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Primo incontro FAUSTO FERRETTI<br />
Aveva iniziato a percepire qualcosa al di fuori della sua dimora e fu in quel momento che si pose la domanda<br />
se erano stati i rumori provenienti dall’esterno a risvegliare la sua consapevolezza o se la coscienza era già<br />
presente.<br />
Quei suoni erano �evoli e distorti dalle pareti del suo habitat ma erano sicuramente una presenza reale.<br />
Fin da quando poteva ricordarsi, il suo mondo era stato suddiviso da quei morbidi tramezzi che lo avevano<br />
sempre protetto e riscaldato. Il liquido che saturava l’interno era un’ulteriore sicurezza.<br />
Era unito al suo ambiente sia �sicamente che mentalmente e si poteva facilmente cadere nell’errore di considerarli<br />
una creatura sola. Anch’egli si sentiva un tutt’uno con la sua dimora anche se era sicuro di essere un’entità<br />
distinta.<br />
L’unico contatto con il mondo esterno era dato dalla percezione dei rumori e dalle repentine compressioni<br />
delle pareti come se qualcosa ci si appoggiasse sopra. Qualcuno che produceva tutto questo all’esterno, doveva<br />
esserci. Queste sensazioni erano sempre lievi e ovattate ma riuscivano a lasciare dei segni ben de�niti nella sua<br />
mente.<br />
Era sicuro di dover intraprendere un viaggio verso il mondo esterno. Un cammino molto più lungo e pericoloso<br />
di quello che aveva percorso �no ad adesso. Non sapeva chi lo avesse avvertito di questo viaggio, ma conosceva<br />
precisamente che sarebbe iniziato soltanto una volta al di fuori della sua dimora. Queste idee producevano in<br />
lui un’inquietudine che rasentava il terrore.<br />
Le stesse voci interne che gli sussurravano di questo viaggio cercavano di confortarlo dichiarando che gli esterni<br />
lo stavano aspettando con ansia e lo avrebbero sicuramente aiutato.<br />
L’idea del percorso era sempre presente in lui in quanto il momento del passaggio era più pericoloso e terribile<br />
di tutti quelli futuri. Ci pensava anche quando allungava le membra per distendere i suoi piccoli muscoli, unico<br />
modo per limitare il disagio della posizione costante ed allenarsi ad uscire.<br />
Mentre il tempo trascorreva inesorabile, lui diventava sempre più grosso e la sua dimora risultava più stretta<br />
e angusta e questo lo faceva preoccupare ulteriormente.<br />
Negli ultimi tempi una nuova idea aveva fatto breccia nella sua mente: “chiunque ci fosse stato fuori non lo<br />
voleva” perché continuava a comprimere le pareti del suo nido lasciandogli sempre meno spazio.<br />
All’improvviso, si accorse che qualcosa stava cambiando repentinamente. Il liquido caldo in cui aveva sguazzato<br />
per tutto il tempo se ne andò risucchiato dall’apertura creatasi verso il basso. Le pareti iniziarono a schiacciarlo<br />
con una forza poderosa: sentì tutte le membra accartocciarsi in posizioni mai tenute prima. Nei brevi attimi in<br />
cui non veniva compresso cercava di girarsi, perché era la posizione dove sentiva meno male. Ancora un colpo<br />
più potente. Il timore di non avere la forza per girarsi, si tramutò in terrore. Le pareti lo strinsero ancora più forte.<br />
La sua testa puntava verso l’uscita. Il corpo subiva una pressione intollerabile. I rumori crescevano a dismisura.<br />
Perché il suo accogliente spazio vitale lo stava facendo so�rire in questo modo se l’aveva sempre protetto? Lo<br />
spasmo delle pareti fu risoluto e violento. Un puro terrore lo fece sussultare, ormai la sua vita era �nita.<br />
Imboccò l’uscita e si ritrovò travolto da un’in�nità di sensazioni mai provate prima. Il suo corpo era ancora<br />
umido. I rumori erano così forti da fare male alle orecchie. Il tremore era costante ma non riusciva a de�nire se<br />
fosse la paura o qualcosa d’altro. Queste percezioni furono così violente e intense da fargli rasentare la follia.<br />
Il panico fu totale: cercò di sfogarsi in qualche modo, per la prima volta dalla sua gola un suono squillante saturò<br />
l’aria. Quest’urlo piangente ebbe la proprietà di riempire un poco il vuoto lasciato dalla perdita della sua dimora,<br />
dandogli un po’ di sollievo.<br />
Le idee che aveva fatto sull’esterno erano niente in confronto all’inospitalità reale, ma ormai era stato separato<br />
per sempre dal luogo della sua maturazione e non poteva sperare di rientrarci anche se lo desiderava con tutto<br />
il suo essere. Mentre ancora si stava disperando, una sensazione nuova e molto piacevole lo avvolse: qualcuno<br />
o qualcosa stava s�orando la sua pelle ormai asciutta. Quel tocco aveva il potere di calmarlo. Pian piano il suo<br />
sguardo mai utilizzato si focalizzò su qualcosa. Dei puntini luminosi lo stavano osservando e questo sguardo<br />
aveva la forza di spegnere i suoi timori. Questi si disciolsero repentinamente come erano comparsi.<br />
Capì in quel momento che, anche se il viaggio avrebbe potuto essere lungo e irto di pericoli, quegli occhi<br />
in�nitamente stanchi ma sprizzanti gioia e amore sarebbero stati sempre li a sorreggerlo. Gli occhi di una<br />
persona sconosciuta. No! Di una madre non ancora conosciuta.<br />
I Racconti<br />
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