Annual Report a.a. 2004/05 - Collegio Einaudi
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Mostra fotografica<br />
‘Ruanda, le ferite<br />
del silenzio’<br />
Dal 2 al 12 maggio 20<strong>05</strong> il <strong>Collegio</strong> ha ospitato, presso<br />
la sala del consiglio di via Maria Vittoria, la mostra<br />
fotografica “Ruanda, le ferite del silenzio”, proposta<br />
da Medici Senza Frontiere (MSF) e allestita da un gruppo<br />
di studenti della sezione Po del <strong>Collegio</strong> <strong>Einaudi</strong>.<br />
La mostra, durata dieci giorni, è stata visitata da circa<br />
duecento persone sia interne che esterne al <strong>Collegio</strong>.<br />
In questo periodo sono state raccolte offerte, in seguito<br />
devolute a MSF, per un totale di circa 200 euro.<br />
La mostra era composta da 43 pannelli con fotografie<br />
di uomini e donne coinvolti nel conflitto ed altrettanti<br />
pannelli con le interviste di Yolande Mukagasana,<br />
un’infermiera tutsi che ha vissuto la guerra sulla sua<br />
pelle ed a trovato la forza di raccontarcela. Per farlo,<br />
Yolande e Alain Kasinierakis (l’autore delle fotografie),<br />
non hanno scelto di mostrarci il fuoco ed il sangue del<br />
genocidio, ma la follia e le paure del popolo ruandese<br />
attraverso interviste e testimonianze efficacissime.<br />
Questi, i dati. Ma la mostra è stata ben altro.<br />
Guerra per tutti<br />
Non mi soffermerò sulle motivazioni che hanno spinto alcuni<br />
di noi ad organizzarla. Esse ruotano principalmente attorno<br />
ad un unico scopo, cioè quello di informare prima noi e<br />
poi chiunque lo desiderasse intorno ad uno dei tanti drammi<br />
africani ignorati dai media. Il presupposto, Beppe Grillo<br />
docet, è: l’informazione esiste, ma è un contenitore di fatti<br />
che ti devi andare a cercare. Ora che la mostra si è conclusa è<br />
tempo di capire se è stata utile o meno, anche per valutare se<br />
sia il caso di organizzare qualcosa<br />
di simile per il 20<strong>05</strong>/2006.<br />
L’affluenza è stata buona, soprattutto<br />
quella di persone esterne al<br />
<strong>Collegio</strong>. Quella degli interni ha<br />
un po’ deluso le aspettative, per<br />
lo meno le mie. La mostra era<br />
poco interessante? Male organizzata?<br />
Forse l’argomento non era<br />
dei più invitanti… sentiamo parlare<br />
di guerre già tutti i giorni.<br />
Certo, ma di quali guerre?<br />
Partendo dal presupposto che<br />
siamo liberi di fare ciò che vogliamo,<br />
di andare o di non andare<br />
alla mostra sul Ruanda, di<br />
ascoltare o non ascoltare Bush<br />
l’alieno, di fare, insomma, quello che più ci aggrada, e che<br />
non c’è nulla di morale o amorale nel fare questa o quella<br />
scelta, siamo allora tutti liberi e felici, come Bernardo Provenzano.<br />
Se però facciamo qualche passo indietro, rispetto al<br />
presupposto appena evidenziato, ci rendiamo conto di una<br />
cosa: siamo leader del nostro mondo solo se ci mettiamo<br />
avanti reali opportunità di scelta. Ma queste opportunità di<br />
scelta, esistono? Non esistono? Sono nascoste? Come posso<br />
scegliere di interessarmi o meno a Tutsi ed Hutu se nessuno<br />
mi dà l’opportunità di farlo, e di mio non ho una grande passione<br />
per la ricerca? Non posso. Ma allora non sono affatto libero<br />
di fare ciò che voglio. Sono libero di fare ciò che vogliono,<br />
cioè ciò che mi propongono. E quel “vogliono” non sono<br />
oscuri signori che governano il mondo. Quel “vogliono” è il livello<br />
su cui si è assestata la media, un livello che punta al ribasso-<br />
perlomeno nel campo della libera informazione.<br />
Perché ho detto tutto questo? Per affermare una cosa soltanto:<br />
la mostra è stata un grande successo perché ha dato a<br />
tutti, e sottolineo: tutti, la possibilità di entrare in contatto<br />
con informazioni, volti, storie, largamente sconosciuti ed<br />
ignorati. Chiunque di noi fosse stato interessato a questi temi,<br />
avrebbe potuto trovare tutto il materiale necessario per<br />
approfondirli in internet od in libreria. Ma portare la mostra<br />
in casa nostra, è stato sicuramente un valore aggiunto. Come<br />
avere i quotidiani nella sala giornali: non ci fossero, quanti di<br />
quelli che li sfogliano almeno una volta al giorno li acquisterebbero<br />
tutti i giorni?<br />
Siamo fondamentalmente pigri, ed inerti. Portare le fotografie<br />
di Yolande, quei volti in bianco e nero al colore del sangue,<br />
in collegio, proprio sotto le nostre stanze, non ci avrà<br />
cambiato la vita, ma tutti noi abbiamo avuto un’opportunità<br />
in più rispetto alle opzioni correnti nel nostro quotidiano, e<br />
chi ha visitato la mostra sa che è stata un’opportunità importante,<br />
dolorosa, ma finalmente incisiva. Un successo che invita<br />
a riflettere, ben più di quello di una nota marca di vino<br />
in tetrapack e di tutto il tetro- pack che ci viene propinato<br />
ogni giorno.<br />
Michele Lancione<br />
Adozione<br />
a distanza<br />
Continua il Progetto<br />
di adozione<br />
a distanza sostenuto<br />
dagli studenti della<br />
Sezione Po a favore di<br />
Christi Jigar, un bambino indiano,<br />
che quest’anno ha compiuto sette anni.<br />
32 33<br />
Gita a Praga<br />
A metà marzo centoventi studenti<br />
del <strong>Collegio</strong> hanno avuto l’occasione<br />
di trascorrere cinque giorni in una<br />
delle più affascinanti capitali europee.<br />
Riportiamo due resoconti, che esprimono<br />
con diversa sensibilità alcuni momenti<br />
dell’interessante viaggio.<br />
Defenestrazioni, Foto, Viaggi Torretta…<br />
Il 23 maggio 1618 alcuni esponenti della nobiltà boema,<br />
non proprio contenti dell'elezione di Ferdinando II, fecero<br />
irruzione nel Castello di Praga, presero un paio di persone<br />
vicine all’odiato monarca e le gettarono da una finestra. In<br />
gergo quando uno butta di proposito un altro dalla finestra<br />
si può parlare di defenestrazione o schizofrenia ossessiva<br />
degenerante, e dopo una lunga riflessione i libri di<br />
storia hanno deciso di chiamare l'avvenimento del 1618<br />
“defenestrazione di Praga”. I più pignoli poi precisano<br />
l'anno, defenestrazione di Praga del 1618, in quanto in<br />
quella che è l'odierna capitale della Repubblica Ceca si<br />
contano altre due defenestrazioni, segno che l’avvenimento<br />
del 1618 più che un malaugurato incidente può essere<br />
inteso come una sorta di vizio...<br />
Ma non divaghiamo... Dunque il 23 maggio 1618 la famosa<br />
defenestrazione di Praga segna l'inizio della guerra dei<br />
Trent'anni, ultima guerra di religione combattuta in continente<br />
europeo (anche se, visto l'aria che tira, presto qualcuno<br />
potrebbe parlare di penultima guerra di religione)... ma<br />
ancora una volta stiamo divagando, perchè in questo breve<br />
articoletto non vogliamo parlare di guerre di religione, qui<br />
vogliamo semplicemente soffermarci su tre aneddoti che<br />
hanno caratterizzato il nostro viaggio a Praga.<br />
Il primo si ricollega all'inizio di questo articolo, vale a dire<br />
la famosa defenestrazione di Praga: come abbiamo detto<br />
questa segna l’inizio della guerra dei trent'anni ed è dunque<br />
un avvenimento di primo piano. Peccato però che ne-<br />
gli svariati libri di storia non ci sia mai una foto della famosa<br />
finestra che ha fatto la storia. A ben pensarci infatti<br />
se i nobili boemi avessero incontrato i fastidiosi avversari<br />
all'aperto, o in una sala senza finestre, ciao defenestrazione<br />
e magari addio guerra dei trent'anni. Troppi “se”, e così,<br />
arrivati a Praga, la curiosità di vedere la famosa finestra è<br />
per noi molto forte: il secondo giorno, nel primo pomeriggio,<br />
arriviamo sul luogo del misfatto. La tensione è alta,<br />
anche perchè il biglietto per visitare il castello costa poco,<br />
ma poi bisogna pagare per visitare il 94 per cento delle sale…<br />
Ma chi se ne frega: la Storia è a portata di mano!. Arriviamo<br />
finalmente nella sala tanto attesa e qua rimaniamo<br />
allibiti: ci sono tre finestre, tutte plausibili per impersonare<br />
La Finestra. Una minuscola targhetta potrebbe risultare<br />
illuminante, ma è posta in mezzo alla sala, equidistante<br />
da tutte le finestre, e per di più è scritta solo in ceco. Non ci<br />
resta che chiedere spiegazioni a un inserviente che è solo<br />
in grado di dirci che non si possono fare foto. Quando riusciamo,<br />
mimando, a fargli capire quale sia il nostro problema,<br />
per tutta risposta ci mostra un quadro, rappresentante<br />
la defenestrazione, dipinto 250 anni dopo il 1618 . Il quadro<br />
è di bella fattura, ma c’è un piccolo problema: la sala<br />
dipinta non corrisponde in nulla a quella in cui ci troviamo.<br />
Ci rendiamo conto che non c'è collaborazione, ma almeno<br />
comprendiamo l'assenza di foto nei libri di storia...<br />
Foto foto foto... e ancora foto. Questo è sicuramente il secondo<br />
punto caldo dell’ indimenticabile viaggio a Praga. Come<br />
voi sapete infatti da un paio di anni il <strong>Collegio</strong> organizza un<br />
concorso fotografico. Il tema di quest'anno era ‘Praga magica’<br />
(se si fosse andati a Parigi sarebbe stato ‘Parigi snob’ e via dicendo...);<br />
l'idea, malgrado i temi, non è male, ma ha innescato<br />
delle vere e proprie spirali di paura: chi partecipa alla gita<br />
infatti può essere facilmente diviso in tre gruppi: quelli che se<br />
ne fregano altamente del concorso e non fanno foto, quelli<br />
che si portano la macchina fotografica e se poi hanno una foto<br />
interessante partecipano al concorso, e quelli che vanno in<br />
gita solo per partecipare al concorso. Quest'ultimi non sono<br />
molti, ma sono pericolosissimi perché si aggirano facendo foto<br />
a destra e a manca, spesso senza un ordine preciso; ma<br />
questo non è tutto: spesso si preparano prima del viaggio le