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<strong>fitainforma</strong><br />
ANNO XXXVI - N. 1/2<br />
luglio/agosto <strong>2023</strong><br />
1
copertina<br />
Non potevamo non ricordare Alberto Sordi,<br />
a vent’anni dalla scomparsa, dedicandogli<br />
anche la copertina di questo numero estivo.<br />
È stato uno dei più grandi e significativi attori<br />
italiani, capace di lasciare una traccia indelebile<br />
nella cultura del nostro Paese, dando<br />
un volto e un’anima all’italiano medio, con<br />
i suoi vizi e le sue virtù. Ci ha fatto ridere e<br />
piangere, sorridere a denti stretti delle nostre<br />
contraddizioni. E continua a farlo.<br />
<strong>fitainforma</strong><br />
Bimestrale<br />
del Comitato Regionale Veneto<br />
della Federazione Italiana<br />
Teatro Amatori<br />
ANNO XXXVI<br />
luglio/agosto <strong>2023</strong><br />
Registrazione Tribunale<br />
di Vicenza n. 570<br />
del 13 novembre 1987<br />
Direttore responsabile<br />
ANDREA MASON<br />
Direzione e redazione<br />
Stradella delle Barche, 7<br />
36100 VICENZA<br />
tel. 0444 324907<br />
fitaveneto@fitaveneto.org<br />
www.fitaveneto.org<br />
Responsabile editoriale<br />
MAURO DALLA VILLA<br />
Caporedattore<br />
Alessandra Agosti<br />
Grafica<br />
Stefano Rossi<br />
Segreteria<br />
Eleonora Tovo<br />
indice<br />
01 EDITORIALE di Mauro Dalla Villa<br />
02 Pillole di Teatro vola verso la finalissima<br />
04 60° Teatro dalla Scuola.<br />
Il concorso dei giovani continua a regalare emozioni<br />
05 Fita nazionale / A Vicenza una conferenza quadri<br />
aperta a istituzioni e territorio<br />
06 MASCHERA D’ORO / Un finale scintillante<br />
per l’edizione più diffcile di sempre<br />
09 Gran Premio del Teatro Veneto / Una finale per sei<br />
10 GIULIANA MUSSO / INTERVISTA<br />
Ma il teatro può essere politicamente corretto?<br />
12 Progetti / Nel 2024 si celebra il centenario della morte<br />
di Eleonora Duse<br />
14 Anniversari / Alberto Sordi. Vent’anni dopo<br />
ci racconta ancora chi siamo
Editoriale<br />
Un insieme coordinato<br />
che non sia autoreferenzialità<br />
Un numero estivo ricco di molte iniziative per Fitainforma: alcune<br />
appena concluse, altre ancora in corso nella nostra regione; tante<br />
altre, soprattutto delle nostre compagnie, non riescono a trovare<br />
posto in queste pagine.<br />
Una carrellata per sottolineare lo spessore di molte di esse, più<br />
che per il gusto di raccontarsi. E, naturalmente, approfondimenti<br />
su quanto è teatro in generale, per aprire lo sguardo e allargare<br />
l’orizzonte di ognuno di noi.<br />
Possiamo dire che le nostre attività come associazioni culturali e<br />
teatrali sono in pieno svolgimento e che, in tanti casi, sono persino<br />
riprese con una marcia in più, caricati forse dalla voglia di fare<br />
che ci portiamo dietro dopo questi anni di incertezza.<br />
Ancora una volta Fitainforma ci rende partecipi di quanto sia<br />
articolata e diffusa l’azione che F.I.T.A. nel Veneto propone agli associati<br />
e più in generale alla cittadinanza, spesso in collaborazione<br />
con Enti e Istituzioni che ci vedono come partner affdabili.<br />
L’azione costante di chi rappresenta la nostra Federazione è,<br />
però, talvolta indebolita da alcuni (pochi per la verità) che, probabilmente<br />
per disattenzione, agiscono in maniera personale e<br />
alcune volte inopportuna.<br />
Nel fare teatro è naturale cercare, anche in modo inconsapevole,<br />
l’approvazione, il riconoscimento, l’applauso. È giusto, per chi<br />
aspetta questo momento dopo mesi di preparazione e di impegno:<br />
ma quando ciò avviene avendo di proposito prevaricato se<br />
non i meriti almeno l’attività di altri, non è salutare.<br />
Spesso i successi di tanti sono frutto anche del lavoro, a volte<br />
silenzioso, di pochi, che il più delle volte restano in ombra. Non<br />
riconoscerlo, o addirittura sopraffare, appare un atto di prepotenza.<br />
Ancora una volta queste azioni sono compiute, il più delle volte,<br />
da chi non partecipa agli appuntamenti e alla vita federativa,<br />
pertanto fatica a rendersi conto che, spesso, ciò che gli consente<br />
o gli offre l’occasione di sentirsi appagato è possibile in virtù<br />
dell’operare di altri che lo fanno per un obiettivo comune e non<br />
personale.<br />
Impariamo a comprendere che nessuno è suffciente a se stesso<br />
e al suo fare teatro e che la forza della nostra Federazione è<br />
l’azione dei tanti che, certamente anche un po’ per se stessi, ma<br />
in modo generoso si spendono anche per tutti gli altri.<br />
Buone vacanze e buon teatro a tutti.<br />
Mauro Dalla Villa<br />
Presidente F.I.T.A. Veneto<br />
1
FESTIVAL REGIONALE<br />
«Pillole di Teatro»<br />
vola verso la finalissima<br />
Saranno dodici, due per ciascuna selezione provinciale, i candidati alla vittoria<br />
Serata conclusiva venerdì 8 settembre alle 21 a Rovigo, in piazza Annonaria<br />
2
Si preannuncia davvero<br />
brillante la terza edizione di<br />
Pillole di Teatro, il festival regionale<br />
del monologo che Fita<br />
Veneto propone d’intesa con i<br />
propri comitati provinciali e in<br />
collaborazione con i Comuni<br />
che, tra giugno e luglio, sono<br />
stati scelti come scenario delle<br />
selezioni provinciali per Padova,<br />
Rovigo, Treviso, Venezia,<br />
Verona e Vicenza. Il tutto con<br />
obiettivo la finalissima in programma<br />
venerdì 8 settembre<br />
come sempre a Rovigo: è qui<br />
infatti che il festival è nato nel<br />
2020, come rassegna polesana,<br />
per poi ampliarsi e divenire<br />
apprezzatissimo concorso<br />
regionale.<br />
A contendersi il premio, che<br />
consistente nell’ingresso diretto<br />
alla finale di un concorso<br />
nazionale del monologo, saranno<br />
dodici interpreti, vale a dire<br />
i due vincitori di ciascuna delle<br />
sei selezioni provinciali.<br />
La kermesse è iniziata a Vicenza,<br />
sabato 17 giugno ai Chiostri<br />
di San Lorenzo, dove l’appuntamento<br />
è stato inserito<br />
anche nella rassegna “Teatro in<br />
Corso”, promossa dal Comitato<br />
provinciale Fita per i suoi 40<br />
anni dalla fondazione. Per la<br />
provincia di Rovigo è proseguita<br />
venerdì 30 giugno al<br />
palazzetto dello sport di Polesella,<br />
mentre sabato 1 luglio la<br />
serata di selezione è andata in<br />
scena al Teatro Polivalente di<br />
Abano Terme. Venerdì 7 luglio,<br />
per Verona, appuntamento<br />
all’esterno di Villa Carrara Bottagisio<br />
a Bardolino, e venerdì<br />
14 luglio, per Treviso, tappa<br />
nella Loggia della Ragione in<br />
Piazza Gabriele D’Annunzio ad<br />
Asolo. Per Venezia, infine, selezioni<br />
venerdì 21 luglio in Piazza<br />
Celso Costantini a Concordia<br />
Sagittaria.<br />
Concluse le selezioni, dunque,<br />
l’appuntamento sarà venerdì 8<br />
settembre alle 21 in piazza Annonaria<br />
a Rovigo, dove questo<br />
evento, così come la tappa di<br />
selezione polesana, sarà realizzato<br />
anche con il contributo di<br />
Fondazione Rovigo Cultura.<br />
«Siamo molto orgogliosi del<br />
nostro festival – commenta<br />
Mauro Dalla Villa, presidente<br />
FITA Veneto – che ha incontrato<br />
fin da subito grande<br />
apprezzamento sia da parte<br />
del pubblico, che non manca<br />
mai agli appuntamenti provinciali<br />
e alla finale a Rovigo, sia<br />
Tutti i candidati<br />
VICENZA - Marco Barbiero,<br />
Claudia Beggiato, Davide<br />
Berna, Eugenio Berti,<br />
Marcello De Boni, Marilena<br />
Lievore, Erika Magnabosco,<br />
Sladjana Markovic, Stefania<br />
Matrangolo, Rita Pellizzari,<br />
Sara Peretti e Gabriele<br />
Serraglio<br />
ROVIGO - Roberta Bazzan,<br />
Cristina Bellettati, Marco<br />
Bottoni, Angelo Brenzan,<br />
Margherita Cercolato, Elena<br />
Crepaldi, Carlo Alberto<br />
Ferrari, Alberto Garbellini,<br />
Raffaela Longhini, Enrico<br />
Maggiolo, Roberto Pinato<br />
ed Elena Tomasi.<br />
PADOVA - Mariano Agostinelli,<br />
Andrea Boscolo,<br />
Maila Donin, Rossella<br />
Fondello, Roberto Menin,<br />
Marina Moscato, Beniamin<br />
Robert Puiu, Enrico Testa,<br />
Elena Vettorato e Cristiana<br />
Zangrandi.<br />
VERONA - Matteo Bertassello,<br />
Giulia Giordano, Antonio<br />
Guardalben, Daniela<br />
Felzani, Francesca Marchesini,<br />
Catia Meneghinello,<br />
Arnaldo Pernigo, Giulia<br />
Rigoni e Giovanni Vit.<br />
TREVISO - Anna Bernardi,<br />
Giacomo Bernardi, Sebastiano<br />
Boschiero, Elena Camporeale,<br />
Fabio Devercelli,<br />
Daniele Gobbo, Pasqualina<br />
Milano, Marianna Patres,<br />
Laura Presazzi, Fabio Sala,<br />
Alessandra Tesser e Sara<br />
Tozzato.<br />
VENEZIA - Orietta Cappoia,<br />
Paolo Ius, Daniela Mazzon,<br />
Lucia Pantarotto, Giuseppe<br />
Pertile e Luana Scomparin.<br />
da parte degli stessi interpreti<br />
che, provenienti da numerose<br />
compagnie Fita Veneto,<br />
in questa occasione hanno<br />
la possibilità di proporre un<br />
teatro più “personale”, frutto<br />
dei propri gusti e delle proprie<br />
inclinazioni».<br />
L’edizione 2022 è stata vinta da<br />
Alberto Felisati, della compagnia<br />
El Canfin di Baricetta (Rovigo),<br />
con il brano La notte poco<br />
prima della foresta di Bernard-<br />
Marie Koltès.<br />
Poltronissima<br />
Davvero numerosi i titoli che nei prossimi mesi riempiranno le<br />
stagioni dei teatri veneti, fra grandi nomi della scena a talenti<br />
emergenti, tutti da scoprire. In queste colonne proponiamo<br />
qualche segnalazione promettente per le nostre future serate a<br />
teatro (da spettatori!).<br />
Sette a Tebe<br />
Dalla tragedia di Eschilo, drammaturgia di<br />
Gabriele Vacis e PEM, con gli interpreti di<br />
Potenziali Evocati Multimediali<br />
Regia di Gabriele Vacis<br />
In prima nazionale dal 21 al 23 settembre al<br />
Teatro Olimpico di Vicenza per il 76° Ciclo degli<br />
spettacoli classici, con la direzione artistica di<br />
Giancarlo Marinelli. I tebani assistono a una<br />
tragedia della quale sono essi stessi protagonisti:<br />
un’opinione pubblica onnipresente capace di<br />
trasformare in “mercato” anche il più drammatico<br />
degli eventi.<br />
Odisseo, colui che corse al di là del mare<br />
Giuseppe Pambieri e Tema Cultura Academy<br />
Per il 76° Ciclo dei classici all’Olimpico di Vicenza<br />
la prima nazionale dello spettacolo dal 13 al 15<br />
ottobre, con coreografie di Silvia Bennett,<br />
testo e regia di Giovanna Cordova. Tutto inizia<br />
con un Odisseo giovanissimo, davanti al mare<br />
nordico dell’Ulisse di Joyce. Al suo ritorno tutto<br />
sarà cambiato, dentro di lui e nella casa che ha<br />
lasciato.<br />
Tipi umani seduti al chiuso<br />
Di Lucia Calamaro, con Riccardo Goretti e Simona<br />
Senzacqua<br />
Transiterà per diversi teatri del Veneto (tra i<br />
quali il Verdi di Padova dall’8 al 12 novembre)<br />
questo progetto della celebre drammaturga,<br />
che racconta una biblioteca di quartiere (ma<br />
simbolo di tutti questi luoghi) come spazio di<br />
incontro e di scontro.<br />
Boomers<br />
Di Marco Paolini e Michela Signori, con consulenza<br />
alla drammaturgia di Simone Tempia e Marco<br />
Gnaccolini<br />
Ancora uno spettacolo che si potrà vedere su<br />
diversi palcoscenici (tra i quali il Del Monaco di<br />
Treviso dal 10 al 12 novembre). Sul palcoscenico<br />
lo stesso Paolini con la cantante e attrice Patrizia<br />
Laquidara e con Luca Chiari, Stefano Dallaporta<br />
e Lorenzo Manfredini. I figli del boom al centro<br />
di un racconto ambientato nel bar della Jole, tra<br />
parole e musica.<br />
3
GIOVANI<br />
60° Teatro dalla Scuola<br />
«La zattera della Medusa»<br />
sul gradino più alto<br />
È l’IISS «Albert Einstein» di<br />
Piove di Sacco (Padova) con La<br />
zattera della Medusa il vincitore<br />
della 60ª edizione di “Teatro<br />
dalla Scuola”, manifestazione<br />
dedicata ai laboratori teatrali<br />
delle scuole superiori della<br />
regione, organizzata dal Comitato<br />
Veneto della Federazione<br />
Italiana Teatro Amatori<br />
(FITA) e inserita, quest’anno,<br />
in un progetto sostenuto da<br />
UPI – Unione Province Italiane,<br />
condiviso dalla Provincia<br />
di Vicenza (ente capofila), da<br />
Comune, Provveditorato, Liceo<br />
Quadri e Accademia Olimpica<br />
di Vicenza, oltre che dalla Provincia<br />
di Rovigo. La premiazione<br />
si è svolta venerdì 9 giugno<br />
al Teatro San Marco di Vicenza,<br />
che nei giorni precedenti aveva<br />
ospitato le esibizioni dei gruppi<br />
giunti alla finale sui diciotto<br />
candidati.<br />
Diretto da Giancarlo Schiavon e<br />
Antongiulio Barbujani. Il testo<br />
ha convinto la giuria (composta<br />
da Alessandra Agosti, Francesco<br />
Maria Ara, Filippo Bordignon<br />
e Annarita Scaramella),<br />
che così ha motivato il riconoscimento:<br />
«Ispirato al celebre<br />
dipinto del francese Théodore<br />
Géricault, lo spettacolo ha dato<br />
prova di sintesi e astrazione,<br />
secondo un linguaggio che ha<br />
nei corpi dei suoi protagonisti<br />
uno degli elementi più evocativi<br />
ed emozionanti. Impiegando<br />
elementi di scena minimi e<br />
senza l’ausilio di particolari scenografie,<br />
La zattera della Medusa<br />
dimostra un lavoro registico<br />
coeso e originale, avvalendosi,<br />
in aggiunta, di musiche non<br />
scontate e di un funzionale<br />
lavoro sulle luci. Altro grande<br />
elemento di pregio è il lavoro<br />
drammaturgico sul testo, un<br />
patchwork che alterna brani di<br />
Melville, De Andrè e Baudelaire,<br />
fondendoli con liriche degli<br />
studenti stessi e pervenendo a<br />
un amalgama omogeneo e, a<br />
tratti, commovente. Il tema del<br />
naufragio viene affrontato senza<br />
ricorrere a scontati parallelismi<br />
con fatti di cronaca della<br />
società contemporanea, caricandosi<br />
così di un’universalità<br />
in grado di lanciare, con una<br />
forza ancora più dirompente,<br />
il grido di chi si sta aggrappando<br />
alla propria vita come se<br />
questa fosse una zattera in un<br />
mare tempestoso».<br />
La giuria ha assegnato altri due<br />
riconoscimenti. Per la migliore<br />
regia è stato premiato l’IS<br />
«Antonio Scarpa» di Motta di<br />
Livenza (Treviso) per La guerra<br />
di Troia non si farà: «Riuscire<br />
a coinvolgere l’interprete<br />
nella propria visione - si legge<br />
nella motivazione - è uno<br />
degli elementi che fanno la<br />
differenza tra una regia e una<br />
buona regia. Così avviene in<br />
questo spettacolo liberamente<br />
ispirato a un testo di Jean Giraudoux<br />
e firmato da Giacomo<br />
Bisceglie, sapientemente<br />
condiviso con i suoi giovani<br />
attori, essenziali nel rendere<br />
Diciotto i gruppi<br />
partecipanti<br />
alle selezioni<br />
del concorso<br />
riservato<br />
ai laboratori<br />
teatrali degli<br />
istituti scolastici<br />
superiori<br />
del Veneto.<br />
l’ironia e la giocosità del testo,<br />
pur nello spessore della tematica<br />
espressa». Per la migliore<br />
recitazione collettiva, invece,<br />
premio all’ITC «Pier Fortunato<br />
Calvi» di Padova di scena con<br />
V.V., scrittura condivisa da tutto<br />
il cast partendo da un testo di<br />
Patrizia Tramarin, anche alla<br />
regia con Annalisa Toniolo.<br />
Questa la motivazione del<br />
riconoscimento: «La riuscita<br />
interazione tra generazioni<br />
(giovani e adulti) e tra ruoli<br />
(studenti e insegnanti, gli uni<br />
e gli altri pronti a mettersi in<br />
gioco e a condividere emozioni,<br />
fragilità, sogni e passioni)<br />
rappresenta la marcia in più<br />
di questo spettacolo fresco e<br />
coinvolgente. Il vivace dialogo<br />
tra i personaggi sulla scena<br />
rivela in filigrana un divertirsi<br />
e crescere insieme che è senza<br />
dubbio tra gli obiettivi più<br />
auspicabili per un Laboratorio<br />
teatrale scolastico».<br />
La premiazione, presentata da<br />
Manola Borgato e intervallata<br />
da spezzoni dello spettacolo Il<br />
peso delle cose proposto dall’Istituto<br />
Tecnico Agrario Statale<br />
4
Conferenza-quadri<br />
di Fita Nazionale<br />
di scena a Vicenza<br />
In città l’incontro della Federazione,<br />
che ha visto la presenza del consiglio<br />
direttivo e di tutti i presidenti regionali<br />
«Alberto Trentin» di Lonigo,<br />
ha visto la partecipazione, per<br />
Fita Veneto, del presidente<br />
regionale Mauro Dalla Villa e<br />
del consigliere Gianfranco Ara,<br />
anche componente della giuria<br />
itinerante che ha selezionato<br />
gli spettacoli in tutta la regione<br />
(commissione completata da<br />
Urbano Bonato, Aurora Zarantonello,<br />
Luisa Vigolo, Isabella<br />
Trevisi, Virgilio Mattiello e da<br />
Liliana Boni, che con Antonio<br />
Baldo è stata fondatrice della<br />
manifestazione). Per la Provincia<br />
di Vicenza ha partecipato<br />
alla cerimonia la vicepresidente<br />
Maria Cristina Franco, che ha<br />
ribadito il ruolo essenziale del<br />
teatro nelle scuole, come fattore<br />
di crescita personale e culturale,<br />
concetto ribadito anche<br />
dal presidente della Regione<br />
del Veneto, Luca Zaia, nel suo<br />
messaggio di congratulazioni a<br />
organizzatori e partecipanti.<br />
La cerimonia è stata seguita<br />
anche dalla folta rappresentanza<br />
di Fita nazionale, presente a<br />
Vicenza per la propria conferenza<br />
quadri: al San Marco<br />
erano presenti tutti i presidenti<br />
regionali Fita d’Italia, oltre<br />
all’intero consiglio direttivo, al<br />
vicepresidente Ado Zordan e al<br />
presidente nazionale Carmelo<br />
Pace.<br />
Nella pagina accanto,<br />
la premiazione<br />
dell’IISS «Einstein».,<br />
Qui sopra, dall’alto, la premiazione dell’IS<br />
«Scarpa» e dell’ITC «Calvi»<br />
In alto, un momento dei lavori della conferenza quadri<br />
In basso, la premiazione di Tiziana Grillo<br />
È stata un’intensa tre-giorni di incontri tra dirigenti e di dialoghi<br />
con rappresentanti delle Istituzioni e del territorio la conferenzaquadri<br />
che Fita nazionale ha tenuto a Vicenza dal 9 all’11 giugno<br />
scorsi. Per la Federazione si è trattato di un’occasione di informazione,<br />
aggiornamento e confronto per comunicare i progetti in<br />
cantiere, ma soprattutto per ascoltare e poter raccogliere suggerimenti<br />
per l’attività, le prospettive e gli sviluppi futuri. Numerosi<br />
gli ospiti e le autorità che hanno voluto portare il proprio saluto<br />
e il proprio contributo di esperienza alla dirigenza Fita, guidata<br />
dal presidente nazionale Carmelo Pace e dal vicepresidente Aldo<br />
Zordan. Tra loro il presidente del Consiglio regionale del Veneto,<br />
Roberto Ciambetti, e la consigliera Manuela Cecchetto.<br />
Tra le riunioni non è mancato, naturalmente, lo spazio da dedicare<br />
al teatro. I partecipanti alla conferenza hanno assistito venerdì<br />
9 giugno, al Teatro San Marco, all’evento di premiazione del 60°<br />
concorso di Fita Veneto “Teatro dalla Scuola”, mentre sabato<br />
hanno potuto applaudire il documentario “Il teatro vive solo se<br />
brucia”, regia di Marco Zuin, dedicato ai Carrara, storica famiglia<br />
del teatro viaggiante. Sempre sabato, consegna a Tiziana Grillo<br />
del Premio nazionale «Paolo Giacomini» per l’impegno in favore<br />
del teatro e della Federazione.<br />
5
FESTIVAL<br />
La 32ª Maschera d’Oro<br />
“Nel nome del padre”<br />
(e del teatro di Luigi Lunari)<br />
La Corte dei Folli di Fossano<br />
(Cuneo) ha vinto l’edizione numero<br />
32 del Festival nazionale<br />
“Maschera d’Oro”, salendo sul<br />
gradino più alto della kermesse<br />
grazie a Nel nome del padre<br />
di Luigi Lunari, per la regia di<br />
Stefano Sandroni. Suo anche il<br />
premio per il gradimento del<br />
pubblico, che sabato 25 marzo,<br />
al Teatro San Marco di Vicenza,<br />
è tornato ad applaudire le sette<br />
finaliste di questa che sarà<br />
ricordata come la più complicata<br />
edizione del concorso, interrotta<br />
per pandemia nel 2020 e<br />
conclusa, dopo quasi tre anni<br />
di attesa, nella primavera <strong>2023</strong>.<br />
«Tutto – recita la motivazione<br />
della giuria, composta<br />
da Carmelo Rigobello, Sofia<br />
Teresa Bisi, Antonio Stefani,<br />
Armando Carrara ed Emma<br />
Gasparato - è all’insegna della<br />
sobrietà: musiche essenziali;<br />
calibrati effetti luminosi;<br />
una scenografia metafisica;<br />
un’intelligente regia, quella<br />
di Stefano Sandroni, fatta di<br />
piccoli ma fondamentali interventi.<br />
Questo allestimento<br />
insegna che, frequentemente,<br />
i migliori spettacoli risultano<br />
ben riusciti allorquando sono<br />
interpretati egregiamente da<br />
attori, come Cristina Viglietta<br />
e Pinuccio Bellone, che sanno<br />
calarsi nei personaggi in modo<br />
così straordinario da rendere<br />
palpabile la loro adesione<br />
umana, e quando sono scritti<br />
da una penna magistrale come<br />
quella del compianto Luigi Lunari.<br />
Che anche in questo testo<br />
si rivela un grande autore».<br />
Ma viva soddisfazione anche<br />
per gli altri due super-finalisti<br />
del Festival, TeatroDrao/TeatroTre<br />
di Ancona e Teatro del<br />
Corvo di Padova, che con La<br />
Corte dei Folli hanno composto<br />
la terna dei candidati<br />
alla “Maschera”. I marchigiani,<br />
6<br />
in gara con Equus di Peter<br />
Shaffer, hanno conquistato<br />
il premio alla migliore regia,<br />
andato a Davide Giovagnetti,<br />
e quello per il migliore attore<br />
giovane, vinto da Alessandro<br />
D’Elia. Doppia affermazione<br />
anche per i veneti, che con<br />
Tre sull’altalena di Luigi Lunari<br />
hanno conquistato i premi<br />
per i migliori attori protagonisti,<br />
andato a Gianfranco Ara,<br />
Federico Barlani e Alessandro<br />
Rossetto, e quello per il migliore<br />
allestimento.<br />
Una scena di Nel nome del padre di Luigi Luunari, spettacolo con cui La Corte dei Folli ha conquistato<br />
la Maschera d’Oro (qui sotto la consegna del trofeo) oltre al premio del pubblico<br />
Tra le attrici si è imposta Tina<br />
Spampanato de Il Dialogo, apprezzata<br />
nel ruolo di Amalia in<br />
Napoli milionaria di Eduardo De<br />
Filippo, mentre tra i caratteristi<br />
doppia vittoria per la Compagnia<br />
dell’Orso di Lonigo, in<br />
provincia di Vicenza, sia tra le<br />
donne, con Linda Balsemin, sia<br />
tra gli uomini, con Paolo Marchetto,<br />
anche autore e regista<br />
dello spettacolo Le Chat Noir. A<br />
Marchetto, inoltre, la giuria del<br />
Festival ha voluto assegnare<br />
una menzione speciale proprio<br />
per il suo testo, «opera prima<br />
di complessa ma ben armonizzata<br />
costruzione narrativa e di<br />
effcace scrittura».<br />
Conclusione anche per il<br />
sempre atteso concorso di<br />
critica riservato agli studenti<br />
“La Scuola e il Teatro”, che ha<br />
visto l’affermazione di Emma<br />
Lanaro dell’Istituto tecnico<br />
«Piovene», seguita da Alois<br />
Gradinaru dell’Istituto di<br />
istruzione superiore «Rosselli-
L’ALBO D’ORO<br />
2020/<strong>2023</strong><br />
La Corte dei Folli, Cuneo<br />
2019<br />
Soggetti Smarriti, Treviso<br />
2018<br />
Compagnia Nuovo Teatro Stabile<br />
Mascalucia, Catania<br />
2017<br />
Accademia Teatrale<br />
Campogalliani, Mantova<br />
2016<br />
La Barcaccia di Verona<br />
2015<br />
Ad Hoc di Roma<br />
2014<br />
Al Castello di Foligno (PG)<br />
2013<br />
Accademia Teatrale<br />
Campogalliani, Mantova<br />
2012<br />
I Cattivi di Cuore, Imperia<br />
2011<br />
L’Arsenale delle Apparizioni, Asti<br />
2010<br />
Il Teatro dei Picari, Macerata<br />
2009<br />
G.A.D. Città di Pistoia<br />
2008<br />
La Barcaccia, Verona<br />
2007<br />
Il Teatro dei Picari, Macerata<br />
2006<br />
Compagnia di Lizzana<br />
Rovereto (TN)<br />
2005<br />
La Barcaccia, Verona<br />
2004<br />
Estravagario Teatro, Verona<br />
2003<br />
Accademia Teatrale<br />
Campogalliani, Mantova<br />
2002<br />
Accademia Teatrale<br />
Campogalliani, Mantova<br />
2001<br />
Piccolo Teatro al Borgo<br />
Cava de’ Tirreni<br />
2000<br />
Piccolo Teatro del Garda, Verona<br />
1999<br />
Compagnia Patavina di Prosa<br />
“Valentino Lago”, Padova<br />
1998<br />
La Trappola, Vicenza<br />
1997<br />
Estravagario Teatro, Verona<br />
1996<br />
La Formica, Verona<br />
1995<br />
La Barcaccia, Verona<br />
1994<br />
G.A.D. Città di Pistoia<br />
1993<br />
Estravagario Teatro, Verona<br />
1992<br />
La Mandragola, Grosseto<br />
1991<br />
Cooperativa del Giullare, Salerno<br />
1990<br />
Gruppo Teatro d’Arte Rinascita,<br />
Treviso<br />
1989<br />
La Barraca, Vicenza<br />
Sartori» di Lonigo e, al terzo<br />
posto, di Beatrice Fantuzzi del<br />
Liceo classico «Pigafetta» di<br />
Vicenza. Quest’anno, per la<br />
prima volta, oltre ai buoni libro<br />
agli studenti premiati è stato<br />
assegnato anche un premio di<br />
500 euro all’istituto del primo<br />
classificato.<br />
IInfine, applausi ed emozioni<br />
per Virgilio Mattiello e Isabella<br />
Trevisi, coppia nella vita e nel<br />
teatro, ai quali è stato assegnato<br />
il Premio Salvato, per<br />
l’impegno nella diffusione<br />
della cultura teatrale, della<br />
Davide Giovagnetti premiato per la regia<br />
Teatro del Corvo premiato per l’allestimento e per gli attori<br />
Tina Spampanato, migliore attrice Caratterista, Linda Balsemin Caratterista, Paolo Marchetto<br />
Menzione speciale della giuria a Paolo Marchetto della Compagnia dell’Orso<br />
(continua alla pagina seguente)<br />
Attore giovane, Alessandro D’Elia<br />
Isabella Trevisi e Virgilio Mattiello: a loro il Premio Salvato<br />
7
FESTIVAL<br />
quale da tempo i due sono testimoni<br />
competenti, generosi e<br />
instancabili.<br />
Condotta con brio e leggerezza<br />
dalla giornalista<br />
Elisa Santucci, affancata dal<br />
presidente del Festival, Aldo<br />
Zordan, anche vicepresidente<br />
nazionale Fita, la serata ha<br />
visto la partecipazione di numerosi<br />
rappresentanti di enti,<br />
istituzioni e partner del Festival,<br />
a cominciare da Regione<br />
del Veneto, Amministrazione<br />
Provinciale di Vicenza, Comune<br />
di Vicenza, Il Giornale di Vicenza<br />
e Confartigianato Imprese<br />
Vicenza. A fare gli onori di casa,<br />
per Fita Veneto, il presidente<br />
regionale Mauro Dalla Villa,<br />
mentre Fita nazionale è stata<br />
rappresentata dal segretario<br />
generale Pasquale Manfredi e<br />
dai consiglieri Giunio Lavizzari<br />
Cuneo e Diego Navone. Tra le<br />
autorità che non hanno voluto<br />
mancare all’appuntamento anche<br />
il presidente del Consiglio<br />
Comunale di Vicenza, Valerio<br />
Sorrentino, la vicepresidente<br />
della Provincia, Maria Cristina<br />
Franco, e il presidente di<br />
Co.F.As Trentino, Gino Tarter.<br />
Per Confartigianato Imprese<br />
Vicenza ha assistito alla serata<br />
il presidente Gianluca Cavion:<br />
grazie al Premio “Faber”,<br />
istituito dell’organizzazione<br />
imprenditoriale, lo spettacolo<br />
vincitore della “Maschera”<br />
è andato in scena sabato 27<br />
maggio sul palcoscenico del<br />
Teatro Olimpico di Vicenza,<br />
gioiello di Andrea Palladio e<br />
teatro coperto più antico del<br />
mondo.<br />
La serata delle premiazioni,<br />
vivace e divertente come<br />
sempre, è stata conclusa dalla<br />
rappresentazione fuori concorso<br />
de A Republica dei mati,<br />
pluripremiato allestimento<br />
scritto e diretto da Roberto<br />
Cuppone e interpretato da<br />
Gigi Mardegan de Il Satiro di<br />
Treviso. Intensa e vibrante<br />
l’interpretazione dell’attore<br />
della Marca, al quale il pubblico<br />
del San Marco ha tributato un<br />
lungo applauso.<br />
I FINALISTI<br />
Lo Scrigno (Vicenza)<br />
“7 minuti” di Stefano Massini<br />
Regia di Amer Sinno<br />
Filodrammatica di Laives (Laives - Bolzano)<br />
“Il marito di mio figlio” di Daniele Falleri<br />
Regia di Roby De Tomas<br />
Teatrodrao e Teatrotre (Ancona)<br />
“Equus” di Peter Shaffer<br />
Regia Davide Giovagnetti<br />
Il Dialogo (Cimitile - Napoli)<br />
Napoli Milionaria di Eduardo De Filippo<br />
regia di Ciro Ruoppo<br />
Teatro del Corvo (Padova)<br />
Tre sull’altalena di Luigi Lunari<br />
Regia della compagnia<br />
Compagnia dell’Orso (Lonigo - Vicenza)<br />
Le Chat Noir di Paolo Marchetto<br />
Regia di Paolo Marchetto<br />
La Corte dei folli (Fossano - Cuneo)<br />
Nel nome del padre di Luigi Lunari<br />
Regia Stefano Sandroni<br />
Serata di gala e premiazioni<br />
FUORI CONCORSO<br />
Il Satiro (Paese - Treviso)<br />
A Republica dei mati di Roberto Cuppone<br />
regia di Roberto Cuppone<br />
spettacolo<br />
Il primo premio è andato a Emma Lanaro<br />
Alois Gradinaru, secondo classificato<br />
Beatrice Fantuzzi, al terzo posto<br />
MASCHERA D’ORO<br />
33ª EDIZIONE<br />
Iscrizioni entro<br />
il 3 settembre <strong>2023</strong><br />
Bando pubblicato nel sito<br />
www.fitaveneto.org<br />
8
FESTIVAL REGIONALE<br />
In palio la finale dell’omologo concorso nazionale<br />
Saranno le compagnie La<br />
Zonta di Thiene (Vicenza)<br />
con Medusa di Giampiero<br />
Pozza, La Calandra di Dueville<br />
(Vicenza) con L’altro lato del<br />
letto di Giovanni L. Badellino,<br />
El Gavetin di Negrar (Verona)<br />
con El cavalier de la trista<br />
figura di Franco Antolini, La<br />
Moscheta di Colognola ai Colli<br />
(Verona) con Ladro di razza di<br />
Gianni Clementi, Arte Povera di<br />
Mogliano Veneto (Treviso) con<br />
Riccardo III di Matteo Tarasco<br />
e la Compagnia dell’Orso di<br />
Lonigo (Vicenza) con Trappola<br />
per un uomo solo di Robert<br />
Thomas a contendersi la sesta<br />
edizione del Gran Premio<br />
Regionale Veneto organizzato<br />
da Fita regionale: concorso<br />
che al gruppo vincitore aprirà<br />
anche le porte della finalissima<br />
nazionale del Gran Premio del<br />
Teatro Amatoriale, rassegnaconcorso<br />
promossa da Fita<br />
nazionale e ospitato in diverse<br />
regioni italiane (i vincitori di<br />
quest’anno vi parteciperanno<br />
nel 2024).<br />
Giuria al lavoro, dunque, nel<br />
corso di questa <strong>estate</strong> e fino<br />
alla fine di settembre, per visionare<br />
i sei lavori scelti da una<br />
giuria tecnica.<br />
Variegata, come sempre,<br />
la rosa delle proposte, che<br />
spazia dal teatro brillante alla<br />
rilettura di grandi classici, da<br />
drammaturgie originali alla<br />
commedia d’autore del Novecento<br />
e contemporanea.<br />
Dal 2019 - anno in cui il concorso<br />
nazionale è divenuto un<br />
vero e proprio festival live - il<br />
Gran Premio ha visto brillare il<br />
teatro Fita del Veneto a livello<br />
nazionale: nel 2021 vittoria<br />
assoluta di Teatroimmagine di<br />
Salzano (Venezia) con La strana<br />
storia del Dottor Jekyll e Mister<br />
Hide, da Robert Louis Stevenson,<br />
scritto e diretto da Benoit<br />
Roland e Roberto Zamengo;<br />
nel 2022 premio per il migliore<br />
allestimento a Teatro Insieme<br />
di Sarzano (Rovigo) per Le done<br />
de casa soa di Carlo Goldoni, regia<br />
di Marna Poletto e Roberto<br />
Pinato; quest’anno, infine, si<br />
attende l’esito dell’edizione<br />
attualmente in corso a Forlì,<br />
dove a giugno la compagnia<br />
Einaudi-Galilei di Verona ha<br />
proposto Rumori fuori scena di<br />
Michael Frayn, per la regia di<br />
Renato Baldi e Marco Frassani.<br />
«Questo concorso è ormai<br />
entrato nel cuore delle nostre<br />
Una sfida a sei<br />
per il Gran Premio<br />
Regionale Veneto<br />
compagnie – commenta<br />
il presidente Fita Veneto,<br />
Mauro Dalla Villa – che hanno<br />
l’occasione di mettersi alla<br />
prova sia a livello regionale sia,<br />
attraverso l’abbinato premio<br />
La Zonta in Medusa<br />
El Gavetin in El cavalier de la trista figura<br />
Arte Povera in Riccardo III<br />
nazionale, in un’ottica ancora<br />
più ampia. Al di là della soddisfazione<br />
di una compagnia o di<br />
un interprete nel conquistare<br />
un riconoscimento, credo che<br />
proprio questo debba essere<br />
La Calandra in L’altro lato del letto<br />
La Moscheta in Ladro di razza<br />
Compagnia dell’Orso in Trappola per un uomo solo<br />
l’elemento più significativo di<br />
festival e concorsi: offrire ai<br />
gruppi e ai singoli la possibilità<br />
di vedere “il teatro degli altri”,<br />
traendone spunti di riflessione<br />
e di stimoli per il proprio».<br />
9
ARGOMENTI<br />
Da una considerazione di Mel Brooks, lo spunto<br />
per una riflessione con l’attrice e autrice Giuliana Musso<br />
di Filippo Bordignon<br />
La questione del politically<br />
correct si sta allargando a macchia<br />
d’olio a livello mondiale:<br />
un numero crescente di artisti<br />
di prima grandezza denuncia<br />
pubblicamente l’insofferenza<br />
nel doversi attenere, rispetto<br />
alle proprie scelte creative, a<br />
tutti i paletti imposti da una<br />
società globalizzata che, per<br />
il proprio benessere, cavalca<br />
il baluardo dell’inclusività a<br />
tutto tondo, anche a costo di<br />
escludere chi non è disposto<br />
ad adeguarsi a questo nuovo<br />
corso.<br />
Perché il rischio è duplice:<br />
trascurando di rispettare i<br />
valori di un qualche gruppo<br />
minoritario, ci si preclude di<br />
rimando una papapile fetta di<br />
pubblico pagante e, oltre a ciò,<br />
si rischia, nei casi peggiori, una<br />
denuncia per aver leso, anche<br />
indirettamente, dignità o<br />
sensibilità di un dato soggetto.<br />
È un rischio sempre più concreto,<br />
soprattutto nell’attuale<br />
periodo storico, in cui l’opinione<br />
pubblica si plasma a partire<br />
da social network in cui conta<br />
chi ragiona con la pancia, per<br />
mantenere visibile il miraggio<br />
di uno scandalo costante.<br />
Fa riflettere, perciò, il grido<br />
d’allarme lanciato da un colosso<br />
della comicità Made in Usa,<br />
il regista e attore Mel Brooks,<br />
il quale ha evidenziato come<br />
oggi sarebbe impossibile girare<br />
Ma il teatro può essere<br />
politicamente<br />
corretto?<br />
una commedia al vetriolo quale il<br />
suo Mezzogiorno e mezzo di fuoco<br />
e aggiunge: «La commedia deve<br />
destreggiarsi sul filo del rasoio,<br />
deve correre rischi. La commedia<br />
è il piccolo elfo lascivo che sussurra<br />
nell’orecchio del re, dicendo<br />
sempre la verità sul comportamento<br />
umano».<br />
In occasione della trasposizione<br />
teatrale prevista per il 2024 del<br />
capolavoro dei Monty Python<br />
Brian di Nazareth, è stato invece<br />
chiesto all’attore John Cleese, cofondatore<br />
del leggendario gruppo<br />
comico britannico, di rimuovere lo<br />
sketch dove uno dei protagonisti<br />
maschili dichiara l’intenzione di<br />
essere considerato una donna e<br />
di generare un figlio; a offendere<br />
la comunità lgbt, la battuta che<br />
definisce queste intenzioni una<br />
Giuliana Musso<br />
in una foto Matteo Lavazza<br />
10<br />
11
«lotta contro la realtà». Cleese<br />
si è limitato a ribattere che,<br />
nonostante la sensibilità<br />
moderna, lo sketch non verrà<br />
rimosso.<br />
Contro Cleese, Brooks e tanti<br />
altri artisti maiuscoli, si ergono<br />
i paladini del wokeism, una<br />
giovane generazione di persone<br />
che si è scoperta capace<br />
di raddrizzare ogni stortura,<br />
denunciando a pieni polmoni<br />
ogni battuta, sketch o opera<br />
artistica che si permetta di<br />
ironizzare o fare satira su una<br />
qualche minoranza etnica o di<br />
altro genere.<br />
Una prima perplessità rispetto<br />
ai “ragazzi woke” è questa:<br />
la cosiddetta generazione Z<br />
vanta oggettività e capacità di<br />
analisi tali da permetterle di<br />
separare la fuffa dalla sostanza?<br />
In breve, è sveglia abbastanza<br />
per arrogarsi un tale<br />
fardello ma, soprattutto, lo è<br />
nei fatti imprescindibili e non<br />
di superficie?<br />
La questione è complessa e<br />
delicata sicché, per meglio<br />
eviscerarne i punti salienti,<br />
abbiamo chiesto alla regista<br />
e attrice di origini vicentine<br />
Giuliana Musso, autrice di un<br />
teatro della compassione che<br />
scandaglia fatti della contemporaneità<br />
con originalità e<br />
pluripremiato talento, di darci<br />
il suo punto di vista.<br />
L’opinione di Giuliana Musso<br />
«I linguaggi della comicità<br />
e della satira vanno difesi,<br />
questo è certo. Ma va fatta una<br />
considerazione: chi ride dei<br />
deboli, delle vittime, sta prendendo<br />
una posizione precisa a<br />
fianco ai loro carnefici» attacca<br />
lapidaria.<br />
La “cancel culture” imperante,<br />
però, non si limita a rimuovere<br />
le statue e i simboli del male<br />
conclamato (pensiamo alle<br />
statue di sanguinari dittatori<br />
abbattute alla caduta dei loro<br />
regimi); sta prendendo piede<br />
infatti l’intenzione di censurare<br />
quelle opere artistiche del<br />
passato che non rispettano la<br />
già citata sensibilità moderna.<br />
L’iterazione della parola<br />
“negro”, ad esempio, fa sì che<br />
gli studenti afroamericani negli<br />
States condannino il capolavoro<br />
della lettura picaresca<br />
di Mark Twain Le avventure di<br />
Huckleberry Finn, così come<br />
alcuni storici cartoni animati di<br />
Walt Disney. Per Disney si parla<br />
addirittura di rimuovere le scene<br />
incriminate dalle prossime<br />
edizioni in dvd, modificando<br />
così un’opera senza il volere<br />
del suo creatore, avvalendosi<br />
al massimo dell’autorizzazione<br />
di quelle società che ne detengono<br />
i diritti e non vogliono rischiare<br />
un calo di gradimento.<br />
«Certo, possiamo rimuovere la<br />
statua di un dittatore, poiché<br />
si tratta di un simbolo negativo<br />
ben preciso - prosegue la<br />
Musso - Se lei vedesse in una<br />
piazza una statua di Hitler,<br />
cosa penserebbe? Rimuoviamo<br />
uno di quei simboli perché è<br />
chiaro che ci ricorda l’omaggio<br />
a qualcosa che non vogliamo<br />
omaggiare. Credo si possa<br />
modificare l’iconografia, a<br />
patto che la ragione per cui<br />
si fa sia una ragione compresa<br />
e condivisa, motivata e<br />
rispettosa. Però mi chiedo:<br />
è più importante rimuovere<br />
una statua o osservarla con lo<br />
sguardo giusto? Il problema va<br />
spostato sulla consapevolezza,<br />
sul rispetto delle vittime della<br />
Storia. È questo che deve essere<br />
assurto come punto zero».<br />
E anche sulla questione della<br />
censura a opere d’arte del passato,<br />
l’attrice espone una posizione<br />
non scontata: «Si tratta<br />
di un falso problema. L’unica<br />
forma di censura che dobbiamo<br />
temere è quella che viene<br />
imposta da chi ha il potere. Il<br />
resto possono essere discorsi<br />
aperti, il vero problema non<br />
sta lì. Pensiamo all’Huckleberry<br />
Finn: è più importante bandire<br />
un testo dove compare iterata<br />
la parola ‘negro’ o passare il<br />
messaggio di cosa sia significata<br />
questa parola in un epoca<br />
di terribili violenze, mancanza<br />
di diritti e sfruttamento della<br />
popolazione di colore?».<br />
E l’artista? Come si dovrebbe<br />
muovere un artista, sospeso<br />
sulla tela di ragno della sensibilità<br />
moderna? E se la censura<br />
del potere avesse educato le<br />
nuove generazioni a una prudente<br />
autocensura, per scansare<br />
seccature e rischi più grandi?<br />
«Nell’arte, l’autenticità di un<br />
artista non è un lusso - replica<br />
netta la Musso - è un fattore<br />
organico e indispensabile. Il<br />
problema non è dell’arte ma<br />
della società, che può consentire<br />
o non consentire l’espressione<br />
artistica per ciò che è.<br />
Ciò che stiamo perdendo, a<br />
ben guardare, è la capacità di<br />
tenere insieme nella società le<br />
posizioni diverse. Questo è un<br />
momento drammatico. In una<br />
società veramente democratica,<br />
non ci dovrebbe preoccupare<br />
così tanto se viene espresso<br />
qualcosa che non ci trova<br />
d’accordo: anzi, ci dovrebbe<br />
preoccupare l’opposto, e cioè<br />
che quel qualcosa in cui non<br />
siamo d’accordo non possa essere<br />
esposto. E invece stiamo<br />
solo stringendo le maglie».<br />
Mel Brooks in una foto di Angela George, CC BY-SA 3.0<br />
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10257010<br />
Una celebre massima, erroneamente<br />
attribuita a Voltaire,<br />
recita: «Non la penso come<br />
te ma darei la vita per farti<br />
dire quello che pensi». È quel<br />
che accade nell’Italia multiculturale<br />
del <strong>2023</strong>? «È esattamente<br />
l’opposto - conclude<br />
l’attrice -. Oggi a teatro ciò<br />
che è lievemente disturbante<br />
o perturbante fa fatica a<br />
trovare spazio. Sono decenni<br />
che la cosa va avanti e adesso<br />
noi artisti la sentiamo più che<br />
mai e riguarda ogni settore,<br />
dalla prosa alla satira e fino alla<br />
scrittura per la televisione. È<br />
questo che ci deve preoccupare.<br />
Filosoficamente parlando,<br />
il punto è che troviamo molto<br />
conforto nell’adattamento e<br />
nell’adeguamento alla struttura<br />
gerarchica della società:<br />
per fare contenti i capi, siamo<br />
disposti a tutto. E, di conseguenza,<br />
pretendiamo la stessa<br />
cosa da chi ci sta sotto. Il diritto<br />
alla Parola, dunque al Pensiero,<br />
non è più un diritto naturale<br />
ma acquisito, a seconda della<br />
nostra posizione gerarchica.<br />
In una situazione del genere<br />
l’unico antidoto, a mio avviso,<br />
è tenersi saldi al nostro cuore.<br />
Sembra una risposta assurda,<br />
ma in realtà ho molta fiducia<br />
nel sentimento, quel sentimento<br />
che è legato alla verità<br />
dei corpi e che è più forte del<br />
pensiero».<br />
Per chiudere il cerchio su una<br />
situazione a oggi irrisolta,<br />
torniamo alle dichiarazioni di<br />
Brooks. Il regista, denunciata<br />
«la società del politically<br />
correct che sarà la morte<br />
della commedia», aggiunge<br />
nella già citata intervista una<br />
postilla che ribalta la situazione.<br />
Quando il giornalista gli<br />
chiede se esiste un soggetto<br />
che non impiegherebbe per<br />
scopi comici egli evidenzia<br />
che, sì, temi come le camere<br />
a gas e la tragedia degli ebrei<br />
per mano dei nazisti dovrebbero<br />
essere intoccabili. E qui,<br />
crolla l’effcacia della denuncia<br />
brooksiana: perché se ogni<br />
artista rivendicasse paletti etici<br />
e morali in base alla propria<br />
appartenenza a una qualche<br />
etnia o gruppo specifico (nel<br />
caso di Brooks, le origini ebraiche),<br />
ci ritroveremmo al punto<br />
di partenza, nell’immobilismo<br />
di una società globalizzata in<br />
cui ogni passo solleva il polverone<br />
di un’indignazione vicina<br />
o lontana, gettando l’artista<br />
nell’incapacità di raccontare<br />
la propria storia senza una<br />
mordacchia che, giorno dopo<br />
giorno, lo ridurrà incapace di<br />
pensare liberamente.<br />
11
PROGETTI<br />
Nel 2024 saranno trascorsi cento anni dalla sua morte<br />
di Alessandra Agosti<br />
Non dovrebbe servire un<br />
anniversario per ricordare la<br />
straordinaria figura di Eleonora<br />
Duse, un’attrice che come<br />
poche altre ha contribuito a<br />
cambiare il teatro italiano e<br />
non solo, portando sulle scene<br />
un nuovo modo di recitare<br />
e aprendo il palcoscenico ad<br />
autori innovativi e sperimentali<br />
per la sua epoca, a cavalllo tra<br />
la fine dell’Ottocento e i primi<br />
decenni del Novecento.<br />
Non dovrebbe servire, ma<br />
segnaliamo comunque che nel<br />
2024 saranno trascorsi cento<br />
anni dalla morte di questa<br />
icona dell’arte che si fonde con<br />
la vita, vinta dalla polmonite<br />
in una camera d’albergo a<br />
Pittsburgh, il 21 aprile 1924.<br />
Un’occasione speciale per<br />
ripercorrerne l’eredità artistica<br />
e la vita travagliata, ma anche<br />
per allargare lo sguardo sul<br />
ruolo della donna nel teatro e<br />
nell’arte in generale, nelle sue<br />
molteplici connotazioni - per<br />
riprendere in qualche modo il<br />
concetto espresso da Virginia<br />
Woolf in Una stanza tutta per sé<br />
- di personaggio, musa, autrice,<br />
interprete e spettatrice.<br />
Eleonora Duse<br />
la donna, l’attrice<br />
Eleonora Duse nacque a<br />
Vigevano, in provincia di Pavia,<br />
il 3 ottobre 1858 da Vincenzo<br />
“Alessandro” Duse (1820-<br />
1892) e Angelica Cappelletto<br />
(1833-1906), artisti viaggianti<br />
di scarsa fortuna. I suoi primi<br />
anni furono diffcili, segnati<br />
dai continui spostamenti e da<br />
un’educazione frammentaria.<br />
Aveva appena quattro anni<br />
quando salì sul palcoscenico<br />
per la prima volta, nel ruolo<br />
di Cosetta ne I Miserabili di<br />
Victor Hugo, come si legge in<br />
un manifesto del marzo 1863.<br />
Dieci anni più tardi fu Giulietta<br />
all’Arena di Verona, parte<br />
nella quale iniziò a mostrare<br />
il suo talento e il suo sguardo<br />
destinato ad andare oltre il<br />
teatro impostato e rigido di<br />
quell’epoca.<br />
Iniziò a lavorare con diverse<br />
compagnie, sia insieme al padre<br />
che da sola. Tra gli incontri<br />
più rilevanti di quel periodo vi<br />
fu quello con Giacinta Pezzana<br />
(1848-1919), attrice fuori dagli<br />
schemi, innovativa nello studio<br />
dei personaggi e coraggiosa<br />
nelle scelte, che certamente<br />
ebbe una notevole influenza<br />
su di lei e sulla sua visione del<br />
teatro e che la spinse a dedi-<br />
carsi al genere drammatico.<br />
Iniziarono i primi successi, che<br />
la portarono sotto i riflettori<br />
ma che la spinsero anche nel<br />
vortice di una vita pubblica<br />
e privata ricca tanto di luci<br />
quanto di ombre: alcune particolarmente<br />
profonde, come<br />
la relazione con il direttore del<br />
Corriere del mattino (che diventerà<br />
Il Mattino), il napoletano<br />
Martino Cafiero (1848-1884),<br />
che la abbandonò quando<br />
Eleonora rimase incinta di un<br />
figlio, morto poche settimane<br />
dopo il parto. Conobbe però,<br />
in quegli stessi anni, Matilde<br />
Serao (1856-1927), giornalista<br />
e scrittrice che le sarà sempre<br />
amica e che per lei, alla sua<br />
morte, scriverà una celebre<br />
lettera aperta agli italiani:<br />
una denuncia della scarsa<br />
considerazione che il Paese<br />
aveva riservato all’artista, non<br />
avendone compreso appieno<br />
la straordinaria altezza.<br />
Nel febbraio del 1882, a<br />
Torino, la Duse aveva 24 anni<br />
quando vide per la prima volta<br />
sul palcoscenico Sarah Bernhardt,<br />
allora trentaseienne, ne<br />
La dama dalle camelie, rimanendone<br />
profondamente colpita.<br />
Si faceva largo in lei, intanto, la<br />
volontà di dare una scossa a un<br />
teatro che non sentiva vicino<br />
alla realtà e alla sua sensibilità,<br />
sia nella recitazione (era ancora<br />
in voga la classica impostazione<br />
del “grande attore”) sia<br />
nella drammaturgia.<br />
12
Iniziò a guardare ai nuovi autori<br />
francesi, come Dumas figlio,<br />
Henri Meilhac, Ludovic Halévy<br />
e Victorien Sardou. Ma fu,<br />
soprattutto, tra le prime interpreti<br />
in Italia di Henrik Ibsen<br />
(1828-1906), proponendo tra<br />
l’altro Casa di bambola e ancora<br />
- dopo il periodo dannunziano<br />
- Hedda Gabler, La donna del<br />
mare ,Spettri e Rosmersholm,<br />
molto discusso dalla critica. E<br />
fu proprio di Ibsen, nel 1909, il<br />
testo che la Duse scelse per il<br />
suo addio (che sarebbe durato<br />
fino al 1920): La donna del<br />
mare.<br />
Sul fronte della drammaturgia<br />
italiana, la Duse affrontò diversi<br />
autori: Boito e D’Annunzio,<br />
naturalmente, con i quali visse<br />
anche intense storie d’amore,<br />
ma anche Carlo Goldoni, Giovanni<br />
Verga, Giuseppe Giacosa,<br />
Marco Praga e i meno noti<br />
Achille Torelli, Felice Cavallotti<br />
e Paolo Ferrari.<br />
Erano anni di grande fervore,<br />
per la scena, soprattutto per<br />
i venti di rinnovamento che<br />
spiravano dalla Russia, dove<br />
Konstantin Stanislavskij creava<br />
i presupposti per un nuovo<br />
modo di intendere il teatro, la<br />
recitazione e la regia. Ma erano<br />
anche gli anni di scenografi<br />
aperti alla sperimentazione<br />
come Gordon Craig (che<br />
con la Duse ebbe una fertile<br />
relazione professionale, poi<br />
bruscamente interrotta) e<br />
Adolphe Appia, di teorici come<br />
Vsevolod Emil’evic Mejerchol’d<br />
e Jacques Copeau, di artisti<br />
visionari come Isadora Duncan<br />
o Vaclav Fomič Nižinskij.<br />
In questo panorama così vivo<br />
e innovativo, la Duse proponeva<br />
una recitazione diversa da<br />
quella sovraccarica dell’epoca:<br />
il suo recitare smussava la<br />
drammaticità con una rarefatta<br />
moderazione che d’improvviso,<br />
però, era spezzata da momenti<br />
di forte intensità, di nevrosi e<br />
sofferenza, aprendo la strada<br />
a una crescente naturalezza,<br />
Eleonora Duse e Febo Mari sul set di Cenere<br />
che si rifletteva anche negli<br />
allestimenti, meno sovrabbondanti,<br />
più contenuti e sobri.<br />
Alleggerì fino addirittura ad<br />
abolire il trucco, lasciando che<br />
il viso rivelasse le sue emozioni<br />
più profonde.<br />
Con lei, dunque, l’attore fece<br />
un passo indietro, lasciando<br />
afforare appieno il personaggio,<br />
mettendosi al suo servizio,<br />
facendosi testimone dei suoi<br />
sentimenti e delle sue emozioni.<br />
Da capocomica, va detto,<br />
puntò a fare dei personaggi<br />
da lei interpretati il fulcro di<br />
ogni allestimento, e non si fece<br />
scrupoli a intervenire sui testi,<br />
mantenendo per sé un ferreo<br />
controllo sullo spettacolo:<br />
fattore, questo, che le rese<br />
indigesta la collaborazione<br />
con colleghi che iniziavano a<br />
proporre quella che, all’epoca<br />
nascente, oggi intendiamo per<br />
“regia”.<br />
Sul fronte sentimentale, come<br />
noto, Eleonora Duse visse relazioni<br />
di grande passione e, in<br />
alcuni casi, di grande dolore.<br />
Il 7 settembre 1881, mentre<br />
lavorava per la compagnia di<br />
Cesare Rossi, già incinta sposò<br />
Tebaldo Checchi, al secolo Teobaldo<br />
Marchetti (1844-1918),<br />
attore della stessa compagnia<br />
Rossi di quattordici anni più<br />
anziano di lei. Da quell’«errore<br />
giovanile» (come lo definì<br />
la Serao) il 7 gennaio 1882<br />
nacque l’amata figlia Enrichetta.<br />
Il matrimonio, comunque,<br />
durò poco. Nel 1885, durante<br />
una tournée in Sudamerica,<br />
Checchi decise di rimanere<br />
là, abbandonando il teatro e<br />
dedicandosi alla diplomazia. La<br />
Duse tornò in Italia con la bimba,<br />
che crebbe un po’ in Italia e<br />
un po’ all’estero.<br />
Dal 1887 al 1998 l’attrice visse<br />
una relazione - sempre mantenuta<br />
segreta - con Arrigo Boito<br />
(1842-1918), di sedici anni più<br />
vecchio di lei. Con lui la Duse<br />
avrebbe voluto creare una vera<br />
famiglia, ma ciò non avvenne.<br />
Sul fronte artistico, invece,<br />
la loro fu un’intesa molto<br />
positiva: Boito firmò per lei la<br />
riduzione di alcuni drammi shakespeariani<br />
e la fece crescere<br />
culturalmente.<br />
Tanto appassionato quanto<br />
dammatico fu l’amore per Gabriele<br />
D’Annunzio (1863-1938).<br />
Il loro primo incontro avvenne<br />
a Roma nel 1882, quando<br />
l’attrice aveva 24 anni e il<br />
futuro vate appena 19. Lui era<br />
sfrontato, affascinante per la<br />
sua spavalderia. «Già famoso e<br />
molto attraente, con i capelli<br />
biondi e qualcosa di ardente<br />
nella sua persona», scrisse la<br />
Duse in una memoria. Trascorsero<br />
sei anni prima che le loro<br />
strade si incrociassero di nuovo,<br />
nel 1988, al Teatro Valle<br />
di Roma, dopo una replica de<br />
La signora delle camelie; e altri<br />
quattro ancora per un altro<br />
fugace incontro, nel 1892. ma<br />
fu solo nel 1895, a Venezia, che<br />
tra loro iniziò quella relazione<br />
che tanto sarebbe costata alla<br />
Duse: D’Annunzio aveva 31<br />
anni, lei 36 ed era nel pieno<br />
splendore della sua carriera artistica.<br />
Prese a portare in scena<br />
i suoi lavori (come Il sogno di<br />
un mattino di primavera, La Gioconda,<br />
Francesca da Rimini, La<br />
città morta, La gloria, nessuno<br />
dei quali coronato da un pieno<br />
successo), spesso indebitandosi<br />
pur di farli arrivare al palcoscenico<br />
e mettendo in gioco la<br />
propria reputazione affnché il<br />
pubblico e la critica prestassero<br />
loro attenzione. Volubile e<br />
traditore come amante, però,<br />
D’Annunzio lo fu anche come<br />
drammaturgo, tanto da preferire<br />
Sarah Bernhardt alla Duse<br />
quando si trattò di portare a<br />
Parigi La città morta, nel 1896.<br />
Nel 1904, poi, tolse alla Duse<br />
la parte principale ne La figlia<br />
di Iorio, pure scritta per lei. Fu<br />
la goccia che fece traboccare<br />
il vaso di una relazione durata<br />
un decina d’anni. Tanti, per la<br />
Duse, i dolori inferti dal Vate:<br />
tra questi, terribile, la pubblicazione<br />
nel 1900 del romanzo Il<br />
fuoco, per il quale D’Annunzio<br />
si era chiaramente ispirato<br />
alla sua relazione con l’attrice<br />
(chiamandola Foscarina, Perdita,<br />
Ghisola bella), rivelandone i<br />
recessi più intimi.<br />
Un legame rimase, comunque.<br />
Nel 1923, D’Annunzio scrisse<br />
alla Duse «Io ti amo meglio di<br />
prima» e «Ti bacio le mani tanto<br />
che te le consumo». Quando<br />
poi l’attrice morì a Pittsburgh<br />
nel 1924, D’Annunzio si rivolse<br />
direttamente a Mussolini<br />
perché facesse subito rientrare<br />
in Italia quella che chiamò «la<br />
salma adorabile». Dal canto<br />
suo, sul finire della vita ancora<br />
la Duse diceva di D’Annunzio:<br />
«Gli perdono di avermi<br />
sfruttata, rovinata, umiliata.<br />
Gli perdono tutto, perché ho<br />
amato». Quel D’Annunzio che<br />
ebbe a scrivere: «Nessuno più<br />
mi ha amato come Ghisola mi<br />
amava. E di questo ho sofferto<br />
e soffro sempre».<br />
Abbiamo accennato al fatto<br />
che tra il 1909 e il 1920 la Duse<br />
si tenne lontana dalle scene.<br />
In quel periodo si dedicò a vecchie<br />
e nuove amicizie, da Boito<br />
a Isadora Duncan, da Grazia<br />
Deledda ad Ada Negri, da Giovanni<br />
Papini a Matilde Serao,<br />
che la introdusse anche nel<br />
nascente movimento femminista.<br />
Si rinsaldò ulteriormente<br />
anche il rapporto con la figlia<br />
Enrichetta, che proprio nel<br />
1909 si sposò con il docente<br />
universitario Edward Bullough<br />
e andò a vivere a Cambridge,<br />
divenendo fervente cattolica e<br />
terziaria francescana (tra l’altro<br />
i suoi due figli, Harry Edward<br />
ed Eleonora Ilaria, presero i<br />
voti nell’ordine domenicano).<br />
Sempre in quegli anni, nel<br />
1914 fondò a Roma la Libreria<br />
delle attrici, con l’intento di<br />
incentivare la crescita culturale<br />
delle colleghe, soprattutto di<br />
quelle più giovani: l’iniziativa<br />
naufragò però un anno dopo,<br />
nel febbraio del 1915, travolta<br />
dal drammatico clima della<br />
prima guerra mondiale.<br />
Nel 1916, girò anche il suo unico<br />
film, il muto Cenere, diretto<br />
da Febo Mari, dall’omonimo<br />
romanzo del 1904 di Grazia<br />
Deledda.<br />
Per il suo rientro, fra le tante<br />
proposte la Duse scelse quella<br />
della compagnia del vecchio<br />
amico Ermete Zacconi, formazione<br />
solida e pronta ad accettare<br />
le sue scelte drammaturgiche.<br />
Lo spettacolo del ritorno<br />
si tenne il 5 maggio 1921 a<br />
Torino: fu significativamente,<br />
ancora una volta, La donna del<br />
mare di Ibsen.<br />
L’anno successivo la Duse<br />
formò una sua compagnia e<br />
riprese a girare per l’Italia e<br />
l’Europa. Nel 1923 partì per gli<br />
Stati Uniti, dove ottenne un<br />
successo trionfale. Ma proprio<br />
lì, a Pittsburgh, morì di polmonite.<br />
Aveva recitato per l’ultima<br />
volta il 5 aprile, ne La porta<br />
chiusa di Praga.<br />
La sua salma fu riportata in<br />
Italia ed ebbe funerali di Stato<br />
a Roma. Da allora riposa nel<br />
cimitero di Asolo, centro del<br />
Trevigiano nel quale l’attrice<br />
aveva preso in afftto una casa<br />
(poi acquistata dalla figlia),<br />
nella quale intendeva ritirarsi.<br />
13
ANNIVERSARI<br />
Alberto Sordi,vent’anni dopo<br />
ci racconta ancora chi siamo<br />
di Filippo Bordignon<br />
Tutto, in Sordi, lo conferma<br />
come un mistero irrisolto a<br />
cui il Bel Paese è, ancor oggi,<br />
legatissimo.<br />
A partire dal suo volto, quell’indescrivibile<br />
combinazione di<br />
lineamenti morbidi ma non<br />
rassicuranti, gli occhi piccoli<br />
eppure pronti a travolgere<br />
l’osservatore con uno sguardo<br />
raggelante; le labbra sottili<br />
che, al primo sorriso, tradiscono<br />
una smorfia di biasimo,<br />
forse uno sfottò di presunta<br />
arroganza.<br />
E poi la sua esistenza: il riserbo<br />
assoluto sulla vita sentimentale,<br />
il disinteresse nel costituire<br />
una famiglia, nel darsi una<br />
discendenza, un “no grazie”<br />
che restituì l’attore romano in<br />
un nido a lui ben noto, servito<br />
e riverito fino ai limiti della<br />
senilità dalle adorate sorelle<br />
Savina e Aurelia.<br />
Perfino le voci sulla sua presunta<br />
avarizia vengono puntualmente<br />
smentite da colleghi di<br />
lunga data, i quali assicurano<br />
che egli devolvesse in anonimato<br />
importanti somme a enti<br />
di beneficenza.<br />
Non ultima la rilevanza storica<br />
nel panorama attoriale<br />
italiano, dal suo esordio come<br />
doppiatore nel 1937 e fino<br />
all’ultima pellicola del 1998,<br />
con una schiera non indifferente<br />
di detrattori facente<br />
parte della critica specializzata,<br />
che lo accusavano di saper<br />
interpretare soltanto se stesso.<br />
Sordi: imprendibile, inclassificabile<br />
per uno snobismo da piani<br />
bassi, l’atteggiamento di colui<br />
che non aspira al podio ma<br />
14
solo per la seccatura di dovervi<br />
poi discendere.<br />
Che si può dire di certo, di<br />
questo irripetibile personaggio<br />
della commedia italiana, a 20<br />
anni dalla morte avvenuta il 23<br />
febbraio 2003? Molto poco,<br />
fortunatamente, poiché, come<br />
per ogni grande Artista, a parlare<br />
è il proprio lascito artistico.<br />
L’eredità della sua arte<br />
E il lascito artistico, si sa, passa<br />
attraverso le trasformazioni<br />
della società e della cultura,<br />
sicché di decade in decade si<br />
assiste a fenomeni di celebrazione<br />
e ridimensionamento,<br />
rivalutazione e svalutazione.<br />
Qualcuno ricorderà, ad esempio,<br />
la lapidaria dichiarazione<br />
del protagonista del film Ecce<br />
bombo di Nanni Moretti, che in<br />
una delle scene più note esclamò,<br />
con toni evidentemente<br />
dispregiativi: «Rossi e neri sono<br />
tutti uguali? Ma che, siamo in<br />
un film di Alberto Sordi!?».<br />
Era il 1978, il decennio delle<br />
contestazioni a tutto tondo,<br />
sicché, per edificare un nuovo<br />
cinema d’autore, si avvertiva<br />
la necessità di andare oltre i<br />
maestri del passato per creare<br />
quelli di un presente travagliato<br />
e contraddittorio.<br />
Proprio su quella contestazione<br />
morettiana, interrogai<br />
un giorno il poeta Pasquale<br />
Panella, geniale paroliere<br />
degli ultimi cinque album<br />
di Lucio Battisti, il quale mi<br />
replicò netto: «(…) Sordi,<br />
come Totò e Peppino, il<br />
loro cinema, sono gli originali<br />
di cui Apocalypse now e Blade<br />
runner sono il plagio spettacolare.<br />
Essi sono entrati nelle<br />
tenebre del cuore, e hanno<br />
visto cose».<br />
L’Albertone del “volemmose<br />
bbene”, dunque, altro non sarebbe<br />
che lo specchietto per le<br />
allodole, la maschera comicodrammatica<br />
con cui il massimo<br />
esponente della romanità di<br />
sempre ha parlato dell’universale<br />
che ci attanaglia.<br />
Letto a un livello alt(r)o,<br />
il personaggio che tira a<br />
campare con noncuranza e<br />
fare sornione racconta non<br />
tanto l’Italietta dal dopoguerra<br />
in avanti, ma la condizione<br />
umana di spaesamento verso<br />
una realtà industriale e postindustriale<br />
dove a emergere è<br />
l’individuo, sì, ma nella propria<br />
tragica solitudine.<br />
Gli esordi nel professionismo<br />
Singolari, ovviamente, furono<br />
i suoi esordi nel mondo del<br />
professionismo. Nel 1937<br />
egli si aggiudicò, senza alcuna<br />
esperienza pregressa nel<br />
settore, il doppiaggio italiano<br />
per l’attore Oliver Hardy,<br />
divenendo così la voce storica<br />
del personaggio di Ollio nel<br />
duo comico Stanlio e Ollio.<br />
L’anno seguente, debuttò nel<br />
teatro di rivista della compagnia<br />
di Guido Riccioli e Nanda<br />
Primavera, affnando le sue<br />
doti di imitatore e improvvisatore.<br />
All’attività di doppiaggio<br />
cominciarono ad aggiungersi<br />
anche ruoli di comparsa per<br />
pellicole con protagonisti d’eccellenza,<br />
come nel caso del La<br />
notte delle beffe, con protagonista<br />
Amedeo Nazzari.<br />
La gavetta teatrale durò, tra un<br />
cambio di compagnia e l’altro,<br />
dal 41 al ’53, anno in cui chiuse<br />
la propria esperienza lavorativa<br />
sul palcoscenico nella<br />
compagnia storica di Wanda<br />
Osiris per lo spettacolo Gran<br />
baraonda.<br />
I compagnucci... e gli atri<br />
I primi segnali di un genio incipiente<br />
vennero però dalla sua<br />
partecipazione a programmi<br />
radiofonici; fu in questa sede<br />
che, ispirandosi all’ambiente<br />
dell’Azione Cattolica, inventò i<br />
personaggi detti de “I compagnucci<br />
della parrocchietta”.<br />
Quella macchietta irriverente<br />
e, ancor oggi, spassosissima, divertì<br />
il regista Vittorio De Sica<br />
al punto, da far confezionare<br />
per Sordi un film su misura, il<br />
suo esordio come protagonista,<br />
a titolo Mamma mia che<br />
impressione.<br />
Ha qui inizio, grazie al cinema,<br />
un’ascesa inarrestabile,<br />
un susseguirsi di pellicole<br />
leggendarie che, nel corso<br />
dei decenni, hanno trattato,<br />
secondo l’impiego di svariati<br />
registri, i fatti più spinosi della<br />
società italiana.<br />
Qualche esempio. Il tema<br />
dell’influenza delle nuove<br />
tecnologie sulla vita dell’essere<br />
umano trattato in Io e Caterina<br />
del 1980, oggi più attuale che<br />
allora. Lo scontro tra sanità<br />
pubblica e privata ne Il medico<br />
della mutua. Gli abbagli della<br />
spiritualità new age e, di risposta,<br />
l’arida deriva relativista<br />
che ne è conseguita in Sono un<br />
fenomeno paranormale, 1985.<br />
Per non parlare di un argomento<br />
spinoso e delicato come la<br />
vecchiaia, raccontato con interpretazioni<br />
commoventi nei<br />
sottovalutati Una botta di vita,<br />
del 1988, e Nestore, l’ultima<br />
corsa del 1994.<br />
Tanti sono, inoltre, i riferimenti<br />
cinematografici al mondo del<br />
teatro e affni. L’esilarante<br />
Polvere di stelle (1973), con una<br />
Monica Vitti in stato di grazia,<br />
è il racconto di una scalcagnata<br />
compagnia di avanspettacolo<br />
che cerca di destreggiarsi<br />
all’indomani dall’ascesa del<br />
regime fascista; la vicenda è<br />
soprattutto un’amara riflessione<br />
sull’impossibilità di far cassa<br />
mantenendosi estranei ai cambiamenti<br />
di potere. Ne deriva<br />
perciò l’immagine dell’artista<br />
eternamente giullare del<br />
potere vigente, chiamato a<br />
un intrattenimento innocuo<br />
e, soprattutto, a mortificare<br />
le proprie aspirazioni creative<br />
in virtù di formule risapute<br />
per un pubblico distratto e<br />
mediocre. Con il meno riuscito<br />
Gastone (1960), Sordi veste i<br />
panni di uno dei più noti personaggi<br />
ideati dall’immenso Ettore<br />
Petrolini, di qui il regista del<br />
film, Mario Bonnard, fu intimo<br />
amico: sul grande schermo<br />
sono riportati i tempi dei frac<br />
e tabarin, un’atmosfera frivola<br />
ma non al punto da innalzarsi<br />
ai livelli del decadentismo<br />
europeo, un film nel quale,<br />
stranamente, Sordi concede<br />
un’interpretazione sottotono.<br />
Tra i titoli meno noti, va<br />
citato il surreale episodio<br />
L’elogio funebre dal film corale<br />
I nuovi mostri (1977), summa<br />
semi-improvvisata di sketch<br />
farseschi e barzellette davanti<br />
alla bara del clown Formighella.<br />
Da non scordare, invece,<br />
due celebri prove magistrali<br />
tratte da Molière: Il malato<br />
immaginario (1979) e L’avaro<br />
(1989). Qui l’attore, diretto da<br />
un ispirato Tonino Cervi, porta<br />
ai massimi livelli quel suo stile<br />
indolente e fatalista, calzando<br />
Nella foto grande della pagina accanto,<br />
Alberto Sordi nel 1962. In alto, immagini<br />
tratte da Il conte Max, I complessi<br />
(Guglielmo il dentone) e Bello, onesto,<br />
emigrato Australia sposerebbe<br />
compaesana illibata. In questa pagina<br />
con Olga Villi in Ritorna Za-Bum, negli<br />
studi radio della Rai nel 1950<br />
e in Io e Caterina del 1980.<br />
15
alla perfezione la figura di un<br />
antieroe vinto dai difetti di<br />
cui è riccamente costituito, e<br />
raccontando un sistema Paese<br />
evidentemente intramontabile,<br />
in cui l’interesse privato va<br />
oltre ogni ordine morale ed<br />
etico.<br />
E qui, trattando di teatro, va<br />
messo un punto. Nel corso di<br />
una carriera durata oltre 60<br />
anni, Sordi non ha dimostrato,<br />
a differenza dei colleghi Vittorio<br />
Gassman e Nino Manfredi,<br />
per disinteresse o per motivi ai<br />
noi sconosciuti, l’ambizione di<br />
affermarsi nell’arte teatrale. Il<br />
set cinematografico, così come<br />
quello televisivo (nelle sue rare<br />
ma leggendarie apparizioni<br />
in programmi di varietà), gli<br />
furono suffcienti.<br />
Il cinema, anche da regista<br />
Preferì concentrare i suoi sforzi<br />
nell’attività attoriale per la settima<br />
arte, e nella regia di film<br />
ancor oggi trasmessi con successo<br />
di audience. Sì perché,<br />
in pellicole storiche quali Fumo<br />
di Londra, Amore mio aiutami e<br />
Finché c’è guerra c’è speranza,<br />
egli è protagonista davanti e<br />
dietro la macchina da presa, offrendo<br />
uno stile funzionale alla<br />
narrazione anche se non privo<br />
di piccole sbavature tecniche.<br />
Non esistendo testimonianze<br />
filmate della sua gavetta<br />
teatrale, le prove tangibili della<br />
capacità improvvisativa di Sordi<br />
davanti a un pubblico vanno<br />
ricercate nelle ospitate televisive.<br />
Per tempi comici, uso parco<br />
ma sostanziale della mimica<br />
facciale e arguzia dell’umorismo,<br />
egli si conferma mattatore<br />
irresistibile, ancor più<br />
coinvolgente di un Gassman<br />
poiché, di fondo, egli lascia<br />
trasparire una certa insofferenza<br />
alle lusinghe del pubblico,<br />
una volontà di tagliar corto per<br />
tornare il prima possibile alla<br />
tranquillità della propria vita<br />
borghese.<br />
Uno sguardo sulla borghesia<br />
Quella borghesia raccontata<br />
con una profondità sbalorditiva<br />
in storie come Un borghese<br />
piccolo piccolo o Il tassinaro,<br />
ritratti di gente comune che,<br />
alle avventure da romanzo,<br />
preferiscono il percorso della<br />
laurea che schiuderà le porte al<br />
mondo del lavoro, il cantico del<br />
posto fisso in uffcio, la stabilità<br />
della relazione monogama,<br />
l’atteggiamento pacioso di chi<br />
si accontenta di quel che ha.<br />
E sono forse questi motivi a<br />
suscitare in alcuni le accuse di<br />
superficialità, il sospetto di un<br />
tanfo d’antan che certo non<br />
può coinvolgere le generazioni<br />
16<br />
Qui accanto, una scena de L’avaro.<br />
Sotto, Un borghese piccolo piccolo.<br />
A seguire, due immagini iconiche della<br />
filmografia di Sordi: la scena<br />
dei maccheroni tratta da Un americano a<br />
Roma del 1954 e il celebre...<br />
saluto ai lavoratori<br />
da I vitelloni del 1953<br />
del mondo globalizzato, chiamate<br />
a pretendere un futuro<br />
di gusti forti e in continua<br />
mutazione.<br />
Uno stile irresistibile<br />
Eppure. Eppure c’è in Sordi la<br />
garanzia di uno stile irresistibile<br />
che, qual che sia il soggetto,<br />
se ne appropria rendendolo<br />
parte di quello spirito un poco<br />
anarcoide e sopra le righe. La<br />
sua voce baritonale sapeva<br />
carezzare senza diventare mai<br />
svenevole, mantenendo la promessa<br />
di una risata grazie a un<br />
tic, un inciampo, una scelta inusitata<br />
che ne faceva strumento<br />
malleabile eppure riconoscibile<br />
al primo respiro. Oltre all’attività<br />
di doppiatore negli anni<br />
di formazione, infatti, egli ha<br />
rilasciato nei decenni successivi<br />
alcune sporadiche ma notevoli<br />
testimonianze discografiche<br />
della propria vena compositiva<br />
in veste di paroliere, con titoli<br />
poi inseriti nelle sue pellicole<br />
quali You never told me o Amore<br />
amore amore amore, piccoli<br />
gioielli di musica leggera impreziositi<br />
dagli arrangiamenti<br />
del maestro Piero Piccioni.<br />
Sordi fu dunque una voce, una<br />
mimica, uno sguardo che raccontò<br />
la Storia d’Italia a modo<br />
proprio; una visione mai accondiscendente<br />
ma pur distante<br />
da aspirazioni innovative o rivoluzionarie,<br />
un borghese grande<br />
grande che, negli ultimi anni<br />
della propria vita, comprese di<br />
non riconoscersi più in un Paese<br />
che, inseguendo il miraggio<br />
della globalizzazione, aveva<br />
rinunciato alla sua identità in<br />
nome di quella multiculturalità<br />
che prometteva un futuro<br />
migliore per le generazioni<br />
future. Si spense così, amareggiato<br />
in un mondo che gli era<br />
ormai estraneo, e lasciando ai<br />
posteri l’impossibile compito di<br />
scovare il suo erede artistico.
COMITATO REGIONALE VENETO<br />
Stradella delle Barche, 7 - 36100 Vicenza<br />
Tel. 0444 324907<br />
fitaveneto@fitaveneto.org<br />
www.fitaveneto.org<br />
Comitato di Padova<br />
Via Gradenigo, 10 - 35121 Padova<br />
c/o Centro Servizi per il Volontariato<br />
Tel. 049 8686849 - 333 7814676<br />
fitapadova@libero.it<br />
Comitato di Rovigo<br />
Via V. Alfieri, 11 - 45100 Rovigo<br />
Cell. 349 4297231<br />
fitarovigo@gmail.com<br />
Comitato di Treviso<br />
Sede legale (invio posta):<br />
Via Amalfi, 18 - 31100 Treviso<br />
Cell. 334 7177900<br />
info@fitatreviso.org<br />
www.fitatreviso.org<br />
Comitato di Venezia<br />
Cannaregio, 483/B - 30121 Venezia<br />
Tel. 041 0993768 - Cell. 340 5570051<br />
fitavenezia@libero.it<br />
Comitato di Verona<br />
Quartiere Aldo Moro 21/N - 37032 Monteforte D’Alpone<br />
Cell. 347 2446530<br />
verona.fita@gmail.com<br />
Comitato di Vicenza<br />
Stradella delle Barche, 7/a - 36100 Vicenza<br />
Tel. 0444 323837<br />
fitavicenza@fitavicenza.it<br />
I «numeri» di Fita Veneto<br />
Conta al proprio interno:<br />
- 1 Comitato regionale<br />
- 6 Comitati Provinciali<br />
- 200 compagnie<br />
- 3346 soci<br />
Organizza il Festival Nazionale Maschera d’Oro<br />
Partecipa all’organizzazione del Premio Faber Teatro<br />
Promuove direttamente o tramite le compagnie associate<br />
più di un centinaio di manifestazioni annue<br />
Le compagnie associate effettuano più di 5000 spettacoli<br />
annui, molti dei quali rivolti al mondo della scuola, alla<br />
solidarietà e in luoghi dove solitamente è esclusa l’attività<br />
professionistica<br />
Coinvolge più di 1.600.000 spettatori<br />
Per gli studenti delle scuole superiori organizza il concorso<br />
di critica “La Scuola e il Teatro” e il premio per laboratori<br />
teatrali “Teatro dalla Scuola”, oltre a laboratori di cultura<br />
e pratica teatrale<br />
Organizza il Concorso “Gran Premio del Teatro Veneto”<br />
Organizza stages, seminari, incontri, corsi di formazione<br />
Pubblica il periodico online Fitainforma e il volume annuale<br />
Fitainscena con il repertorio delle compagnie<br />
Svolge un servizio di editoria specifica teatrale e gestisce<br />
una biblioteca di testi e una videoteca<br />
Gestisce il sito internet www.fitaveneto.org<br />
e una pagina Facebook<br />
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