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Quinto classi�cato<br />

Grand'Hotel FABRIZIO GOTTA<br />

Una felicità in punta di piedi, un sospiro di perplessità, �no alla pagina successiva di quel libro perfetto, un petalo<br />

dopo l’altro, sparpagliando le parole ora su un fuoco espressivo, ora su un’alba vergine dai colori divini.<br />

Erano frasi di un vecchio romanzo, dove le ninfee galleggiavano felici su un’acqua limpida e ferma.<br />

Tutto questo intrigava il professor Wells, un letterato cinicamente schierato contro le novità, con un calendario<br />

in ritardo e fuori moda.<br />

Londra, la sua città, si nascondeva tra la bruma e le nebbie, avviluppata certi giorni in un’umida atmosfera, dentro<br />

cui persone e cose dissolvevano i contorni; anche il vento giocava secondo le stagioni, portando via le foglie ai<br />

platani di Great Russel Street davanti al British, muovendosi ai suoi occhi come una poesia imperdibile.<br />

Ogni mattina si a�rettava verso la London School con un sontuoso doppiopetto, salutava l’immancabile Elisabeth,<br />

la segretaria, poi apriva la porta dello studio con un cigolio sempre uguale. Lei lo guardava a�ascinata da quello<br />

stile: forse un giorno, accoccolata sulla scrivania, gli avrebbe chiesto di recitare qualche poesia solo per lei. Si<br />

raccontava che frequentasse amiche sullo stile dei romanzi di Cechov, vestite contro ogni tentazioni, ma che la sua<br />

preferita fosse una Frau, dove si sprofondava per ascoltare Mozart e Chopin a luci spente.<br />

Il corpo dei docenti, anche per quell’anno, aveva deciso di a�dare al professor Wells il viaggio con gli studenti in<br />

una città d’arte e a Elisabeth, l’organizzazione: capolinea Parigi, con i presupposti di un percorso d’incantevole<br />

atmosfera.<br />

Il Grand Hotel d’Angleterre, in rue Jacob, si a�acciava su un giardinetto con camelie e una fontana di marmo, dove<br />

Hemingway prendeva appunti per i suoi libri.<br />

Il portiere, capo assoluto della reception, sembrava un generale e come un attore, porgeva con un largo gesto del<br />

braccio le chiavi agli ospiti, come se fossero preziosi amuleti. In un perfetto inglese accolse il gruppo del professor<br />

Wells e subito dopo, si propose con un colpo di scena, producendosi in un articolato piegamento, per raccogliere<br />

sotto il bancone, una bombetta della city, mettendosela poi in testa, attivando così l’applauso di tutti, facendo<br />

presupporre un dialogo simpatico su quella permanenza.<br />

Elisabeth, curiosa, si avvicinò a lui ancora sorpresa da quell’esibizione. A suo giudizio poteva essere inglese e<br />

chiamarsi Albert o Williams; lui la guardò con interesse, come si osserva un diamante portato, con il mistero della<br />

sua storia. Si presentò come Charles. La famiglia per cui lavorava a Londra come maggiordomo si era trasferita a<br />

Parigi, lasciandola qualche tempo dopo per la reception di quel Grand Hotel.<br />

La storia era talmente a�ascinante che anche Elisabeth raccontò di sé, di quando fece qualche apparizione come<br />

cantante nei pub di Londra; Charles ammaliato da quella dolcezza, da quel peccato raccontato a bassa voce, svelò<br />

anche lui la sua passione per la musica, con il suo sax sempre pronto per le note di Round Midnight.<br />

Era cominciato così uno straordinario viaggio nella verità: gli occhi di Elisabeth erano ridenti e chissà perché<br />

il professor Wells se ne accorse, incitandola a con�dare quella gioia, giocando con le parole, come se svelato il<br />

segreto potesse sorgere una nuova identità.<br />

Era stato Charles disse lei, raccontando l’incontro, un buon con�dente, una vera sorpresa. Wells con l’animo di<br />

un ragazzo che si sente perso nella malinconia dei suoi segreti, infranse anche lui �nalmente il riserbo e, con un<br />

guizzo da vero letterato citò se stesso come uno scapigliato pianista, innamorato di quella musica, infrangendo<br />

di fronte a Elisabeth quella parvenza di burbero serioso.<br />

A carte scoperte decisero di incontrare Charles, per raccontarsi quelle esperienze musicali incrociate. Al centro del<br />

salone nel Grand Hotel un pianoforte li aveva messi insieme, fu organizzato il concerto. Gli studenti erano in prima<br />

�la sorpresi e incuriositi: sul palco Elisabeth alla voce, Wells in un completo arancione al piano e il maggiordomo<br />

con il suo magico sax.<br />

Quella notte sul cuscino del professore correvano i fantasmi per quel salto nell’avventura, sentiva ancora gli<br />

applausi del pubblico e gli abbracci dei laureandi con la loro salda complicità. Charles, il giorno dopo era davanti<br />

al Grand Hotel per salutarli prima del loro rientro a Londra e, con un altro dei suoi guizzi si produsse come un<br />

mimo, che usa la maschera e il gesto, regalando la sua anima con le mani che a�ondavano nell’aria, andando<br />

lentamente verso il cielo, spezzandola in tanti piccoli frammenti per donarla a ognuno di loro.<br />

Nella London School qualche giorno dopo Wells non si fece cogliere alla sprovvista, quando gli studenti a sorpresa,<br />

gli regalarono un contratto jazz al Ronnie Scott, improvvisando per loro una plastica piroetta acrobatica di<br />

ringraziamento.<br />

Londra per lui stava cambiando, i passi pesanti da docente di letteratura si erano trasformati in una leggera<br />

cadenza ritmica, aveva ancora negli occhi quel pianoforte al Grand Hotel e la voce di Elisabeth, con la camicetta<br />

bianca alla francese.<br />

Anche i platani davanti al British adesso li vedeva come grandi foulard vibranti nel vento, un’abilità suggestiva<br />

regalata da Charles, scolpita in quel viaggio trasgressivo, da cambiargli la vita.<br />

I Racconti Dei Premiati<br />

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