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fitainforma_estate_2023

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«lotta contro la realtà». Cleese<br />

si è limitato a ribattere che,<br />

nonostante la sensibilità<br />

moderna, lo sketch non verrà<br />

rimosso.<br />

Contro Cleese, Brooks e tanti<br />

altri artisti maiuscoli, si ergono<br />

i paladini del wokeism, una<br />

giovane generazione di persone<br />

che si è scoperta capace<br />

di raddrizzare ogni stortura,<br />

denunciando a pieni polmoni<br />

ogni battuta, sketch o opera<br />

artistica che si permetta di<br />

ironizzare o fare satira su una<br />

qualche minoranza etnica o di<br />

altro genere.<br />

Una prima perplessità rispetto<br />

ai “ragazzi woke” è questa:<br />

la cosiddetta generazione Z<br />

vanta oggettività e capacità di<br />

analisi tali da permetterle di<br />

separare la fuffa dalla sostanza?<br />

In breve, è sveglia abbastanza<br />

per arrogarsi un tale<br />

fardello ma, soprattutto, lo è<br />

nei fatti imprescindibili e non<br />

di superficie?<br />

La questione è complessa e<br />

delicata sicché, per meglio<br />

eviscerarne i punti salienti,<br />

abbiamo chiesto alla regista<br />

e attrice di origini vicentine<br />

Giuliana Musso, autrice di un<br />

teatro della compassione che<br />

scandaglia fatti della contemporaneità<br />

con originalità e<br />

pluripremiato talento, di darci<br />

il suo punto di vista.<br />

L’opinione di Giuliana Musso<br />

«I linguaggi della comicità<br />

e della satira vanno difesi,<br />

questo è certo. Ma va fatta una<br />

considerazione: chi ride dei<br />

deboli, delle vittime, sta prendendo<br />

una posizione precisa a<br />

fianco ai loro carnefici» attacca<br />

lapidaria.<br />

La “cancel culture” imperante,<br />

però, non si limita a rimuovere<br />

le statue e i simboli del male<br />

conclamato (pensiamo alle<br />

statue di sanguinari dittatori<br />

abbattute alla caduta dei loro<br />

regimi); sta prendendo piede<br />

infatti l’intenzione di censurare<br />

quelle opere artistiche del<br />

passato che non rispettano la<br />

già citata sensibilità moderna.<br />

L’iterazione della parola<br />

“negro”, ad esempio, fa sì che<br />

gli studenti afroamericani negli<br />

States condannino il capolavoro<br />

della lettura picaresca<br />

di Mark Twain Le avventure di<br />

Huckleberry Finn, così come<br />

alcuni storici cartoni animati di<br />

Walt Disney. Per Disney si parla<br />

addirittura di rimuovere le scene<br />

incriminate dalle prossime<br />

edizioni in dvd, modificando<br />

così un’opera senza il volere<br />

del suo creatore, avvalendosi<br />

al massimo dell’autorizzazione<br />

di quelle società che ne detengono<br />

i diritti e non vogliono rischiare<br />

un calo di gradimento.<br />

«Certo, possiamo rimuovere la<br />

statua di un dittatore, poiché<br />

si tratta di un simbolo negativo<br />

ben preciso - prosegue la<br />

Musso - Se lei vedesse in una<br />

piazza una statua di Hitler,<br />

cosa penserebbe? Rimuoviamo<br />

uno di quei simboli perché è<br />

chiaro che ci ricorda l’omaggio<br />

a qualcosa che non vogliamo<br />

omaggiare. Credo si possa<br />

modificare l’iconografia, a<br />

patto che la ragione per cui<br />

si fa sia una ragione compresa<br />

e condivisa, motivata e<br />

rispettosa. Però mi chiedo:<br />

è più importante rimuovere<br />

una statua o osservarla con lo<br />

sguardo giusto? Il problema va<br />

spostato sulla consapevolezza,<br />

sul rispetto delle vittime della<br />

Storia. È questo che deve essere<br />

assurto come punto zero».<br />

E anche sulla questione della<br />

censura a opere d’arte del passato,<br />

l’attrice espone una posizione<br />

non scontata: «Si tratta<br />

di un falso problema. L’unica<br />

forma di censura che dobbiamo<br />

temere è quella che viene<br />

imposta da chi ha il potere. Il<br />

resto possono essere discorsi<br />

aperti, il vero problema non<br />

sta lì. Pensiamo all’Huckleberry<br />

Finn: è più importante bandire<br />

un testo dove compare iterata<br />

la parola ‘negro’ o passare il<br />

messaggio di cosa sia significata<br />

questa parola in un epoca<br />

di terribili violenze, mancanza<br />

di diritti e sfruttamento della<br />

popolazione di colore?».<br />

E l’artista? Come si dovrebbe<br />

muovere un artista, sospeso<br />

sulla tela di ragno della sensibilità<br />

moderna? E se la censura<br />

del potere avesse educato le<br />

nuove generazioni a una prudente<br />

autocensura, per scansare<br />

seccature e rischi più grandi?<br />

«Nell’arte, l’autenticità di un<br />

artista non è un lusso - replica<br />

netta la Musso - è un fattore<br />

organico e indispensabile. Il<br />

problema non è dell’arte ma<br />

della società, che può consentire<br />

o non consentire l’espressione<br />

artistica per ciò che è.<br />

Ciò che stiamo perdendo, a<br />

ben guardare, è la capacità di<br />

tenere insieme nella società le<br />

posizioni diverse. Questo è un<br />

momento drammatico. In una<br />

società veramente democratica,<br />

non ci dovrebbe preoccupare<br />

così tanto se viene espresso<br />

qualcosa che non ci trova<br />

d’accordo: anzi, ci dovrebbe<br />

preoccupare l’opposto, e cioè<br />

che quel qualcosa in cui non<br />

siamo d’accordo non possa essere<br />

esposto. E invece stiamo<br />

solo stringendo le maglie».<br />

Mel Brooks in una foto di Angela George, CC BY-SA 3.0<br />

https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10257010<br />

Una celebre massima, erroneamente<br />

attribuita a Voltaire,<br />

recita: «Non la penso come<br />

te ma darei la vita per farti<br />

dire quello che pensi». È quel<br />

che accade nell’Italia multiculturale<br />

del <strong>2023</strong>? «È esattamente<br />

l’opposto - conclude<br />

l’attrice -. Oggi a teatro ciò<br />

che è lievemente disturbante<br />

o perturbante fa fatica a<br />

trovare spazio. Sono decenni<br />

che la cosa va avanti e adesso<br />

noi artisti la sentiamo più che<br />

mai e riguarda ogni settore,<br />

dalla prosa alla satira e fino alla<br />

scrittura per la televisione. È<br />

questo che ci deve preoccupare.<br />

Filosoficamente parlando,<br />

il punto è che troviamo molto<br />

conforto nell’adattamento e<br />

nell’adeguamento alla struttura<br />

gerarchica della società:<br />

per fare contenti i capi, siamo<br />

disposti a tutto. E, di conseguenza,<br />

pretendiamo la stessa<br />

cosa da chi ci sta sotto. Il diritto<br />

alla Parola, dunque al Pensiero,<br />

non è più un diritto naturale<br />

ma acquisito, a seconda della<br />

nostra posizione gerarchica.<br />

In una situazione del genere<br />

l’unico antidoto, a mio avviso,<br />

è tenersi saldi al nostro cuore.<br />

Sembra una risposta assurda,<br />

ma in realtà ho molta fiducia<br />

nel sentimento, quel sentimento<br />

che è legato alla verità<br />

dei corpi e che è più forte del<br />

pensiero».<br />

Per chiudere il cerchio su una<br />

situazione a oggi irrisolta,<br />

torniamo alle dichiarazioni di<br />

Brooks. Il regista, denunciata<br />

«la società del politically<br />

correct che sarà la morte<br />

della commedia», aggiunge<br />

nella già citata intervista una<br />

postilla che ribalta la situazione.<br />

Quando il giornalista gli<br />

chiede se esiste un soggetto<br />

che non impiegherebbe per<br />

scopi comici egli evidenzia<br />

che, sì, temi come le camere<br />

a gas e la tragedia degli ebrei<br />

per mano dei nazisti dovrebbero<br />

essere intoccabili. E qui,<br />

crolla l’effcacia della denuncia<br />

brooksiana: perché se ogni<br />

artista rivendicasse paletti etici<br />

e morali in base alla propria<br />

appartenenza a una qualche<br />

etnia o gruppo specifico (nel<br />

caso di Brooks, le origini ebraiche),<br />

ci ritroveremmo al punto<br />

di partenza, nell’immobilismo<br />

di una società globalizzata in<br />

cui ogni passo solleva il polverone<br />

di un’indignazione vicina<br />

o lontana, gettando l’artista<br />

nell’incapacità di raccontare<br />

la propria storia senza una<br />

mordacchia che, giorno dopo<br />

giorno, lo ridurrà incapace di<br />

pensare liberamente.<br />

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