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Untitled - Atm

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La Deviazione ROSA OLIVETO<br />

Alle prime ore del giorno un leggero fascio di luce raggiunse Marcella. Quasi contemporaneamente suonò la<br />

sveglia. Era prestissimo, ma la puntualità era la sua dote maggiore insieme alla tenacia. Si preparò prendendosi<br />

tutto il tempo di cui aveva bisogno, e raggiunse l’auto che teneva parcheggiata all’interno della villa.<br />

Guardò l’orologio: era in perfetto orario, anzi era anche in anticipo sul programma. Aprì la portiera e si sedette;<br />

dopo chiuse la sedia a rotelle e la sistemò sul retro facendo scorrere completamente in avanti il sedile su cui si<br />

era accomodata. Azionò i comandi a mano e partì. Aveva una ventina di chilometri da percorrere. La riunione<br />

del consiglio di amministrazione della società di cui era proprietaria era �ssata per le dieci. Dopo una decina di<br />

minuti di guida notò un cartello e uno sbarramento.<br />

“Accidenti! - disse - C’è una deviazione. Per fortuna sono in anticipo”.<br />

Prese a guidare più lentamente; la strada che si presentava davanti non le era nota, e una piccola distrazione<br />

poteva farle perdere altro tempo. Curvò a sinistra, un breve rettilineo, e poi a destra, e ancora tutto dritto tra gli<br />

alberi.<br />

Eppure man mano che andava avanti, quei posti avevano qualcosa di familiare per lei. Ne avvertiva gli odori<br />

nell’aria che entrava dal �nestrino o forse era lei che aveva voglia di sentire quel che non c’era.<br />

Si bloccò all’improvviso. Un grosso segnale rettangolare giallo posto all’ingresso di un antico palazzo annunciava:<br />

“LUOGO DI INTERESSE STORICO: VILLA VANVITELLIANA DEL SETTECENTO”.<br />

Mise in moto e dolcemente entrò all’interno; si fermò. Come era possibile? Tutto era completamente cambiato! Ma<br />

lì, sembrava assurdo, trent’anni prima aveva vissuto con la sua famiglia. Era una ragazzina allora, lei era la �glia del<br />

fattore e quella era la tenuta dei Foglini, dove aveva passato gli anni più belli della sua infanzia.<br />

Le vennero in mente le signorine Ada e Gina, le �glie del padrone, Maria la balia, Giovanni il garzone e tutti gli<br />

altri; pensò alle celebrazioni che si facevano in occasione della vendemmia.<br />

Era una festa per tutti, anche per quelli che vivevano fuori dalla tenuta. Molti venivano dai paesi vicini per raccogliere<br />

l’uva. Le ragazze mettevano grandi grembiuli con i bottoni davanti e raccoglievano i capelli con le forcine.<br />

Gli uomini indossavano i camicioni e si avviavano verso i �lari con grosse ceste sul capo. Eseguivano gli ordini<br />

di suo padre e camminavano a coppie. Lei li vedeva allontanarsi verso la vigna, e li seguiva con lo sguardo.<br />

Qualche volta le �glie del padrone spingevano la sedia a rotelle più avanti, e la conducevano nei pressi del<br />

raccolto della vendemmia; tagliavano qualche grappolo carnoso e glielo porgevano. Insieme raggiungevano<br />

una fontanella che era un po’ più in là e lavavano la frutta; mettevano gli acini sugosi in bocca uno dietro l’altro,<br />

�no a gon�are le guance, per poi masticare il tutto e sputare i semi in una tacita gara a chi li lanciava più lontano.<br />

Quando tutta l’uva era raccolta, si ricordò, veniva posta in un recipiente di legno, e le fanciulle, tolte le scarpe,<br />

cominciavano a schiacciare gli acini con i piedi tra i canti e i balli che si svolgevano intorno.<br />

Era un’atmosfera di festa per tutti, e anche per lei, certo, ma ora ne ricordava un aspetto che da ragazzina<br />

non aveva mai colto. Quei piedi che si muovevano come in un’esercitazione di una parata, quelle gambe che<br />

rimanevano scoperte per evitare che i vestiti si imbrattassero… non erano stati mai i suoi.<br />

Un dolore lancinante ora, dopo tanti anni, le arrivò dritto nel petto; eppure non ci aveva mai pensato.<br />

Si riprese un attimo dopo; estrasse la sedia a rotelle dall’auto e si sistemò sopra, poi girò lì attorno. Poco dopo, da<br />

un portoncino, uscì un’anziana signora che venne avanti camminando lentamente aiutandosi con il bastone. Si<br />

avvicinò a lei con aria interrogativa.<br />

“Cerca qualcuno?”, chiese. Poi aggiunse: “Qua non c’è più niente”.<br />

“Una deviazione mi ha portato in questo posto… - disse, quasi a volersi giusti�care - Una volta vivevo qui”.<br />

La donna la �ssò negli occhi, poi spostò lo sguardo sulla sedia.<br />

“Sei Marcella? Ti ricordi di me?”, chiese.<br />

“Sì, sei Maria, ti riconosco”, rispose. Poi aggiunse: “Ma qui è tutto cambiato!”.<br />

La donna si avvicinò e si abbracciarono.<br />

“Non c’è più niente, - disse spegnendo il sorriso - è monumento nazionale questo palazzo”.<br />

“E la vigna?”.<br />

“Nulla, solo palazzi uno sull’altro. Ricordo anch’io quei tempi. Il padrone era buono con noi, ma poi alla sua morte<br />

tutto andò in malora, e i �gli pensavano solo ai soldi e a divertirsi senza progettare nulla per il futuro”.<br />

“I maschi! E… Gina e… Ida?”, chiese Marcella.<br />

“Dopo la vendita del terreno non ho più visto nessuno”, concluse la donna.<br />

Marcella rimase turbata dal racconto. In fondo era proprio strana la vita. Realizzò che una semplice deviazione<br />

aveva acceso in lei ricordi che pensava dimenticati, sensazioni che credeva �nite nel ripostiglio più nascosto della<br />

sua mente, eppure, quando ritornò in auto, dopo aver salutato Maria, i ricordi presero forma, e l’odore acre dell’uva<br />

sembrava passarle dalle narici per arrivare �no in bocca, e sentì, assaporò gli acini in un totale intontimento…<br />

proprio come allora.<br />

32 7° Concorso Nazionale Per Scrittori Inediti - 2010

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