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Untitled - Atm

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Un giorno nel futuro SAMANTHA DEPANIS<br />

Tutto quello che state per leggere è capitato realmente ma ogni volta che lo racconto nessuno vuole credermi. Ora<br />

provo con voi...<br />

E' una mattina come tante e dopo aver fatto colazione ed essermi preparata, mi incammino verso la fermata dello<br />

scuolabus. Come il solito, per la smania di dormire quei dieci minuti in più, sono in perfetto ritardo. Con passo veloce<br />

per non rischiare di perdere il bus, ad un certo punto metto male un piede e cado a terra sbattendo la testa contro il<br />

marciapiede. Buio totale. Quando riapro gli occhi, mi guardo in giro inebetita chiedendomi che cosa stessi facendo<br />

sdraiata sull'asfalto; nel giro di dieci secondi però mi torna interamente la lucidità e con essa il panico. Guardo<br />

l'orologio e quando constato che sono le 9:10, mi sento di nuovo svenire. Contrariamente mi alzo di tutta fretta<br />

e corro verso la scuola visto che ormai il pullmino sarà passato da almeno un'ora. Dopo una corsa sfrenata, arrivo<br />

davanti al portone. Esausta, salgo le scale ed entro in classe pronta con una giusti�cazione inventata sul momento.<br />

Con mia grande sorpresa però è tutto così diverso e surreale. Sembra quasi di essere nel... futuro? Come se invece di<br />

un'ora, fossi rimasta svenuta per un'eternità. Provo a sfregarmi gli occhi ma capisco che non sto sognando dopo aver<br />

cacciato un urlo per essermi tirata un pizzicotto.<br />

Con rassegnazione decido non perdere la calma e analizzare la situazione. Noto innanzi tutto che è un futuro diverso<br />

da come me lo sarei immaginato. Qua e là per l'aula ci sono dei robot ultra tecnologici, ma la cosa che mi sorprende<br />

di più è il paradossale fatto che questi sono in compagnia di cavernicoli e piccoli dinosauri che si ergono sulle zampe<br />

posteriori.<br />

Quindi mi trovo nel futuro o nella preistoria? Non sapendo come comportarmi di fronte ad una scena così astratta<br />

e bizzarra, decido di prender tempo e mi dirigo verso il mio solito banco. I robot chiacchierano animatamente con<br />

i cavernicoli non curanti della mia presenza. Man mano che mi avvicino però, sento che il loro linguaggio mi è del<br />

tutto incomprensibile. Passando di �anco ad un robot solitario, vedo che mi segue con lo sguardo. Il cuore inizia a<br />

battermi all'impazzata, poiché non saprei proprio cosa fare nel caso in cui mi interpellasse. E ciò ovviamente accade.<br />

Nella sua strana lingua mi dice: "ies ihc?". Io rimango in silenzio, paralizzata. Ripete nuovamente la frase. Cerco di farmi<br />

coraggio. Anche se non posso capire il linguaggio intuisco dall'intonazione della voce che è una domanda. Scansiono<br />

velocemente tutte le possibili domande brevi che si possono porre: "come ti chiami" è troppo lunga; "da dove vieni"<br />

sono tre parole quindi la scarto... sembra piuttosto incuriosito dalla mia presenza... (è ovvio, io sono diversa da tutti<br />

loro). Un attimo dopo visualizzo le parole "ihc ies" e mi rendo conto con stupore che non è una lingua straniera ma è<br />

soltanto la frase "chi sei " al contrario. Allora gli rispondo, (un po' lentamente perché devo invertire le parole per farmi<br />

capire). Però man mano che parliamo al contrario, mi abituo e mi viene sempre più naturale e così facciamo amicizia.<br />

Lui con una voce metallica mi dice che si chiama 3.5.2000 baz, ma per gli amici è semplicemente Bob. Io avrei mille<br />

domande da porgli ma ce n'è una in particolare che mi preme. "Mi aiuterai a farmi ritornare a casa nel mio tempo?"<br />

Bob mi guarda e dopo una lunga pausa ad e�etto mi dice che non è in grado di farlo. Io sto per mettermi a piangere<br />

ma lui fa una specie di risata gracchiante e aggiunge: "Però conosco chi ti può aiutare!". Lascio andare un sospiro di<br />

sollievo misto ad un senso di svenimento. Mentre ci incamminiamo Bob mi racconta un sacco di cose bersagliato dalla<br />

mia ra�ca di domande. Apprendo così che il tempo in realtà ha una forma circolare e tutto alla �ne si ricongiunge<br />

con l'inizio e che quindi il concetto di passato e futuro dalle loro parti non si usa più. Ecco perché c'erano i cavernicoli<br />

a scuola!<br />

Arriviamo davanti ad una costruzione in metallo. "Questa è casa mia!" dice Bob. "Dobbiamo aspettare che sia notte per<br />

incontrare Sinus, colui che potrà aiutarti."<br />

Entrati in casa mi o�re un the e mi fa conoscere suo fratello Tot. Lui al contrario di Bob è un cavernicolo molto strano.<br />

Passiamo l'intero pomeriggio a giocare con degli strani videogiochi con realtà tridimensionale e �nalmente giunge<br />

la notte. Tutti e tre ci incamminiamo verso la dimora di questo enigmatico personaggio di nome Sinus. Ad un certo<br />

punto imbocchiamo un sentiero in discesa per sbucare poco dopo in un grosso letto di �ume. "Ma dove siamo?"<br />

domando allarmata. Bob mi tranquillizza e mi dice che Sinus in realtà è un pesce molto saggio. Dopo cinque minuti di<br />

marcia eccoci davanti ad una struttura simile ad un castello ma dalle pareti dorate. Entriamo e scorgiamo un bagliore<br />

in lontananza. Avvicinandoci capisco che è un focolare. La voce di Sinus spezza il silenzio. "Benvenuti nella mia umile<br />

dimora, amici!" Bob lo saluta e gli spiega il mio problema. Sinus si alza e mi viene incontro. E' davvero brutto ma stranamente<br />

nella sua voce c'è una pacatezza che mi mette a mio agio. "Tu strana creatura vuoi davvero ritornare nella tua<br />

dimensione temporale qualsiasi essa sia?" Io annuisco. "Allora devi semplicemente pronunciare queste quattro parole:<br />

PORTUS-MAGICUS-PASSATUM-FUTURUS". Ripeto la formula ma non succede nulla. Guardo Sinus con aria interrogativa<br />

ma lui mi tranquillizza dicendomi che ci vorrà solo qualche secondo. Bene, giusto il tempo per andare ad abbracciare<br />

Bob. Lui con aria triste mi dice: "Chissà, un giorno ci rincontreremo..." Poi inizia a girarmi la testa vorticosamente e cado<br />

in un sonno profondo.<br />

Quando mi risveglio vedo tutto appannato. Mi ci vuole un po' prima riuscire a mettere a fuoco. Sono in una piccola<br />

stanza dalle pareti verde-chiaro, stesa in un letto avvolta da lenzuola bianche. Entrano due persone in camice bianco<br />

e di �anco al letto c'è mia mamma che mi guarda con aria preoccupata.<br />

"Come ti senti oggi? Hai sbattuto forte la testa e deliravi, hai avuto delle allucinazioni..." Io non rispondo, sono confusa.<br />

Il tizio in camice bianco inizia a parlare con quella �nta aria paterna: "Stai tranquilla; vedrai che con il nostro aiuto<br />

guarirai..." Io scoppio a ridere e tra me penso: "Ma qui sono diventati tutti matti! Insistono con la storia della caduta ma<br />

io nel futuro ci sono stata davvero!"<br />

I Racconti Dei Giovani Autori<br />

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