PUBBLICITÀ SU INTERNET - Prima Comunicazione
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Tra brand awareness<br />
e direct response<br />
Internet favorisce sia la costruzione della marca sia<br />
il rapporto con i clienti. L’investimento va valutato<br />
quindi in modo diverso rispetto agli altri media<br />
DI FEDERICO RAMPOLLA<br />
Presidente di Iab Italia<br />
La misurabilità del media digitale e di<br />
Internet ha portato le aziende a valutare<br />
il Roi (return on investment) delle<br />
pianificazioni su Internet misurando principalmente<br />
il click through, ossia la percentuale<br />
di banner cliccati rispetto al numero<br />
di banner visualizzati dagli utenti:<br />
questa informazione non consente tuttavia<br />
di valutare in modo serio i risultati che la<br />
marca ha ottenuto in termini di brand awareness<br />
(elemento che potrebbe essere correttamente<br />
misurato soltanto con ricerche<br />
qualitative specifiche). Questa<br />
prassi di misurazione del Roi,<br />
purtroppo diffusa nel mercato, è assimilabile<br />
al criterio tipico del direct<br />
marketing (response), mentre si discosta<br />
notevolmente dai criteri utilizzati<br />
sui media tradizionali che hanno<br />
come obiettivo primario la costruzione<br />
di brand awareness e che non sono<br />
misurabili né ex ante nella formulazione<br />
del rapporto prezzo/audience<br />
(pensiamo all’Auditel), né ex post<br />
(quali prove ha l’azienda che lo spot<br />
ha funzionato?). Perché dunque il<br />
mercato si aspetta di avere prezzi per<br />
la comunicazione su Internet comparabili<br />
a quelli dei media tradizionali e<br />
non valuta Internet paragonandone i<br />
costi al direct marketing?<br />
La verità è che Internet contribuisce sia<br />
alla costruzione di brand awareness sia al<br />
response e dovrebbe dunque essere valutato<br />
(anche nei prezzi) in un modo diverso<br />
da quello del media tradizionale, tenendo<br />
conto delle caratteristiche specifiche del<br />
mezzo.<br />
Il click through, inoltre, non è un elemento<br />
sufficiente a valutare il vero tasso di<br />
risposta. Quante volte abbiamo visto banner<br />
con strani e bizzarri ‘trucchetti’ per invogliarci<br />
a cliccare? E quante volte abbiamo<br />
cliccato un banner non trovando<br />
‘dall’altra parte’ quello che il messaggio ci<br />
aveva promesso? Credo moltissime volte.<br />
30 - <strong>PUBBLICITÀ</strong> <strong>SU</strong> <strong>INTERNET</strong><br />
Generare un alto numero di click through<br />
non vuole dire molto se non si entra nel<br />
merito della marca, dell’offerta commerciale<br />
e della creatività, tutti elementi dove<br />
la concessionaria e l’editore non hanno leve<br />
per agire. Quello che veramente dovrebbe<br />
contare è la ‘bontà’ del click through:<br />
ma per misurarla bisognerebbe tenere<br />
conto di cosa ha fatto l’utente una volta entrato<br />
nel sito dell’azienda. Quante pagine<br />
ha visto? Che tipo di informazioni ha cer-<br />
Una pagina di Ronald and Friends, il sito della McDonald’s<br />
dedicato ai piccoli clienti della catena di ristoranti. La società<br />
è presente sul web con oltre 40 siti in altrettanti Paesi.<br />
cato? È tornato subito indietro? Ha lasciato<br />
i suoi dati personali o l’e-mail? Tutti elementi<br />
che quasi mai vengono strutturati in<br />
un modello di valutazione dei risultati utile<br />
per capire l’effettivo Roi della campagna<br />
in relazione agli obiettivi che si era proposta.<br />
Cosa fare dunque? Tutto passa attraverso<br />
la competenza sul media specifico e una<br />
reale partnership tra marca ed editore: insieme<br />
devono contribuire al successo della<br />
campagna, definendone in modo chiaro gli<br />
obiettivi, studiando le creatività in modo<br />
che contribuiscano al raggiungimento<br />
dell’obiettivo, con una grande attenzione<br />
al messaggio, con messaggi diversi in fun-<br />
zione della pianificazione e dei contesti<br />
editoriali in cui questa si sviluppa, con<br />
operazioni di lungo termine, strutturate e<br />
ragionate per conoscere il profilo del proprio<br />
utente e proporgli qualcosa di rilevante.<br />
Non basta acquistare pianificazioni ‘un<br />
tanto al chilo’ o focalizzarsi sulla semplice<br />
negoziazione sul prezzo. È necessario che<br />
editore-concessionaria e cliente-investitore<br />
condividano con chiarezza i risultati attesi<br />
e si adoperino entrambi per strutturare modelli<br />
di misurazione dei risultati che<br />
diano sia all’azienda sia all’editore la<br />
possibilità di contribuire attivamente<br />
al successo della campagna. Occorre<br />
inoltre che entrambi conoscano il<br />
profilo del proprio utente, sappiano<br />
parlargli in modo accattivante e appropriato<br />
e che le aziende integrino<br />
l’offerta di comunicazione e servizi<br />
con un buon livello di customer care.<br />
La qualità di tutti gli elementi della<br />
strategia di comunicazione su Internet<br />
sono determinanti e la mancanza<br />
di risultati il più delle volte<br />
non è legata al media Internet o al<br />
singolo strumento utilizzato (ad<br />
esempio, il banner), ma alla superficialità<br />
con cui le aziende affrontano<br />
la loro presenza in Internet, testimoniata<br />
da siti lenti, con interfacce difficili,<br />
da differenze enormi tra messaggio e pagina<br />
d’arrivo, con creatività improvvisate e<br />
soprattutto con poca ‘strategia’ dietro.<br />
L’utente ‘non perdona’: una volta ingannato<br />
da servizi non efficienti, da ‘trucchetti’<br />
di breve periodo, o da promesse non<br />
mantenute, difficilmente tornerà nel sito: e<br />
far sì che si riavvicini alla marca diventerà<br />
più costoso. In altri termini, occorre che<br />
tutta la catena del valore, che costruisce<br />
l’esperienza della navigazione su Internet<br />
dell’utente, funzioni: allora ci sarà un sempre<br />
maggiore utilizzo del sito dell’azienda<br />
e un rapporto azienda-utente-cliente molto<br />
più forte e proficuo per tutti.