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Annual Report a.a. 2004/05 - Collegio Einaudi

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…se continui<br />

così, ti mando<br />

in collegio!<br />

...parlando di qualsiasi<br />

cosa, con una spiccata<br />

preferenza per ...: le<br />

ragazze del collegio!<br />

IN COLLEGIO NON SEI MAI SOLO<br />

Alcuni amici di famiglia, una sera, erano in visita a casa<br />

nostra. Parlando del più e del meno, ad un certo<br />

punto citai il <strong>Collegio</strong>. Immediatamente, il loro figlio<br />

più piccolo, 7-8 anni, si scurì in viso e mi chiese preoccupato:<br />

“Ma tu sei in collegio?”. Io gli risposi di sì e puntuale arrivò<br />

la richiesta di spiegazioni: “Ma cosa hai combinato?”.<br />

Anche per me, da piccolo, i “se continui così, ti mando in<br />

collegio” non sono mai mancati. In collegio poi ci sono finito<br />

per davvero e ora, che sto per cominciare il sesto e ultimo<br />

anno all’<strong>Einaudi</strong>, già mi prende un po’ di nostalgia a disfare<br />

i miei quattro scatoloni e pensare che l’anno prossimo, chissà…<br />

Ma gli anni di Medicina vanno finendo, anche<br />

se all’inizio sembrava un’eventualità improbabile, e<br />

se sono passati così in fretta, se l’anatomia e la biochimica<br />

non hanno avuto il soprav- vento, è stato<br />

soprattutto merito della mia cameretta al terzo piano<br />

e di quelli che sono passati a bussare alla porta.<br />

Credo che il motto dell’<strong>Einaudi</strong> dovrebbe essere qualcosa<br />

tipo “in collegio non sei mai solo”, perché è proprio<br />

questo che succede. Anche se devi studiare, se finalmente<br />

hai raschiato il fondo del barile della buona volontà<br />

e ti sei messo alla scrivania, anche se rimani lì per ore, sai<br />

che pochi metri più in là c’è compagnia, ci sono amici pronti<br />

come te ad una pausa dalla motivazione più improbabile.<br />

E se poi per caso, in un giorno di follia, tutto preso dal<br />

meccanismo della fosforilazione ossidativa mitocondriale,<br />

ti fossi dimenticato che il pomeriggio scorre veloce, allora<br />

VIVERE DA RENATO… EINAUDI!<br />

Èstata una fortuna poter vivere tre anni dall’amico<br />

Renato! Ora che mi ritrovo a partire per studiare all’estero,<br />

i ricordi si fanno pressanti e occupano la mia<br />

mente. Perché, è bene che si sappia, vivere dall’amico Renato<br />

è davvero grandioso e si può cogliere tanto e crescere,<br />

se si è recettivi.<br />

Non potrò mai dimenticare gli amici di Renato, conosciuti<br />

e apprezzati (non tutti, ovviamente) nel corso del tempo.<br />

All’inizio di ogni anno accademico ogni<br />

nuovo amico di Renato viene dapprima<br />

scrutato, poi soprannominato e infine accolto<br />

nella famiglia del piano. Fra di essi,<br />

come non ricordare i cari salentini, emigrati<br />

recentemente da via Bobbio con le<br />

loro valigie di cartone frise e allegria, che<br />

hanno saturato il corridoio con l’eco dei<br />

mena mèh, con le canzoni dei Sud Sound System e con le<br />

discussioni su Zeman e Vucinic! Il tuo, Renato, non è più il<br />

collegio dell’eccellenza, ma è il collegio del-lecce, e basta!<br />

Ma vorrei ricordare tutti, dai piemontesi ai siciliani…<br />

questi ultimi con il loro caratteristico accento mi annun-<br />

puoi stare certo che sentirai bussare. Una, due, tante volte,<br />

ma non ti scoccerai, perché avrai imparato ad apprezzare il<br />

<strong>Collegio</strong>. Dove è raro che qualcuno riesca ad avere una vera<br />

e propria vita privata, dove i muri sono sottili e le donne<br />

tante, dove voci più o meno fondate corrono in fretta, dove<br />

tutti in fondo sono un po’ portinai.<br />

Ma anche questo è bello, perché ti fa sentire parte di una<br />

comunità, dove l’influenza di uno coinvolge anche gli altri,<br />

dove si cucina insieme sbagliando e imparando, dove c’è<br />

sempre qualcuno che arriva dove non arrivi tu.<br />

Credo che la vita di un piano di <strong>Collegio</strong> abbia di buono<br />

soprattutto questo.<br />

Comporta uno stile che la nostra società ha ormai abbandonato,<br />

lo stile della comunitarietà. È un concetto che è stato<br />

soppiantato dallo sviluppo economico e tecnologico, per cui<br />

si possono benissimo ignorare i propri vicini di casa, trovandosi<br />

invece tre volte a settimana con gente che abita a trenta<br />

chilometri. Il collegio invece è un po’ come il paesino di<br />

una volta, o se vogliamo come la grande cascina di campagna,<br />

con quattro o cinque famiglie che vivevano insieme,<br />

dove la convivenza era spesso difficile e le liti certo non<br />

mancavano, ma non mancava nemmeno una rete di supporto<br />

per le difficoltà quotidiane. Il collegio ti costringe a<br />

questo, a vivere in comunità: e credo sia un’opportunità che<br />

nel mondo di oggi è un grande ricchezza.<br />

ciavano l’ora dei pasti: “Caruso, vieni in menzaa?”. La<br />

mensa, dove ti può capitare di pranzare o cenare con altri<br />

amici del caro Renato, parlando di qualsiasi cosa, con<br />

una spiccata preferenza per un argomento: le ragazze del<br />

collegio! I miei amici non collegiali me lo dicono sempre:<br />

“Tu vivi in un harem, chissà cosa succede di notte!”. E che<br />

ne so io!!! Invece, la domenica sera niente mensa, perché<br />

chiusa, e quindi pizza per tutti: ah, come ricordo la mia<br />

pizza preferita, quella con scaglie di forfora e olio piccante<br />

di cuoio capelluto!<br />

Come non ricordare le feste in cucina o in sala ping<br />

pong… compleanni, lauree, San Martino, Natale… e come<br />

non dimenticare il volto marmoreo scolpitosi per l’occorrenza<br />

da mamma Furci mentre mi ordinava, con voce<br />

metallica e atona, di pulire in un microsecondo la schifezza<br />

che, colpevolmente, avevo lasciato solidificare sui pavimenti<br />

vicino alla sala ping pong dopo la festa del mio<br />

compleanno!<br />

Come non ricordare i g...i scusate, ma non posso scriverlo,<br />

altrimenti verrei sequestrato e sottoposto a lavaggio del<br />

cervello dai tutori dell’ordine pubblico del collegio! Ricor-<br />

40 41<br />

Daniele Simondi<br />

datevi: i g...i non si fanno (chi vuole intendere intenda, altrimenti<br />

in camper!).<br />

Quante cose potrei raccontare… Stare in collegio ha cambiato<br />

la mia vita perché si è proiettati in un luogo dove divertimento,<br />

responsabilità, doveri, amicizie e, perché no,<br />

amori si intrecciano e ti fanno crescere, molto. Il non sentirsi<br />

mai soli e il far parte di qualcosa di bello…così ci si<br />

sente dal caro amico Renato! Ma bisogna essere attivi nel<br />

ricercare e nel proporre, perché le opportunità di rendere<br />

il soggiorno indimenticabile sono numerose.<br />

Io sto per andare in Danimarca e godere dello status di<br />

studente Erasmus, ma so che Renato e i suoi amici mi<br />

mancheranno. Magari andrò a vivere in un collegio e ad<br />

accogliermi ci sarà una giovane coppia, alti e biondi entrambi:<br />

Nicolansen e Carmelansen!! Spero vivamente di<br />

poter ritornare da te, caro Renato, ma, nel frattempo, auguro<br />

buon divertimento e buona fortuna a tutti i tuoi (e i<br />

miei) amici. Hej!<br />

Alessandro Fazio, ex 124 M.Vittoria<br />

COLLEGIO... MI SENTO A CASA<br />

Le sei del mattino di una torrida giornata di luglio: l’alba<br />

filtra attraverso la finestra spalancata al termine di<br />

una notte quasi insonne per via dell’afa e dello stress, e<br />

restituisce i contorni alle cose, rivitalizza i colori. Sono molto<br />

affezionata a questo luogo, mi sento a casa. Guardo gli<br />

oggetti, i soprammobili che ho sistemato con ordine preciso;<br />

guardo i vari poster che, poco alla volta, ho affisso alle pareti<br />

per vivacizzare l’ambiente; la tovaglietta di carta di una<br />

pizzeria, il sottobicchiere di un pub, il biglietto da visita di<br />

un locale, l’ingresso a teatro, il volantino di una mostra, la<br />

fotografia di una gita, un biglietto d’auguri, un messaggio<br />

su un post-it; rileggo le frasi, le citazioni, le poesie e le canzoni<br />

che ho scritto sulle porte, quasi a lasciare un’espressio-<br />

ne di me stessa, un sentimento, un segno indelebile del mio<br />

passaggio… Ognuno di questi oggetti ridesta in me un ricordo,<br />

tutto racconta una storia: la storia di cinque anni di<br />

università e di giovinezza, cinque anni di vita intensa, di felicità<br />

piena! Mi abbandono al flusso dei ricordi, mi lascio<br />

trasportare dolcemente… Come non cedere ai rimpianti, come<br />

non cadere nella nostalgia? Ma, in fondo, perché resisterle?<br />

Come dice una canzone di Giammaria Testa, “la nostalgia,<br />

se c’è, è perché c’è stato prima qualcosa per cui vale<br />

la pena di provare nostalgia”.<br />

… Ricordo il mio ingresso da matricola, piena di emozioni e<br />

di aspettative: un giro di presentazioni, l’affiatamento che<br />

vedevo nei compagni più grandi e che mi aveva reso fiducio-

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