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Untitled - Atm

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Lei c'era ADRIANA GRASSANO<br />

“Un tempo qui si poteva arrivare in treno; adesso il treno si ferma a Sainte Raphael, perciò bisogna salire<br />

su una corriera che conduce i viaggiatori a Saint Tropez attraverso tutte le località intermedie lungo la<br />

costa – spiegava monsieur Clemenceau nel suo francese provenzale, poi proseguì - perché ora la stazione<br />

ferroviaria è stata trasformata in un centro commerciale e i giardini che la anticipavano sono diventati il<br />

campo da bocce comunale. Si sarà chiesta per quale motivo il bar all’angolo si chiami “Ca�è della stazione”?<br />

E’ come una prova scienti�ca a disposizione di chi volesse decidere di indagare con silenzioso sdegno sulla<br />

scomparsa di una concittadina illustre, punto di riferimento per tutti. Lei c’era. Anche se adesso non si vede<br />

più, sono rimasti i segni della sua esistenza. Io non potrò mai farmene una ragione”.<br />

Monsieur Clemenceau ed io siedevamo su una panchina del lungomare di Sainte Maxime: io aspettavo la<br />

corriera che mi avrebbe accompagnata a Nizza, dove avrei preso il treno che mi avrebbe riportata dritta in<br />

Italia, mentre lui attendeva la moglie che rientrava da Nizza e nell’attesa mi raccontava di sé.<br />

Monsieur Clemenceau era stato un professore di francese; aveva sempre amato la pesca, ovviamente dopo<br />

la lettura; non aveva la patente, perché riteneva l’automobile un mezzo pericoloso e inquinante, quasi<br />

completamente inutile “data la comodità dei mezzi pubblici”; faceva lunghe passeggiate tra le pinete<br />

lungo la costa, specialmente nei giorni in cui la moglie era a Nizza per curarsi i reumatismi. Dimostrava<br />

di conoscere nei dettagli la zona, la sua storia, i suoi abitanti; raccontava aneddoti curiosi e descriveva<br />

immagini a�ascinanti di gente che visitava il golfo del Var trascorrendo le serate al casino e dormendo<br />

su barche suntuose, di personaggi famosi che si lasciavano fotografare nei ristoranti più eleganti di Saint<br />

Tropez, di pittori che dipingevano i paesaggi e di poeti che si innamoravano della costa Azzurra.<br />

Mi sembrava scontato che monsieur Clemenceau conoscesse tutto e tutti da quelle parti, tanto da immaginarmelo<br />

come una delle icone del luogo: allora perché tra tanta gente in transito nessuno lo salutava? Né<br />

lui salutava nessuno?<br />

L’arrivo della corriera interruppe la nostra conversazione. “Madamoiselle la saluto, devo prendere la valigia<br />

di mia moglie. Le auguro buon viaggio e spero che vorrà ritornare a Sainte Maxime. Arrivederla! Arrivo<br />

cara, lascia che ti aiuti a scendere. Come ti senti?...” e mentre percorrevo il corridoio tra le �le di sedili della<br />

corriera, la voce di monsieur Clemenceau mi arrivava sempre più lontana. Trovai posto accanto al �nestrino<br />

e lo cercai con lo sguardo per salutarlo e ringraziarlo mentalmente di avermi regalato una pagina di storia<br />

viva e a�ascinante in un tanto breve spazio di tempo, quando lo individuai: stava parlando da solo, eppure<br />

la sua espressione era gentile e piena di premure, felice come quando si sta guardando qualcuno cui si tiene<br />

molto. Mi sarebbe piaciuto vedere anche la moglie, che mi immaginavo una signora dai modi eleganti di<br />

una volta, proprio come era lui. Forse lo stavo �ssando con troppo interesse, in realtà speravo si girasse per<br />

mandargli un cenno di saluto, ma era davvero molto preso dalla sua conversazione con lei.<br />

Il distinto signore che si era accomodato sul sedile di �anco al mio aprì il suo giornale “Le Var matin”, poi,<br />

senza alzare lo sguardo dalla stampa, come se stesse ancora leggendo, mi chiese con tono sarcastico se ero<br />

amica dello squilibrato di Sainte Maxime; senza aspettare una risposta, proseguì lapidario comunicandomi<br />

la versione u�ciale dei fatti: monsieur Clemenceau era un vecchio insensato, che aveva perso la testa<br />

quando la moglie, ormai malata da molti anni, era mancata durante uno dei suoi cicli di cure all’ospedale<br />

di Nizza. Da allora vagava per la zona raccontando a tutti la sua storia, che attendeva la moglie alla fermata<br />

della corriera. Per alcuni era pazzo, per altri era ubriaco, per altri ancora era un fantasma, ma per tutti chiunque<br />

avrebbe fatto meglio a stargli lontano, nel caso fosse anche violento. Quindi il distinto signore tacque<br />

e riprese a leggere il giornale: l’adorabile descrizione, essenziale ed evocativa, mi aveva messa in guardia<br />

contro un pericolo incombente; da cittadino modello poteva essere soddisfatto del proprio senso civico.<br />

Quanto era diverso da monsieur Clemenceau, qualunque cosa fosse, e dai suoi modi gentili, e quanto si<br />

sbagliava! Il mio compagno di viaggio non era certo un uomo d’altri tempi, pensai, e �nalmente gli diedi la<br />

risposta che nemmeno aveva atteso: “Sì, sono un’amica di monsieur Clemenceau”. Quindi chiesi di passare<br />

e cambiai posto. Lui non era pazzo, lei c’era.<br />

I Racconti<br />

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