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PROFILI<br />

ARTA ntis.<strong>info</strong><br />

22<br />

I paradossi mediali della pittura<br />

e del suo oltre<br />

Antonella<br />

di Nathalie Celen<br />

MAZZONI<br />

«La singolarità della pittura mediale - ha osservato Gabriele<br />

Perretta - è di cominciare con qualcosa di così evidente<br />

da non sembrare neanche degno di essere affermato, e di<br />

finire con qualcosa di così paradossale che nessuno ci crederebbe».<br />

I paradossi, in effetti, sono sempre stati uno degli<br />

strumenti preferiti della Pittura Mediale e di chiunque voglia<br />

praticare un approccio critico al sapere ed alla costruibilità<br />

visiva. La loro tradizione è così lunga e fiorente che si può<br />

dire che essi siano nati insieme al linguaggio stesso dell’arte.<br />

Lungi dall’essere un’aberrazione della mente o comunque<br />

qualcosa da rifuggire, come ha fatto notare il teorico del<br />

medialismo, «più di una volta nella pittura la scoperta di un<br />

paradosso ha rappresentato l’occasione per una rilevante<br />

ricostruzione dei fondamenti del pensiero visivo», uno strumento<br />

per migliorare un segno o per consentire di formularne<br />

nuovi e più potenti contributi comunicazionali. E’ stato<br />

così, tanto per citare alcuni esempi, per lo sviluppo dell’analisi<br />

artistica e mediale nel XX secolo, che si giovò grandemente<br />

dei paradossi di Zenone, ed è così, anche per l’inizio<br />

del XXI secolo, per la teoria degli insiemi mediali, fondata sul<br />

celebre paradosso di Perretta, grazie ad Antonella Mazzoni.<br />

Ma cos’è esattamente un paradosso mediale? Ci aiuta<br />

a rispondere a questa domanda una frase scritta di recente<br />

dalla Mazzoni stessa, che serve a giustificare il senso di<br />

tutta la sua poetica: “la pittura è il corpo fisico di un pensiero,<br />

di una intuizione da offrire e condividere con gli altri”.<br />

Con questo statement l’artista delinea il suo profilo che di<br />

recente ha trovato immediato riscontro nel concetto e nelle<br />

opere realizzate per la personale “POST-dolomIT”, alla<br />

galleria Antonella Cattani contemporary Art di Bolzano. Durante<br />

il suo ventennio di attività, Antonella Mazzoni ha esposto<br />

in gallerie private di diverse città italiane e straniere e in<br />

alcuni musei, ma una buona parte del suo percorso è noto<br />

per aver fatto parte di quell’area di ricerca che sin dalla<br />

fine degli anni ’80 Perretta definì medialismo. L’idea che<br />

motiva il suo percorso storico è realizzata attraverso la pittura<br />

acrilica con aerografo su tela. Questo perché, secondo<br />

la Mazzoni, la pittura è un linguaggio universale, che non ha<br />

bisogno di un’esperienza indiretta, ma che grazie ad una<br />

possibilità diretta di organizzazione e traduzione della medialità<br />

verbosisiva riesce a trattenere una consapevolezza<br />

che tutti possono aver vissuto in prima persona. L’immagine<br />

della Mazzoni, sin dall’inizio dell’esperienza mediale è realiz-<br />

Serie “Via col vento”: Banderuola e uccellini 2003<br />

acrilico su tela, cm 90x47<br />

zata in modo “figurativo”, per rendere espliciti i riferimenti<br />

metaforici e per giocare sulle forme sintagmatiche del paradosso.<br />

La sua investigazione mediale è tra il non detto<br />

dell’immagine e il non detto della parola. Ogni progetto è<br />

composto da un numero chiuso di opere, da un testo scritto<br />

sulle opere stesse e dal titolo. Questo offre una visione complessa,<br />

leggibile a vari livelli, ma che soprattutto Perretta ha<br />

annoverato tra le esperienze cardine dell’immagine concettuale<br />

e neo-mediale degli anni ‘90. La necessità è quella<br />

di condividere con lo spettatore l’intuizione dell’arte perché<br />

le cose possano continuare ad accadere. Infatti il<br />

percorso della Mazzoni rasenta persino la congiunzione tra<br />

pittura e originarie forme interattive. Sotto il profilo etimologico<br />

un paradosso è un’asserzione che va contro (in greco<br />

parà) l’opinione comune (doxa). Ma la sua definizione più<br />

esauriente e più largamente accettata è quella secondo<br />

cui un paradosso è «una conclusione apparentemente<br />

inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente<br />

accettabili, mediante un ragionamento apparentemente<br />

accettabile». A questa definizione rispondono anche i paradossi<br />

elencati dalle opere della Mazzoni, che con i suoi<br />

statementent e i suoi testi che accompagnano i lavori sembra<br />

che riportino, in ordine alfabetico, tutti i più celebri<br />

“rompicapi” che hanno accompagnato la storia della pittura<br />

mediale da Achille e la tartaruga sino a Perretta. Poiché<br />

Achille corre più velocemente della tartaruga, le concede<br />

un vantaggio iniziale; ma quel vantaggio non lo<br />

recupererà più. Nel tempo in cui egli copre il suo svantaggio<br />

rispetto alla concorrente, infatti, anche questa si è mossa,<br />

acquisendo di nuovo un piccolo vantaggio; e quando<br />

Achille avrà coperto anche questo svantaggio, la tartaruga<br />

si sarà spostata ulteriormente in avanti, acquisendo un<br />

altro, seppur minimo, vantaggio. Il ragionamento può essere<br />

iterato all’infinito, così che Achille non raggiungerà mai la<br />

tartaruga, perché per farlo dovrebbe colmare gli infiniti<br />

frammenti di spazio e intervalli di tempo che lo separano<br />

dalla tartaruga. Nella realtà, ovviamente, sappiamo che<br />

l’eroe non solo raggiungerà la rivale, ma la supererà senza<br />

sforzo. Lo scopo di questo paradosso, tuttavia, è di mettere<br />

in luce i limiti degli strumenti con cui siamo soliti affrontare la<br />

realtà, in particolare per quanto concerne le concezioni di<br />

spazio e di tempo. È questo il compito dei paradossi: mettere<br />

in discussione le nostre convinzioni, denunciare la fallacia<br />

dei ragionamenti intuitivi con i quali spesso cerchiamo di<br />

decifrare i fenomeni che ci circondano. Basta pensare, ad<br />

esempio, al cosiddetto dilemma degli Haiku di Basho, che<br />

la Mazzoni ha recentemente messo al centro di un suo progetto<br />

di mostra davvero molto curioso ed enigmatico. “Ho<br />

attinto alle foto personali e di amici scattate nei luoghi delle<br />

sopra<br />

Serie “L’illusione dell’innocenza”:<br />

Bolivia e fascia di contenzione del psichiatra 2009<br />

acrilico su tela, cm 90x47<br />

Borsa del pompiere ed un suo pennello 2009<br />

acrilico su tela, cm 90x47<br />

Dolomiti durante le vacanze: non foto artistiche o cartoline<br />

dunque, ma foto ... vere, scegliendo quelle meno riconducibili<br />

allo skyline più riconoscibile. Ma l’immanenza della natura<br />

si confronta con la presenza effimera dell’uomo! Su<br />

ogni tela ho dipinto il trompe l’oeil di un post it, in dimensioni<br />

originali, su cui ho trascritto una haiku di Matsuo Basho,<br />

poeta giapponese 1644/1694.”L’haiku è una poesia dai<br />

toni semplici, senza alcun titolo, che elimina fronzoli lessicali<br />

e congiunzioni, traendo la sua forza dalle suggestioni della<br />

natura e delle stagioni e avviando un’esperienza di sintesi<br />

premedialista. L’estrema brevità della composizione richiede<br />

una sommario di pensiero e di immagine che viene riscoperto<br />

e tessuto dalla pittura mediale. La mancanza di<br />

nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di<br />

suggestioni, quasi come una traccia che il lettore può seguire<br />

e completare. Incisività e brevità sono inoltre caratteristiche<br />

comuni ai messaggi o annotazioni che lasciamo su<br />

un post it; da qui l’idea di impiegare questo supporto, abitualmente<br />

utilizzato per richiamare la nostra attenzione e<br />

ricordarci che ..., con fini diversi possiamo fare esercizio di<br />

memoria e di traduzione. In un’altra mostra realizzata di recente<br />

alla Galleria Steccata e che portava il titolo emblematico:<br />

“L’illusione dell’innocenza”, la Mazzoni ha potenziato<br />

ancora di più il paradosso medialista. Con la sua<br />

consueta ostinazione, ha trasformato in esperienza mediale<br />

arti e mestieri, mettendo insieme da un lato una concettualità<br />

eclettica e dall’altro costruendo l’iperbole dello<br />

scambio con la realtà. La Mazzoni dimostra di saper recuperare<br />

una manualità e una forza della tradizione impeccabile,<br />

ma apre anche ad una sottile intellettualità come<br />

gioco e scoperta. Qui l’idea, direbbe Perretta, rimane il discrimine<br />

del vedere e del dimenticare. La parola tradotta in<br />

pittura e in visione sottende all’immagine e crea una zona<br />

interrogativa in cui si inseriscono nuovi significati, nuove potenziali<br />

declinazioni del senso e dell’esercizio stesso del vedere.<br />

La parola mediale è fondamentale, essa agisce<br />

ARTA ntis.<strong>info</strong><br />

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