Tav. 2 - Media Key - Mediakey.tv
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BERLINALE 2011<br />
A destra, Gianni Di Gregorio (anche regista) e Valeria De<br />
Franciscis in una scena di ‘Gianni e le donne’. In basso, ‘Mein<br />
bester Feind’ (Il mio miglior nemico) di Wolfgang Murnberger,<br />
con Moritz Bleibtreu, Georg Friedrich e Ursula Strauss.<br />
De Franciscis, attrice unica: è un<br />
peccato che non sia in scena per<br />
tutto il film come avveniva in<br />
Pranzo di Ferragosto, perché<br />
quando appare lei la pellicola si<br />
accende. A modo suo, quello di<br />
Di Gregorio è un cinema in 3D:<br />
così vero da avvolgere lo spettatore<br />
e da farlo entrare nella<br />
storia. La profondità e la tridimensionalità<br />
sono dati dallo<br />
spessore dei personaggi, dalla<br />
verità. Ed è anche un cinema ad<br />
alta definizione: quella dei dettagli,<br />
dei piccoli gesti, degli<br />
sguardi, delle sfumature. Certo,<br />
la storia è esile esile, e a differenza<br />
del lavoro precedente qui<br />
non riesce completamente il<br />
miracolo dell’improvvisazione<br />
delle quattro protagoniste che<br />
aveva fatto di quel film qualcosa<br />
di unico e irripetibile, un piccolo<br />
capolavoro. Stavolta tutto è più<br />
controllato e costruito, e il risultato<br />
non è così irresistibile<br />
come nel primo film. Quel che<br />
è sicuro è che siamo di fronte a<br />
un talento, di scrittura, direzione<br />
e interpretazione. Gianni è<br />
una maschera universale e senza<br />
tempo, quella dell’uomo<br />
stremato dalla vita e dalla gente,<br />
con il bicchiere come amico<br />
e sostegno e qualche piccola<br />
fantasia per andare avanti. Anche<br />
in questo caso i tedeschi<br />
hanno dimostrato di apprezzare.<br />
E non solo loro: Gianni e le<br />
TV <strong>Key</strong> 285<br />
donne è stato venduto in ben<br />
tredici paesi.<br />
LA GERMANIA<br />
SI RACCONTA<br />
E veniamo ai padroni di casa, o<br />
ai loro vicini. Quello che ci è piaciuto<br />
nel cinema tedesco di questi<br />
anni, al di là dei risultati artistici,<br />
è la volontà di guardare<br />
alla storia della propria nazione<br />
e ai propri errori, parlandone senza<br />
retorica e con sincerità, come<br />
in una lunga e continua seduta di<br />
autoanalisi. In questi anni sono<br />
stati così affrontati il nazismo (La<br />
caduta, La rosa bianca), la Germania<br />
Est e la Stasi (Le vite degli<br />
altri), il terrorismo (La banda<br />
Baader-Meinhof). Il peccato<br />
originale della Germania è comunque<br />
sempre il nazismo, e se<br />
ne è parlato anche a questo festival,<br />
seppur fuori concorso e<br />
con un film che batte bandiera<br />
della vicina Austria. Mein bester<br />
Feind (Il mio miglior nemico)<br />
sceglie la chiave del tragicomico,<br />
sulla scia de Il grande dittatore<br />
di Chaplin, per raccontare<br />
l’Olocausto. “A parte il fatto<br />
che la nostra è una produzione<br />
austriaca, non riesco a ricordare<br />
un altro film tedesco in cui si ride<br />
del nazismo”, ha affermato l’autore<br />
Wolfgang Murnberger. “C’è<br />
stato Mein Führer di Dani Levy,<br />
ma il regista è ebreo”. Protagonista<br />
della pellicola è Moritz<br />
16<br />
Bleibtreu, che lo scorso anno era<br />
stato Goebbels nel film di Oskar<br />
Roelher: qui è un gallerista ebreo<br />
nella Vienna degli anni trenta, e<br />
ha un amico che lo tradisce per<br />
scalare la società e le gerarchie<br />
del Terzo Reich. Complice un attentato<br />
partigiano, l’ebreo gli<br />
sfila l’uniforme e prende il suo<br />
posto: da qui l’inversione delle<br />
parti e il gioco degli equivoci,<br />
compreso quello su un disegno<br />
di Michelangelo (quello per il<br />
Mosè di San Pietro in Vincoli)<br />
che Hitler vuole regalare al caro<br />
amico Mussolini: sarà vero o falso?<br />
“Una delle novità è che nel<br />
campo di prigionia l’ebreo non<br />
è la vittima ma l’eroe”, ha spiegato<br />
Bleibtreu. “Abbiamo sentito<br />
tanti ebrei stufi di essere dipinti<br />
come delle vittime. È difficile<br />
fare dello humour su questo<br />
tema, ma il successo de La vita<br />
è bella di Benigni e di Bastardi<br />
senza gloria di Tarantino ha rotto<br />
gli argini. Senza questi due<br />
precedenti non avremmo potuto<br />
fare niente. Fermo restando il<br />
rispetto delle vittime, la nuova<br />
prospettiva storica sul passato<br />
deve includere la possibilità di<br />
una risata”.<br />
Con il sorriso è vista anche<br />
un'altra questione molto sentita<br />
in Germania, quella dell’integrazione.<br />
Almanya - Wilkommen<br />
in Deutschland (Benvenuti in<br />
Germania), film in concorso<br />
(molto applaudito) della regista<br />
trentasettenne Yasemin Şamdereli,<br />
nata a Dortmund ma di origini<br />
turche, racconta con autoi-<br />
ronia la generazione del padre,<br />
quella arrivata in Germania negli<br />
anni sessanta in cerca di lavoro:<br />
lo stesso discorso che è stato<br />
portato avanti da un altro<br />
grande regista turco-tedesco, il<br />
Fatih Akin de La sposa turca e<br />
Alle porte del Paradiso. Hussein,<br />
giunto in Germania nel<br />
1964 come immigrato numero<br />
un milione e uno, si fa raggiungere<br />
dalla famiglia: quarantacinque<br />
anni dopo decide di portare<br />
in Turchia moglie, figli e nipoti.<br />
Il gioco è lo stesso che era<br />
alla base del nostro Benvenuti al<br />
Sud: qui si scherza con i luoghi<br />
comuni sugli immigrati, ma anche<br />
sui tedeschi.<br />
Si ride molto meno nell’altro film<br />
tedesco in concorso, Schlaftkrankheit<br />
(Malattia del sonno), di<br />
cui abbiamo già detto sopra. E<br />
c’è poco da ridere anche in Wer<br />
wenn nicht wir (Se non noi chi)<br />
di Andres Veiel, su un altro<br />
nodo scoperto del passato tedesco,<br />
il terrorismo. Bernward è il<br />
figlio di un poeta celebrato da Hitler,<br />
Gudrun la figlia di un pastore<br />
protestante che aveva combattuto<br />
nell’esercito nazista: le scelte dei<br />
due andranno contro quelle dei<br />
genitori, ma Bernward non seguirà<br />
Gudrun nel terrorismo,<br />
anche per la gelosia nei confronti<br />
del famoso Andreas Baader. In<br />
ogni caso, bravi i tedeschi a lavare<br />
i panni sporchi non in famiglia<br />
ma davanti al mondo, senza<br />
dimenticare o nascondersi, rimettendosi<br />
sempre in gioco e<br />
confessando le proprie colpe.