18.01.2013 Views

RTAntis - Artantis.info

RTAntis - Artantis.info

RTAntis - Artantis.info

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

DUE & TREPUNTI<br />

ARTA ntis.<strong>info</strong><br />

18<br />

SelfMedia: il KitPaz<br />

… fu mai detto che Pazienza<br />

è un antesignano del medialismo?<br />

di Luis Alej Vallejo<br />

“MI CHIAMO Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza ...<br />

disegno da quando avevo 18 mesi, so disegnare qualsiasi<br />

cosa in qualunque modo ... Ho fatto il liceo artistico,<br />

una decina di personali e nel ‘74 sono divenuto socio di una<br />

galleria d’arte a Pescara ... Dal ‘75 vivo a Bologna.<br />

Sono stato tesserato dal ‘71 al ‘73 ai marxisti-leninisti.<br />

Io sono il più bravo disegnatore vivente.<br />

Morirò il sei gennaio 1984”.<br />

Era tutto vero ciò che Pazienza scriveva sulla sua chimerica<br />

autobiografia, eccetto il presagio finale che invece lo vede<br />

morire a soli 32 anni, appena compiuti, nel giugno 1988. Infatti,<br />

come ci racconta chi l’ha conosciuto ed è sopravvissuto a<br />

quella breve ma intensa stagione dei ’70-’80, Andrea Pazienza<br />

è stato una scheggia di vita, che ha lasciato una traccia<br />

indelebile nella storia dell’arte italiana della fine del ‘900,<br />

quella che Gabriele Perretta, anche grazie all’alter ego di<br />

Penthotal, definirà come prodromi dell’avventura medialista.<br />

Per ricordare Pazienza oggi basta poco, ovvero basta procurarsi<br />

quella ventina di volumi editi e riediti con le storie pubblicate<br />

nella stagione d’oro della satira italiana (da Linus al<br />

Male, Frigidaire, Tango). Ogni anno, in Italia, si riparla di Pazienza:<br />

siti, mostre, film, convegni, video, spettacoli teatrali,<br />

omaggi, tributi musicali, editoria, cartoline, manifesti e<br />

quant’altro alimentano l’amore che i fans mostrano per il lavoro<br />

di Paz. E così fu anche quando spuntarono le 17 tavole<br />

disegnate a 16 anni, tra il terzo e il quarto anno del liceo artistico<br />

a Pescara, ispirate a Prévert e raccolte da Fandango in<br />

un volume di pregio. Andrea Pazienza, il più clandestino e visionario<br />

dei “fumettari” ribelli degli anni Settanta, incontra sui<br />

banchi di scuola Jacques Prévert, poeta antiborghese del<br />

mitico Gruppo Ottobre. Come ben diceva la Pivano nell’introduzione<br />

al volume, il ragazzo deve aver scelto Prévert “per<br />

lo stesso desiderio di libertà che tutti e due hanno vissuto”. Nel<br />

campo pittorico, visto che Pazienza non aveva mai abbandonato<br />

la tecnica del dipingere, pur preferendo il fumetto,<br />

per non rischiare di trovare una sua opera “nel salotto di un<br />

farmacista”, se ne usciva dicendo “E ringraziate che ci sono<br />

io, che sono una moltitudine”. Infatti, in un supplemento al<br />

Male dell’81, Andrea scrive con una grafia quasi impersonale:<br />

“Dopo la pittura si è dedicato al fumetto mietendo successi<br />

e grano. ... nulla gli è impossibile, solo che non ha molta<br />

voglia. Il suo hobby è andare in bicicletta, anche perché non<br />

ha la macchina e gli hanno fregato il vespino. Ha collaborato<br />

ad Alter, e al Male. È stato tra i fondatori della rivista Cannibale<br />

e attualmente è redattore del mensile Frigidaire. Essendo<br />

così giovane, 24 anni, la sua carriera può definirsi senz’altro<br />

folgorante. Sotto l’aspetto fauto e salottiero nasconde abilmente<br />

torbidi legami con il movimento del ‘77 e con altri movimenti<br />

analoghi”. In effetti, se si prova a raffrontare un testo<br />

tedioso come Fuori cornice. L’arte oltre l’arte di Alessandro<br />

Dal Lago e Serena Giordano, uscito nel 2008, per i nuovi tipi<br />

dell’Einaudi, presto ci si accorge che Paz, sin dalla seconda<br />

metà degli anni ’70, con quella strana partecipazione alla<br />

generazione dei settantasettini, era riuscito ad anticipare ciò<br />

che ormai già da lungo tempo nella tribù delle talpe era<br />

all’esterno di “qualsiasi industria tardo artistica” e di qualsiasi<br />

quadro sistemico. Dal Lago e Giordano, nell’epoca in cui si è<br />

visto un grande processo di integrazione dei mercati e del<br />

collasso delle idee socialiste, hanno scoperto che il mondo<br />

dell’arte è circondato da esperienze artistiche non ufficiali,<br />

popolari, religiose, marginali di cui raramente la critica e la<br />

storia dell’arte si interessano. In un volume che scimmiotta i<br />

lavori di Bourdieu et altri, si analizzano opere ed esperienze<br />

creative che potrebbero tranquillamente essere collocate in<br />

quel mondo. Tre sono i casi studiati: l’arte votiva, l’outsider art<br />

e la street art. Secondo l’ex-debolista, all’arte degli outsider è<br />

sempre negata la consapevolezza del proprio lavoro, e questo<br />

li separa definitivamente dai colleghi cosiddetti sani e liberi<br />

e la street art è spesso compromessa con la dimensione<br />

dell’arte ufficiale. Per contro, come mai a nessuno di questi<br />

sociologi della cultura viene in mente di ricordare che Paz<br />

diede vita ad un’abile e critica rimozione del sistema dell’arte?<br />

Il volume di Dal Lago riconosce e discute le potenzialità<br />

dei campi limitrofi all’arte, al fine di rendere più ricca la discussione<br />

tra arte ed espressione umana, ma non dedica neanche<br />

una riga alla vicenda antropica ed al profilo underground<br />

del Paz-Zanardi più agguerrito! Una figura totalmente<br />

’77, che somiglierebbe più al percorso di un Jeff Beckley ,che<br />

a quello delle fotografie antropo-demonologiche di Enrico<br />

Giliberti, Lello Mazzacane o del nobile Franco Pinna. Diciamo<br />

che sia l’arte interna che quella al di fuori del sistema spesso<br />

non sottostà a delle categorie così rigide e a delle recinzioni<br />

così convenzionali! Paz, in tempi non sospetti, da buon “indiano<br />

metropolitano” ante litteram, ha pensato bene di<br />

sfuggire a questo come a qualsiasi altro approccio che lo<br />

volesse vedere tra i due o tre pop-artisti o neo-pop italiani<br />

della seconda metà del ‘900, magari annoverandolo al fianco<br />

di Schifano e poi ancora di Paladino. Un errore del genere,<br />

naturalmente da destra, anzi direi dall’estrema destra,<br />

che spara a zero contro il ’68 ed il suo portato rivoluzionario,<br />

giungendo sino alla generazione di Pazienza e di Perretta, è<br />

commesso dal libro di Luca Beatrice Da che arte stai (uscito<br />

di recente per un noto editore milanese), poi confluito nelle<br />

idee della mostra TRAFFIC ART: Paladino, Pazienza, Schifano<br />

(dal 6 al 16 luglio 2011, presso l’Accademia Albertina di Belle<br />

Arti di Torino), oppure nell’introduzione al Manuale di zoologia<br />

pazzesca allo spazio Art.Comix di Torino. Il traffichino Beatrice<br />

(profuso nella speculazione caotica della cultura italiana della<br />

seconda metà del ‘900, passando tra alti e bassi, pop e<br />

spop), sostiene che questa mostra a tre mani sarebbe una<br />

contaminazione fra arte e musica che prende avvio negli<br />

anni Sessanta coi dipinti di Schifano, per svilupparsi attraverso<br />

il fumetto di Paz dalla seconda metà del decennio seguente,<br />

momento in cui debutta Paladino. Ma cosa c’entra il popism<br />

di Schifano, col fatto che Pazienza s’iscrive nel ‘74 al DAMS di<br />

Bologna e con alcuni compagni di strada dà vita alla corrente<br />

del Nuovo Fumetto Italiano? Cosa c’entra lo stile di Paz col<br />

puro pittoricismo di cui parla Beatrice? Semmai, come ha<br />

ampiamente sostenuto Gabriele Perretta nella sua proposta<br />

di riscrittura della storia della pittura mediale italiana, Paz con<br />

molti dei suoi compagni di strada rappresenta uno degli indizi<br />

sostanziali della discorsività visiva medialista, che sin dall’inizio<br />

si muove con una forte carica esistenziale e politica (diremmo<br />

desiderante) fuori dalla cornice e da qualsiasi<br />

intelaiatura istituzionale, offrendo alle teorie del medialismo la<br />

sponda per spostare il discorso sulle aporie tra il fuori e il dentro<br />

del sistema. È vero che le collaborazioni in ambito cinematografico<br />

e musicale di Paz, come la copertina della PFM di<br />

Passpartù e i manifesti per il film La città delle donne di Fellini<br />

è intensa, ma ciò non mostra né un’apologia della cultura<br />

prog, né un panegirico o una sediziosa vicinanza di Paz alle<br />

occasioni di Snaporaz! L’energia creativa di Paz non deve<br />

fare i conti con la tardità della cultura e la crisi del boom economico<br />

e né con quella dimensione onirico-fiabesca che documenta<br />

i conflitti della condizione della donna italiana.<br />

Come ricorda lo stesso Andrea, la sua mobilità fuori e dentro<br />

l’industria culturale si attrezza alla ricerca di un’autonomia<br />

dell’user media, una flessibilità che nasconde legami con il<br />

’77 e con altri movimenti analoghi. Paz non c’entra niente<br />

con l’epigonismo-tardo concettuale di artisti come Paladino<br />

che nel 1977 si calano nel rassegnato “Silenzioso, mi ritiro a<br />

dipingere un quadro”. Altro che tardo manierismo fauves<br />

etc…, Paz nel ’77 coerente con la furia punk post-concettuale,<br />

che non è solo quella di Rotten, o quella disagiata dei Joy<br />

Division, realizza insieme a Stefano, Massimo, Marco, Filippo e<br />

Tanino, in omaggio all’omonima rivista diretta negli anni Venti<br />

da F. Picabia, Cannibale! Qui i media, per assurdo, sono visti<br />

dalla parte dei nuovi indiani Anasazi, che fanno avanti il loro<br />

disagio e conflitto relazionale nei confronti di una società dello<br />

spettacolo che si trova in una fase ormai matura di potere,<br />

oppressione e legittimazione. Paz con la serie de “Il Bestiario”<br />

è certo che “Ama gli animali ma non sopporta di accudirli”<br />

(scrive su Paese Sera nel gennaio 1981). I quasi 100 disegni di<br />

vario formato (dai piccoli 10x10 cm ai 40x30) testimoniano la<br />

sua grande passione per la medialità della natura e una<br />

vena disorientante nel catturare espressioni discordi, come<br />

era già nella tradizione europea di Balzac, Baude, La Bedolliere,<br />

Bernard, Stahl e soprattutto Grandville. Potremmo dire<br />

Nouveaux scène de la vie privée et publique des animaux<br />

con le vignettes di Paz, invece che di Jean-Ignace-Isidore<br />

Gérard. Si tratta di insetti, mammiferi, pesci, volatili che si donano<br />

in espressioni media-morfiche. Pazienza stesso è stato<br />

reso animale nel racconto di Stefano Benni “Paz e la carpa<br />

Nan Ch’ai” (1991). Anche il Paz di Benni è armato di block<br />

notes e pastelli, un medium popolare che ha in serbo il progetto<br />

di arrivare molto lontano; a Paz della carpa forse non<br />

gliene frega proprio niente, così come a Toulouse Lautrec interessava<br />

solo quel mediamorfismo allevato nell’universo del<br />

cartellone e dell’illustrazione popolare. In questo senso, per<br />

Paz è meglio la rilettura del ’77 offertaci da Gabriele Perretta<br />

nel ’97, grazie a Laboratorio Politico di Fine Secolo, lavoro che<br />

Beatrice in coppia con la Perrella nel ’98 (con Nuova arte<br />

italiana) hanno saccheggiato e assorbito e poi - com’è costume<br />

dell’Italia dei redattori di Libero e de Il Giornale - c’hanno<br />

ampiamente sputato sopra! Comunque, rispetto al medialismo<br />

di Paz, vale di più il recente Tribute di Siculiana (Ag).<br />

Il 29 aprile, nei locali del Centro sociale, è stato celebrato<br />

“Verdematematico”, un evento organizzato dal comitato<br />

provinciale Acsi di Agrigento. Si è trattato di una mostra “fumettara”<br />

dedicata a Paz, alle sue tavole e alla sua arte rivalutata<br />

enormemente solo dopo la sua morte. Sono stati esposti<br />

fumetti del Paz ed altri di natura satirica di autori locali. Si è<br />

potuto anche far visita ad una estemporanea di pittura ed<br />

assistere ad un concerto live di Cesare Basile con “Le Bizzarre<br />

Avventure”. Una volta, al tempo di Paz, c’erano gli Skiantos,<br />

oggi per Beatrice ci sono i sorcini e i neo-sorcini. Non c’è nulla<br />

che assomigli alla stagione primo mediale di Paz e dei Cannibali.<br />

“La marcia della merce marcia” è un calypso postindustriale,<br />

che si perde in mille rivoli e giustificazionismi per ribadire<br />

che tra “il Sublime e l’idiota” Luca Beatrice sceglie<br />

semplicemente Berlusconi! Cosa vuole essere la generazione<br />

dei Banali epigoni: distor-tori della storia? No. Irriverenti? Si.<br />

Demenziali? Abbastanza. Sicuramente falsati e s/pop! Sicuramente<br />

gli opportunisti o i revisionisti dell’arte italiana! Fate un<br />

po’ voi! In questo modo si presentano i figli dell’amplesso berlusconiano<br />

che da juventini e sorcino-dipendenti, non hanno<br />

nessun sodapop da spartire con Andrea! Andrea era e resta<br />

un preavvertimento dell’anti-oclocrazia mediale!<br />

ARTA ntis.<strong>info</strong><br />

19

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!