature negli affreschi. La seconda è positiva: questo<br />

assorbimento differenziale, anche di fotoni generati dallo<br />

stesso elemento con processi alternativi, ma in rapporto<br />

statistico fisso, può essere utilizzato per misurare lo spessore<br />

di uno strato superficiale [15] o, in alternativa, individuare<br />

in quale strato sta l’elemento osservato. In pratica si<br />

può stabilire se un certo pigmento è presente in uno strato<br />

più interno o in quello superficiale.<br />

Per concludere, le mappe elementali possono essere la<br />

chiave per fare un’operazione, che è stata da sempre pensata,<br />

ma mai possibile: ricostruire un dipinto partendo dai<br />

materiali che lo compongono in maniera scientificamente<br />

più rigorosa. Copiare un dipinto è un’operazione che i pittori<br />

fanno da sempre, spesso con un certo rigore: cioè utilizzando<br />

gli stessi materiali e tecniche che loro pensano abbia<br />

utilizzato l’autore. Spesso i risultati sono molto buoni e suggestivi.<br />

Cosa diversa è individuare puntualmente materiali e<br />

tecniche con la diagnostica e fare una simulazione a partire<br />

dalle forme, che possono essere accuratamente ricostruite<br />

da immagini digitali del dipinto. In questo caso non è una<br />

copia ma una simulazione in quanto le scelte arbitrarie nella<br />

ricostruzione sono ridotte al minimo.<br />

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[13] “La fabbrica dei colori: pigmenti e coloranti nella pittura e<br />

nella tintoria a cura di Simona Rinaldi, Il bagatto”, (1986), 572,<br />

ISBN 9788877550507<br />

[14] S. A. Barcellos Lins, B. Bremmers e G. E. Gigante,<br />

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softx.2020.100621<br />

[15] Barcellos Lins, S.A., Gigante, G.E., Cesareo, R., Ridolfi, S.,<br />

Brunetti, A. “Testing the Accuracy of the Calculation of Gold Leaf<br />

Thickness by MC Simulations and MA-XRF Scanning”, Applied<br />

Sciences 10(10), (2020), 3582 DOI: 10.3390/app10103582<br />

Abstract<br />

Aggiungi Abstract: The essay resume the most recent history of EDXRF, a nondestructive<br />

X-Ray fluorescence microanalysis of pigments of paintings used by<br />

the help of elemental colour Map and Portable Instrumentation Package: the<br />

innovative Implementations employed in the past years in the high resolution<br />

of imaging till the perfetto simulation<br />

Parole Chiave<br />

Beni Culturali; Diagnostica; EDXRF; analisi; imaging<br />

Autore<br />

Giovanni E. Gigante<br />

giovanni.gigante@fondazione.uniroma1.it<br />

Sergio A. Barcellos Lins<br />

Sergio.lins@roma3.infn.it<br />

Dipartimento di Scienze di Base e Applicate Sapienza Università di Roma<br />

20 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 21


RESTAURO<br />

Ricostruzione Digitale 3D dal Medioevo<br />

a Oggi del Palazzo del Vescovado<br />

Oggi Museo Diocesiano di arte sacra a Feltre (BL).<br />

Ricostruzione storico- architettonica<br />

a cura di Tre.Digital<br />

Ricostruzione digitale 3D del<br />

Palazzo del Vescovado di Feltre<br />

secondo una ricostruzione<br />

storica, archeologica e architettonica.<br />

Dalle Torri gemelle<br />

che si ergevano sopra Feltre<br />

alla ricostruzione del Palazzo<br />

del Vescovado sino all’attuale<br />

Museo Diocesano di Arte Sacra.<br />

Fig 1 - Anastilosi delle torri del Vescovado di Feltre.<br />

Lo studio dell’Arch. Gloria Manera si<br />

è occupato dell’analisi storica dei<br />

componenti edilizi del manufatto,<br />

facendo risalire, parete per parete, ogni<br />

elemento alla rispettiva epoca di costruzione,<br />

datandola con accurata precisione.<br />

Queste indicazioni sono state riportate<br />

su alcuni disegni tecnici al CAD ed<br />

è stata proprio la consapevolezza che le<br />

rappresentazioni bidimensionali non fossero<br />

sufficienti a dare consistenza allo<br />

studio stratigrafico a portare alla scelta<br />

di svilupparlo a video, ricostruendo gli<br />

interventi che si erano succeduti sul palazzo.<br />

Con i documenti storici è stato possibile<br />

avanzarne datazione e cronologia e tramite<br />

software di animazione 3D, Tre.digital,<br />

restituire obbiettivamente le varie<br />

conformazioni dell’edificio.<br />

Fig. 2 – Fasi costruttive dell’edificio.<br />

24 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 25<br />

La prima fase del progetto è stata di ricerca nell’ambito<br />

storico-artistico, da parte di professionisti, per poi<br />

avviare la fase di rilievo dello stato di fatto dell’edificio.<br />

Secondo esperti e ricercatori, prima del palazzo<br />

vescovile, esistevano già due torri o caseforti (fig.1),<br />

che svettavano sopra il massiccio roccioso in scaglia<br />

rossa di Feltre: un luogo ideale e riparato dove insediare<br />

la nuova sede episcopale.<br />

Acquisito il sito, i primi interventi alla struttura, ad<br />

opera del vescovo Villalta, furono di erigere una solida<br />

muratura di contenimento a margine del colle, mentre<br />

a nord vennero collegate le due torri con un alto muro.<br />

Successivamente l’ingresso principale fu protetto con<br />

nuove strutture (fig.2).<br />

Il Vescovado mantiene ancora tutto l’aspetto originario<br />

di un castello (Fig.3 e 4).<br />

Nel 1348 un importante terremoto colpisce Veneto e<br />

Friuli e fa crollare alcune parti dell’episcopio, specialmente<br />

nel lato della torre Ovest (fig.5).<br />

Nel secolo XV il vescovado diventa un palazzo veneziano.<br />

Nel 1510 un incendio devastante colpisce la città di<br />

Feltre, investendo anche il Vescovado. Va a fuoco principalmente<br />

la parte ovest, e nel rogo si perdono anche<br />

i preziosi documenti dell’archivio vescovile (Fig. 9).<br />

LA GRANDE RISTRUTTURAZIONE DI ROVELLIO E<br />

GRADENIGO (FINE XVI SECOLO E INIZI XVII SECOLO)<br />

In questo periodo il palazzo subisce una grande ristrutturazione<br />

ad opera dei vescovi Rovellio e Gradenigo:<br />

l’intento era quello di dare al Vescovado un aspetto<br />

rinascimentale e più omogeneo (Fig.10).<br />

Fig. 3 – Prospetto della sommità del Vescovado di Feltre<br />

RESTAURO<br />

Oggi il palazzo vescovile, a distanza di vent’anni dal primo<br />

progetto, ospita il Nuovo Museo Diocesano di Feltre e Belluno<br />

(Inaugurato l’11 maggio 2018), che in 27 sale contiene<br />

un elevatissimo numero di opere d’arte di enorme importanza<br />

(Fig.11): uno straordinario lavoro di restauro svolto<br />

ad opera di monsignor Giacomo Mazzorana, direttore del<br />

museo, e di Gloria Manera, architetto che ha seguito i lavori<br />

con il supporto tecnico dell’ingegner Siro Andrich e di<br />

Tiziana Conte, conservatrice che ha selezionato le opere da<br />

destinare al Museo e ne ha curato i restauri, affiancata da<br />

numerosi esperti.<br />

Fig. 4 – Planimetria del complesso del Vescovado di Feltre nell’assetto a cavallo tra XIII e XIV secolo.


Fig. 5 – Animazione del crollo dell’edificio durante il terremoto del 1348.<br />

Fig. 6 – Rendering degli ampliamenti del secolo XIV.<br />

26 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 27<br />

Fig. 7 – A) Profilo del rifacimento in Palazzo Veneziano (facciata).<br />

Fig. 7 - B) Profilo del rifacimento in Palazzo Veneziano (fianco).


Fig. 8 - Modello del rifacimento in palazzo veneziano.<br />

Fig. 9 - Simulazione degli effetti dell’incendio del 1510.<br />

Fig. 10 – Ricostruzione dell’edificio in stile rinascimentale.<br />

28 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />

Fig. 11 – Nuovo Museo Diocesano di Feltre e Belluno.<br />

Crediti<br />

Ricostruzione storica: analisi critica dell’edificio e dei<br />

dati documentali<br />

Architetto Gloria Manera<br />

Architetto Pierpaolo Bristot<br />

Dati strutturali e lesioni storiche<br />

Ingegner Siro Andrich<br />

Dati archeologici<br />

Dott. Flavio Cafiero<br />

Dati stratigrafici<br />

Restauratore Federico Pat<br />

Restauratrice Christine Lamoureux<br />

Modellazione 3D e realizzazione video<br />

Architetto Denis Mior - Tre.digital srl<br />

Collaboratore Luca Padovan - Tre.digital srl<br />

Software<br />

3ds Max + Corona Renderer per la parte di modellazione<br />

e rendering fotorealistici di alta qualità.<br />

HitFilm software di editing video<br />

Rayfire modellazione e scomposizione degli oggetti per<br />

l’animazione del crollo nella fase del terremoto sulla<br />

base della tipologia del materiale (es. il muro e il legno,<br />

che per natura hanno diverse animazioni nella fase di<br />

distruzione)<br />

Abstract<br />

3D digital reconstruction of the Palazzo del Vescovado di Feltre according to<br />

a historical, archaeological and architectural reconstruction. From the twin<br />

towers that overlooked Feltre to the reconstruction of the Palazzo del Vescovado<br />

up to the current Diocesan Museum of Sacred Art.<br />

The studio of the Arch. Gloria Manera was involved in the historical analysis<br />

of the building components, tracing each element back to the respective construction<br />

period wall by wall, dating it with accurate precision. These indications<br />

were reported on some CAD technical drawings and it was precisely<br />

the awareness that the two-dimensional representations were not sufficient<br />

to give consistency to the stratigraphic study that led to the choice of developing<br />

it on video, reconstructing the interventions that had taken place on<br />

the building.<br />

With the historical documents it was possible to advance their dating and<br />

chronology and using 3D animation software, Tre.digital objectively returns<br />

the various conformations of the building.<br />

The first phase of the project was research in the historical-artistic field by<br />

professionals, to then begin the phase of surveying the state of the building.<br />

According to experts and researchers, before the bishop's palace, there already<br />

existed two towers or strongholds, which stood out above the rocky massif<br />

of Feltre: an ideal and sheltered place to set up the new episcopal structure.<br />

Once the site was acquired, the first interventions on the structure, by Bishop<br />

Villalta, were to erect a solid retaining wall on the edge of the hill, while to<br />

the north the two towers were connected with a high wall. Subsequently the<br />

main entrance was protected with new structures.<br />

Parole Chiave<br />

Musei; tecnologia; ricostruzione digitale; modellazione 3D;<br />

anastilosi digitale<br />

Autore<br />

a cura di Tre.Digital<br />

contatti@tredigital.it<br />

Integrated Digital Solutions


AZIENDE E PRODOTTI<br />

offrendo prestazioni che non hanno nulla da invidiare<br />

alla serie da cui derivano. Il sistema utilizza un array di<br />

idrofoni che genera immagini ad alta risoluzione della<br />

stratigrafia dei fondali in oceani, laghi, fiumi, porti.<br />

Il modello a bassa frequenza, con doppio trasmettitore<br />

e ampio array di ricezione, è invece ideale per le applicazioni<br />

in acque profonde e per i parchi eolici.<br />

www.codevintec.it<br />

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Fonte: Codevintec<br />

SLAM E FOTOGRAMMETRIA: PER UN RILIEVO VELOCE<br />

E DI QUALITÀ<br />

L’utilizzo di più strumentazioni dotate di tecnologie<br />

diverse consente di affrontare i rilievi senza scendere<br />

a compromessi con la produttività, la resa grafica e la<br />

precisione del dato. È il caso del rilievo dimostrativo<br />

effettuato presso Piazzale Porta del Molo di Genova.<br />

In questa occasione Microgeo ha impiegato l’innovativo<br />

Sistema Mobile Mapping ZEB HORIZON della GeoSLAM<br />

con la nuova camera ad alta risoluzione ZEB VISION e il<br />

Sistema fotogrammetrico telescopico 3D EYE.<br />

La praticità dello ZEB HORIZON ha consentito il rilievo<br />

dell’intero piazzale in pochi minuti, mentre con il<br />

Sistema 3D EYE sono state acquisite aree di dettaglio<br />

che si sono concentrate prevalentemente sulla Porta<br />

del Molo.<br />

La durata del rilievo SLAM in campo è stata di soli 10<br />

minuti, mentre la parte di elaborazione compresa di<br />

colorazione della nuvola è durata 40 minuti.<br />

Con il Sistema 3D EYE sono state scattate 84 foto e<br />

sono state allineate ed elaborate nel software di Fotogrammetria<br />

3DF ZEPHYR ottenendo un modello 3D ad<br />

alta definizione (circa 40 minuti di elaborazione automatica).<br />

Successivamente le due nuvole di punti provenienti da<br />

sistemi diversi (SLAM e 3D EYE) sono state unite all’interno<br />

di 3DF Zephyr utilizzando il potente algoritmo<br />

ICP presente all’interno del software, che ha consentito<br />

di scalare la nuvola fotogrammetrica su quella Laser<br />

dello ZEB HORIZON.<br />

Infine è stata generata una mesh fotorealistica della<br />

facciata principale della struttura derivante dall’unione<br />

dei due modelli.<br />

Fonte: Microgeo<br />

https://www.microgeo.it/<br />

info@microgeo.it<br />

SERIE 3400-OTS: I NUOVI SUB BOTTOM PROFILER<br />

DI EDGETECH<br />

Il nuovo 3400-OTS con montaggio su palo su piccole<br />

imbarcazioni ideale per rilievi in acque poco profonde<br />

è un ottimo strumento per indagini archeologiche<br />

o la localizzazione di oggetti sepolti.<br />

Stiamo parlando dei famosi SBP di Edgetech a tecnologia<br />

CHIRP. La nuova serie OTS - compatta, leggera<br />

e ultraleggera - conferma la bontà del progetto 3400<br />

STONEX XVS – SCANNER 3D | FOTOGRAMMETRIA DI<br />

NUOVA GENERAZIONE<br />

XVS è il nuovo scanner 3D vSLAM di Stonex. Grazie al<br />

sistema Visual SLAM (localizzazione e mappatura visiva<br />

simultanea), la traiettoria è mostrata sul tablet. Il sistema<br />

di misura inerziale (IMU) permette all’algoritmo<br />

di generare un blocco continuo di immagini. In ufficio,<br />

la procedura per generare il modello 3D è completamente<br />

automatica, con generazione del miglior risultato.<br />

I dati provenienti da XVS possono essere integrati<br />

con il video di un drone o di qualsiasi telecamera per<br />

una ricostruzione completa dell'area.<br />

La tecnologia Visual SLAM<br />

La tecnologia di localizzazione e mappatura visiva<br />

simultanea determina la posizione e l'orientamento<br />

di una telecamera rispetto all'ambiente circostante,<br />

mappando al contempo l'ambiente stesso. Attraverso<br />

le immagini consecutive, i punti vengono tracciati per<br />

triangolare la loro posizione 3D; queste informazioni<br />

vengono utilizzate contemporaneamente per approssimare<br />

la posizione della telecamera. Il sito del rilievo,<br />

rispetto la fotogrammetria tradizionale, viene acquisito<br />

con la certezza che i fotogrammi hanno la giusta<br />

sovrapposizione per costruire la nuvola di punti.<br />

Mesh colorate e dettagliate<br />

Grazie alla tecnologia impiegata da XVS, i dati raccolti<br />

producono delle mesh dettagliate e con colori fedeli<br />

alla realtà. XVS è il mezzo perfetto per scansionare<br />

aree a valenza archeologica e architettonica sia in interno<br />

che in esterno per poi ottenere una ricostruzione<br />

3D fedele.<br />

30 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />

Software dedicato<br />

Il nuovo Stonex 3D scanner XVS è dotato di due software<br />

dedicati:<br />

• XVSapp<br />

XVSapp è un software in dotazione ha un'interfaccia<br />

semplice e aiuta l'utente indicandogli come comportarsi<br />

nei passaggi critici e avvisandolo nel caso in cui l'oggetto<br />

non venga catturato correttamente. I parametri<br />

della telecamera sono completamente personalizzabili,<br />

adattandoli all'ambiente circostante.<br />

Il tablet consigliato è il Microsoft Surface PRO, non incluso<br />

nel pacchetto.<br />

• XVScloud<br />

I dati raccolti sul campo possono essere inviati a un<br />

server per l'elaborazione. Questo servizio restituisce<br />

nuvole di punti o mesh, che possono essere utilizzati<br />

in Cube-3d o in qualsiasi altro software di terze parti.<br />

https://www.stonex.it/it/<br />

info@stonex.it<br />

Fonte: Stonex<br />

SCANSIONE DI SITI STORICI DANNEGGIATI IN UCRAINA.<br />

UNA CASE HISTORY<br />

Teorema Milano, si occupa da 30 anni di distribuire gli<br />

strumenti di misura Leica, specializzandosi negli ultimi<br />

anni nel rilievo 3D tramite scansione laser. La rappresentazione<br />

digitale di modelli in 3D sta acquisendo sempre<br />

più importanza nel documentare i processi di costruzione<br />

di edifici. Ma non solo, con la recente guerra in Ucraina,<br />

la scansione laser permette anche di analizzare i danni a<br />

strutture ed edifici storici, per ottenere una documentazione<br />

ad uso forense e studiare meglio le modalità d’intervento.<br />

Nella primavera del <strong>2022</strong>, l'ingegnere francese e specialista<br />

di dati 3D Emmanuel Durand si trovava tra le macerie<br />

di una biblioteca per bambini ospitata in un edificio<br />

storico a Chernihiv, in Ucraina. Con lo scanner laser per<br />

imaging Leica BLK360 in mano, ha catturato attentamente<br />

la struttura danneggiata dopo che un bombardamento<br />

a marzo l'ha lasciata in rovina. Successivamente, ha elaborato<br />

le scansioni per rappresentare la scena con strati<br />

trasparenti, fornendo una prospettiva unica sull'enorme<br />

danno: le colonne e gli archi sopravvissuti si trovano accanto<br />

a muri demoliti delimitati da un cratere profondo<br />

un metro, una realtà digitale dalle dimensioni sorprendenti.<br />

Durand ha scansionato diversi siti storici danneggiati proprio<br />

come questo durante i suoi 17 giorni di permanenza<br />

in Ucraina. C'è una breve finestra di opportunità, sostiene,<br />

per documentare i danni con vividi dettagli 3D dopo<br />

la fine della distruzione, ma prima che detriti e artefatti<br />

vengano rimossi. In questo momento, non si limita a<br />

scansionare una struttura: cattura un momento significativo<br />

della sua storia.<br />

La scansione laser, ora una tecnologia consolidata per<br />

la conservazione storica, fornisce dati visivamente im-<br />

pattanti e forensi, architettonicamente e storicamente<br />

preziosi per documentare e comunicare l'impatto della<br />

guerra sui siti del patrimonio. Con un invito ufficiale del<br />

Ministero della Cultura ucraino, Durand ha viaggiato attraverso<br />

le regioni colpite dalla guerra dell'Ucraina utilizzando<br />

la scansione per catturare edifici identificati da<br />

esperti culturali, preservandoli in un momento critico nel<br />

tempo.<br />

Inizio del viaggio<br />

Durand, fondatore e proprietario di Amann Engineering<br />

con sede a Ginevra, Svizzera, è specializzato nella scansione<br />

e nell'analisi dell'integrità strutturale di siti industriali<br />

e di grandi dimensioni.<br />

Accompagnato da architetti, ingegneri ed esperti culturali<br />

nelle diverse fasi del suo viaggio, Durand si è recato a<br />

Leopoli, Kiev, Kharkiv e Chernihiv per catturare i siti del<br />

La trasparenza applicata mostra in dettaglio la devastazione di una chiesa<br />

storica a Chernihiv, compreso un cratere lasciato nel terreno.


AZIENDE E PRODOTTI<br />

Scansione laser 3D rendering di un edificio storico in Ucraina. Scansione acquisita con BLK360 G1. Rendering 3D finale di una stazione dei vigili<br />

del fuoco storica a Kharkiv.<br />

patrimonio. A partire da Lviv, è entrato a far parte degli<br />

specialisti locali di scansione 3D di Skeiron, una piccola<br />

impresa impegnata a preservare i siti culturali dell'Ucraina<br />

attraverso la scansione laser e la modellazione 3D. Insieme<br />

esaminarono la grande e ornata cattedrale di San Giorgio,<br />

dentro e fuori.<br />

"Sono intervenuto con il mio BLK360 G1 per mezza giornata<br />

e i loro tecnici hanno scansionato con un Leica ScanStation<br />

C10 e una ScanStation P20. Per me è stata come una sessione<br />

di allenamento in un ambiente abbastanza tranquillo,<br />

piacevole e sicuro”, riflette Durand. “Anche se a Lviv,<br />

ho sentito le sirene per la prima volta, suonando circa due<br />

volte al giorno. Per me è stato spaventoso, ma per la gente<br />

di Lviv questa è la quotidianità".<br />

Frontiere: scansione laser in una zona di guerra<br />

Da Lviv, il viaggio di Durand lo ha portato a Kiev, la capitale<br />

dell'Ucraina dove ha imparato rapidamente ad affrontare<br />

la routine della vita in un paese in guerra.<br />

Accolti a Kiev dagli architetti e dal direttore di un museo,<br />

il team appena formato si è recato in un villaggio a circa 40<br />

chilometri dal confine russo dove hanno dovuto richiedere<br />

un'autorizzazione speciale per entrare.<br />

La biblioteca dei ragazzi è stata la prima sede di scansione,<br />

ospitata all'interno di un edificio storico, adibito a<br />

museo.<br />

“Mi muovevo tra le macerie”, ricorda Durand, “il soffitto<br />

stava crollando, i libri volavano via dagli scaffali. La scansione<br />

si è rivelata molto complicata e per questo lo strumento<br />

da utilizzare era il BLK360. Ho scansionato dentro<br />

e fuori la biblioteca per un totale di un miliardo di punti.<br />

Il secondo giorno, Durand ha scansionato una chiesa a sud<br />

di Chernihiv. Il viaggio verso il sito, distante solo pochi chilometri,<br />

ha richiesto ore di guida poiché il ponte principale<br />

che portava al villaggio era stato distrutto.<br />

“Il sito della chiesa era molto particolare perché si trovava<br />

in un piccolo villaggio quasi deserto. È stato utilizzato<br />

come base dai russi per immagazzinare munizioni ed è ora<br />

circondato da veicoli militari russi distrutti. Nonostante la<br />

pioggia e i camion bruciati che assorbono i laser, i dati sono<br />

ancora molto buoni”.<br />

Soluzioni creative alle sfide di scansione<br />

Avventurandosi ancora di più verso il fronte, Durand e<br />

la squadra si sono recati a Kharkiv, il primo luogo in cui<br />

Durand ha sentito per la prima volta i bombardamenti in<br />

lontananza. Qui hanno scansionato tre siti, tra cui un ospedale,<br />

una stazione dei vigili del fuoco e un'università.<br />

La scansione ad alta risoluzione con diverse configurazioni<br />

in un ambiente fragile significava che ogni sito richiedeva<br />

almeno tre ore per la cattura dei dati. In alcuni casi, il<br />

grado di danno ha richiesto a Durand e al team di adottare<br />

soluzioni creative per superare le diverse difficoltà date<br />

dal muoversi in un’ambiente pericoloso.<br />

“La caserma dei vigili del fuoco era un edificio storico del<br />

1887 costruito in mattoni, in una delle parti più antiche<br />

della zona industriale. Ho utilizzato il BLK360 dalla cima di<br />

una scala idraulica di un camion dei pompieri per ottenere<br />

una sorta di acquisizione LiDAR volante a 30 metri di altezza.<br />

Ciò ha consentito di ottenere dati molto precisi del<br />

tetto, nonostante i piccoli movimenti della scala.”<br />

Durand ha anche scansionato l'edificio della Facoltà di Economia<br />

dell'Università Nazionale di Karazin nel centro della<br />

città, che è stato distrutto da un missile russo a marzo.<br />

32 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />

Il danno era così esteso che la possibilità di scansionare<br />

era limitata:<br />

“Mi sono concentrato sul cortile interno e sul tetto. Ho<br />

utilizzato il BLK360 con un'asta di prolunga che mi ha<br />

permesso di superare i tre metri di altezza. Inviando lo<br />

scanner attraverso un buco nel tetto e controllando la<br />

scansione con l'app, sono stato in grado di scansionare<br />

luoghi che altrimenti sarebbero stati troppo pericolosi."<br />

Catturare un punto di riferimento per il futuro<br />

Al suo ritorno a Kiev, Durand voleva scansionare il ponte<br />

Irpin, che era stato distrutto dall'Ucraina per fermare<br />

l'avanzata russa a ovest di Kiev. Sebbene il ponte non<br />

fosse precedentemente considerato storico, Durand ha<br />

convinto il team che si trattava di un sito che, proprio in<br />

quel momento, stava diventando un punto di riferimento<br />

significativo.<br />

"Questo è diventato un luogo molto emblematico", spiega<br />

Durand. “Hanno già deciso di tenere come simbolo<br />

questo ponte distrutto. E un uso importante di queste<br />

scansioni oggi è per la comunicazione. L'Ucraina sta già<br />

utilizzando questi dati per comunicare con il mondo e<br />

dire "guarda, questo è il danno che è stato fatto".<br />

Nuvole di punti: un ingrediente chiave per la comunicazione,<br />

la ricostruzione e la conservazione storica<br />

Sebbene le scansioni di Durand mostrino danni significativi,<br />

alla fine le vede come un ingrediente nel più ampio processo<br />

di ricostruzione e commemorazione culturale in Ucraina.<br />

"La scansione laser porta una luce, un'angolazione e una<br />

prospettiva diverse ad una scena particolare, qualcosa<br />

che prima non esisteva", spiega Durand. “Ad esempio, la<br />

semplice applicazione della trasparenza ad una nuvola<br />

di punti consente alle persone di avere immediatamente<br />

una maggiore percezione del danno, come con il cratere<br />

nella biblioteca dei bambini. E questo non è disponibile<br />

attraverso una sola fotografia.<br />

“Quello che ho fatto in Ucraina è davvero un primo passo.<br />

Produrre nuvole di punti è come fare la farina: è un<br />

ingrediente chiave che altri useranno per cuocere una<br />

varietà di cose. A breve termine, questi possono essere<br />

utilizzati per la comunicazione, per sostenere l'attenzione<br />

sull'Ucraina e collegarli a risorse di istituzioni<br />

internazionali, sovvenzioni per lavori di conservazione e<br />

ricostruzione".<br />

“A lungo termine”, continua Durand, “questi dati possono<br />

essere utilizzati per indagini forensi e gli architetti<br />

possono utilizzarli come base per le ricostruzioni. Anche<br />

queste scansioni diventeranno parte della storia”.<br />

"Quello che stiamo facendo con la scansione dà una profondità<br />

e una dimensione diversa alla rappresentazione<br />

di ciò che è accaduto in Ucraina", riassume Durand. “In<br />

un certo senso fa ben sperare, perché è già un passo<br />

avanti verso la ricostruzione”.<br />

info@geomatica.it - www.geomatica.it<br />

Fonte: Teorema<br />

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AGORÀ<br />

Gemello digitale 3D: Chiesa di<br />

San Michele Arcangelo – La sperimentazione<br />

presentata costituisce<br />

la prima fase di una ricerca<br />

interdisciplinare finalizzata alla<br />

codificazione di procedure di<br />

controllo e analisi non distruttiva<br />

dello stato di conservazione di<br />

manufatti del patrimonio culturale<br />

per orientare azioni di conservazione<br />

preventiva.<br />

Lo studio è coordinato dal prof.<br />

Massimiliano Campi, dalla prof.<br />

ssa Antonella di Luggo e dall’arch.<br />

Valeria Cera del Dipartimento di<br />

Architettura dell’Università degli<br />

Studi di Napoli Federico II,<br />

nell’ambito dell’Accordo di Collaborazione<br />

Scientifica tra il Centro<br />

Interdipartimentale di Ricerca<br />

Urban\Eco della Federico II e<br />

la Diocesi di Teggiano-Policastro,<br />

nella figura del Vicario Generale,<br />

Don Giuseppe Radesca.<br />

L’indagine è stata condotta sulla<br />

chiesa di San Michele Arcangelo<br />

a Padula interessata da fenomeni<br />

di distacco dell’intonaco di alcuni<br />

affreschi del 1954, localizzati<br />

all’intradosso dei sistemi voltati,<br />

dai quali risultano ora visibili le<br />

tracce di pitture antecedenti.<br />

Il lavoro è stato condotto con il<br />

supporto dell’azienda MicroGeo,<br />

Acquisizione delle immagini termiche e processamento dei dati integrati.<br />

coinvolta allo scopo di relazionare<br />

le componenti morfo-metriche<br />

acquisite con tecniche di rilievo<br />

strumentale ad aspetti cognitivi<br />

e tecnici quali dati microclimatici,<br />

termici, materici e di scostamento<br />

geometrico, al fine di<br />

rendere il modello tridimensionale<br />

del rilievo architettonico un<br />

supporto per la simulazione di<br />

scenari connessi a programmi di<br />

prevenzione conservativa.<br />

Per tale motivo, dopo aver effettuato<br />

un rilievo TLS con un Faro<br />

Focus3D X330 della chiesa, sono<br />

state acquisite informazioni di<br />

dettaglio delle parti ammalorate<br />

degli affreschi attraverso un rilievo<br />

con termocamera.<br />

Impiegando una camera termica<br />

TESTO890, sono state scattate<br />

immagini termiche e, allo stesso<br />

tempo, sono state registrate<br />

anche fotografie nel campo del<br />

visibile con una camera reflex<br />

CanonEos1300D collocata sullo<br />

stesso treppiede in modo da far<br />

coincidere i centri ottici dei due<br />

sensori nella fase di processamento.<br />

All’interno del software<br />

3DF Zephyr, sono stati dapprima<br />

orientati e processati i fotogrammi<br />

reflex. Sfruttando la coincidenza<br />

dei centri ottici, sono<br />

state selezionate poi le immagini<br />

termiche come origine del dato.<br />

A partire dalla nuvola densa precedentemente<br />

ricostruita, le<br />

informazioni sul comportamento<br />

termico delle superfici sono<br />

state proiettate sui singoli punti<br />

della nuvola ottenendo un modello<br />

3D discreto in cui per ogni<br />

punto alla posizione nello spazio<br />

risulta aggregato anche il valore<br />

di temperatura e il dato di colore.<br />

Con riferimento alla cupola di<br />

copertura del transetto, l’analisi<br />

degli stati termici ha evidenziato<br />

la presenza di 4 aree fredde<br />

discendenti dalla lanterna verso<br />

l’imposta, con una temperatura<br />

più bassa (di 0.8 o 1.9 gradi a<br />

seconda della stagione) rispetto<br />

alle zone circostanti.<br />

La lettura incrociata dei dati termici<br />

con quelli geometrici e fotografici<br />

ha restituito l’insistenza<br />

di una condizione patologica<br />

di forte umidità in 4 spicchi che<br />

sono molto più estesi rispetto<br />

alle parti che visivamente risultano<br />

intaccate.<br />

Una ispezione visiva condotta<br />

all’estradosso, ha consentito in<br />

effetti di ricondurre tali porzioni<br />

ai punti liberi della superficie<br />

della cupola, non interessati<br />

dall’intersezione con il sistema<br />

di copertura dell’aula e del<br />

transetto. Qui, in effetti, non<br />

era presente una adeguata coibentazione,<br />

oggi messa in opera.<br />

Grazie quindi ai dati provenienti<br />

dalla termocamera è stata ravvisata<br />

la presenza di umidità<br />

che non è visibile in superficie<br />

e, per questo, da monitorare<br />

per ovviare alla manifestazione<br />

di ulteriori fenomeni di degrado,<br />

comportanti distacchi di intonaco<br />

in aree più grandi.<br />

Chiaramente, le analisi e le relative<br />

valutazioni critiche definiscono<br />

la base di partenza<br />

per indirizzare alcune azioni di<br />

intervento diretto e, al tempo<br />

34 34 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie Tecnologie per per i Beni i Beni Culturali Culturali<br />

35<br />

stesso, orientare le scelte più<br />

opportune per successivi approfondimenti<br />

diagnostici, più ristretti<br />

e mirati, riducendo i danni<br />

al patrimonio storico.<br />

Questa fase di progetto ha visto<br />

il supporto degli arch. Michele<br />

Sanseviero, Alessandro Cancellaro<br />

e Marika Falcone nonché il<br />

contributo degli architetti Giovanni<br />

Angrisani e Lorenzo Bisceglia.<br />

Il lavoro è stato, inoltre, condotto<br />

con la competente collaborazione<br />

di Michele Cirignano e il<br />

sostegno dell’azienda MicroGeo<br />

che si ringraziano per aver messo<br />

a disposizione della ricerca la<br />

termocamera TESTO890 e il software<br />

3DF Zephyr per il processamento<br />

dei dati.<br />

Per ulteriori approfondimenti,<br />

si rimanda alla lettura di alcuni<br />

contributi scientifici:<br />

Cera Valeria (<strong>2022</strong>). Multisensor<br />

Data Fusion for Cultural Heritage<br />

Assets Monitoring and Preventive<br />

Conservation. ISPRS International<br />

Archives of the Photogrammetry,<br />

Remote Sensing and Spatial<br />

Information Sciences, XLVI-2/<br />

W1-<strong>2022</strong>, pp.151-157. https://<br />

doi.org/10.5194/isprs-archives-<br />

Fig. 3 - A partire da sinistra: Manipolazione delle mappe di riflettanza ottenute dal rilievo TLS (a,b).<br />

Variando il range dei valori percentuali (c) è possibile estrarre progressivamente informazioni significative<br />

per le porzioni di affresco danneggiate. Centro: Mappa di riflettanza e classificazione del colore<br />

per le porzioni di affresco danneggiato. Le variazioni evidenziano porzioni con caratteristiche<br />

disomogenee e incoerenti. Destra: Modello del comportamento termico della cupola. I grafici estratti<br />

evidenziano la presenza di 4 aree più fredde e le loro variazioni di temperatura.<br />

XLVI-2-W1-<strong>2022</strong>-151-<strong>2022</strong>, <strong>2022</strong>.<br />

Cera Valeria (2021). La manipolazione<br />

di modelli discreti per<br />

orientare l'indagine diagnostica<br />

per il restauro. In Rosa Anna Genovese<br />

(Ed.), Il patrimonio culturale<br />

tra la transizione digitale, la<br />

sostenibilità ambientale e lo sviluppo<br />

umano. Cultural Heritage<br />

in digital transition, environmental<br />

sustainability and human development,<br />

pp. 167-190. Napoli:<br />

Giannini Editore. ISBN 978-88-<br />

6906-196-7.<br />

Documentazione e Preservazione<br />

del Patrimonio Culturale - SIM-<br />

POSIO CIPA 2023 – Il Patrimonio<br />

culturale nella sua accezione più<br />

estesa è l’espressione più alta della<br />

creatività umana. Gli effetti del<br />

cambiamento climatico, i conflitti<br />

armati, le distruzioni per terrorismo<br />

costituiscono un rischio per<br />

la sua conservazione. Il tema delle<br />

minacce antropiche interseca<br />

quello dei rischi naturali e ambientali.<br />

Passati equilibri si sono rotti,<br />

paesaggi estremi si profilano all’orizzonte<br />

e risposte efficaci tardano<br />

ad arrivare.<br />

La comunità scientifica può e deve<br />

reagire a questo stato di cose.<br />

L’approccio umanistico, inclusivo<br />

di tanti saperi, ci rende capaci di<br />

comprendere, di interpretare e<br />

di preservare il Patrimonio che la<br />

storia ci ha consegnato. Le tecnologie<br />

digitali forniscono contributi<br />

innovativi sia per la conservazione,<br />

il restauro, la riqualificazione,<br />

la fruizione dei siti e sia per il più<br />

ampio spettro dell’economia della<br />

cultura. Il Patrimonio culturale è<br />

dunque materia di nuove narrazioni,<br />

esperienze condivise, luoghi di<br />

incontro e conoscenza del passato,<br />

per interpretare e riflettere sull’evoluzione<br />

della nostra società rispetto<br />

alle sfide globali.<br />

Dal 25 al 30 giugno 2023 a Firenze<br />

avrà luogo il Simposio<br />

Documenting, Understanding, Preserving<br />

Cultural Heritage


AGORÀ<br />

Humanities and digital technologies<br />

for shaping the future<br />

promosso e organizzato da CIPA -<br />

Heritage Documentation.<br />

Il Simposio CIPA 2023 intende unire<br />

competenze scientifiche, tecnologiche<br />

e umanistiche e promuovere<br />

le interazioni con le istituzioni<br />

preposte alla conservazione e al<br />

restauro, con l'obiettivo di definire<br />

sistemi di documentazione che<br />

affrontino l'intero ciclo di vita di<br />

manufatti, siti archeologici, edifici<br />

storici e paesaggi, utilizzando le<br />

nuove tecnologie digitali.<br />

È necessario sviluppare modelli<br />

di riduzione del rischio e di conservazione<br />

preventiva sostenibile<br />

del Patrimonio che supportino la<br />

partecipazione, l'accessibilità e la<br />

valorizzazione delle diversità per<br />

favorire le condizioni per il progresso<br />

sociale, economico e culturale<br />

delle comunità e dei territori<br />

in cui esse vivono.<br />

CIPA - Heritage Documentation è<br />

un’organizzazione internazionale<br />

no-profit che si propone di facilitare<br />

il trasferimento tecnologico<br />

dalle scienze della misura alle discipline<br />

della documentazione del<br />

patrimonio. CIPA - HD è uno dei<br />

primi comitati scientifici internazionali<br />

di ICOMOS (International<br />

Council of Monuments and Sites)<br />

ed è stata fondata nel 1968 congiuntamente<br />

da ICOMOS e ISPRS<br />

(International Society for Photogrammetry<br />

and Remote Sensing).<br />

La comunità tecnico-scientifica<br />

che fa riferimento a CIPA-HD si<br />

riunisce ogni due anni in simposi<br />

che sono occasione di incontro,<br />

confronto, aggiornamento sui temi<br />

della documentazione e conservazione<br />

del patrimonio culturale,<br />

con un’attenzione particolare rivolta<br />

alle nuove tecnologie.<br />

I principali argomenti del CIPA2023<br />

saranno:<br />

• Patrimonio e Conservazione Digitale<br />

• Valutazione del Rischio per il<br />

Patrimonio Culturale<br />

• Documentare i Siti Archeologici<br />

• Documentare l'Architettura Moderna<br />

• Documentare il Patrimonio Subacqueo<br />

• Realtà Virtuale, Aumentata ed<br />

Estesa per i Beni Culturali<br />

• Esperienze di Formazione sulla<br />

Documentazione del Patrimonio<br />

• Tecnologie che cambiano la<br />

Formazione<br />

• Intelligenza Artificiale e Documentazione<br />

dei Beni Culturali<br />

• Monitoraggio del Patrimonio<br />

Costruito<br />

• Nuove Tecnologie per l'Accessibilità<br />

nei Nuovi Musei<br />

• Tecnologie Digitali per contrastare<br />

le Distruzioni Belliche<br />

• Riproduzione 3D dei Beni Culturali:<br />

Tecniche e Metodi<br />

• Tecnologia 3D a supporto<br />

dell'attività di Gestione e Manutenzione<br />

del Patrimonio<br />

• Conservazione Virtuale<br />

• Gemelli Digitali<br />

• Condivisione delle Informazioni<br />

e dei Dati<br />

Sessioni speciali saranno dedicate<br />

a GEORES e ARQUEOLÓGICA 2.0.<br />

Atti del Simposio<br />

I contributi che avranno superato<br />

il processo di peer review saranno<br />

pubblicati in “The International<br />

Archives of the Photogrammetry,<br />

Remote Sensing and Spatial Information<br />

Sciences” e in “ISPRS Annals<br />

of the Photogrammetry, Remote<br />

Sensing and Spatial Information<br />

Sciences”. La piattaforma per<br />

inviare i propri contributi è disponibile<br />

al seguente link: https://<br />

www.conftool.org/cipa2023florence/.<br />

Maggiori informazioni sono<br />

riportate nella pagina del sito web<br />

dell’evento.<br />

Gli autori di lavori selezionati saranno<br />

invitati a presentare una<br />

versione estesa dei loro articoli in<br />

Special Issues di riviste collegate<br />

alla Conferenza (es. Applied Geomatics,<br />

Ananke, Sensors, Virtual<br />

Archaeology Review, etc.).<br />

Registrazioni<br />

La piattaforma per le registrazioni<br />

è disponibile al seguente<br />

link: https://services.aimgroup.<br />

eu/ASPClient/loginindividual.<br />

asp?eventoid=5077 Maggiori informazioni<br />

sulle tariffe disponibili e<br />

sulle scadenze sono riportate nella<br />

pagina dedicata del sito web.<br />

CIPA Spring School<br />

In continuità con la realizzazione<br />

del Simposio, l’ottava edizione<br />

della Spring School del CIPA si svolgerà<br />

a Montecatini Terme, dal 23<br />

al 29 Marzo 2023 dal titolo<br />

3D Surveying and Modeling of Cultural<br />

Heritage<br />

Lezioni teoriche (rilievo 3D, fotogrammetria,<br />

laser scanner, fotografia,<br />

ecc.) si alterneranno ad attività<br />

di acquisizione sul campo e<br />

di elaborazione dei dati in aula. La<br />

Spring School rappresenta un'opportunità<br />

per studenti di corsi di<br />

laurea magistrale, dottorandi di<br />

ricerca, ricercatori e specialisti<br />

nei settori dell’archeologia, architettura,<br />

restauro, conservazione,<br />

geomatica, e in generale nella documentazione<br />

del patrimonio per<br />

approfondire le proprie conoscenze<br />

e competenze con tecniche di<br />

modellazione 3D basate sulla realtà.<br />

Montecatini Terme rappresenta<br />

un caso studio ideale, in quanto<br />

è una delle “Grandi città termali<br />

d’Europa” iscritte nel Patrimonio<br />

mondiale UNESCO.<br />

Maggiori informazioni su: https://<br />

www.cipa2023florence.org/cipaspring-school<br />

36 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 37<br />

Sede in Italia<br />

Più di 100 distributori nel mondo<br />

Una linea di prodotti Made in Italy<br />

Dove siamo Chiamaci Contattaci<br />

Seguici sui Social<br />

Viale dell’Industria 53<br />

20037, Paderno Dugnano (MI)<br />

Tel. +39 02 78619201<br />

www.stonex.it<br />

info@stonex.it - italia@stonex.it


EVENTI<br />

19 - 21 APRILE 2023<br />

XII Congresso Nazionale AIAr<br />

Messina (Italia)<br />

http://www.associazioneaiar.<br />

com/<br />

20-23 MARZO 2023<br />

3rd International Conference<br />

TMM-CH Transdisciplinary<br />

Multispectral Modelling and<br />

Cooperation for the<br />

Preservation of Cultural<br />

Heritage<br />

Atene (Grecia) – Eugenides<br />

Foundation<br />

https://tmm-ch.com/#about<br />

10 – 11 MAGGIO 2023<br />

Conferenza Esri Italia<br />

Roma<br />

https://www.esriitalia.it/<br />

10 – 12 MAGGIO 2023<br />

Restauro – Salone<br />

Internazionale dei Beni<br />

Culturali e Ambientali<br />

XXVIII edizione<br />

Ferrara Fiere (Italia)<br />

https://www.<br />

salonedelrestauro.com/<br />

24 – 26 MAGGIO 2023<br />

MMT 2023 – 12th International<br />

Symposium on Mobile<br />

Mapping Technology<br />

Padova (Italia)<br />

https://www.cirgeo.unipd.<br />

it/mmt/<br />

25 - 30 GIUGNO 2023<br />

SIFET 2023<br />

Firenze (Italia)<br />

https://www.sifet.org/<br />

25 - 30 GIUGNO 2023<br />

CIPA 2023<br />

Firenze (Italia)<br />

https://www.<br />

cipa2023florence.org/<br />

SETTEMBRE 2023<br />

ArcheoFOSS 2023<br />

Torino (Italia)<br />

https://www.archeofoss.org/<br />

28 – 29 SETTEMBRE 2023<br />

LUBEC 2023<br />

Lucca (Italia)<br />

https://www.lubec.it/<br />

11 - 13 OTTOBRE 2023<br />

INTERGEO<br />

Berlino (Germania)<br />

https://www.intergeo.de/en/<br />

11 - 13 OTTOBRE 2023<br />

DRONITALY<br />

Bologna (Italia)<br />

https://www.dronitaly.it<br />

2 – 5 NOVEMBRE 2023<br />

BMTA PAESTUM 2023<br />

Paestum, SALERNO (Italia)<br />

https://www.<br />

borsaturismoarcheologico.it/<br />

NOVEMBRE 2023<br />

ROMADRONE<br />

Roma (Italia)<br />

https://www.romadrone.it/<br />

10 – 11 maggio<br />

2023<br />

ROMA<br />

38 ArcheomaticA N°3 settembre <strong>2022</strong><br />

www.esriitalia.it


Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />

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racconta l'emozione di una storia<br />

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Hubstract - made for art è uno studio creativo: autori digitali, videomakers, designers e storytellers<br />

realizzano percorsi di visita, allestimenti, eventi e contenuti combinando le nuove tecnologie e i<br />

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